l'ordine civile - anno I - n. 12 - 15 dicembre 1959

bi l'ordine civile· per intender~i, differenzi~ntesi da quello go– mulkiano soltanto per il più forte accento po– sto sull'autonomia di cui ciascun paese del– l'Europa orientale dovrebbe godere nell'edifi– cazione di una società « socialista ». Il Ìibro non abbonda di dati autobiografici e ciò rende difficile la ricostruzione integrale dei mutamenti intervenuti nelle convinzioni politiche dell'autore. Le tappe fondamentali si delineano però con chiarezza : fuggito nel- - l'Unione Sovietica allo scoppio della guerra nel 1939, •Karol ritiene per un momento di trovarsi nel paese del socialismo, ma ben pre– sto il terrore staliniano lo induce a ricredersi. Non per questo, rientrato in Polonia al segui– to dell'Armata rossa, r.inuncia "ad adoperarsi a consolidare il potere « popolare ». Spiega questo suo atteggiamento contraddittorio con la considerazione che nel periodo 1945-1948 il regime sembrava corrispondere alle genuine aspirazioni popolari a uno Stato forte ma giu– sto e soprattutto in grado d-i perseguire i pro– pri reali interessi senza dipendere dalle diret– tive di Mosca. La costituzione del Comintern e la messa al bando della Jugoslavia, cui fece seguito la caduta in disgrazia di Gomulka, !;!'ià Segretario del Partito che p:cslo si sarebbe fuso con il Partito socialista po!acco per dare vita all'attuale Partito operaio unificato po– lacco, mostrarono a Karol che lo sviluppo autonomo delle « democrazie popolari » venii– va subordinato a una rigidità di a,tteggiamenti controproducente, adottata solo perchè impo– sta da Stalin e non in quanto frutto di una libera scelta. AUora, nel 1949, non ancora so– spetto al regime, egli varcò la cortina di ferro e si stabilì a Parigi, dove vive tuttora, badan– do a non confondersi con gli emigrati antico– munisti « tout court » e collaborando con il settimanale mendesista « L'Express » nonchè con l'inglese « New Statesman ». Nonostante il volontario esilio, Karol ha po– tuto visitare più volte la Polon,ia dopo l'av– vento di Gomulka, e la prima volta fu addi– rittura pochi giorni dopo -gli avvenimenti del– l'ottobre 1956. Dal libro non si comprende bene la ragione per la quale egli non è rien– trato definitiivamente in patria, una volta li– quidato lo stalinismo. La sua valutazione com– plessiva dell'opera di G-omulka è infatti posi– tiva, sebbene non gli siano sfuggiti i sintomi di involuzione manifestatisi già ·nel 1958 e che dopo la pubblicazione del libro si sono accen– tuati fino a farsi pre6'!cupanti negli ultimi tempi. Tuttavia, pur notando questi sintomi (la limitazione della libertà di discussione al– J'intemo del Partito intervenuta con la sop– pressione del settimanale « Pro Prostu », la trasfoi,mazione dei consigli operai in organi– smi controllati dal Partito, sia dorettamente, sia attraverso i sindacati, ecc.) Karol scagio– na Gomulka, invocando la « ragione di Sìato » che giustificherebbe i passi indietro compiuti nef 1957 e nel 1958 allo scopo_ di prevenire la reazione dei « nemici del socialismo », im– baldanziti dalla « svolta di ottobre ». A questo punto oi si potrebbe chiedere che cosa distingua l'atteggiamento di Karol da quello degli attuali dirigenti comunisti polac– chi. Invero non molto, se non forse una più accentuata diffidenza nei confronti dell'Unio– ne Sovietica, sempre portata ad .interferi~e ne– gli affari interni delle « democrazie popola– ri », e l'ammissione che « resta ancora molto da fare prima che si possa parlare di una Polonia socialista »; ammissione scaturita da -un~ spregiudicato esame della situazione po– lacca, di cui il lettore è reso partecip.,. D.'al– tra parte, bisogna considerare che il libro è stato scritto prima della fine ·del 1958 e che ad oltr~ un anno di distanza l'involuzione del regime gomulkiano si è accentuata, al punto che non ci sarebbe da meravigLiarsi • se oggi Karol denunciasse la recrudescenza del « dog– matissimo », legato dello stalinismo, e se assu– messe una visione meno ottimistica di una PO'lonia protesa verso il socialismo. La posizione dell'autore risulta piuttosto am- bigua. Egli si rivela fautore di una democra– zia limitata alla vita. interna del Partito al pot~re e contrari_o al ristabilimento del siste– ma plunipartitico, che a suo avviso non sa– prebbe tutelare le conquiste sociali compiute in questo secondo dopoguerra. Propugna an– che l'asso'luta indipendenza deHe « democra– zie popolari » da Mosca, senza peraltro rico- · noscere ai popoli del-l'Europa orientale il di– ritto di valersi di questa indipendenza per sbarazza;si dei loro regimi: è quasi urtante . l'aprioristica e in3iustificata convinzione, co– stantemente prese:11e tra le righe, che il so– cialismo sia l'unico regime adatto per i paesi dell'Europa orientale e debba essere imposto ·con le buone o con le cattive perchè nell'in– teresse ciel popolo. che sarebbe futile consul– tare sull'argomento con metodi tipici della « de– mocrazia borghese ». Eppure, sebbene dopo avere• scelto la liber– tà non si ,sia convertito a'1la democrazia, Ka– rol ha scritto un libro interessante appunto perchè, come già ci è detto, ci co,:,sente di immedesimarci nella mentalità di un « sociali– sta » che propugna piena libertà di discussio– ne all'interno del Partilo e vera uguaglianza tra i Partiti comunristi minori e quello del– l'URSS e che per questo ,diffida dell'Unione Sovietica, ma che ne-Ilo stesso tempo si com- pag. 23 pipce deJla liquidazione dllla « democrazia borghese » attraverso quel processo che ha con– dotto all'instaurazione del • deprecato sistema stalinista. Il suo atteggiamento non appare sempre coerente, così come non sembra giu– stificato a sufficienza il suo rifiuto di ope:r.a·re una scelta tra la democrazia occidentale e il sistema sovietico. Ciò nonostante, tutti i capi– toli del suo libro si leggono con interesse e accrescono la nostra· comprensione degli avve– nimenti -nel mondo comunista, facendoceli ve– dere per così dire dall'interno, attraverso le lenti di uno dei tanti che, sebbene oggi de– lusi, contribuirono, ciascuno per una parte più o meno grande, ad instaurare il regi,me comu– nista in Polonia. Questa è l'èra della distensione. Karol non se ne occupa esplicit,amente, ma afferma che la distensione favorirebbe la « democratiz:lla– zione » della vita polacca ( ~empre però sotto l'egida incontestata e incont~stabile del Pa-rtito comunista), togliendo all'URSS ogni pretesto di cui volesse avvalersi per accentuare la sua morsa sull'Euro.pa orientale. Finora in Polonia i? successo esattamente il contrario. Non rima– i.e che sperare in un'attuazione a lunga sca– denza delle previsioni ottimistiche dell'autore. 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