Pègaso - anno I - n. 4 - aprile 1929

/ LETTERA AL PITTORE ARTURO TOSI. Caro 'l'osi, in questa seconda mostra milanese del « Noveeento )) i tuoi dipinti occupano meritamente tutt'una sala e, a, detta dei tuoi stessi colleghi pittori, sono il miglior ornamento della raccolta. Tu sai quanto io am- 1niri nell'arte tua il vigore •e il calore e quella meditata irruenza che ti è permessa da una lunga esperienza e dalla fedeltà alla tradizione e a te stesso. Si direbbe che tu, quando ti collochi davanti al vero, prima di tutto vada al solido come un pugilatore corre col pugno alla ma.scena dell'avversario e, monti o rupi, tronchi o case, cerchi subito l'ossatura della veduta. Qua sbaglierai, là vincerai; ma il tuo metodo è questo. Aggiungi che tu « del '900 » sei nato l'a,nno in cui anche io sono nato ; e vedere uno, come si dice ,sotto le armi, della mia classe dare an– che tra ,i giovani questa prova d'intatta energia, tranquillamente, Renza atteggia,rsi a maestro e senza imbellettarsi per nascondere gli anni, mi rassicura e mi dà stamane il desiderio d'allineare davanti al pubblico talune osservazioni che l'altro giorno ti venivo facendo nel Palazzo della Permanente davanti ai quadri. Confesso che, per lo più, parlare con gli uomini della mia età non mi consola: o sono.. soddisfatti e si dondolano beati come nella sicu– rezza del porto i barconi cullati dalla maretta, o si dolgono della vita sciupata, dei malanni insistenti, degli amici scomparsi, delle ricchezze e degli onori mancati, che ti pare d'udire le litanie e di dover rispondere ora pro nobis. Non parlano più dell'avvenire perché non si sentono più giovani; e del passato non sanno anc6ra parlare col distacco dei vec– chi. Mezza età, mezz'anima. Alle confidenze d'un coetaneo preferisco insomma quelle d'un vecchio o d'un giovane perché l'uno e l'altro pos– sono dirmi quello che io non so e darmi quello che io non ho, e perché, trovandomi in bilico tra le due età, riesco anc6ra a piegarmi verso l'uno e verso l'altro con uguale ,fiducia e curiosità. Ma tu sei un'ecce– zione e, ti ripeto, nella tua freschezza, al lavoro e nella tua serenità a farti il programma pei giorni e gli anni venturi, io ritrovo, se non mi vanto, un poco di me, anzi il meglio di me. La prima di queste osservazioni è sulla mutabilità oggi dei pittori. Quando io guardo un paese dipinto da te, non solo riconosco te, il tuo modo di vedere, il tuo stile, la tua tavolozza, la tua pennellata, ma anche quei lombardi, dal Cremona al Gola, che t'hanno formato, e dei BibliotecaGino Bianco

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