Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

LETTERE DI FERDINANDO MARTINI A MATILDE BARTOLOMMEI GIOLI *). II. Asmara, aprile 1898. Alla sua lettera giuntami col penultimo corriere, c'era tempo sufficiente a rispondere subito, rpoiché il piroscafo non ripartiva che quarantott'ore dopo. Perché non risposi? Perché certe parole sue erano identiche a quelle che avrei potuto dirle io da molt'anni; il pensiero che dovevano esprimere si legò e annodò con altri pensieri e ricordi innumérevoli; quali tristi, quali giocondi; e mi piacque l'avvolgermi, per così dire, fra essi, per poi mandare a Lei, cosi carpace d'intendere, non l'analisi ma la dipintura di. quanto m'era passato per l'animo. In questi, che un Governatore dovrebbe chiamare vaneggiamenti, le 48 ore passarono e fu meglio così. Fu meglio, perché la rpenna è un arnese grossolano, che sempre inchioda anche ciò che vorrebbe aleggiare e fuggire. Fra la parola che esce calda dalle labbra e il cui suono si perde in un attimo, e la parola scritta, ci corre quanto da una farfalla che irideggia all'aperto a una farfalla attaccata con gli spilli nei cartoni d'un museo. Fu meglio, perché io mi vo ipersuadendo che nella vita, le cose più belle sono quelle che non si fanno. Il libro migliore è quello che non s'è scritto, il bacio più dolce è quello che non s'è dato, la speculazione più fortunata è quella nella quale non abbiamo vo– luto imipegnarci. Ohe felice successo avrebbe avuto quel libro; con quanto fervore sarebbe stato reso quel bacio; quanto danaro sa– rebbe sgorgato da quella speculazione ! E nessuno può dimostrarmi l'opposto. Ah! la gente che non fa nulla prepam alla 1propria vec– chiaia un tesoro di conforti ineffabili. L~ mia, dunque, sarebbe stata una lettera stupenda. Bis?gnerà èontentarsi di questa più breve e più modesta, la quale a ogm modo le porta, e meno malinconicamente, le testimonianze della mia antica e affettuosa e grata amicizia. *) Vedi Pègaso, II, pp. 129-140. BibfiotecaGino Bianco

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