Nuova Repubblica - anno IV - n. 38 - 16 settembre 1956

8 UNA MANCIATA DIPERE di CA R LO ' P 11' Cl N BRESSANONE, ngosto A BRIXEN ho passato quindici giorni due anni fa e . quindici giorni adesso: troppo p')CO, forse, per esprimere un giudi;,;io sulla situazione dell'Alto Adige, rna abbastanza per registrare alcune impressioni. Sembta difficile sinteti,-;zare co.n pochi iralli i carat– teri essenziali del p·ae:-:e meglio di qnanto è stato fatto in un calendario dist1·ibllito dal Dolomit.en., organo del Volk– spal'tei (« Tagblatt der Sildtiroler » dice la- tesh1ta), ed e~posto in molti luoghi aperU al pubblico. Il calendario -raffìgu1·a un paesaggio tipico-: in primo piuno c'è un cro– cifil:ISO. Poi una casa di contadini e un e;arnpo giallo splen: dente come quelli che qui, intrame;,;zati da mocch1e eh verdissimi prati e da zone scnre di pini, salgono fino a mezza costa dei monti (e i contadini Yivono anche lassll). Nello sfondo alt1·e montagne a,r,ztH1·e si succedono fino all'orizzonto. Soprn il paesaggio sono riportate alcnne ·parole della canzone popolare « \-Vohl ;,.;t clic \•Velt > che e:-:alta liricamente la bellez,r,a dolla tel'l'a bagnatR dnl– l'Aclige e dall'lsarco, « dal Re O1'tler all'RAnnold. dal ca– st·ello di Sigismondo a Salorno». La sintesi è elficR.ce. Efficace soprattutto per gli alto– _ate:-:ini cui si rivolge, così attaccati alla loro terra e pcr– ~ciò così poco amanti clell'ItRlia che non entra minima– mente nella loro lingua, nella loro cucina, nei loro gu,.;li ·e usi tradizionali, nellll loro civiltà. Fo'rse il solo titolo dell'JtAlia pei· entrare nelle ~impatie degli altoale:-:ini ed .esser considerata una sorta di patria ideale ò il fatto di essere il centro del cattolicesimo triclent ino. Per questo vel'SO, gli italiani oggi sono sentiti inclubbiarnente meno lontuni che i francesi al tempo cli Andrea Hofor, q1a1ndo ('a stare ad una raffigrn·a11ione che ne è stata ch1ta e che– è ripl'Odotta anche in· nn affresco cli B1·i.xen) conll'O lo straniero-nnticristo si brandivano falci, forche, randelli e Cl'Ocifissi. l\fa, a parte il fatto che di imponenti crocifissi quasi in g,·andezza naturale jl pa<'se è ancorn pieno come forse ·nP:-:r-:un ·altro al mondo (agli angoli delle strnde. nei locnli pubblici, alle pal'eti delle sale da pranzo, fra trofei venA.– tOl'i di corna di cervi, caprioli e altri animali), a parte qu('sto fatto, il loro cattolice-sinio non arriva fino ad impe– dire agli altoatesini le manifestaoioni, in forme spesso vio– Jentemente antiitsliane, del loro nazionalismo (g1·ossomoclo dc-finibile «austriaco»; in nessun modo - comunque - «tedesco,: si guarda semmai solo all'L\ustria). Due ann.i fa, ricordo, la fotografia di De Gasperi, espo8ta in occflsione della si.1a morte, fu t11tta imbrattata d 0 inchiostro. rr11ltora ,molti si ,·i fiutano di affittare ctnnere ad italiani; altri, R chi gli si rivolge in italiano, rispondono regol<1rn10nte « nicht ver:stehen ,. Ma, pur amn-iettendo che alcuni fingano di non capire, bisogna onestamente i-iconoscere che i più non capiscono davvero .. Soprattlllto i contadini non cono– scono che il loro dialetto; e con loro chi non sa almeno il tedesco non può comunicare che·a gesti. Del resto tutto ciò che è italiano quassù ha un'aria po– sticcia da sovrastrùttura turistica: non rie-sce a fondersi col pue:-:aggio più di quanto le architethne del ,·èntennio, p1·0- prie di un paese che voleva il Stlo posto al sole, rièscano ad amalgamarsi con quelle di- quassù, così ide di tetti spio– venti, dj punte, dj merli, di pinnacoli; così nordiche. Cli indigeni non vanno a balla,·e dove si suonano can– zoni italiane, né vanno al cinema dove si danno film parlati in italjano. Cantano e bevono nelle loro basse osterie. La domenica ascoltano messa nelle loro chiese antiche, le donne indossano il loro antico costume tutto nero, compresa una ·specie di paglietta, e con la gonna a Rpicchi colorati. Si appassionano alla loro mus.ica suonata dalle bande di ogni paese nei giorni di festa. Non conclodererno che esi.'3te quassù una civiltil migliol'e o peggiol'e della nostrn, ma certamente una civiltà diver:rn, die con I~ nostra non ha che quegli addentellati che si tt"o– vano in ogni altro paese europeo. Questa gente, italiana per ·cittadinanza, non si sente e non è tale per nazionalìtà. Quanto alla minoranza italiana, se non si scende