Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

Lettera al Rev. Padre .Enrico Rosa S. J. 345 più tra le faville la verità. Non pai·lo di quei di Sinistra, ch'era Datu– rale piangessero o stridessero; ma gli uomini di Destra, i cattolici più legati, almeno la domenica mattina, alla religione e alla tradizione ripetevano sconsolati: - Mais le Pàpe) qu'est-ce qit'il y gagne? - e par– lavano di quel Sovrano vesti_to di bianco come d'un bambino di:ssennato, e lo proteggevano contro sé stesso come fanno i pedagoghi e gl'infermieri. - Qu'est-ce qu'il y gagne le Papfj? -- I più astuti, quelli che altre volte m'avevano confidato: - Se anche noi avessimo un Mussolini .... -, · adesso vedevano, nell'accordo con tanta costanza e prudenza da lui preparato, il centesimo caso della religione freddamente usata da un uomo politi_ço come instrumentum regni. Dimenticavano .la loro stessa ammirazione per un Capo il quale, fondato il nuovo Stato sui giovani, sui cittadini cioè di domani più che su quelli di oggi, ha fin dal primo giorno compreso e dichiarato che forza sia nell'animo degli adolescenti il fervore religioso, e come, una volta acceso, esso porti il suo calore in tutti gli altri sentimenti, dall'amore per la patria e per la famiglia fino alla dedizione verso i capi, dando alla formazione morale del carattere addirittura un premio e una sanzione divina. Critica e critica, taglia in quattro ogni capello, e poi taglialo in otto, e poi férmati a contemplare gl'infinitesimi effetti della tua infinita sottigliezza, e poi aspetta che gli asooltatori amch'essi contemplino e applaudano e portino in giro di salotto in salotto quel gioiello di mi– crotomia, il mondo intanto precipita, o, se-non il mondo, l'Europa che, per quanto -cosmopoliti si voglia essere, è ancora il vero mondo nostro. Non parlo solo dei pericoli indicati due anni fa dal cattolico Henri Massis nella sua Difesa dell'Occidente, perché quello scrittore d'un vigor dialettico degno davvero d'un tomista mi parve traballasse un poco sulle nozioni geografiche, là dove torceva ai suoi scopi i con– fini tra Europa ed Asia, Occidente ed Oriente. Parlo della cronaca d'oggi, di ciò che, ad esempio, sta avvenendo proprio a Parigi in questi giorni sotto i nostri occhi, tra l'albergo Ritz e l'albergo Giorgio Quinto: delle discussioni tra gl'incaricati dei popoli che furono in guerra. Do– vrebbero essi risolvere con pratica equità il problema delle riparazioni, e -finalmente assicurare l'assetto economico, anzi la vita d'Europa per ·mezzo secolo; ma ognuno bada a sé stesso e tra noi s'è più divisi e in sospetto che nel 1916 o '17 quando sul mercato la carne d'uomo vivo costava meno della carne di bue congelato. Il presidente di quelli in– caricati che è un americano di poche parole, li sta a guardare e ad ascoltare accingendosi, se per un dato giorno non si saranno accordati, a dichiarare quel ch'egli pensa, e vnole: e basta. In questa babele s'an– nuncia che Mussolini e Gasparri, il Re d'Italia e il Pontefice si sono accordati lealmente e durevolmente; che nell'Europa barcollante hanno fatto come dicono gli architetti, pilastro; ch'essi, sì, hanno veduto e pesato i pericoli imminenti su questa civiltà europea, cioè romana e cristiana e da Roma, per quanto essi possono, si sono dati d'accordo a salvarÌa. - Mais le Pape qu'est-ce qu'il y gagne? - La domanda era un'altra: che ci guadagna l'Europa? Molto moltissimo; e prima di tutto, un ammonimento e un esempio. BibliotecaGino Bianco

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