Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

312 F. M. Martini con un'aria misteriosa, come se egli sapesse quei trasvolatori pro– tetti <da una mano invisibile e intendesse scoprire la mano che li proteggeva. Anche lo sentii borbottare, '..- ma fra i denti e vergo– gnoso di una fantasticheria eccessiva per un uomo maturo, - un suo discorso dove si parlava di arcangeli e di paradiso; e per quel tanto che me ne giunse mi sorprese una misteriosa rispondenza tra il nitore sovrumano del cielo, non contaminato dalla morte ed inarcato sopra un mare di vette nevose, e la fantasia di quel mio soldato, fanciullesca e contadinesca ad un tempo. Uno squillo di telefono, e dovetti rientrare subito nella baracca. Dal comando di fondo valle si chiedeva il comando di batteria per O![)erazioni imminenti : preparare uomini e pezzi, perché a mez– zogiorno, - ora fissata per uno sbalzo degli alpini di là dal cana– lone, - le nostre bombarde potessero appoggiare da presso quella minuscola azione e sgombrare il terreno alle truppe d'assalto. Da allora chi poté più pensare a quanto accadeva nell'aria? S'era fatto il solito improvviso alone di silenzio intorno alla no– tizia, diffusasi in un baleno fra i miei uomini e prO![)agatasi fino alla trincea contigua, dove gli alpini, che l'azione imminente im– pegnava più a fondo di noi bombardieri, avevano già rotto l'incan– tesimo e cominciavano i preparativi per lo sbalzo: silenzio inde– scrivibile da chi non l'abbia respirato· almeno una volta; più ve– getale che umano, somigliante al silenzio degli alberi, quando il vento trasporta sulla ramaglia una nuvola gonfia di tempesta, e la ramaglia fino allora squassata improvvisamente si placa; si– lenzio reclamato da un istintivo raggelarsi del sangue, durante il quale gli uomini si raggruppano secondo segrete simpatie a scam– biarsi propositi per la prossima licenza se la fortuna li assh1terà anche questa volta, e chi li comanda cerca di restar solo quanto più a lungo può : finché non sia certo di aver dato una superficie di serenità immutabile e volontaria alla febbre che agita anche lui. Lo sentivo giungere fino a me, - fino alle pareti del ricovero dove mi ero chiuso a consultare le carte e i rilievi delle posta– zioni, - quel silenzio: giungere a onde sopite ma riconoscibili da qu~nto esso era vivo; come a onde m'era giunto fino a poco prima il vociare degli uomini, esaltati e irritati insieme dal com - battimento che impegnava la montagna e il cielo. E pareva che una notte improvvisa si fosse fatta, di là dal ricovero, su gli uomini e le cose. Ma anche a fiore di .quel silenzio io sentivo riaprirsi ogni tanto, sbocciate chi sa da quale oscura zolla del mio sipirito, le ingenue parole biascicate fra i denti da Nardi e subito spente da un istintivo pudore dell'uomo maturo: « Arcangeli. ... paradiso .... » E ancora me le sentivo alitare in viso qualche ora dopo, quando Biblioteca Gino Bianco

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