Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

10 JiJ. Pistelli nell'ombra le deboli ma in modo da far capire che spe~ialmente in quelle s'ha ragione se volessi:mo i~siste~ci, quel .period~re ar– monioso e musicale avevano lasciato 1 gravi seinator1 come 1n u1110 stato di stupore; lo stupore del montamaro che s'inurba e vede ~er ]a prima- volta l'automobile o il cinematografo. Non siamo tra mon– tanari : siamo nella Roma di Publio Cornelio Scipione Emiliano che aveva più di 30 anni è che doveva dieci an111i dopo distruggere Cartagine; nella Roma di Lelio, dello scienziato Sulpicio Gallo, di Galba oratore, di ,Catone. Eppure quei senatori erano ancora di fro111te a Carneade proprio come il mo111tanaroche veda a u111 tratto le maraviglie di EdisOIIl. Diciamo subito che anche praticamente ebbero un buoo successo i tre :filosofi, perché l'ammenda imposta agli Ateniesi da 500 taleinti fu ridotta a 100 talenti. Ma questa decisione tardò a venire e così i tre poterono e dove– rono trattenersi a Roma assai lu111gamente. Non persero il loro tempo. No111 si parlava d'altro per tutta la città, e il desiderio di udirli era vivo quanto nei tre :filosofiil desiderio di farsi udire. Non sappiamo quasi nulla dell'attività di Diogene e Critolao in questo tempo; nella memoria dei posteri fu oscurata da quella di Cameade che restò proverbiale. Si dliceva : « È una quistione così imbrogliata e difficile che ne runche se ritornasse Carneaid.e riuscirebbe a distri– carla.» La prova più solenne ,del metodo della scuola accademica, e della propria eloque111za e irresistibile dialettica, Carneade la diede in due famose confereinze, nelle quali prese a soggetto la giustizia. Il primo giorno dimostrò che la giustizia è; e che, universale inva– riabile assoluta, s'impo111e sempre e dovunque alla coscienza del ge-· 111ere umano. No111 era un argomento che potesse scuotere i Romruni, i quali credevamo d'essere giusti per eccellenza e non potevamo che, asc,oltare con piacere lo sviluppo eloquente di tali idee e sentimooti. Ma Carneade preparava loro U111a sorpresa. Il giorno dopo, co111 la stessa foga egli dimostrò che la giustizia nOIIl è; e che u111 diritto 111aturaleegp.ale sempre riconosciuto e osservato da tutti è una fola. Gli uomini s.' acoordamo sul cald'.ò e sul freddo, sul dolce e sull' amaro ; ma percorrete i vari paesi, osservate i vari popoli e, vedrete, non s'accordano. affatto- sul giusto e sull'i111giusto. Non solo da popolo a popolo, ma da città a città le differeinze sono, profonde e irriducibil\. E poi badate : l' uomo giusto e il popolo giusto devono rispettare anche con sacri:fizio del pr:<>pil'io bene i ~iritti dell' alt 7 o uomo, dell' altro popolo. llllvece ·p uomo saggio, il popolo sagg10 proyvede al proprio bene,· al proprio interesse. T_ra 1~ sag~ezz~ e la gi~1stizia è possibile un equilibrio? Guardate a1 casi ordi111ar1 della Vl'ta. Volete vendere una casa insalubre: la saggez~a vi dice dli; sì,. la gi usti~ia di 1110. Passa va poi con graid.azione oratoria ad esempi più solenni, a quello famoso dei due naufraghi BibliotecaGino Bianco

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