Nuova Repubblica - anno V - n.32-36 - 8 settembre 1957

2 I'r A L I A p o L I T I e A Bllfll\ICIO D' JIGOSTO C OME avevamo previsto alla vigiÌia delle vacanze, l'a– gosto non ha portato fondamentali novità nella lotta e nella vita pubblica italiana. In cambio, il mese di « relache >> ha avuto una sua artificiosa vitalità attraverso 1a serie di interviste e dichiarazioni al Resto del Carlino, che, se non hanno servito a spingere innanzi alcun pro– blema italiano, sono valse a precisare ancora una volta i termini in cu.i si viene predisponendo la campagna elet– torale ormai aperta. Se ne può dedurre una serie di più chiari punti di partenza. Primo: l'impostazione elettorale della democrazia cri– stiana. E' un dato acquisito che essa non verterà più su11o slogan dei comunisti all'assalto della democrazia. Le ul– time dichiarazioni di Fanfani sanciscono questa rinuncia democristiana ad una campagna da diciotto aprile. Non è una novità assoluta, in quanto lo smorzamento della caccia alJe streghe comuniste era stato, in realtà, già ope– rato nelle ultime amminhrtrative. Ivla è comunque un se– gno di realismo assumere come bas·e di lancio della po– lemica politica la constatazione che l'anticomunismo vi– scerale non opera più in un paese dove, da un lato, il comUnismo non ha mai seriamente compromesso l'ordine borghese, da11'altro esso stesso ha abbastanza da fare per persuadere l'elettorato che n0n gli è accaduto nell'ultimo tempo proprio nulla di sgradevole, nè sul fronte sinda– cale, nè sul piano, così ambizioso e delicato, della orga– nizzazione degl'intellettuaJi. Scartato l'« Annibale alle porte», resta alla democrazia cr~stiana di far conoscere al paese il suo programma Le avvertenze solidaristiche di Fanfani dicono infatti, sinora, pressochè nulla: come taluno dei protagonisti del passato decennio, Fanfani ha condannato in uno l'individualismo e il collettivismo, e assiéurato il progresso umano nella collaborazione di tµtte le forze economiche e sociali. Ma questa promessa, in sè tanto contestabile quanto l'opposta, ècl1a loro lotta a coltello, è Vuota di contenuto, sinchè non si dica intorno a CÌ\e cosa la collaborazione debba avere luogo. Nè va1e l'indicazione fanfaniana del primo arti– colo della Costituzione·: una repubblica può essere fondata sul lavoro, anche se i lavoratori vengano sospinti ai campi e alla macchina dal morso della fame o dalla minaccia della disoccupazione. Si attende dtinque che Fan[ani torni a precisare il contenuto ed il fine dell'interclassismo. E che esca dalle interpretazioni « formali >>del centrismo, come queJla che lo definisce l'arte di impegnare la classe diri– gertte sui problemi reali della nazione: qui chiunque e nessuno può, ovviamente, sempre dirsi centrista. Da questa constatazione, del carattere unicamente for– male degli impegni di un intramontabile centrismo, si possono, e non si possono nello stesso tempo, trarre Ht- sue attuali forze, da solo, il dialogo con la DC, espone ine– vitabilmente il PSI àl pericolo della pura e semplice fa– gocitazione governativa. L'alternativa non può essere propriamente quella proposta da Salvatorelli (perchè il «laicismo» ron è - di per sé - una formula sufficiente a riunire in Italia le classi diseredate rappresentate dai socialisti coi liberali' ancorché «autentici»); ma uno schieramento di alternativa è indispensabile. Questo schie– ramento, pur centrato col PSI, deve estendersi a tutta la sinistra democratica italiana, che non è soltanto il PSDI, ma anche i repubblicani, i radicali, e in genere lo strato di opinione che, fra comunisti e democristiani, vota spesso per gli uni e per gli altri per difetto appunto d'un solido schieramento intermedio; e per realizzarlo occorre una politica in cui può certo intervenire (come un epi– sodio) anche l'unificazione socialista, ma che si articola fondamentalmente su tre direttive: 1) apertura reale. po– litica ed ideologica, verso tutte le formazioni e tutti i gruppi delfa sinistra democratica, per trovare con essi una comune '"prospettiva di azione senza imporre neces– sariamente delle visioni o impostazioni teoriche di stretta ortodossia socialista; 2) sviluppo dell'iniziativa, non sul piano massimalistico, ma su quello della proposta e . della battaglia politica, rispetto ai comunisti; 3) impo– stazione dei problemi della riforma della società in modo da interessare quanto più possibile anche larghe mas– se «cattoliche». (Dirò fra parentesi che questa distin– zione tra « masse cattoliche » e « masse socialiste » non mi convince: grandi masse popolari tendono a spostarsi verso strumenti politici clericali o socialisti, a seconda che le proposte avanzate da questi strumenti siano più o meno adeguate alle loro necessità: in una grande de– mocrazia moderna, i « cattolici » e i {(socialisti » per de– finita convinzione ideologica sono piccole non grandi mas– se). Solo seguendo queste tre direttive i socialisti, come centro motore dell'alternativa, possono porsi seriamente :il problema dell'alternativa: cioè scendere dal limbo delle parole e delle formule alla realtà della ·necessaria forza politica. Ma perché questo possa verificarsi, è inevitabile ed :indispensabile un serio, profondo ed aggiornato sforzo di programmazione: ed è questo ·il secondo problema da ri– solvere. Prendiamo, p. es., la questione della « laicità », jntorno alla quale non sono mancate accuse ai socialisti sospettati di voler ricercare un accordo coi cattolici a spese di alcuni connotati fondamentali dello Stato mo– derno. Nenni ha risposto assai vivacemente a queste spìci favorevoli circa il possibilismo delle alleanze che uf– ficialmente la DC esibisce attraverso la parola del suo segretario. Sappiamo che la DC intende non precludersi nessuna relazione collaborativa con alcuna forza dem,o– cratica: meglio, si aggiunge, se «omogenea». O1·a l'allu– sione è evidentemente al PSI; che, da qualche mese in qua, e sempre più accentuatamente, la DC invita all'ul– timo distacco dal PCI, salvo poi 1·imangiarsi l'ottimismo dell'incoraggiamento con il pessimismo della eterogeneità dei princìpi. Ci rendiamo perfettamente conto che questa altalena di sollecitazioni e . ripulse è nell'ordjne logico del1e cose: risponde aUa struttura socialmente riformistica e religiosamente ossequente degli strati migliori della de– mocrazia cristiana. Non si deve perciò illudersi che l'aper– tura a sinistra sia facile, anche nelle pili opportune circo– stanze derivabili. dal rapporto di forze che risultasse da elezioni fortunate per la sinistra democratica italiana. Tut– tavia, nelle condizioni attuali, nulla è esattamente presa– gibile di quanto la DC si disponga a fare dopo le elezioni. Mettiamo all'attivo la polemichetta contro i liberali; met– tiamo all'attivo l'assenza di preclusioni assolute contro il PSI; aggiungiamovi la ndta distinzione che il fanfani– smo continua a rappresentare rispetto al coalizionismo vecchio stile di S celba e Segni; ma non tralasciamo cau– tela e vivacità d' at.ti< ?nzìone dinanzi a11a incapacità della DC di dichiarare all'elettorato l'orientamento del suo ri– formismo, la scelta delle alleanze, i limiti dell'interferenza chiesastica, la barriera a destra dei suoi « monocolori ». I L SECONDO punto acquisito è la sospensione dei pro– blemi_ inerenti all'unificazione socialista. Non ha molta importanza la dichiarazione di Reggio Emilia, della de– stra socialdemocratica, che ha definito puramente acca– demica la questione dell'unità socialista. Ma è tuttavia sintomatico che la destra del PSDI consideri .oggi ver– bale, e non più pauroso, come sino a qualche mese ad– dietro, l'avvicinamento, e l'eventuale fusioile dei due partiti socialisti. Questo non significa ciò che tutti già sanno, e che è da tempo tacitamente convenuto: e cioè che il discorso, per ragioni di tattica elettorale, non potrà di fatto essere ripreso prima dell'estate ventura~ ma che la maggioranza del P&t>;l._(la destra non è che la verifica del pensiero di Sarag¾.t! rimasta centrfsta, e non aspira che a ricostituire, dopo le elezioni, il tandem dell'asservi– mento alla DC. Del resto Saragat non ne fa mistero; e con quel misto di candore e di ambizione che caratterizza tan~'':§ue decisioni e prospettive, Saragat è venuto an– che recentemente ripetendo che una felice campagna e– lettorale potrà portare il suo partito a condizionare la DC. Riconosciamogli pure che la polemica tra liberali e IL CORAGGIO DELLA CHIAREZZA (c011t"inuaz. da pag. 1) critiche, mostrando come lo sviluppo democratico sul ter– reno sociale faccia tutt'uno con la difesa e con lo svi– luppo di ogni libertà. Tuttavia, questo è troppo poco. Permane il sospetto che, in vista di riforme sociali che magari i democristiani sarebbero in grado di fare anche da soli, i socialisti siano disposti a cedere sui problemi specifici di libertà. Qual'è il modo sicuro di fugare questi sospetti? Passare dal generico allo specifico, ed impo– stare, per esempio, un piano di trasformazione, potenzia– mento, riforma della scuola statale che chiarisca che cosa intendano i socialisti per politica scolastica. E' al confronto di qliesta programmazione che si dovrà ve– dere che possibilità d'incontro vi siano coi democristiani, o con alcuni settori democristiani. Io credo, p. es., che vi siano molti cattoHd che preferirebbero una scuola di stato ben provvista di mezzi, funzionale, risporidente ai bisogni della società, ispirata ad un criterio d'insegna'" mento estremamente liberale; e che essi si trovino in– dotti a preferire la scuola confessionaJe non perché « con– fessionale» ma perché dispone di migliori mezzi di fun– zionamento. Un piano socialista per la scuola di stato der vrebbe dunque essere un « test>> dj discussione coi cat– tolici (e poi portato davanti alle grandi masse) proprio per consentire un chiarimento e una distinzione, nel mondo cattolico stesso, fra quelJi che vogliono la « cle– ricalizzazione » della scuola e quelli che sarebbero di– sposti ad assecondare un grande sforzo sociale per una degna scuola di stato, E' un esempio, che può natural– mente moltiplicarsi all'infinito. Ma fin che questa preci– sazione programmatica non c'è, come pretendere che si spostino voti comunisti, che si creino condizioni di effet– tivo dibattito coi cattolici, che si scoprano le possibi– lità di convergenza politica con le altre forze democra– tiche in vista di una alternativa (che può essere opposi– zione o collaborazione, ma dev'essere comunque alterna– tiva « possibile »)? Vi è d'altronde da affrontare il problema teorico del riformismo rispetto al socialismo: problema vecchio or– mai di decenni, ma rinverdito oggi e dalle esperienze (175-179) nuova repubblica democristiani sembri dargli ragione circa la eventualità di una preferenza democristiana verso il PSDI piuttosto che verso il PLI, sul piano del coalizionismo centrista. Ma a lunga portata Saragat s'inganna in modo macroscopico. E' verissimo che il PLI è una delle ipotesi ancora pos– sibili ma irl declino (al di là delle odierne polemiche elet– toralistiche) per il corteggio della maggioranza democri– stiana; ma l'altra alternativa resta il PSI, restano repub– blicani e radicali. Mettendoci nei panni dei democristia– ni, pensiamo che, al nostro centrismo, i liberali pÒssono del resto ancora servire; ma a che servirebbero i social– democratici? Senza contare che non si intende come Sa– ragat possa sognarsi un successo elehoi:.ale al di là dei venti deputati di oggi. E allora, Perchè progettare l'as– surdo, il ridicolo? La risposta è facile: Saragat ha ormai costruito il suo piccolo castello congressuale. L'idea di costituire una posizione di forza governativa è di quelle che si possono proporre ad un congresso di partito mo– deroto e 1ninisteriale per galvanizzarne i milHanti. D'altra parte, Sat·agat aggiunge che da tale posizione di forza, una volta raggiunta, si forzeLà il PSI ad avvicinarsi al PSDI: così egli conta evidentemente di persuadere il con– gresso, che il suo « centro », a differenza della destra, è unificazionista, e che perciò può in tutta tranquillità di– sertare Matteotti, e, natur?lmente, la sinistra. Tuttavia, se la maggioranza del PSDI dpugna all'uni– ficazione, la dichiarazione di Nenni, che il problema del– l'unificazione è nello sviluppo fisiologico del socialismo, resta vera. E' da domandarsi piuttosto se ormai la via di questo sviluppo non sia assai più lunga e complessa del previsto. Questa via potrebbe passare attraverso alleanze con il PSI, oggi più naturali di quella socialdemocratica; l'a11eanza repubblicana