Pattuglia - anno I - n. 7 - maggio 1942

QUA;\DQ ero piccola e oola, an• dare n rubare In frulla negli orli vicini era una fo:.to grande. ~1i altrcz1.o,·o co• me per una ,1pcdizione: bastone unci• nato, c<•;Lino, carla e forbici. Poi ,•iu, su e giù pci gradoni verdi, rurtivo come un gallo ,;ebbene non cc ne fosse pro• prio binogno. · Ogni tanto incontro,o un ,,cntiero morto, come limite tra una proprietà e l'altrn. Erano ,1cnlieri deserti, piccole tombe di oassi bianchi e pialli che mundnvano odore di ara, 1Jcbbenc in rivicru il sole k,1se sempre tepido, anche d'estate: lo ••i gustava come qualcosa che si sciol· ga in bocca. Sta,ano ncpolti tru due muricciuoli e c1uEHi non erano più che un arn1ffio di CCtlpugli. In ((Ud ro· veto dovevano certo na3eondcrsi dei rct• liii, dei mcotri striscianti e viscidi, come avevo , ;3to sui libri illustrati. Ogni fru• •3<'io di lucertola mi fucevo battere il cuore più in fretta, eppure non c'era via di scom1>0, bisognava percorrere anche le ,3tradc di rovi. Tru le spine mi ,,i allungavano incontro le linguette rOli• ne e nere delle more ed io schinccia,o c1uciue ultime in mano per vedermi le dita come dopo i oompiti, e Jc mnngiuvo pcomndo, chisslÌ perchè, che se In scc• ma, lo Peppa del Baciccia, mi avc-}SC , i>ltO quell'inchiostro in bocca aHchbe cnscrvoto: « Scrivi con In linguu 1 tu? • Finalmente arrivavo n una zonn fucile del muretto e mi lat,ci,nro calare giil, ,;cmpre come un gatto. Di solito per prima c<.,;n m'imbottevo nei fusti rugosi, upaccoti degli ulivi, rivestiti d'una pa• tina muochiata di raso ,er<le cupo. Non m'interctJSa\'Ono, come non m'interessavano i radi festoni cli vite sugli esili ,;teccnti di bambù. Smuovendoli, non avrei trovato che dei ~rappoli ancora ospri e opachi, di ci1icchi senz'ae<1ua, pi· giati pigiali. Tant.o, in ,1eltcmbrc mi E•'>petùt\o a come ogni anno la vendemmia padana da nonna Clotilde. Qui invece Ja mia mano cercava delle pesche, du nccnrezzorc, e tra le •iOltili foglie n fa)c(" cc n'eruno ,,cmprc, sode e vcl• Jutatc come le guaneie del fratellino che ,.;ognnvo e che non avrei posseduto mai. Perù quelle non andavano u riniTC nel collino: crono le spnccnrellc, <1uindi1 dentro, farina gialla e poco ,,ugosa. Aprendole in due avrei •Jvcgliato nella culla del nocciolo l'incvitobile verme ro· ,;a ben pasciuto. e con lui un'intera tri bù di uo\'a e di vermi. C'erano J:>erò i meli, i b,,·si mcli sempre carichi, con una corona di frutti mnrci ,;ml ~uolo chiaz1.nto di folto erba azzurra d'ombra che •Ji altcrmn•n all'erba lustra e sfaviJlontc. Quelli buoni ntovano nttuccati ul rnmo, ma era troppo nempl ice co• glicrli. lo prcforivo i nusini, che bi.so· goava ,,cuotere senza pietà finchè tutte le palline violn, anche le più rc-,lic, anche le più nr.,1coste, in cimn, grnndinavano ,iulla testa, sulle spalle, sul morbido tappeto, con un tonfo •Jecco e felpato. E per raccnltorle bisognavo combattere con le api e coi formiconi che oubito se ne impossessavano: nllor;;t •li formava un buco tondo contornato da unu frangia di pepe bruno, e a premerle ne i:i:;civo uno resina :1.uccherina che ,_;iappiccicnvu alle dito.. La conosce• ,·o bene. Il nt•)polo aristocratico invece lo di1;dcgnavo, con c1uella sua scorzo liscia, quell'ombrello di foglie giapponu1i da decorazione e <1uci dannati frutti d'oro mai maturi. li mio deboh·, la mili vera pt:,;siunc erano i peri, che dall'orlo di ogni muretto p;uurda\'HOOgiù, nella balza di ,,ot• to. Pc.,;,wo il mio cestino , i\·entc di colori e di ronzii, oi piedi deliri pianta, dove le radici ,;i contorcevano come bi• ,;cie; mi nrrompicavo fino alla prima biforcazione e li mi ac..