Pègaso - anno I - n. 12 - dicembre 1929

I C. ROTH, L'ultima Repubblica Fiorentina 751 Si vuol dire che la disposizione del suo animo volge alla ricostru– zione piuttosto che ad altro; un po' perché è il modo stesso, questo, col quale egli sente la storia, e un po' perché alla sua curiosità ammi– rata di straniero, piace soprattutto di rivivere momento per momento l'epico fatto. Il racconto è animato da una intelligente simpatia umana, da un affetto cordiale che si comprende come abbia fatto superare in letizia ogni più difficile studio e ricerca, e come talvolta non abbia per– messo all'autore di ritenere i segni della sua commozione: e allora anche chi legge è commosso. Non formuliamo una censura, adunque, quasi mancasse ogni vi– sione critica complessiva dell'avvenimento: diamo solo ragguaglio di quello che l'opera vuole essere ed è. Pel resto, il Roth accoglie la tesi del Villari, e illustra qua e là certi episodi savonaroliani e piagnoni dell'ul– tima repubblica fiorentina, appagandosi di amplificare il giudizio di quello che la rivoluzione del 1527-30 intese come l'ultima eco dei ser– moni di fra Girolamo. E questo riprova quale sia il suo interesse e il suo problema: per l'interpretazione accetta gli storici anteriori; pel racconto no, ché non gli basta; e quantunque ,fin dal 1883 il Falletti– Fossati avesse scritto un libro serissimo sull'argomento, e molti siano gli ~tudi particolari apparsi anche di recente, il Roth dichiara d'essere il primo a trattare partitamente quella storia: né erra, data la vastità del suo studio. Egli, così, sceglie e studia i suoi documenti perché servano alla narrazione legata dei fatti; un'impostazione e un esame vòlto a coglier l'accento riposto degli uomini e dei casi, che dia suono oltre la contingenza dell'ora, e non sia nel troppo forzato e comune coro, non c'è. Certo, non è un'opera facile, perché il fatto è molto complesso. Da una parte si trova la plebe, restìa e oscillante, che aveva nel cuore i Medici un po' come il primo amore : non lo si dimentica e basta che uno te lo ricordi perché il desiderio asseti di nuovo; e quella, infatti, non vedeva uno della parte, che non sortisse tutta a gridar : Palle, Palle ! C'è, poi, gli uomini della politica, la democrazia, il popolo, - il quale, scrisse il Segni, non è « ogni vile persona che abita nella città, ma quella sola che è partecipe degli onori, e degli utili pubblici >> - ; e costoro, autori e capi della résistenza, sono vari. Lo spirito piagnone non manca, ma non è tutto; anzi i più facinorosi ne sono i meno in– trisi; occorre riconoscere, indipendente da esso, un certo veneziane– simo, che, nonostante tutto quanto, e pur giusto, s'è scritto intorno a Venezia anti-Roma, ha colore come d'una forma. nuova e moderna d'umanesimo politico. Perché è un fatto, inoltre, che, tra lo spirito piagnone e veneziano, l'assedio di Firenze balza alcune volte con le iinee solenni di un bassorilievo di Livio. Del resto, la generazione del– l'assedio era nata in tempi nuovi di libertà; e aveva inteso negli Orti Oricellari il Machiavelli leggere i Discorsi su Livio, dedicati a Zanobi Buondelmonti e a Luigi Alamànni, primi nella rivolta del 1522, ed ambedue grandi artefici dell'ultima repubblica, quantunque il Buon– delmonti morisse durante la peste del 1528. Senza entrare nel merito di quello che i Discorsi· valessero per il loro autore, è noto che molta gioventù fiorentina s'era abbeverata ad essi come ad una fonte; ed anche BibliotecaGino Bianco

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