Pègaso - anno I - n. 7 - luglio 1929

La Stella del Nord 89 Lo sparo dei primi razzi, che rigarono il cielo ner() e si aprirooo come fontane, mise adldosso a tutti una gran febbre di sboccar nella piazza. - Largo, - gridavano da ogni parte, - largo, largo. - Quelle grida acoompagnavano l'ondeggiar della folla, e Massimo cinse COill il braccio la vita di sua madre per difenderla da.gli urti dei più scalm.31Ilati. Ma la signora Celeste era presa dalla stessa febbre, e per nulla intimorita da quelle grida : - Con te, Massimo, non mi fanno paura, - diceva : - Da cosa proviene che non ho più paura di nulla? Tu solo mi faresti paura. - Io, mamma? - Tu, tu, se non sapessi chi sei, e mi sentissi prendere per la vita, cosi forte, come tu hai fatto ora. Oh, Massimo, mio bel ca– pitwno ! Non condurmi indietro mai più. Andiamocene cosi per il mondo : portami, portami via. Guarda che bella pioggia di luc– ciole .... Oh, peccato! È già spenta. - Una rosa verde. - Un meraviglioso ,smeraldo. In foilldo che cos'è la vita? Stu- pidi pregiudizi, doveri ridicoli, legami, catene. Essere invece uho di quei fuochi! Sciogliersi cosi per il cielo! - La guerra ne ha sciolti nel fango cinquecentomila come me. -,-- Eppure chi ci pensa? Tu solo. Guarda gli altri come sono felici! Guarda quei dlue, guardali. Hai visto ? Egli la bacia. Vorrei avere ainch'io vent'anni, e perdermi in questa folla con un uomo innamorato. Forse vorresti anche tu .... E invece eccoti qui legato come un bambino alla sottana della sua mamma. - Io? Ma io non ci penso nemmeno, - disse Massimo, scrol- lando le spalle. - Bugiardo! Chi sa a quante vuoi beille tu! - Io proprio a nessU[la. - Davvero? E •allora dammi qua la tua mano. Eccoci fidan- zati. Sei felice, amor mio ? Mi vuoi bene ? - Molto bene, amabile signorina. - Amabile signorina ? - Cara fanciulla, - corresse iMassimo. -· Ohibò ! Dimmi almeno : tesoro, vita mia. Che sciocca ! - esclamò poi, lasciando ~er la sua ma1J10 : - Come se io ti potessi insegnare. Furono accese le girandole, che si misero a ruotar lentamente, disegnando nel buio luminose spirali. Esse si sollevarono J)()i come splendenti aquilOilli, e per U[l attimo si videro serpeggiare per H cielo le loro lU[lghe code d'argento. Il silenzio e l'oscurità che se– guirono alla strepitosa corsa di quelle meteore durarono anche un attimo, e nell'aria tornarono a brillare dolcemente i lampiOill– cillli di carta e a risonare confusamente le voci umane. Qualche èosa rimaneva tuttavia di quelle luci abbaglianti e di quei frago- ibl10 ·eca Gino Bianco

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