l’ordine civile - anno II - n. 11 - 1 giugno 1960

bi NOTE POLITICA INTERNAZIONALE Post~vertice Difficile capire perchè, dopo aver praticato per anni la dip.lomazia del vertice, tutto condizionando e rinvian– do all'incontro dei quattro grandi, K.ru – sciov abbia poi deciso di impedirne lo svolgimento, proprio quando i Grandi erano già riuniti attorno ad un tavolo. Nella scelta del momento ha certa– mente giocato il desiderio di umiliare gli occidentali e soprattutto il Presiden– te americano. Nella ragione de.ll' atto, hanno giocato motivi non conosciuti e soltanto opinabili per gli osservatori esterni. Si può pensare che, nella determina– nazione di Krusciov di far naufragare il vertice, siano state decisive valutazio– ni di politica interna : sia di politica in– tern'a americ~na, che di politica inter– na sovietica. Uno svolgimento utile dei lavori del vertice avrebbe fornito ossigeno eletto– rale al partito del Presidente e quindi a Richard Nixon: benchè Krusciov non abbia indicato il nome del suo candi– dato alla Casa bianca, si può star certi che questi non è l'attuale Vicepresiden– te degli U.SÀ. Ma certamente gli argomenti più no– notevoli sono venufii dalla politica in– terna sovietica. L'URSS non può disar– mare, può soltanto parlare di disarmo. Lo.Stato sovietico rimane un regime totalitario e non può quindi accettare sino in fondo la prospettiva di una pa– ce stabile. Non può perdere la faccia e non può quindi accettare un vistoso ce– dimento per Berlino. Se mai solo un vistoso successo per Berlino, dove l'URSS ha carte e me.zzi di pressioni formidabili, giustificherebbe l'inizio di trattative per il disarmo. Solo un senso di" forza e di vittoria consente ad un potere totalitario un atto di ragione– volezza e di pace. Per questo ora l'URSS vuol diventare forte: sempre più forte. La forz~ del– l'URSS egemonizza la Cina: la forza dell'URSS deve esporre l'Occidente al– l'umiliazione e costringerlo a rivedere sotto la pressione della forza le sue po– sizioni di forza: dalla questione cinese a quella berlinese. I tempi si fanno quindi ora più duri e più difficili per l'Occidente e per la pace. Il fallimento del vertice vuol dire che il potere sovietico si accinge ·ad usa– re, con {' occidente, il bastone: e a far– lo in tempo di elezioni presidenziali americane, con un'America, divisa, ner– vosa ed inquieta; senza guida certa e forte. CO E COMMENTI Chi crede che di qui a gennaio en– treremmo in una sorta di oasi diplo– matica perchè i russi aspettano sobri e rispettosi il nuovo uomo alla Casa Bian– ca, si illude. Da tempo la Cina ha scontato che i limiti dell'influenza pacifica e politica nel "terzo mondo" non scarsi: che la carta mag,giore del mondo comunista sono la forza e la disposizione ad usar– la. Assurde dispute di confine hanno la forza di un simbolo e di un monito: un nuovo potente cerca nell'Estremo Oriente il suo i1ftpero, stavolta non più nel nome del diritto nazionale alla po– tenza, ma al coperto di una ideologia di portata mondiale. La Cina vuol trascinare la Russia sul medesimo terreno. Il fallimento del ver– tice mostra che i capi di Pechino pos– sono avere una forte udienza a Mosca. Andiamo dunque verso mesi caldi, di importanza forse decisiva. • L'URSS vuol umiliare l'Occidente, . Ebbene l'umiliazione è, in primo luo– go, una questione morale. E' umiliato solo colui che consente alla violenza e all'insulto, non chi oppone la sua fer– ma volontà di dignità e di giustizia al violento e: al minaccioso. Per questo l~ coscienza dell'Occiaen– te è la sola forza che può superaré la prova, nel momento in cui lo spirito di Camp David si è dileguato al sole del maggio parigino e la carota ha ceduto rapidamente il passo al bastone. Noi non pensiamo che questo signi– fichi necessariamente una assenza o un rifiuto di trattative da parte occiden– tale. Pensiamo che la pace sia un bene così grande che valga la pena di aiuta~ re i capi sovietici a uscire dall'impasse in cui si sono cacciati. Della necessità di un compromesso per Berlino, data l'assurdità .della si– tuazione, abbiamo scritto nel secondo numero di questa rivista. Ma quello_ che importa è che la tat– tica sia sposata a fermezza e sorretta dalla volontà di tutto rischiare a un certo punto e non di cedere tutto, pur di evitare il peggio. Una tattica è tale solo se c'è dietro una fede per- cui si è disposti a dare tutto altrimenti la tat– tica è già servitù, è già sconfitta. Bisogna togliere alla politica sovieti– ca ogni alibi che le impedisca di affron– tare e di trattare il problema del di– sarmo. Poichè anche nel mondo sovietico ci sono forze che credono nella pace ( e forse Krusciov è una di queste) la pru– denza e l~ forza dell'Occidente sono oggi la condizione di sopravvivenza an– che per questa forza. Il che giustifica la linea ad un tem- po ferma ed aperta che il presidente De Gaulle ha impresso alla politica fran– cese ed ha di lì trasmesso alla politica occidentale, per quanto· stava in suo potere. Vera fermezza ne.lla sostanza e nes– suna questione di prestigio : questa è la condizione rispettando la quale l'Oc– cidente cristiano potrà salvare il mondo alla civiltà ed alla pace. D.C. La grande di Palazzo ~~ se1· g1· orn1· " Rospigliosi La grande « sei giorni ii d·i Palazzo Rospigliosi ~i è chiusa con la votazio– ne di un documento che rispetta in pie– no le previsioni da noi avanzate nel n. 9 della rivista, quando scrivevamo: << Iniziativa democratica risorge - no– vella fenice -- dalle ceneri della "Do– mus Mariae". L'intervento di Moro e di Fanfani, mandando in porto tale operazione. non può che essere ,quello di ricomporre l'unità del partito attor– no ad un rohusto nucleo centrale, in modo da poterlo' rilanciare, possibil– mente compatto, nelle battaglie di au– tunno, per tentare di riconquistare le posizioni perdute a seguito degli av- • venimenti degli ultimi due anni i>. Non pochi fra i commentatori poli– tici, nel leggere i testi dei d·iscorsi pro– nunciati dallo stato maggiore « doro– teo J> nel corso dei lavori del -Consi– glio nazionale, avevano argo-rnentato che da quella parte sembrava, vi fos– se una dura decisione di rompere con la linea Moro-Fanfani. Tali discorsi altro non ei·ano se non il tentativo di mascherare una delibe– rata cd accettata abdicazione alle tesi della sinistra, quale contropartita per la conservazione di un potere, che ap- • pare ogni giorno di più minacciato dal prevalere nel partito di orientamenti chiaramente improntati alle tesi delle frazioni di sinistra. Sempre nel n. 9 ~crivevamo infatti: « Essi ( i dorotei) hanno necessità, per ' esprimere il massimo di potere di cui • sono capaci, di adornarsi di una qual– siasi delle varie etichette progressiste di cui abbonda la d.c., che permettono di -contrabbandare tra elettori ed iscrit– ti ogni sorta di trasformismo ii. La votazione della mozione finale ap– provata al consiglio nazionale ha con– fermato alla lettera il giudizio sopra riportato. Ma ne ha confermato pure un secondo da noi espresso, quello cioè che presentava l'operazione di ricom– posizione della vecchia <( Iniziativa de– mocratica ii, com-e una operazione di puro p~tere.

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