-cOCola,o. Pie• gmni, tirnr su il bastone. Poi solivo oncora, fino dO\'C le frnsd1e erano tanto folle che mi tofìtlie,·ano il ,:;olc. 1 pochi raggi filtrati entravano nelle tempie di· ritti e duri come npodc. Do lassll si ve• dc"ono boschi di ulivi, e un ciclo argentato, e, in fondo, un mare ,;cintillunte, nrgento 1>ill ,i\o dì quello Jcgli ulìvi. Ad ogni rv,piro le colline e il mareerano m«.•lsi du brividi chiari... erano lult'un brivido ,30)0. Tutto argento: mn cli trr,11>arcnte cristallo, come l'aria, ,::rono i 11uoni delle campane dei pac!Si circ..·v~lnnti, che giungevano inli1Ui fino Rubare la frutta Racconto di MI.R F. LLA BERTARELLI a me. Li ricon«..•,CC\'Osubito: ct.-co; quel• in una 13pccic di trillo ,cnirn ,lulln chic• lo che nl ,,econdo rintocco schola,a \ io ua di S. Lorcn,.o; cint1uc minuti dopo atlaccu,n immuncabilmcnle In cumpan11 di S. Rocco e (1uclln, piil tenue e ,;of• focaia, di un lontano campanile coperto d'edera. Vi ero undata una domcnicu in gitn, cd c.•;so crn rimasto per mc il hirnbolo 1.li lutti i com1>a• nili di campagna - fottJC il paradiso non eru molto divcn;o da cosi. Solo il ,Jegrestano della nostro purrocchiu non .Juona,·a che lo stretto necessario - per la mC•lSH, poi a mezzogiorno e al vc,}pro: lo zia a tavolu O\'C\'R detto che cru un fnnnullonc pcrchè bcvc"u e gli piocc, ano le donne • Zia, allora non devo bere neanch'io quando ho octe? E le ,;ignorc pcrchè dc,o trovurlc brutte •3C non lo sono? A mc- piace p:unrdarc te d1e ,1ei tanto bianca, e la folo~rafio del la povera mnmma. F: CCtli bel lo » - « Parlavo cli un uomo. Un uomo ~ un'altra ct,;o, cura •· \la lei gli uomjni li a,e\a conc.•.ciuti sole, sui roman.ti. Per quo:~to cruno tutti soltonlo « un ultra cc,:;a ». Da alloro, quando vcde,o un , illc~giuntc un poJCatorc o un con· todino d~;setarsi alln fontanella delln piazzu, mc ne lcncvo allo la1·gu, uicludendolo per ,,empr<" dolio catCE{orio di C'C1.1e persone che considcra,o inti· mmnentc mie. \fio era quel noie che rin· correvo tutto il p.iorno, miei i frutteti <'he dc,n-;ta,o, mio <1uel silc1uio <1uasi umnno. come tc•,o ad uscoltnrc, rotto ud intervalli <lui u1mpunori in gnro. \lia iiifinc era quellu dimora occrnionulc su di un qualunquf.' pero dei nc•itri ,•icini. Ero un uccello lassil, come tulle le crenturc umane <1uondo nono uppolaiate tra le fronde. Dimcmwo le broccia e 1.ufoll"o mentalmente un'aria di •,cuoia. Fingc,o d'a,er paura del pro1>rietario per nccrcsccrc il pericolo cd il senso d'1n,cntur~. mt1 in reallù snpe,o benis• ,,imo che nes~uno sarebbe apparso da una cr,m rustica per minacciarmi e ,;nidnrmi dal mio trono. Sapevo bcnisoimo che nessun ligure si cura\i.1 della ,:;ua terra. t.:na terra che io \ede,o ri· dente, ma ,;cntho magra, chius,11 difficile, come lu ,niu gente. Solo i ,•cechi, c1uelli che l'n,c\·uno \inia olle rocce, c1uelli for,;e l'n,cvnno omala come carne loro. ~; io da bombina l'umnvo, nnche oc ,,e ero tutta fotta di pinnura. r'-,ell'incanto di quell'ncrea ,30Jitudinc io però non perdevo di \'i,tu il mio 1,co1>0: il prov,•idcnzinlc bastone rHg· giunge, a giu•Jto giusto le pere che pende, uno più , icinc come grc•JSC j,loe<:e di linfa 1>ietriricntu. llugginc,JC di Fuori, legno binnco intorno al torsolo e il rc,ao di una polpo b.-ranulosa che legaH1 ARTURO MARTINI •DONNA AL MAR.E• F1endazione Ruffilli - Forlì i <lenti. \la 1,c io ~licie porta,o, la ,,in m rcbbc <>ccluto !1 farle cuocere, certo. Cadt.•HHIO rimbulzando da un ramo all'altro, e infine F?iù, tra i fili d'erba e il trifoglio. lluzzola,nno uncorn un poco e poi oi arrcslnvnno coricate sul copino c!d picciuolo. Alcune toglie rotonde le ,.:;cE,:uhuno Fedeli sul letto di morte cd io ,,cgui,o queste. collo sguardo soltanto. Qunlcuna andn"u a 1><oursi su certi riori dm chinmnvo opilioni, e li si fct·· uunn ocnza pili fort.n. Erano dischi candidi e 13pu1tnosi so1>rn alti steli ritti •3enzn foglie: rk'Ordu,uno gli spilloni c.:on cui la nonnu crn Ut3R rcrmnrc gli scialli cli lana e i capelli alla nucH. Sul.• le ,;trelle (ascie di proto il bhì del fior di rudicchio l(ella, a intanto elci prn;cn1 imenti di riclo ull'imbrunire. Allora mi •JOvH•ni,o che Hlln sera non ci sarebbe ,,tata pili nemmeno un'occhiata di sole c~I era quindi meglio Eeoderlo, orn che •J1 poteva. Scendevo scorticnndomi le gambe, ma In mia pelle era forte e non 1,e ne. accorge,a. ln punto di piedi andn,:o 10 ce~cn delle pere giacenti, poi mi •.:;trmgcvo tn unu macchiu di sole c.:he si upri,•o tra le placide ombre appeno un J>OCOtJlormenti; li conlu,o stanca e fo. licc il premio illecito mn tanlo 1.,udato. Scdutn Co3Ì in basso, non vedevo che sciUJni di mosc..-crini come poherc con• lro Iure, e, più gill, del gran \erde ,.,ctoso dove gullegginvano gli spilloni IC i fior cli radicchio, e gli altri riori ..: Oo,e 0Rranno oru quei momenti rli be• ne rtlSOlulo? \li fa mole pensare che uppnrtcngono al paJsnto e perciò sono nulla, non ooistono più, non vivono pili che nella nc13talgica memoria. Così co• mc L~Uo ciò che è tcrrcntrc... Eppure quelli non r3erbnvano nulla di terrestre erflnO il pedeUo abbanclono 1 erano i momenti di d.i1tncco, i soli importanti. Allora, dove ,3nranno? forse non sono peVii, sono rimasti comi.' uno fluida ctcrnitù in <1uei luoghi, U·n gli alberi l'erba e il silcn1:io. Vorsc li ritro,·crò t~rnudoci, anche 1.:,cio non sono piil u~ g10,nnc pezzo di naturo. AdCl3so non rubo più la fruU11 proibite. 1-:ppurc Ju mia co.;cicnza non riuscini. mai, mai, ad c,Jsere onesto come allora ... . r~rn una_ voce in fol, etto n rlistoglicrm1 <htl •mo \Cgctale ripnro: « Giranolc! Do\'e sci, Girnsooooole! .,. Solo un'affcttuo:;a zitella senza ncidore e eon l'unimn lraboccnntc di poo:;io pote\(t t narc c1ucl nome per In suu nipote Lna nipote tutta gambe, molto nit~ l~Cr In •Jua ~ti\, gialla rleMuosa e lun~n come un g1rl'Golc, con lu stesso nriu ,;vagata e attonita, e con lo stessu fan~tico u_morc del •mo nstro. « Vengo :-.ub1to, zia! • ~: scuppmo in furia sbullottnndo il ccslino, impaceinln nel mio equipaggiumc-nto, nel timore che il proprietario U\CSsc :-.cntito sul M:rio, quque~tu. ,·oltu, il ,~io irrug;one"olc gri• do d1 1·1sposh1. Su e giù di nuovo, tulto d'un fiato 1 muriccioJi e scale rozw tra una tcrra1.z,t~ e J'nltra: e i miste• riosi sentieri che co~ano delle bestie In• visibili e tengono il culore rino u notte inoltratu... Spingc,·o inrine il nostro c~nc~llo con una spnlluta, e n quel c1_golio _lu vecchia lupn mi si preci• p1tuvn_ mcontro unnusundomi con uria co!11J>l,1ce,_n!>hniondomi lu 1;ua gioin, taghanuom1 11 C'nmmino: e Smettila con <rueste. smancerie. Fa In cuccia, Ton~ tnlu. Su, da bru,u, fa lu cuccitt •. E lei ~n~a:oln"a. mu si stendeva sul posto, ubb1d1cntc 1 rncrociondo Il' due zampe nntcriori. JI , Ìtlo pnllido della zin, spun• tando dulla fino;tro di f.'ueinu, eru pieno di punti u,;clamati,i e di esasperazione: « Guarda come li 1.3ei riclollu: hni tutte le ginocchia ubucciute e In facci11 s1>or· cn. f: mezz'ora che ti chiamo. Do,c ti cri cucciato? • lo oorridc\·o e unsa,o. « Tu mi abbre, ierai di dicci onni l.t vita di questo pusso 1 Girlnsolc. Scom• metto che hni 011«.·orurubuto lu frullu. f.o ,mi che è pcccuto? De\ i restituirln •. Le ,mllino al collo: <1: Ziu guarda, «.1ue• ntu mclu è me1.zu 11mmncc11tu i c1ucsla ha le mncchioline di muffa. Gli nitri le butterebbero via. Le abbantlonano lì. e il Signore che ha creato tanta roba buo• 11111-;ene offende. Ci spcttnno cli diritto•. I: i rimpro,cri della ziu erano '3omrnc:1Ji in un abbrnC'cio caldo di tcncrcz1:n, di fatica e cli •Jolc. ftllflè'll,A IJM!'f'A Utilll

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