l'ordine civile - anno I - n. 12 - 15 dicembre 1959

bi LETTERATURA E COSTU~ La predica dei farisei. Carlo Bo, ~on una puntualità che gli fa veramente onore, è tornato sulle co– lonne della « Stampa )) ad occuparsi del Cristianesimo e del suo futuro, pren– •dendo spunto, ques-ta vo-lta, da una in– chiesta tedesca. Abbiamo visto, nel pre– cedente numero di questa rivista, come sia diffuso una sorta di « cristianesimo ateo >> che ignora la fondamentale im– portanza della vita della Chiesa, della partecipazione sacramentale come con– ditio sine qua no 0 n perchè ci si possa dire autenticamente cristiani e distorce il Cris,tianesimo nei limiti delle sue for– me visibili, identificando questi ultimi con le colpe, vere o presunte, della ge– rarchia ecclesiastica: il cristianesimo di cui parla Carlo Bo nel suo recente articolo ci appare appunto di tal gene– re e non già perchè l'una o l'altra delle affermazioni che egli fa contrastino so– stanz.ialmente con il pensiero della Chiesa ma perchè tutto è ridotto al pro– blema, infine, della scarsa capac.ità -di– mostrata dai cristiani nel resistere agli orrori cli cui è piena, purt-roppo, la no– stra storia recente. Non è che queste cose non contino: esse hanno un loro peso importante, una urgenza non differibile: ma è •un grave errore ritenere praticamente che il Cristianesimo sia sconfitto laddove sembra provvisor.iamente trionfare il male, così come è un ancor più grosso– lano errore ritenere che la Chiesa si identifichi con quella che va sotto il no– me di « ala sinistra l>, la sola, sembra suggerire Carlo Bo, capace di resistere all'avanzata del mondo moderno. E so– no tutti errori di carattere illuminista e natura·lista che nascono da una unica radice razionalista e gnostica : la pre– tesa cioè di chiudere la Chiesa nella vi– cenda delle sue gerarchie, la pretesa che le gerarchie si identifichino con la reazione, la assoluta incapacità di co– gliere l'essenza del cristianesimo laddo– ve essa veramente è, il dimenticare in– fine che il Cristianesimo è una religio– ne e non un fenomeno sociale, verità e non cronaca bana.Je, via e non caffè alla moda per intellettuali ,di sinistra, vita e non categor.ia filosofica, fuoco di amore che da Dio -divampa nell'uomo e dall'uomo si trasfonde nelle altre creature e non laica pazienza d'una as– surda apocalis,se -laica. Se a Bo non ba– stano i testi evangelici e l'insegnamen– to deHa ·Chiesa e capire che cosa vuol dire essere cristiani gli ricordiamo, spe– rando •di fargli cosa gradita, •la frase idi Kierkegaard ( un autore, caro agli in– tellettuali di sinistra •che di solito non ne capiscono niente, un uomo, sia det– to per inciso, che va studiato e non m- discriminatamente lodato): « essere cri– stiani vuol dire trasforma1·si quotidia– namente a immagine -di Cristo ll, Per questa ragione, le prediche di chi pian– ge su Gerusalemme rifiutando Cristo, ci appaiono per lo meno farisaiche. M. B. Qua~imodo a Stoccolma Salvatore Quasimodo è andato a Stoc– colma a ritirare il Nobel e, da buon poeta, è stato ben fecondo. Ha detto innanzi tutto cli essere qua·si un incom– preso ( e in ciò ha qua-si ragione per– chè è uno dei pochissimi ad apprez– zare in modo così ec-celso la propria poesia) ed ha aggiunto un lungo discor– so che varrebbe la. ·pena di ripoTtare per intero se non fosse così lungo. Ma ad edi 1 ficazione dei lettori, ne riportia– mo qualche brano permettendoci qual– che breve postilla, e disponendo le fra– si non secondo •l'ordine cronologico, ma secondo la logica. E si vedrà allora che proprio di questa caratte•ristica le fra– si mancano. E non per colpa di chi tra– scrive. ccIl poeta, lo scrittore, contribuisco– no a mutare il mondo ... basti pensare 'alle reazioni ,che il poeta suscita nelle società da cui nasce e altrove >> « Con– fusa