fino a Sa- 101110, essa è esigua e immigrata. Que-ste cose pensavo tornando in treno. PensaYo quanto poco italiano, e poco simpatico agli italiani, sia lo scnipolo ·pet· cui quassù circolàno ancora le li1·ette e per darvi una -]ira di J"esto sono capacissimi di conervi dietl'o; il rispetto ·spl'oporzionato per ogni proprietà altrui e soprattutto pub– blica che contraddistingue gli altoatesini; diciamo pure il loro civismo. del qqale in genere noi italiani sia1Y10 così scarsamente dotati da apparire tutti « tel'roni » ai loro occhi. In. una stazioncina della Valsugana il treno che mi ri– pol'ta a casa attende a lungo un incrodo. I ferrovieri, visto un pero carfoo accanto alla fenovia, saltano il reticolato, scuotono l'albet·o e rnccolgono sull'erba la frutta caduta.. Un signore protesta contro le ferrovie dello Stato. <i: Così non arriveremo neppure domattina», dice. E ironicamente, ri– vol~o agli altri viaggiatori pe1· suscitarne lo sdegno, ag– giunge:· « Il personale sta raccogliendo le pere>. Poi scende e torna di lì a poco, mangiando, con una manciata di pei·o. · Qui siamo veramente in Italia, (Dis. di Dino Boschi) DOPO IL FESTIVAL DI ASSISI - u Cosa ne dici del Cia-cia-cia, fratello? 11. IL ~11NIS'l'EHOCON'l'HO GLI OlWANISm HAPPHESEN'rATIVI ROMA, 5 seltenib1·e I r, ~:l LN1STRO 'socia listo' I-'nolo Rossi una ne Ia e una ne pensa. E' di pochi·gio1·ni la lettern alla dire– zione del P~DJ dove si consentiva all'a unificazione soltanto a patto che essa avvenisse salvaguardaÒdo i dogmi della socia_ldemocra,-;ia. Ieri il dina1uicn 11orno di stato ha p,·omulgato una circola1·e in cui si disc-iplinnno i contributi per le orga– nizzazioni rappresentative studentesche. Ossia, come ha ben precisAto Giovanni Losavio, p1·esidente dell'Unione na,-;i aJe J.llliversital'ifl, Tlon si disciplina propl'io niente, dato' che i contribuÙ in oggetto sono· stnti già regolati a slio tempo dalla legge 12-- dicembre 1!)51 (o legge Ermil').i– Parri}i relativa alla ti:1.Ssazione universita1·ia, e che, per la più ampia mate1·in della definizione e del funzionamento degli stessi organismi studenteschi, è depositat0 al parla– mento un disegno di IQgge appoggiato· da tutti i gruppi pal'larnenta1·i non fascisti. Arw.i, pe1· la socialdernocrazia, l'appoggio era stato annun;,,iato propr·io dall'on. Rossi, con una lettera del gruppo pr1rlarnentare inviata ali' UNURI in data 2!) rnar~o J!)55. Tutt'altt-o è il fine della circolare: si intende togliere alle organizzazioni studentesche ogni libertà nel disporrn l'impiPgo dei rontributi, ponendone le direttive alla dipendenza de-i consigli di amministrazione degli atenei, fatto qu~st'ultimo che la legge vigente ·non si sogria neppure di prevedere. Sdoppiamento di personalitti del Rossi ministro ri– spetto al Rossi parlamentare? Mutamento cli parere a se– guito cli approfondito esame del movimento studentesco, finò a sposare la tesi contrnl'ia alla democrazia universi• tfu·ia, snstennta ·pr·ima c1·ora solo dalle forze politiche fa– sciste del MSI .e dei partiti monarcliici? Più semplice per il Rossi, che è soltanto un rninistro debole e distratto, poco portato ad esaminare i problemi di persona; più compli– cato per la sostanza politica. della qnestione, che vede nel pervicace feudalesimo della bmoNazia e, dispiace dirlo, del corpo accadernico la l'agione di quanto è accaduto. S.in dalle ot'igini hanno lottato tra:, loro, nel movimento stuçlentesco, due vocazioni antitetiche e inconciliabili: l'in– teresse al rinnovamento del la scuola nel qnadrn dei con– trasti e degli interessi culturali e sociali del paese, me– diante l'assunzione di responsabjlità di goveino tali da inserire un elernen\o di t·ottura nell'equilibrio cristallizzato accademico e burocratico; e la pigra, nonchè utilitaria, gestione di attività marginali, volte a costituire per gli atenei un abbellimento cortigiano e per alcune corpora– zioni di interessi spol'livi e professionali un cornodo ag– gancio. La prima vocazione comune alla maggioranza de– gli orgànismi studenteschi e delle associazioni democratiche dell'UG.[_ e dell'Intesa, la seconda p1·opria dei centri ulli– ,·ersita1·i sportivi, dell'organizzazione settoriale degli al– lievi ingegneri, cli larghe minoranze clientelari infiltrate ne-gli stessi goliardi e cattolici, dei 'fronti' studenteschi monarco-fascistj. La cornplicitit di alcuni rettori 'clistri– bntori di coppe' e, pili ancora, della burocrazia cen– tra tè e pe1·ifo1·ica ha •sempre teso a presentare il contrasto corhe una <( baruffa in famiglia~ tra gli studenti, da ri– solversi col prnprio superiore arbitrA.to, anzichè con la libera opzione del corpo elettorale studentesco, risultata costantemente sfavo1·evole agli interessi corporativi. La cir– colare Rossi fa propria questa tesi, fino a sconfinare nella più aperta illegittimità. Il problema è gr.ave, e i neFasti dei ministri gentlemen che· rimettono l'onere ciel governo ai direttori generali non ne costituiscono neanche l'aspetto più importante. li fatto è che ogni tentativo di rinnovamento coz,1a contro int~ressi costituiti, confessabili e no: ogni situazione ha i suoi p1·ivilegiati, gtossi e piccini, e anche la scuola o l'università hanno i .loro féoda11x, direbbe Ma111·iac. Sono i burocrati incompetenti e onnipotenti, per ·10 piì1 conolli e corruttori, insediati nelle divisioni ministeriali e Hello segreterie amministrative; sono gli insegnanti che non insegnano, neppure per isbagl io; cl1e arnminisl'1·ano con spicc•ata, e non sempre corretta, abilità commerciale i loro titoli accademici che li qualificano luminati del diritto, della tecnica o della medicina; che organizznno intorno alla loro preziosa persona coorti gerarchiche di valvnssori e di valvassini, sfruttati e costretti a percoi-rere la trnfila della I scuola' per non rimanere tagliati fuori dalla pos– sibilità di studia1·e, o almeno di arrivare; che si sen·ono dell'A11tonomia universitaria per perpretare lo scnnclaloso mercato .dei peggior·i cui spesso si riclncono i concol'si cho dovrebbel'O 1·innovare il corpo docente. Ma vogliamo po1·ci un altrn interrogativo. Quanti uo– mini cli scuola e di cultura, laici e socialisti, o almeno professantisi tuli, sono di3posti · ad esserlo fìno in fondo nell'esercizio quotidiano delle loro mansioni? A che ser– vono il liberalismo e la. competenza del direttore generale alla istruzione superiore, autore di una pregevole St.oria dell'università italia.na (rara avis tra la burocrazia mini– steriale per merito e per cultura), se si dimostra in<'flpuce, récligendo ut1,a circolare come quella Rossi, di comprendere l'odierno pregnante significato di quell'autogoverno stu– dentesco da lui stesso così preziosamente illustrato per al– tre epoche di splendore universitario? A che servono l'alta illustrazione scientifica e la sicura dirittura civile cli tanti Maestri, se essi vivono nel più sterile isolamento in mezzo .alla comunità universitària e, come troppo _spesso accade, fanno conffofre il loro stanco e rassegnato suffragio sulle mediocrità intellettuali e moraJj che il corpo docente innalza alle più alte respon.~abilità accaderniche? · Alla conferenza stampa d~ll'U:NURI, quando, a nome dei goliardi, Marco Pannella ha espresso con parole di ·fuoco il dolore .e lo sdegno dei giovani verso i falsi maestri inetti o corruttori e ha fatto i nomi dei pili disistimabili Retto1·i presenti e passati di alcuni atenei, ci è corso un brivido. Abbia,no pensato ai Rèttori della Liberazione, a Omocleo, a Marchesi, a Calamandrei, alla spontanea fiducia e ammirazione con cui noi, matricole, guardavamo allora ad essi e a tanti altri. Adolfo Omocleo è morto, rna gli altri Maestri. che cosa hanno fatto per le loro Uni– versità, insieme ai loro st?1denti? EJ'a troppo speral'e che si accorgessero di quanta vo– lonh\ rinnovati-ice fel 'lnenta.va nel· movimento stuaQntcsco, pur tra inevitabili errori e dispersjoni 1 e che intervenissero ad aiutfn·e le volontà e a cercare di eYita1·e le dispersioni più gravi e· pi·egiudizievoli con la vicinanza del loro con– siglio? Non è. il caso, di giustificare in tal modp il nrnncato . raggiungimento di alcllni obbiettivi che, forse, erano rag– giungibi_li in dieci anni di lavoro', ma è certo, comunque, che il mito della 'cattedra assente' non è stato, da Jfal'to dei golitu·di,- una gratuita invenzione. Il rinnovato attacco della conservazione •scolastica im– pone nuove responsabilità alla sinistra italiana e al mo– vimento studentesco: non ne restino estrane·i doloro che non hanno ancora perduto il diritto al titolo di Maestro. Forse è questa una delle nltirne occasioni: altri pochi anni di quieto vivere potrebbero essere fatali all'università ita– liana. GIORDANO PARODI

RkJQdWJsaXNoZXIy