Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

Lettera al pittore Arturo Tosi 475- quali tu custodisci nella tua stessa casa alcune opere schiette e pre– ziose con l'org◊glio eon cui altri incornicia il suo albero genealogico. Perché questa continuità mauca oggi ai migliori ? E non solo ai gio– vanissimi ché sarebbe perdonabile, ma anchè a quelli tra i trenta e i quaranta che ormai hanno avuto il tempo per r,-'lssodarsi e conoscersi ? Scelgo due pittori i quali tu ed io amiamo e stimiamo : Funi e Salietti. Da Achille Funi, quando lo vedo al lavoro e l'odo parlare dell'arte sua. e virilmente giudicare sé e gli altri, mi pare che tutti ci si debba aspet– tare opere degne, i,ingolari e durevoli. ·l'ra sensibilità e ragioné il suo / q:u,adrato buon senso che illumina anche il vivo ritratto di lui modellato. da Ji'rancesco Messina, ha trovato presto l'equilibrio. A Venezia l'anno. scorso ,sembrava salvo. Ancòra i suoi paesaggi erano còlti sul vero, e le sue figure invece immaginate con una grandiosità più decorativa che· espressiva; ma chi conosce gli accesi ritratti ch'egli ha dipinti di alcuni suoi colleghi e chi ricorda la «Maternità», l' «Abbandonata», la « Gio– vinetta» del 1923, sperava che presto anche nelle figure di lui sarebbe passata quella forza di simpatia che solo il vero può dare. Invece eccolo, in questa ro~a « Rebecca» e in questa « Venere apuana», correre d'im-• peto verso l'astratto e il retorico e, accanto a parti delicatamente con– dotte come il seno e il ventre della Venere accosciata, lasciare incom- - piuti volti, mani, gambe, fondi, così che il suo quadro ricade alla fine nel limbo degli studi e degli esperimenti. È stato nel· frattempo a stu– diare le pitture pompeiane al Museo di Napoli e nella stessa Pompei : utile studio, e s'indovina dalla posa di queste donne formose, dalla volontà di grandezza; ma s'indovina soltanto. Di Alberto ,SaUetti vorrei poter mostrare, l'uno a fianco dell'altro, 1 tre dipinti: la « Venditrice di pesce» ch'era nel 1926 a.Ila prima mostra del Novecento sommaria e legnosa, ancora giocattolo, con le case dietro– più piccole di led., e i pesci di latta; la « Contadina umbra ll del 19i28a , Venezia, amorosamente eseguita e lisciata sul vero, casta e composta nel suo scialletto turchino; e questo « Nudo ll di oggi, flagellato di rosso e di verde, alla brava. In quattro anni, non tre dipinti, ma tre pittori. Eppure quanti hanno un sentimento altrettanto vivace, una mano al– trettanto sicura, una pa.ssione altrettanto calda per l'arte loro? S'ha da ripetere lo stesso discorso per Giuseppe Montanari, che l'anno scorso, a Venezia sembrò darci la più sicura delle promesse? .,Esperienze, esperienze. Prima di tutto, a farne troppe, ci si stanca e ci si vuota, e quando ci si vuol mettere sul tardi con tutta la buona volontà a seguire una via. e a imporsi una legge, ci si ritrova stanchi e· lo sforzo è pesante, e, per una volta che si afferra la bellezza, essa dieci volte ci sfugge: come si vede, per nominare ullo solo di questi -Ostinati e animosi esperimentatori, in Carlo Carrà. E poi il pubblico, adesso che i pittori hanno preso l'abitudine di confidargli tutto, non solo le loro esperienze ma anche i loro giochi, svolazzi e capricci, dubita e se ne va. Pensa: « Vuoi che io ti sia fe– dele? Comincia ad essere fedele a te stesso. Vuoi che io ti comperi? Non svalutare oggi, coi tuoi mutamenti e pentimenti, quello che io t'ho com– perato ieri. ll Non sono ragionamenti volgari : hanno un fondamento mo- \ BibliotecaGino Bianco I

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