e disumana è la vita del poeta. Gli ultimi rapsodi sono guardati con so– spetto per le -loro scienze del cuore J), ( Ma allora'! Si cambia il mondo o si muore ammazzati? O si cambia il mon– do morendo ammazzati?). ccIl mondo sembra oggi ordinato sul– la r.iva opposta ,della poesia e, per es– so, la presenz; del ,poeta è un ostacolo da superare, un uomo da annientare )), « Nessuno, però, avrà il potere di popo– lare il silenzio di uomini •che leggano anche una sola poesia ,d'un poeta nuo– vo ii. ( E' molto comodo dir ma]e del mondo e hene degli uomini, sentirsi assassinati ,dal mondo e prendere mi– lioni ,dagli uomini, istituire insomma una frattura e un'antitesi che sono pri– ve di se-nso e hanno il solo pregio di conferire un deteriore alone romantico a chi parla). cc... Il poeta, questa singolare imper– fezione ,ddla natura, che si crea a po– co a ·poco una esistenza reale col lin– guaggio degli uomini, un linguaggio di sintassi difesa e non illusoria ll { e che significa? 1 Perchè i•l poeta s.arebbe una imperfezione di natura? E le esistenze reali si •creano col linguaggio? E che sarebbe la sintassi ,ccdifesa e non illu– soria ))?). ccOggi possiamo parlare di un neo– umanesimo in ,senso assoluto in questa terra che non ha parag:one per -l'uomo, e se il poeta si trova al centro di que– sta provvisoria costruzione fisica, che è anche la sua (-grazie della concessio– ne! N.d.R.), consumata ,dall'intelligen– za e ,dall'anima, è ,ancora un essere pe– ricoloso? L'interrogativo non è segno di eloquenza ma un ellisse della veri– tà l> ( Confessiamo che ci sfugge in pie– no il senso della frase, probabilmente, abituati come siamo all'eloquenza del– la verità, le sue ellissi vanno moho al di -là della nostra comprensione). E a forza di citazioni, potremmo andare avanti ancora per un paio di pagine, ma ci sembra che gli esempi 1·iferi ti possano bastare. Di nostro vo– gliamo aggiungere che tra le varie cose che fulminano l'intelletto c'è anche, per l'appunto, la superbia intellettuale e che avendo avuto il Nobel, per una ra– gione o per un'altra, a Qua-simo-do non resta altro da fare che essere all'altez– za ,del riconoscimento ottenuto. Se egli vuole, ne ha le qualità necessarie ed è perfettamente inut.ile, quindii, evitare le responsahilità che un simile premio comporta, trincerandosi dietro la corti– na di fumo di vaniloqui assurdi e pre– suntuosi. M. B. La distensione Con l'onestà, l'acutezza e il disinte– resse -che gli ,sono propri, Ignazio Silo– ne ( uno scr,ittore sul quale si potranno dire molte cose ma non che sia un rea– zionario e che non abbia sempre paga– to ,di persona) ha scritto nella sua cc.Agenda ll ,di ~cTempo presente)) (nu– mero ,di novembre) sugli intellettuali e la distensione. Dopo aver lamentato il conformismo diffuso l'ra gli intellettuali italiani, spesso abili soltanto nel fare un rapido voltaifac-cia •dieci giorni prima che gli eventi precipitino in un senso o in un altro, Sifone si ,chiede : ccPerché diami– ne un mutamento nelle relazioni fra gli Stati dovrebbe ,comportare una sospen– si•one, o anche solo un'attenuazione dei contrasti deHe idee? Le idee sarebbero forse come i pennacchi ,dei carabinieri, tolti dall'uso e riposti nella naftalina per di,sposizione ministeriale? Perchè .Ja critica ,dd totalitarismo dovrebbe ,aver perduto ogni fagione di ,essere? Comu– nismo, socialismo, fascismo, liberali– smo, democrazia, imperialismo, libertà sono diventate parole vuote di signifi– cato? )) ... « Sembrerebbe ,più logico af– fermare, continua Silone, che non solo i-1 dibattito -delle !idee non ,diventa su– perfluo ·col cessare della guerra fre-dda, ma che esso diventa più necessario, e nello stesso tempo più sincero, più chia– ro, più facile >l.

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