Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Stampe deWOttocento: il Teatro Pagliano 279 abbandonarsi alle complicazioni dell'amore più inaspettate, carez– zandone assurde avversità stringendone inestricabili nodi per giun– gere a laceranti conclusioni. Pagliano era il teatro fiorentino d'opera in voga a quel tem![)o, pimmensa caldaia nella quale ebolliva il cuore umano al fuoco del melodramma ; quello che oggi, decadutissimo, si chiama « il Verdi », e giustamente, perché fu proprio lui che nella seconda metà del– l'ottocento, e fino alla fine del secolo, vi [>rimeggiò. Prendeva il nome dal suo proprietario, appassionato di musica e farmacista ri– masto celebre fino ai giorni nostri per un purgante famosissimo SO[)rail quale aleggiò sem![)revoce di miracolo e di mistero. Di spro– positate dimensioni, lo si sarebbe detto impiantato per una metro– poli gigantesca, ma lasciato poi disadorno, e trasandato di conse– guenza. Quando la sua enorme platea e le sei file dei palchi erano colmate da tutti gli stadi della società, cordialissimo e caldo, esso dava un'impressione che non è facile dimenticare, e che i miei occhi rivedono con l'attrazione avida e vaga della fanciullezza attraverso la soave malinconia del ricordo. Mi piaceva tutto là dentro, dalla fioraia che affiancando il fine– strino dei biglietti col cestino in mano e un sorriso stereotipato sulla faccia sfiorita, faceva l'atto d'infilare il mazzolino delle gaggie o delle violette all'occhiello dei signori che entrando si schermivano con garbo, rifiutavano recisamente quasi ostentando un principio, o :fingevano di soccombere nella lotta ; specialmente se accompagnati dalle mogli che non vedevano di buon occhio nelle entrate dei teatri, ogni teatro av..evala sua, e girelloni pei caffè le :fioraie coi loro vezzi ; esse, già sacerdotesse nel tempio di Venere, v'erano ormai, per an– zianità di servizio, portinaie astute e compiacentissime. I vecchi dongiovanni invece si fermavano con loro scambiando cortesie in - chini e sorrisi, come con dame, e come gattoni mansueti aprivano le braccia e celestiali in viso si lasciavano abbellire a festa l'occhiello della giacchetta. Si entrava che i suonatori d'orchestra, accordando i loro stru– menti, producevano quel brusìo discorde che prepara tanto bene all'audizione di filate melodie e cabalette matematiche, e accom- 1pagnando insieme, bene altrettanto, lo scompiglio del prender 1posto nella sala fino al silenzio solenne che incute sospesa la bacchetta del maestro. Gli omìni colla canna in mano si sporgevano dai palchi per accendere gli ultimi beèchi a gas dentro i tulipani panciuti e ricamati, e le dame entravano fruscianti, con repressa ansia d'occa– sione, e vi prendevano posto seguìte dai gentiluomini premurosi che le soccorrevano a sciogliersi dagli ampi mantelli e a circondarsi dell'indispensabile 1per lo spettacolo e per quello, non secondo, che BibliotecaGino Bianco

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