l’ordine civile - anno I - n. 2 - 10 luglio 1959

I Critica e Gli jtaliani guardano la televisione in numero sempre pm alto. Anzi, per quanto -ci è noto, la percentuale di chi possiede un apparecchio rispetto al numero di abitanti o al numero delle famiglie, ha già raggiunto cifre consid·erevoli; se si aggiungono gli apparecchi dei locali pubblici, dei circoli, dei dubs,' ecc., le percentuali salgono ancora. Tutto questo è noto. Ed è noto anche come in definitiva gli italiani accet– tino la televisione così com'è, sia pure con ,continue lamentele private, al massimo - ma per chi sta in grande città ed è particolarmente abituato a simili interventi - con una tele·• fonata di protesta. Del resto la critica non li aiuta molto. Anche per,chè la critica non può che esercitarsi sul già tra– smesso, •e quindi arriva sempre in ritardo - per dir così -– nell'aiutare il pubblico nel giudizio su una trasmissione che ha già visto e non vedrà più; la critica - così com'è - gli serve solo a rettificare il giudizio che i è fatto da sè, durante la trasmi,ssione, ma non gli fornisce elementi che riguardino il giudiz.io televisivo in se st•esso, i criteri informatori di esso. .Si può dire che la critica puntuale e ·concreta porta poco per volta a questo: ed è in certa misura vero; ma in eguale misura è inesatto, ci pare, per l'irrepitibililà della trasmissione tele– v,isiva. Possiamo ,sbagliarci e siamo pronti a lasciarci persua– dere del contrario. Per conto nostro intanto riterremmo più efficace, e forse· più proprio, alla critica televisiva, di porsi come ogg•etto, oltre e dentro il problema dei giudizi partico– la11i, quello della televisione in se stessa, -come atto informa– tivo, espressivo e civile, e quello dei -criteri e della funzione di una critica. Forse una sola volta la -critica ha rischiato di por-si deliberatamente a uno di questi livelli ( non diremo tentato); in occasione degli esperimenti e dei tentativi cli ri– forma messi in attò o progettati qualche anno fa. F. l'occasione fu in gran parte sprecata e sv-ilita nei corridoi delle parti politiche e delle conventicole -di interessi, quando non nel pettegolezzo. • Gli italiani dunque accettano la televisione così com'è, protestando continuamente e continuamente riconciliandosi, ogni giovedì o sabato sera, all'incontro con la trasmissione preferita. E facilmente si giustifica tale atteggiamento, quando si rifletta, come hanno fatto la saggistica e le indagini socio: psicologiche fin qui condotte a termine, al cc fascino » che ha in sè la trasmissione, alla forza che è racchiusa nell'unità audio-v,isiva di chiamare a ..sè per un consenso e una parte– cipazione senza riserve lo spettatore. Saremmo tentati di dire, forzando un poco i termini, che la televisione, dopo e più ·del cinema, è l'Ersatz cli quello che nella vita dell'uomo rappre– senta la poesia: la poesia considerata non come creaz.ione, ma come •cc consumo », la poesia come il momento e il luo~o in cui all'uomo si rivela quello che in lui è inespresso, si for– niscono le parole che non -sa pronunciare, si propongono le immagini { e in esse le idee) che vanno oltre la quotidianità. che ineriscono in qualche modo alla sua verità interiore, al suo patrimonio ideale. E di -questo l'uomo ·ha insopprimibile bisogno, lo sappia o no. La televisione è in rapporto stretto con tale problema, e ogni definizione che la restringa a mezzo di informaz.ione e comunicazione •è contraddetta tutti i ,riomi. Le motivazioni per cui 6ggi la televisione sia portata dalla sua stessa natura a o66upar@ nella vita dello spettatore zone così ampie e ri- 1 vanti, 1iQM troppg -çgmplC;\(!!le per essere qui esposte, ma ciò televisione di Claudio Leonardi non esime dal constatare un dato di fatto e dal prenderne co– scienza : televisione, dicevamo, come Ersatz, come surroga·to ; ·ma bene o male è questa la bevanda che ci tocca bere. Per questo, bene o male che sia, gli italiani aprono ogni sera l'apparecchio. . Ci si deve ora ·chiedere quale -consapevolezza di una pro– blematica come questa animi la televisione italiana. Non è facile rispondere, ma neppure troppo diHicile, poichè la te– levisione italiana man-ca propriamente di ogni retrot~rra cul– turale, e senza tale garanzia qualsiasi consapevolezza non si produce o viene meno. La radio in qualche modo, e certo discutibilmente, ha creduto di fornirsi una cultura, -creando un terzo programma, ben distinto dal secondo ( uno per i dotti, un altro per gli ignoranti). Ma l'esperimento non po– teva ripetersi in televisione, che non opporla l'inserzione di programmi culturali come quelli radiofonici. Le soluzioni, ci sembra, erano .inevitabilmente due: quella di un inquadra• mel!to generale d-ella programmazione entro giustificazioni culturali, o quella ·della mera giustificazione organizzativa volta al successo immediato. E' quest'ultima la scelta che coscientemente o meno si è fatta, ed ogni cittadino può es– serne testimone. Ma è •questo un vero problema? Esiste realmente una scelta diversa? E cosa desidera il pubblico? Soffermiamoci ·almeno su una di queste questioni. 11 pubblico italiano non è un pubbl,ico omogeneo, fornito di una cultura, di un patri– monio civile e morale unitario. E' un dato di fatto che non si può smentire. L'operaio di Busto Arsizio e il contadino di Carpinone fanno riferimento, nei loro comportamenti e nei loro giudizi, a diversi - qualitativamente diversi - patri– moni ideali. Tra Lord Russel e il minatore del Galles una omogeneità esiste ( se ne potrà certo discutere il contenuto, e giudicarlo), non esiste in Italia. La televisione non ne tiene il minimo -conto ed è lo specchio inevitabile - perchè incon– trollato - della cultura, della moralità, dei comportàmenti che trova sul primo mercato, delle idealità in disgrep:azione, quando non già disl!regate. di una parte. Diventa così un mezzo di contraddizione e di rottura potentissimo, in quanto mette in crisi i patrimoni ideali delle zone arretrate •italiane, e rischia di mettere su un binario morto gli sforzi di una composiz-ione ci·v,ile unitaria. La soluzione non sta certo, come ha fatto l'industria cinematografica, nella produzione· diffe. renziata, un canale per il ord e uno per il Sud, uno per il divertimento, l'altro per l'evasione. La soluzione si avvia solo prendendo -coscienza della complessità del problema _e nel permettere e promuovere che -i problemi del Paese vengano considerati nell'or,!!:anizzazione ,!!;enerale delle trasmissioni. cioè in un.a giustificaziòne culturale di esse. In mancanza di un tale •criterio, le trasmissioni potranno essere tecnicamente bene o male imposta-te, coprire una zona più o meno vasta di .in– teressi, ma la scelta definitiva sarà sempre quella dettata dal mantenimento o rafforzamento dei poteri personali dei singoli, dalla moralità d,i evitare le e< ,!!:rane >> con gli altri potenti. La richiesta del pubbli-co è più alta anche quando chiede le canzonette, è che si rispetti, contribuendo a soddi– sbrlo nel modo migliore, un suo bisogno : quello che P-eneri– camente, e forse impropriamente, abbi; ;i.mo voluto ~hi.l\In~.r~ il bisogrrn ~ la nece itll. deUa ro~~i~,

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