l'ordine civile - anno I - n. 12 - 15 dicembre 1959

bi l'ordine civile _mento di riconciliazione, a fin di bene dunque; ella non si abbatte di fronte ad un irrevocabile verdetto che la con– danna al capestro perchè « spera » in una « giustizia divina » che sa trarre il bene dal male. La parte centrale ·del lavoro consiste in una lunghissima confessione : la ma-· dre della bimba uccisa narra al Gover– natore la sua vita di colpe, le sue mise– rie, giunge a riconoscersi come la vera responsabile della morte di sua figlia. Ma nulla vale a far mutare il verdetto che condanna l'infanticida: così 1a con– fessione della madre è stata soltanto « una buona leale occasione di soffri– re. Non soffrire pe·r una cosa precisa, ma soffrire semplicemente, soffrire, co– sì, come si respira ». E' innegabile che tutto l'impianto del dramma, per tanti versi interessan– te ( e fra l'altro intimamente inserito nella problematica di Camus), sia basa– to su un 'accozzagl~a · di fatti truculenti, di inverosimili coincidenze, di facili concessioni a un pansessualismo , alla Williams, ad un linguaggio inutilmente procace che, avulso da quella giustifi– cazione, da quella individuazione so– ciale, da quell'atmosfera tipicamente faulkneriana di cui si parlava all'inizio, rischia di sconcertare a vuoto più che di commuovere o colpire. Orazio Costa è stato fedele a Camus ideando soluzioni sceniche di indub– bia originalità. Se musica ed effetti sonori hanno legato validamente il suc– cedersi dei quadri, non ci sono sem– brate felici, invece, alcune sottolineatu– re musicali dei dialoghi. Anna Procle– mer ( impegnata in un ruolo, anche quantitativamente, molto ponderoso) e Giorgio Albertazzi hanno offerto una nuova bella conferma della loro matu– rità artistica. Apprezzate anche le in– terpretazioni di Edda Albertini, Ivo Garrani e Mario èhiocchio. *** Da un paio d'anni Dario Fo ha lan– ciato ( e ne detiene l'esclusiva) un par– ticolare tipo di spettacolo basato su una comicità fatta di mimica 1 sul gusto del– la gesticolazione esatta, sul senso del– la parodia condotta per pure illusioni visi'Ve, una specie· di << balletto meccani– co » d'avanguardia dove gli uomm1 « fanno il verso » agli animali e alle cose, un genere, in definitiva, che- ri– chiede la continua coincidenza del ge– sto stilizzato dell'attore con l'intuizione del pubblico che sa comprenderlo, com– pletarlo e sottolinearne il senso comico. Dopo l'inizio intellettualistico de « Il dito nell'occhio n Dario Fo ha accumu– lato diverse interessanti esperienze, dal fallito ma apprezzabile tentativo cine– matografico de « Lo svitato », ad alcu– ni atti unici composti da lui su un registro macabro alfa Ionesco, sino alla farsa classica ed al repertorio dei bu– rattini. Quest'anno finalmente ci pre– senta uno spettacolo in tre tempi appo– sitamente composto da lui, per lui e su di lui. Si tratta del sogno di uno scioc– co che, attraverso varie peripezie unite fra loro dalla illogica razionalità dei sogni, giunge a sperare in un domani poeticamente roseo. Le avventure che capitano in sogno al nostro eroe sono le più diverse: dalla vita in un canile, agli scontri con la burocrazia ( che pre– sta lo spunto per una serie di garbate e originali parodie), alla sostituzione di un Onorevole nella posa di una «pri– ma pietra ». Il tutto filtrato e tradotto in una abbon.dante serie di « gags » da film comico muto, legate con nessi sur– realistici, sottolineate da coretti co– m1c1. La strada scelta da Fo ci sembra di notevole interesse: la formula di una comicità ( talor.a saldamente legata agli pag. 21 stimoli della satira) che rifiuta netta– mente il bozzetto, il « quadro d'am– biente », per una trasfigurazione far– sesca in chiave mimica. Anche se ine– guale nei risultati e troppo frammen– tario per chiamarsi commedia·, lo spet– tacolQ ha indubbiamente un suo stile. E le punte migliori sono proprio quelle in cui l'azione mimica prevale sul gusto della battuta, il . « fatto » prevale sul cc detto » : in tale direzione vediamo il naturale sviluppo della felice vena di Dario Fo. LEANDRO CASTELLANI LE.TTURE JosEPH FoLLIET, Le catholicisme mondiale aujou~d'hui. Les éditions du cerl,. 1959, pp. 284. Il fatto che questo saggio, dal titolo così impegnativo, sia opera di un giornalista auto– riz2la una certa diffidenza ,iniziale. Se, di soli– to, i saggisti sono mediocri giornalisti, è una regola presso<'hè universale che i giornalisti so, no cattivi saggisti. Suppl,iscòno, e questo vale in modo speciale per i francesi, con la felice scelta delle notizie e con l'esposizione brillan• te all'assenza, o all'insufficienza, di rigore nelle impostazioni e nelle •argomentazioni.