Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

288 Lettere di Ferdinando Martini Molto, moltissimo dispiacquemi, cara signora Matilde, di non averla veduta, e ne sento, dopo la sua lettera, più vivo il ramma– rico. Ma Ella non !PUÒ immaginare che fatica furono i miei ozi in Italia. M'ero !Proposto, Ella se lo ricorda, di fermarmi a Fauglia fra un treno e l'altro. Ma come fermarsi, quando il più delle volte, l'urgenza delle cose da trattare fra Roma e Torino e Monza e via di seguito, era tale che mi pareva lento il treno diretto? E almeno, tutto questo affaccendamento, tutte queste cure valessero a qualcosa. Non le dico di star male in Affrica ; ma certo sotto ogni aspetto si sta meglio in I tali a. Vorrei lasciar traccia di me nella Colonia, darle un indirizzo commerciale, economico, tentare ogni via affin– ché essa fosse a mano a mano di minore aggravio alla madre patria, e non trovo costà chi risponda come si dovrebbe. Si sono mutati, da che sono qui, tre ,Ministeri; ma in essi non un uomo solo che conosca o degni per un momento studiare le condizioni della Colonia. Quindi per ogni iproposta ch'io faccio s'indugia peiìplessi,. si ritarda timidi, e andando di questo passo do– vrei, per assestare le cose e avviarle a meta meno insecura, star qui dieci anni, - del ehe non ho punta intenzione. Insomma Governo titubante, impacciato, scettico che considera la Eritrea un fa– stidio; paese in gran parte avverso, segnatamente nelle regioni più faeoltose e che esercitano un'azione maggiore come il Piemonte e la Lombardia; difficoltà interne non gravi, ma numerose e quo– tidiane; difficoltà esterne parecchie e di assai gravità: veda un po' Lei che deliziosa condizione sia questa. Alessandro e mio genero che son qui mi distraggono: ma ri– ipartiranno fra poco e la mia vita, non allegra oggi, sarà alquanto cupa, dopo la loro partenza. Se le cose, so1pratutto di là dal confine, si mettano al meglio, penserò al Giusti: ho persino paura di non saper più scrivere. Vede, cara Signora Matilde, - io non ho mai osato chieder– g~ielo conoscendo il suo orrore per l'epistolografia, - ma se Lei, più sipesso che non ha fatto sinora, mi scrivesse ogni tanto, farebbe non solamente a me un grandissimo piacere, ma sto per dire com– pirebbe un'opera di carità; purché Ella avesse la pazienza, ipoi, di ascoltare i miei sfoghi. Ne ricevo a ventine delle lettere ogni cor– riere. Ma all'età mia s'è imparato a aprir l'animo proprio a ipo– chissimi. Basta : facciamo punto, ·come dice Lei. Asmara, 24 novembre 1898. Ho ricevuta la sua lettera : e alle amichevoli domande risponderò col futuro corriere. Oggi desidero pregarla di aiutarmi nel man– dare ad effetto un disegno che mi frulla da un pezzetto pel capo. BibliotecaGino Biancq

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