Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

\ Ritratto di Carneade 5 pratica graID.de,più tardi, specialmoote nel mondo r,omano. Ma come spesso èrano paradossali le loro formule, così era quasi sempre poco simpatioo il loro atteggiamento. Essi sono siciwi; arrivano sempre all'evidenza) e 1I1aturalmente in questa loro persuasione sono sprez– z-anti e orgogliosi : ,orgogliosi della loro aor:pEa, orgogliosi della loro rigida virtù. Il loro modo di concepire e di definire il sapiente come, quello che 1I1on solo sa tutto ma è tutto, e di considerarlo come solo in mezzo a''uina turba di stolti, doveva esporli non solo alla critica di scuole avverse, ma anche, e spec'ialmente, allo scherno dei comici e dei satirici. Già ne ridono 'illolti tra i contemporamei di Orisippo, ne riderà ·dopo più d'un secolo Orazio, ne riderà runcora, dopo più secoli, Luciano. Anche gli epicurèi eraID.o dommatici, anche loro sapevaID.o la verità, nello stesso modo che sono state e aincora sono dommatiche tante scuole positivistiche. Carneade ebbe di mira anche loro, ma specialmente gli stoici. La sua frase notissima, « Se non ci fosse stato Orisippo, non ci sarebbe stato neppure Oarineade >>, lo caratterizza. Nella filosofia di Carneade ha dunque importanza essenziale la parte 1I1egativa; benché non manchi una parte pm,itiva sua ed origi– nale. Carattere specifico degli Accademici è quello di negare la pos– sibilità della scienza. Nulla si può sapere in modo assoluto e defi- 111itivo : non v'è inessun criterio certo per distinguere il vero dal falso: questi sono i principi fondamentali dei nuovi accademici, comuni tanto ad Arcesilao quanto a Oarineade, benché da Carneade posti un po' diversamente e condotti a conseguenze un po' diverse. Uno dei punti da Carneade esaminato con più finezza è quello della illusorietà delle sensazioni; megljo, dell'impossibilità di distinguere le sensazioni delle cose esistooti dalle sensazioni delle cose pura– mente illusorie. Ora poiché l'intelletto è eccitato dal senso, ed il senso è aÀ.oyoc:;, come lui dice, la conclusione è che neppure nell'in– telletto si potrà avere un criterio di verità. Bisognerebbe, per averlo, che le sensaziollli delle cose realmente esistenti avessero un carat– tere, uin'impro1I1tadiversa dalle sensazioni prodotte da cose che non esistono, che sono illusorie; e questo invece non è. E qui s'addentra nell'analisi di tali sensazioni per dimostrare che, vere o illusorie, sono eguali. Ohi sogna di bere assetato, sente lo stesso piacere di chi beve veramente. Gli incubi, gli spaventi, la paura danno la stessa sensazione nel sogno e nella veglia. Un pazzo si rappresoota oggetti che non esistoino; ma chi li vede li sente come se esistes– sero davvero. E anche senza ricorrere ai sogni o ai pazzi o agli ubriachi - è sempre Oarineade - basta osservare l'uomo iinvasato da una forte passione, che nOIIlsa più quello che fa, né quello che d'ice. Renzo sopraffatto dalla passione IIlOn sapeva quel che di– ceva, tant'è vero che diceva « a questo mondo c'è giustizia final– mente>>. qarrieade non poteva esamiinare questo caso; ma IIleprende BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy