Pègaso - anno I - n. 3 - marzo 1929

LETTERA AL REV. PADRE ENRICO ROSA. S. J. \ ' Reverendo Padre, tanta è dall'll di febbraio la calca dei convertiti a un cattolice– simo di convenienza e dì moda che Ella permetterà ad un romano, di famiglia, come si diceva una volta, papalina, battezzato in Santa Maria in Via ed educato alla religione proprio in Sant'Ignazio di Roma e da loro Gesuiti, d'intrattenersi mezz'ora, con lei, di riposarsi cioè dal gran bailamme considerando un uomo come lei, integro e giudizioso, che era ieri quel eh' è oggi e quello che sarà domani. Se fosse vivo uno dei cari Padri e Fratelli che quaranta o quarantacinque anni fa, dalla Con– gregazione della Scaletta alle Cappellette di ,San Luigi, guidavano e istruivano noi ragazzi e ci presentavano la religione come una serena grazia, disciplina, ginnastica e felicità non del cuore solo ma anche dell'intelletto, tanto più salda quanto più adornata dalla cultura e addestrata dalla logica, e v'aggiungevano con nostra soddisfazione quella punta d'orgoglio, se non di superbia, che chi possiede la verità ha pur da potere opporre a chi non ha la capacità o la fortuna o la forza o la civiltà per possederla, mi rivolgerei a lui. Ed erano tempi difficili, ché fuori a dir Gesuita era come dire subdola potenza e fosca nequizia, mentre là dentro, all'ultimo piano del Collegio Romano sotto i tetti, tutto era ordine, fiducia, ilare henevolenza, e, anche in politica, tolleranza e mai una parola contro l'Italia, e mai, come purtroppo accadeva nelle scuole di Stato, il basso ossequio alla supremazia vera o immaginata di questa o di quella cultura straniera sulla nostra cultura. Ma, che io sappia, quei Padri sono morti tutti. E come vecchio abbonaw della Civ'iltà Cattolica ch'ella dirige, e fedele lettore degli articoli ch'ella vi pubblica, io scrittore mi dirigo a lei scrittore, e le dichiar:o il mio caso di coscienza . .Parto da lontano. Quando il Capo del Governo d'Italia e il Segre– tario di .Stato di Sua Santità hanno firmato in Latera.no Trattato e Ooncordato, mi trovavo a Parigi contento di poter misurare sul volto e nelle parole degli stranieri la grandezza, di quell'evento. Perché proprio l'intelligentissima Francia .abbia capito tanto poco le ragioni del Pon– tefice e della Chiesa e le ra,gioni dello Stato e nostre in quei meditati accordi, Ella sa anche meglio di me. In quei giorni pareva che l'intelli- , genza francese, percossa d,allo stupor~, tanto sfavillasse da non scorgere / BibliotecaGino Bianco ....

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