e radicale, l'affiancamento sempre più intimo di Unità popolare. L'unificazione, ci sembra, sarà matura, ineluttabile, quando i1 PSDI sarà divenuto perfettamente inutile sul piano delle famose garanzie de– mocratiche che esso dovrebbe offrire, unificandoglisi, al PSI; quando cioè in varie guise il programma elettorale del PSI risulterà condiviso da esponenti dei più vari gn1ppi della sinistra democratica italiana. Contro questa eventualità, è naturale che Saragat si difenda cercando di ritornare all'ombra democristiana. Ma ad un certo punto, per questa via, egli non si troverà più nelle con– dizioni di « negoziare>> l'unificazion.e; bensì di prendere o lasciare, per non svuotare definitivamente ogni ragion d'essere del suo partito. Questa linea di svolgimento non è estranea ai chiari– menti usciti da questa esperienza d'agosto. La Voce re– pubblicana ha criticato, prima e come l'Avanti!, le ultime polemiche antisociaJiste di Saragat e le sue aspirazioni collaborazioniste. Vero è che Pacciardi continua a scel– bizzare; ma è in minoranza, e non è più, da un pezzo, buon profeta. Ciò che importa è ora la caratterizzazione elettorale dei socialisti. Scoccimarro li ha messi sull'av– viso, sulla eterna questione dell'unità di classe, in cui non dovrebbero contrappQrsi ai comunisti. Egli agita però un problema che sembra già più di ieri che di domani. Per i socialisti oggi la questione è queHa della k?adership della sinistra democratica italiana. La campagna eletto– rale può esserne il trampolino e lo strumento più idoneo: ALADrNo fatte da molti comunisti e dalla ripresa ri.lormistica cli gruppi democristiani. Dove passa esattamente Ja line~ di divisione fra « riformismo» e « sociaHsmo »? E, si badi, la questione non è politicamente oziosa: ché se si apre un·èra riformistica di tipo paternalistico da parte dei cattolici, è condizione di vita per i socialisti ripro– porsi e risolvere il proprio problema. La spinta a ri– mettere in discussione tutto questo è venuta ora dai Giolitti, dagli Onofri, dai Leonardi. cioè da inteJlettuali di sinistra che, sospinti fuori dall'~sperienza comunista, cercano di chiarire a se stessi le ragioni di fondo della crisi (ideologica prima che politica) della sinistra ita– liana. Ma questo processo di revisione va portato avanti con coraggio: e i socialisti devono offrire essi, prima di ogni altro, gli strumenti pratici del dibattito. Le condi– zioni in cui il movimento operaio è stato posto dopo i fatti d'Ungheria sono condizioni che costringono a rive– dere tutto, senza barriere di paura o di timidezza: per– ché si tratta proprio di vedere su quali basi, e poli.tiche e ideologiche, il movimento operaio si possa ritrovare con la speranza di un sostanziale e durevole' successo. Se le « riforme di struttura >>sono oggi i1 punto di distinzione effettivo fra socialismo e riformismo (come afferma p, es. Giolitti) è urgente mettersi in grado di proporre una politica concreta di riforme strutturali, che costringa l'elettorato democristiano a una scelta, che chiarisca la crisi comunista, che spinga altre forze a raccogliersi in– torno al programma dei socialisti. Ma per questo fine appunto, essi hanno ormai improrogabile bisogno anche della collaborazione altrui, e quindi di strumenti adatti all'incontro ed alla discussione. La chiarezza program– matica è la condizione della politica di alternativa: ma non si soddisfa codesta esigenza se non attivando, con ogni mezzo, la discussione ed il dibattito dentro e fuori il partito, e cointeressando il massimo di !orze, senza pre– clusioni manichee di alcun genere, liberandosi dal terri– bile e temibile complesso d'inferiorità del « vero so– cialista ,,. Proprio nella misura in cui la politica di Venezia si va facendo strada ed apre nuove prospettive, aumentano in modo geometrico le responsabilità dei socialisti. Sono re– sponsabilità comuni, a cui in comune bisognerà adem– piere. Ma occorre rendersene chiaramente conto, Le ele– zioni del prossimo anno possono costituire una prima, im– portante prova della nuova alternativa in gestazione nella vita politica italiana. TRfSTANO CODJG:\'OLA

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