Nuova Repubblica - anno III - n. 32 - 16 ottobre 1955

(80) nuova repubblica LUCI DELLA RIBALTA di LUDOJllCO ZORZI N. ON SI DICE nulla cli strano Òsservanclo che l'accen– tuato risveglio artistico dello spettacolo italiano ha avuto come conseguenza il diffondersi, negli a.uni del dopoguerra, cli un rinnovato interesse tra gli editori e nel pubblico per il libro di teatro. Sono molti oggi gli edi– tori che hanno un piccolo o grande settore dedicato alla letteratura teatrale, sia per quanto riguarda la pubblica– zione cli testi, sia per la parte riservata agli studi storici, critici e tecnici cli questioni teatrali. Einaudi ha pubbli– cato tra i suoi <Millenni> e « Supercoralli > diverse grandi antologie, da Sofocle a De l\fusset, da Garcìa Lorca ai due recenti volumi del 'l.'eatro di Brecht, e, nella ormai classica collana dei « Saggi >, importanti monografie come il Thom– son, il Baty-Chavance (o· prossimamente il Bentley, il Pi– scator, ecc.), inaugurando contemporaneamente una vera e propria « Collezione di teatro», diretta da Paolo Grassi o Gerardo Guerrieri, nella quale sono · uscite buone tradu– zioni di teatro straniero. Rizzali ha incluso tra gli ottimi volumetti della BUR opere di Plauto, Terenzio, Molière, Goldoni, Beaumarchais, Kleist, Ferrari, e testi poco noti e introvabili, come 'l.'utto il teatro della monaca medievale Rosvita. Cappelli ha dato vita a una interessante raccolta di testi rappresentati, recanti cioè in appendice le note dei registi che ne hanno realir.zato la messinscena (sull'esem– pio della parigina Collection des mù,es en scène diretta da Aimé Touchard) : vi sono apparse finora opere di Shake– speare, Eschilo, Seneca, Machiavelli, Betti. Bompiani ba parecchi volumi di teatro nella raccolta «Pegaso>, e utili antologie, tra cui due ricchi volumi di elisabettiani. La– terza ha pubblicato da tempo i primi tre volumi della «Biblioteca· dello Spettacolo> diretta da Luigi Chiarini, la quale, se terrà fede al programma iniziale ( Cultura Mo– derna, n. 7, febbr. 1053), verrà a colmare la più grave la– cuna della nostra cultura teatrale,. la mancanza di testi fondamentali mai prima tradotti (che molti citano ma po– chi conoscono direttamente), come gli scritti sul teatro di Lessing, di Scblegel,, di Rousseau e, più vicini a noi, i saggi di Stanislavski, di Gordon Craig, di Meyerbold, cli Appia, di Dancenko. Né l'elenco potrebbe dirsi completo, senza rico1·cla1·eSansoni, che oltre a curare la monumen– tale Enciclopedia dello Spettacolo, di cui sono gii1 usciti i primi due volumi, ba nella sua collezione di classici tra– dotti Molière, Lope de Vega, Calderon, Shakespeare, gli elisabettiani, De Musset, Tolstoi, Cecov, e ha compreso tra le· sue edizioni vaste sintesi storiche, come quelle dell'Apol– lonia e del Lo Gatto. E proprio presso Sansoni è uscito di 1·ecente, in veste tipografica assai curata, il volume che ba dato lo spunto a questa nota: Riflessioni sul teatTo di Jean-Louis Barrault, regista e attore dei piii colti e ge– niali che vanti il teatro francese contemporaneo. « essenziale per una ideale storia del teatro », e ad esso ri– sale inevitabilmente il senso di delusione che coglie il let– tore, volto a ricercare tra le pagine la giustificazione di tanta apodittica mitologia. Queste Réflexions furono pub– blicate in Francia parecchi anni fa e, a quanto è dato ca– pire, costituiscono la prima parte di t\na specie di auto– biografia che il· regista-attore, appena quarantaquattrenne, avrebbe già in animo di comporre. Il Barrault vi narra la storia dei suoi difficili esordi (che tende tuttavia a soffon– dere cli un'aura di predestinazione), i suoi primi successi, le sue esitazioni e i suoi pentimenti, fino alla combattuta affermazione definitiva., all'ingresso nella Comédie Fran– çaise, e alla fondazione (in società con la moglie Made– leine Renane!) della compagnia che da vari anni agisce stabilmente al Théatre Marigny <li Parigi; con la quale egli ha compiuto anche alcune tournées in Italia, a Ve– nezia, Roma, Milano, ed ha partecipato al Secondo Festi– val della Prosa di Bologna nel l!J52. Ma al cli là delle an– notazioni cronistiche e aneddotiche, di cui naturalmente a.bbonda questa parte del volume, l'aspetto più interessante è quello relativo alla formazione e al gusto artistico del– l'autore. Esso ci mostra il Bal'l'ault costantemente posse– duto dall'esperienza del teatro d'avanguardia, sotto il cui segno si erano svolti i suoi inizi: dall'influenza della quale egli non riesce mai del tutto a liberarsi nel corso delle sue regìe e interpretazioni, vincolate perciò a un comune de– nominatore formale, o meglio formalistico, ultraraffinato, imperniato quasi esclusivamente sulle soluzioni tecniche offerte dal testo, senza nessun deciso approfondimento dei suoi valori umani, psicologici o morali. Ciò è indiretta– mente provato dalla scelta del suo repertorio, nel quale figurano di preferenza i nomi di Kafka, Camus, Claudel, accanto a quelli cli Gide, di Salacrou, di Giraudoux.,e adat– tamenti cli letterari racconti di Hamsun e Faulkner, ac– canto a classici come Shakespeare, Racine, Molière, pie– gati essi pure a significati estetizzanti. Gli stessi che è possibile ritrovare in molte pagine di questo libretto, in minuti particolari di scrittura, disposizioni di parole secon– do schemi « in chiave » intenzionale, parole e frasi in let– tere maiuscole per sottolinearne valori esclamativi o al– lusivi non sempre perspicui. Particolari che pur corretti dalla nervosa asciuttezza .e agilità proprie della coltissima tradizione francese, traspira'!o retorica e presunzione, e ri– cordano atteggiamenti· troppo compiaciuti e prossimi al decadentismo per non illuderci sulla loro esatta natura. Tu(tavia i ca;pìtoli nei quali l'autore espone le sue perso– nali concezioni teoriche intorno alla respirazione, alla cli- 7 zione, al minio e alla danza, o discute e gradualizza l'im– piego di questi elementi ai fini dell'educazione dell'attore e della creazione dello spettacolo, contengono intuizioni di estrema lucidità ed esattezza, e rappresentano una efficace integrazione al ritratto che della personalità artistica elci Barrault era stato finora possibile trane dai suoi spetta– coli e dai snoi films. Dei quali ultimi ognuno ricorderà almeno quella straordinaria pagina di cinema che è la creazione del mimo in Les enfants du Paraclis di Carné, e il magistrale esempio di recitazione fornito dal sonoro del celebre documentario sulla Resistenza di André Miche!, La rose et le réséda, la cui forza di suggestione è in gran parte merito delle sue qualità cli dicitore dell'omonimo poema cli Aragon, cui il documentario è ispirato. Cornunque, a lettura conclusa, nessuno, credian10, })O· trà sentirsi onestamente di condividere giudizi come quelli che si leggono nelle imprudenti note (olografe?) di coper– tina: « Se gli spettacoli suoi stringono alla gola per il loro rigore, per l'applicazione cli regole espressive uniche, pèr il miracolo cli un'arte totale, questo libro non suscita minore emozione. E' Barrault uo111.:--: che parla e si con– fessa. Si assiste al miracolo dell'artista che crea se stesso ecc. ». Proprio per queste e altre analoghe ragioni, che qui sarebbe troppo lungo esporre, l'arte cli Jean-Louis Bar– rault, ineccepibile dal punto di vista formale, quanto co– stantemente segnata 'dal suo carattere intellettualistico, non è n1ai riuscita a convincerci senza riserve. Né ci convince, anzi ci rende ancora più pel'plessi, il, Natoli, quando parla dl «lezione» a proposito cli questi scritti, cli ver sé non eccezionali e l:dPaltezza di ogni uon10 di teatro, cli r,apa– cità .anche minori di un Ban·ault. Con quale termine, al– lora, si dovrebbe definire, è stato giustamente notato, l'ope– ra di coloro che l'hanno preceduto e iniziato al teatro, di un Dullin, di un Baty, cli tin Jouvet, cli un Copeau'/ Giacché il vero insegnamento di questo libro, il contributo positivo che esso reca, sia pul'e indirettamente, alla storia del teatro, è il segreto stesso della vita teatrale francese (in ciò così diversa dalla nostra),' il senso cli quella intensa civiltà collettiva che Creme in molte pagine, specie in quelle rievocative di 6gul'e come Charles Dullin, Antonio Artaud, Charles Granval, Jean Paul Sa,.tre, Christian Bérard, che il Barrault l'icorda contin,rnmente come artefici e diretti contributori della sua maturità artistica e spirituale. Notiamo infine marginalmente, come cli per se stesso già degno di consideraz10nc, il fatto che un attore, e sia pure dell'eccezionale temperamento e preparazione cli un Barrault, sia oggi in gl'ado di prodmre, accanto a spetta– coli di stile impeccabile, un libro s.imile. Viene spontaneo cli paragonarlo a qualche scritto del genere di solo una trentina d'anni fa, come molte pagine dell'Antologia del grande attore a cma di Vito Pandolfi (Bari, Laterza, l!l54) o come, poniamo, Mezzo secolo d'arte cli Emilio Zago (Bo– logna, Cappelli, 1027), che ci è occol'S0 di leggere recen– temente, per.mera curiosità; dove l'attore, ai suoi tempi fa_ maso e acclamatissimo poco meno che la Duse, rivela nei confronti del suo lavoro una mentalità oggi appena am– missibiie in un dilettante. Bisogna convenire che il teatro, o meglio la professione teatrale è veramente risalita in po– chi decenni alla dignità delle altre professioni artistiche, ha riacquistato una certa grandezza. In un panorama editoriale tanto vario e composito, quanto palesemente ancora in fase di scoperta e di orien• tamento, questo libro è un po' l'eccezione che conforma la regola. Non varrebbe la pena· di eccedere in severità nel discorrerne, se esso non fosse indice del rischio cui può sospingere un eccessivo entusiasmo per quanto sa di teatro, quando non si sia in grado di distinguere l'essenziale dal– l'accessorio, l'indispensabile dal secondario: col pericolo d:i presentare in una prospettiva decisamente sproporzio– nata opere, come in questo caso, di portata alquanto modesta. \, __ *_B_I _B_I_J_I_O_T_E_C_A ___ *_ _, Anzitutto è strano che uno studioso della serietà e autorevolezza di Glauco Natoli abbia firmato una tradu– zione, dove si incontrano errori e svarioni assai grossolani. A p. 24, ultimo capoverso, è citato per es. un dramma di Pirandello, che il lettore cercherà vanamente nell'elenco delle opere del drammaturgo siciliano-, La Voluttà del– l'Onore: Si tratta invece de Il piacere dell'onestà, di cui si è tradotto alla lettera il titolo francese La Volupté de l'Flonneivi; col quale esso apparve ne La Petite Illust.-ation di Parigi (n. 147 del 2 giugno 1023), in occasione della messinscena cli Charles Dullin al Théatre de l'Atelier, cui appunto il Barrault si riferisco. Altre gravi inesattezze si osservano nell'ortografia dei nomi (quello del regista Erwin Piscator, noto a chiunque abbia dato una scorsa a un qual– siasi manuale di storia del teatro, ricorre , per ben due volte a p. 92 come Piscatore, con la e finale), e nella tra– scrizione dei termini técnici, che appaiono il più delle volte trasportati di peso dalla loro forma originale, spesso con pericolo di equivoco (come décorateur, tradotto sempre de– coratore in luogo cli scenografo, p. 167 ecc.). Ma ancora più strana e poco plausibile è la presentazione del libro fatta dallo stesso Natoli sotto il titolo Una lezione di tea– tro: dove egli ricorda di avere assistito a una prova del <J.hristopheColomb cli Clancl!Jl (inscenato dal Barrault circa due anni fa), durante la quale gli si sarebbero rivelate, a conferma del libro ch'egli stava traducendo, le straordi– ne.rie doti d'interprete dell'attore-regista, il «miracolo> che questi compirebbe nella trasposizione del testo dalla pagina alla scena, in « una dimensione spaziale su cui poggia il teatro to'tale > ( ?). Viene il sospetto che le sco– perte del Natoli ri!lettano le reazioni di un letterato estra– neo o quasi alla dinamica e ai problemi della vita del tea– tro, mentre non riescono 3cd essere condivise, come osser– vazioni piuttosto ovvie e naturali, da chi col teatro abbia normale consuetudine. "' Su questo primitivo abbaglio prospettico è dunque im– postata la presentazione del volume, definito senz'altro UOMINI E CITTA' DELLA RESISTENZA I L SENSO eroico, plutaréhiano, della vita, animatore della Resistenza che Piero Calamandrei da dieci anni esalta in circostanze tutte occasionali, ba la sua multi– forme espressione qm, 111 Uomini e città della Resistenza (Bari, Later-.,a, '55): un libro che ha il merito di fissare per la storia una documentazione di fatti che nei secoli potranno apparire leggendari, e che potrebbero sperdersi in una visuale d'insieme sia