Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

658 F. Chiesu Poi l'avevo perduto di vista, per anni ed runni; ed eccolo ritro– vato di ,sorpresa in quel povero villaggio alpestre che nemmeno co– noscevo di IIlome. Ero salito con tre o quattro compagni alla caccia del fagiano sulle ialture di Sassalbo; poi, non so come, disgiunto dai compagni, smarrito per foreste di'abeti e di larici, accecato da una nebbia da fendere ool ooltello. Ed ero rundato erra1I1doper ore ed ore, in quel buio sinistro, trovrundomi più volte sull'orlo d'un precipizio, appena il tempo d'aggrapparmi ad UIIlarbusto, di buttarmi indietro. Fi– nalmente ai piedi di una sassaia ripidissima avevo trovato un sen– tieruzzo che mi co,ndusse in luoghi meno selvaggi: lembi di prator qualche abbeveratoio, sbarre, sterchi di vacca. Ad un tratto, UIIl soffio di vento portò via la nebbia e un gruppo di abituri mi apparve– a u111 tiro di schioppo, come uscito dal nulla per opera d'un in– crun tesirrio. Anche in alta mo111tagna,anche in fondo alle più orride valli, i;:'incontrano qualche v,olta villaggi d?aspetto gentile, che ha1I11no, l'aria di dirci: si ·può essere felici anche qui. Non quel villaggio. Erruno poche capam111e di legno, tetre come passate per un i.nceindio, amgustiate fra un'enorme parete di granito e l'orlo d'un b-iJrrone– senza fondo, da cui venivano su voci miserabili di acque e fiotti di vapore di trunto in trun,to. P,er un ponticello di travi mal connesse, senza sbarre, gettato– sul burrone, entrai fra le capanne. Capam111e, stalle, letamai : tutto una cosa u111ica, indistinguibile. Un formidabile odore teneva som– merse case, pietre, tutto : odore di latticini, d'escrementi, di leg1110 putrefatto, di fieno, di fumo. Mi sembrò, dopo alcuni passi, che aillch'io 111e fossi imbevuto; una mano che volli ad,operare a difen– deruni il naso sapeva runch'essa co,sì; e oosì la ma'llica della mia giacca. La gente che incontravo corrispondeva allo squallore dli quella miseria; poca gente: qualche ragazzo sud'icio, malfatto, im– pacciato dal peso delle scarpacce, con un'espressione di selvati– chezza e di curiosità timorosa illella, faccia piatta; qualche ragaz– zotta tozza, senza grazia,, con certi capelli oolor segala u111ti e tirati; qualche vecchia serrata in una gonna di lrnna scura, rigida come le cortecce, che le saliva ad appendersi sotto le ascelle; qualche bam– boccio dalla testa grossa, pencolante; seduto entro U111a cuna fuori dell'uscio. Uomini ad'ulti, neppur uno. Chiesi ad u111a veochia che villaggio fosse. Croda si chiamava il villaggio; né mi fu facile afferrare quel nome nella risposta che la -reochia mi fece in un to1110 di strana cantilena che ricordava il fra– seggiare di certi ucoelli. Croda il villaggio, e Valmarga la valle: quella, a me boo nota, che sbocca a Borgo Valmarga. Non avrei mai immagi111atoche la bella acqua, così limpida e allegra a vederla dal ponte di Borgo Valmarga, provenisse da quelle sinistre solitu- BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy