l’ordine civile - anno II - n. 2 - 15 gennaio 1960

b l'ordine civile crificio e dalla Fede, per dire la vera, suprema e splendida parola.--Oalla Fede e dalla Carità. In quei tempi di assistenza mancante aiutare i poveri era un lavoro serio, un impegno ve– ro, un sacrificio reale e non c'era in vì,sta nessuna speranza elet– torale, perchè la fedeltà al Papa vietava ai cattolici, come iL voto, così la medaglietta di deputati. « Nè eletti nè elettori )), era lo slogan di Don Margotti. Combattuti e disprezzati, aven– do contro lo Stato e la cultura, i cattolici seppero edificare un mondo di opere nate· dall'umiltà e dal sacrificio personàle.- · La Fede, che in apparenza aveva frenato, in so;tanza aveva invece profondamente vitalizzato: ciò che era sembrato sterile si era invece rivelato fecondo oltre ogni speranza. .E qui cominciano le preoccupazioni dei liberali di fronte alla spinta eversiva dei socialisti, alla spericolatezza dei radi– cali e all'indifferenza politica che si andava allargando fra gli italiani. E' un fenomeno insidioso e ricorrente dell'opinio-....;– ne pubblica italiana. Allora erano i trafori sotto i valichi del- le Alpi, i prodigi dell'igiene, le meravig~ie di quei strani ap– parecchi dei Fratelli Lumière che mettevano in movimento le immagini, a captare l'interesse e l'entusiasmo dei figli della « belle époque ». Ma per chi sapeva vedere al di sotto della– vernice policroma, il fenomeno era di sostanza, anzi di natura, cioè della natura psicologica del nostro popolo che qu'ando intuisce un distacco fra se stessò e il paese legale sonnecchia, si distrae, come fanno a scuola gli scolari disattenti, e questo fatto appariva pericoloso per uno stato recentemente costitui- to dove l'unità nazionale non era ancora maturata come in Francia e dove. lo Stato non poteva concedersi la licenza di battere una strada che non fosse condivisa dal popolo. La presenza e la compattezza d~l mondo· cattolico, che esprimeva in modo genuino il buonsenso dell'opinione pubbli– ca, indusse i liberali a ricercarne la collaborazione. 'Di qui le elezioni amministrative milanesi del 1895 che vedono cattolici e liberali moderati appoggiare la mèdesima lista. • I cattolici erano tuttavia bene attenti' ad impedi;e che • la loro CQoperazione con i liberali, fatta secondo la regola che la teolo;già morale detta per la cooperazione quando si tratta.~ di evitare un male maggiore, diventasse un'accettazione di fat- to di principii e di dottrine erronee patrocinate dai liberali. Così precisava la Civiltà Cattolica: cc Contratto e non Lega gli accordi di Milano JJ. Contratto esclusivamente motivato dal- la necessità di escludere cc là setta anticristiana JJ dall'eserci– zio del potere locale e salvare il diritto del rispetto dell'inse– gnamento religioso nelle scuole. cc-Il trionfo della parte cat– tolica - aggiungeva la rivista - fu tanto più insigne quanto meno in esso vi entrò la politica; anzi, non vi entrò affatto >>. Per sottolineare il clima di_ serietà e di principio con cui i cattolici si preparavano alle elezioni amministrative, ba– sta citare le direttive del Congresso Cattolico di Torino che in _quell'anno 1895, dopo i successi elettorali-amministrativi di Milano, -Roma e aitrove, aveva appunto, come principale oggetto, la politica amministrativa -de.i cattolici. Fu Niccolò Rezzara ad impostare il problema con la pii! grande sincerità e chiarezza: i consiglieri cattolici non si li– mitassero alle pratiche di devozione ed a-gli atti di ossequio, -– non si contentassero neppure della -generica patina del galan– tomismo, ma mirassero ad immedesimare la loro causa con quella del popolo, rinunciassero ai lussi ·ed alle apparenze della vita privata, si opponessero nei casi necessari alle in– terferenze ed alle prevaricazioni della burocrazia : cc O _gover– nare meglio dei liberali, o abbandonare il potere >>. Con questo aureo dilemma Niccolò Rezzarà chiudeva la sua relazione. Secondo la retazione del friulano Anastasio Rossi, Sacerdote e poi Vescovo, al Medesimo Congresso Cattolico di Torino, i Cattolici nei Consigli Comunali e Provinciali avrebbero - dovuto adopera-rsi con tutte le loro forze per assicurare ai lavoratori uii. minimo dì tariffe sa_lariali, il riposo festivo e il limite massimo delle ore lavorative, per reprimere gli abusi delle prestazioni a cotti"mo, per proteggere le cooperative ·operaie e le proprietà collettive che solo in casi estremi avrebbero dovuto essere vendute a piccoli· colÙvatori per fa. vorire •la proprietà coltivatrice, per applicare. provvedimenti igienici alle case rurali, per diminuire i dazi consumi e la imposta sul reddito, per esprimere le spese voluttuarie. Nelle elezioni ambrosiane che .si svolsero in questo clima i votanti furono 28.001, i voti raccolti dalla lista bloccata ~ o pag. 27 furono 14.400 contro i 13.200 voti messi msieme dai repub– blicani e dai socialisti. Il sistema maggioritario assegnò 58 seggi alla ma-ggioranza e 22 alla minoranza. Fra i nomi degli eletti: Ermanno Albasini Scrostati, Luca Beltrami, i due Ca– stelbarco, Carlo Ottavio Cornaggia, Edgardo De Capitani, Adamo Degli Occhi, Giancarlo Gallarati Scotti, Emanuele Greppi, Luigi Maino, Cesare N ava, Angelo Salmoiraghi ... Il Prof. Contardo Ferrini ottiene 13.807 voti giungendo 48° su • 80 eletti. In un periodo in cui altissima fu la fedeltà dei cattolici italiani al Papa ed ai principii che il Papa impersona, altis– sima fu pure la dedizione sociale e l'impegno civile. Le virtù cristiane animarono veraménte le virtù civiche. Dobbiamo meravigliarci se in quel clima e in quello spirito la santità abbia trovato la sua strada anche nella vita politica? Non è Contardo Fer:rini un frutto di quel tempo, di quella dedi– zione, di quello spirito? Chi conosce Contardi Ferrini pe·r aver inseguito la sua aniipa che sognava Iddio nella mistica penombra di San~ Marco, la sua Parrocchia cittadina, o nella fastosa luce poli– croma del coro della Madonna di Campagna in quel di Ver– bania, o sui fianchi dei medesimi monti che offrirono a lui e a Pio XI l'argomento di spirituali ascensioni ver~o l'infinito, ed anche chi visita quel sereno camposanto di Suna dove Contardo Ferrini desiderò di essere sepolto, perché, come diceva, i morti vi sono ricordati e visitati, chi scorre la sua corrispondenza con gli amici Mapelli tutta pervasa di sen– timento francescano di meraviglia e di lode di fronte alle bellezze del creato e di una apologia religiosa che ricorda -le pagine più alate del « Genie du Christianisme >> di Chateau– briand, quando poi legge i misurati interventi di Ferrini nel Consiglio Comunale di Milano, ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un uomo •diverso. Per ritrovare lo stile del Ferrini, che i verbali del Con– siglio Comunale rivelano, bisogna riportarsi ad un altro aspetto del Ferrini, cioè alle sue pubblicazioni scientifiche sul Diritto Romano. Per es. alla sua tesi di Laurea che eo-li . o scrisse in greco e poi dovette riscrivere in latino per venir incontro alla Commissione di Esame ( cc Grecum est, non le– gitur )) . E' l'abito mentale dello scienziato che impedisce a Fer– rini di assumere il tono dell'agitatore politico e financo la ricerca di qualsivoglia effetto retorico durante i quattro. anni del suo ,Consiglierato, che videro da parte sua un'attività poli– tica non indifferente se si pensa che su 98 riunioni consigliari il Ferrini 'fu presente a 72, per quanto dovesse raggiungere tanto spesso Pavia. Del resto si può pensare che le due faccie di Ferrini, quella di Professore di Diritto_ Romano e quello di Consigliere Comunale fossero, in -effetti, una sola faccia e cioè il volto che egli assumeva a difesa della Fede e della Chiesa. • Le trincee della civiltà ·cristiana non sono, come in altri tempi, le trincee della civiltà, ma diventa trincea la coscienza del singolo cristiano. L'infiltrazione dell'ateismo anche non esplicito, ma generato -dal materialismo di una scienza che vuo– le bastare a se stessa, di una politica agnostica e di un costume decadente, perché non sonetto dallà Civitas Chri,stiana, tra– sforma ogni fedele in combattente èhe deve dare a Dio l'omag– gio che Gli è dovuto in nome della vita attuale, e delle istituzioni, non di altri tempi, ma del travagliatissimo tempo presente. Lavoro rude, serio, non retorico o fiabesco, che incomincia con l'impegno perfetto quando è possibile, delle· forze· umane, senza evasione di comodo, con visione religiosa cioè unitaria, della vita dell'uomo incorporato· nella società e nel mondo che àppartengono a Dio. E'· quasi un rito che il cristiano compie offrendo con aust~rità liturgica i personali valori e, quando la sua responsa'bilità si allarga, i valori che egli tratta anche a nome di altri, a causa di responsabilità scientifiche oppure di responsabilità ,politiche. Questa assunzione di responsabilità nel trattare le cose di Dio, impone un timbro -di concretezza che non si traduce nella verbosità grituita ed ,inopportuna, ma nella religiosità della preparazione, del giudizio e della condotta. Se il mondo della scienza e ,della politica ha tradito il Cristo, alla Chiesa spetta il -condannarlQ,, e la condanna era venuta, ripetuta e solenne per la bocca _de~ Pontefici e dei

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