· La diffi– denza con la quale mi sono accinto a leggere l'opera ,del Folliet era piuttosto cresciuta che diminuita quando ho riposto il libro. Il saggio inizia con un confronto foa la si-' tuazi•one del cattolicesimo nel 1858 e la situa– zione nel 1958; un confronto piuttosto aHret– t,ato che culmina nei toni acuti dell'ottimismo. I toni acuti dell'ottimismo accompagnano poi gli altri oinque capitoli, dove le riserve, i dub– bi, le difficoltà e i problemi sembrano ripor– tati al solo scopo ,di_mettere una beHa cornice d'ombra alla luce delle l'isposte piene e tran– quille. Il cattolicesimo mondiale è visto con occh1io geografico ( « Géographie cordiale du catholi– cisme contemporain ») e con occhio statistico ( « Analyse spectrale ,du catholicisme contem– pornin »), prima di essere guardato con occhi spi,ri1uali (" Les grands problèmes du catho– licisme contemporain » e « La spi,ritualité et la sainfeté du catholicisme contemporain »). Il ca– pitolo conclusivo è dedicato a « Le catholièi– sme et l'attente du monde d'aujourd'hui », e r,iproduce quasi integralmente l'intervento del– l'autore al secondo congresso internazionale di,i laò.ci , tenutosi a Roma nell'ottobre del 1957. Per questa chiusura ,alata viene premessa, in no– ta, la richiesta d,i « scusare- il tono un po' oratorio »: Ma, in realtà, la nota avrebbe po– tuto essere p•remessa all'inizio .del volume, per– chè il tono facilmente apologetico e di!rinvol– tamente sicuro è un elemiento che si ritrova in tutte e in ciascuna pagina. II confronto 1858-1958 termina con un « sim– bolo »: nel 1858 tutti ridono del miracolo di Lourdes, nel 1958 tutti « s'inginocchiano, pre– gano, cantano davanti alla grotta dove la pa– storella ebbe la v,isione. H governo francese conta sull'a.ffluenza dei pellegrini, e delle loro divi·se estere, per rinvigorire le finanze della Qua,rta Repubblica "· Sulla base di questo, « simbolo », dove è facile sentire che qualcosa nòn va, si conclude un. po' troppo tranquilla– mente: « 1858-1958, d,a un secolo aII'a'11ro, la antitesi afferma la potènza dello spirito e la vitalità della Chiesa" (pag. 17). Dall'esame geografico del mondo cattolico apprendiiamo, per esempio, che « l'Olanda bat- te, senza dubbio, i primati mondiali di pratica religiosa nella provincia di Limhourg " (pa– gina 40) e che l'Uruguay è « molto decristianiz– :.ato, m~ in via ,di ricristianizzazione » (pagi– na 44). Dall'« analisi speftrale » apprendiamo, per esempio, che la « sociologia ,religiosa ", con le sue percentuali di' praticanti urbani o rura– li, maschi o femmine ecc., è un « metodo scien– tifico » necessario per « vedere con chiarez– za " la situazione del cattolicesimo nel mondo cont~mporaneo, dal momento _che « non ci 9i poteva più accontentare di impressioni e di approssimazioni» (pag. 54); e~ apprendiamo anche che « non si può mettere in dubbio la sincer;tà della fede cristiana di Achille Lauro » (pag. 63). Quando si passa ai grandi problemi che im– pongono oggi a'l cattolicesimo le strutture e il costume della civiltà contemporanea - laicato, missioni, rapporti fra religione e cultura, paesi nuovi e -loro esi,genze materiali e spirituali, adattamento del crist-ianesimo ai popoli non europei, relazioni internazionali ecc. - si in– tuiscono le risposte. prima ancora che le do– mande .vengano poste; e si tra Ha, sempre o quasi sempre, di risposte che tengono un non defin:to giusto mezzo fra le possibilità estre– me. A titolo .:li esempio: " Incarnata, la Chie– sa dcn,, per vivere, radicarsi nel temporale, senza tuttavia identifica,rsi, nè legar!rl, e nep– pure compromettersi » ( pag. 83); « Le innnme– revoli luci della città possono cantare (la glo– ria di Dio) dtrettanto bene quanto le meteore nd cielo,> {png. 85); « Progressivamente, lo spirito d'uniti:. l'ecumenismo sostituiscono lo spirito èli rivalità e di competizione n ( pag. 100); i « militanti dei movimenti specializzati » cantano « noi rifaremo ·cristiani i nostri fra– telli " ( pag. 102); La Jeunesse Ouvrière Chrè– tienne, della quale « un bel pellegrinaggio in– ternazionale a Roma ha afil:ermato la vitalità » (pag. -104). La conclusione deHe conclusioni è questa, che non sembra del tutto p·acifica: « I grandi problemi del cattolicesimo contempora– neo ci appaiono come quelli di una Chiesa in marci-a ... Testimoniano, dunque, di vita, perchè la vita è nel movimento e il movimento si rivela nel marciare " ( pag. 117). Il tentativo d,j chiarire l'essenza della sp,, ritualità cattolica contempo:ranea, come « per– fezione dell'ordinario» (pag. 123) e « demo– cratizzazione della santità » ( pag. 127), avvie– ne su una nota falsariga, quella de'll'« umane– simo cristiano "· Anche, e soprattutto, qui, i prohlemi sembrano eccessivàa:nente semplHìca– t-i. Siamo proprio sicuri che « in un modo ~o– cializzato l'elemosina, senz,a cam:biare natu– ra, cambia ordine di grandezza "? Siamo pro• prio sicuri che sia ancora elemosina cristiana « quella che fanno tutti i giòrni i funz-ionari cri.stiani della F.A.O. o delle organizzazioni sa– nitarie»? Siamo propr-io sicuri che « una con-

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