pure grandiosa; e anche il gran merito cli accendere, se è ancora vero - ma è vero - che il ricordo dei forti accende l'animo. Orazioni, scritti, epigrafi già pubblicati sparsamente - dall'orazione tenuta quale Rettore dell'Università di Fi– renze per l'insediamento il 15 settembre del '44 al profilo di Amelia Rosselli che è del gennaio del '55 - non sono presentati nell'ordine in cui si seguirono; ma piuttosto l'Autore, inteso a quell'armonia cui già sul nascere queste composizioni banno risposto, ha preferito raggnipparli in– torno alle figure e agli episodi che via via glieli hanno sug– geriti, e che, come egli dice, lo hanno commosso. Apre il libro la bella visione d'insieme Passato e avve– nire della Resistenza di cui il cominciamento si fa risalire all'opposizione al primo squadrismo fascista, e che è intesa come « ritrovamento della dignità dell'uomo ~ e come « vo– lontà di comprensione umana > che ha ancora alti compiti avanti a sé (è l'orazione tenuta alla presenza di Ferruc– cio Parri, a Milano, il 28 febbraio del '54) ; e passano poi le figure di Lauro De Bosis, dei fratelli Rosselli, di En– rico Bocci, di Gianfranco Mattei, dei sette fratelli Cervi, di Dante Livio Bianco, di Pasquale Colagrande, di Vito Sal– mi, di Duccio Galimberti, di Genny Marsili e di molti altri combattenL; passa il martirio di città intiere: Man– tova, Parma, Cuneo, Ivrea, Massa e Canara, Ferrara; bella su tutte l'orazione per Ferrara. Non sono mai· orazioni funebri queste; né sono con– dotte su schemi preordinati: l'eloquenza scaturisce sempre nuova dalle cose: che vengono investite da ogni parte, e quasi scavate, pur separandosi subito l'essenziale dall'ac– cessorio; un'eloquenza libera affatto dalla ricerca del– l'effetto. Piero Calamandrei ha conosciuto parecchi di questi martiri, e di alcuni è stato anche compagno di lotta; degli altri ha conosciuto i familiari superstiti; ba visitato i luo– ghi quando non fu sui luoghi egli stesso; ba letto le cro– nache dei giornali, ascoltato quelli che sanno perché banno visto; è entrato negli ambienti a cogliere la voce delle cose: onde ba rivissuto con aderenza piena queste tragedie e queste ·epopee; e poiché pari alla sua commozione è la sua comunicativa, porta noi a riviverle. Il grande patriarcale casamento dei sette fratelli Cervi, la hattaglia in città a Firenze usciran°no· dalla memoria di clù l1a letto? E quei giovinetti che spensierati e ancora accarezzati dalla tene– rezza dei genitori si ritrovano improvvisamente eroi nel– l'ordinata disciplina della battaglia clandestina; e quelle donne cli Carrara che cariche di sale da barattare col pane varcano i monti; e quel!'~ eroismo di ingegneria partigia– na» (erano due partigiani soli) che fa saltare la notte della vigilia cli Natale del '44 il ponte vigilatissimo di Ivrea sulla Dora, un istante prima che passi il treno che porta rifornimenti al nemico? Avvocato che nella giustizia, almeno in quella finale, almeno in quella postuma, ba, e vuole avere, fede, ha fatto un'appassionata difesa dei fratelli Rosselli con l'arringa di parte civile davanti all'Alta Corte nel '45, nel processo con– tro Anfuso (un'arringa che all'inizio ha una limpidezza e linearità greca che a momenti nel leggerla si smarrisce l'idea che sia scritta oggi). Con la stessa passione difende Dante Livio Bianco, Duccio Galimberti, Enrico Bocci e con lui tutti gli avvocati caduti per la libertà; avvocato degli avvocati per il dramma che come giuristi hanno ,,issuto nel periodo fascista e per l'epilogo eroico che quel dramma ha avuto in parecchi di essi. In queste narrazioni di stragi, in questi processi ai processi, non c'è mai la predicazione dell'odio per l'odio. Odiare, r.o; ma non dimenticare; perché dimenticare sa– rebbe tradire. Vivi e vresenti con noi - Finché in loro - Ci ritroveremo uniti - Morti pe,· semp,·e - Per nostra viltà - Q·uando fosse vero - Ohe sono morti invano - dice la bella epigrafe che apre e riassume il libro. Pure la passione si placa talvolta; e l'anima si apre alla speranza, anche nei motti assunti nei titoli, 1·ipresi dalle parole dei martiri: « Lavorate tranquilli > di En– rico Bocci; e Il mondo migliorerà, siatene certe> (il pro-

RkJQdWJsaXNoZXIy