Nuova Repubblica - anno III - n.23-24 - 14 agosto 1955

B 8 fretta si sente: la commedia, anzi la trngicommedia, è una della più bizzane e incoerenti, e in definitiva dise– guali opere di Molière: una sconcertante mistura di farsa, di commedia leggera e di grande e nobile commedia, nella cui elaborazione il M. fu palesemente influenzato - oltre che da coloro che ravevano preceduto nella trattazione dell'arduo tema (la fantastica e moraleggiante vicenda del Convitato di pietra era già stata al centro della trama del Btu:(ador de Sivil/a di Tirso ga Molina e dei canovacci ita– liani del Cicognini e di Ciliberto) - fu influenzato, dice– vamo, dai propri odi e rancori. Sotto sotto, urtato dal veto posto al 'l'artulfe, il grande commediante, che di Il a, qual– che mese doveva tuttavia ottenere da Luigi XIV una rag– guardevole pensione annua, riprese la sua polemica contro la dilagante ipocrisia delle alte sfere, che ·contraddistin– gueva il costume del tempo. L'ipocrita da esecrare non era più il viscido e untuoso Tartuffe (giacché ern stato uffì. cialmente sbandito dalla ,·ibalta), ma il tristo eroe che . !uroreggiava nei teatri di Spagna, Italia e Francia: don Giovanni, lo sfrenato libertino, il crudele burlador, il ci– nico· eversore d·ogni morale, l'eretico. Forse, rinforzando il suo Don Juan con la nota dell'ipocrisia, il Molière non si rese conto cli aver creato quel carattere potentemente com– plesso, cui Vilar ha infuso una sapiente dosatura di sfu– mature psicologiche, entro una inquadratura di classica limpidezza: il suo non ·era certo il tombeur de femmea sen– suale e irresistibilmente univoco del mito creatosi attra– verso tre secoli cli varia fortuna, e che più di un cri– tico si era aspettato di vedervi. Non meno esatta e mi– racolosamente intonata e stilizzata la figura dello Sgana- 1·ello impersonato da Daniel ,Sorano, il personaggio più umanamente e causticamente vero della pièce, st1·1ma me– scolanza di moralità, cli pavida compiacenza, di servile fe– deltù e di sincerità sbigottita. P RECEDUTA da una prefazione commemorativa cli Die– go Valori, ammirevole per la capacità di sintetizzare in poche battute un profilo critico singolarmente puntuale e completo, è seguita, a chiusu;a del festival, la rappresen– tazione de La ville, in una riduzione concordata col Vilar dallo stesso Cla ude I pochi mesi prima della morte. Con– fessiamo che di fronte al teatro di Claudel - e inten– diamo riferirci al Partage de midi, all'Annonce fait à M.a– rie, al Squlier de satin, al Ghristophe Golomb, non a questa opera giovanile, nella quale gli stessi difetti appaiono ag– gravati da una naturale inesperienza tecnica, rimasta ad onta dei due rifacimenti subìti dal testo --:- abbiamo sem– pre provato un sentimento di invincibile p01·plessità. L'ac– cento di una assoluta sincetità nelle propl'Ìe convinzioni mora.li e religio~e, e una innegabile forza cli espressione, non b astano a. indurre il lettore o lo spettatore a supe– rare il senso di oppressione, di fastidio, cli noia, ingene– rato dal barocchismo delle invenzioni, dalJ'eccesso vitto– rughiano cli eloquenza e dalla macchinosa prolissità delle situazioni. Può darsi - come ha detto Valeri nell'introdu– zione, escogitando un accostamento per vari aspetti cal– zante - e che questo teatro abbia qualche sostanziale affi– nità col nostro grande' melodramma ottocentesco. Come in Ve,·di, come in Donizetti, così in Claucle.l le vicende dram– matiche sono qu,dche volta talmente intricate, o meglio fuori dell'ordinario, da riuscire poco intelligibili; ma i mo– tivi d'anima sono sempre ben chiàri, le situazioni singole sono evidenti, e il canto in cui queste si risolvono sem– plifica, giustifica, illumina tutto>. llla nell'opera presen– tata a Venezia la vicenda - oltre ad essere in gran parte e raccontata> dai vari interlocutori, senza ·che alcun fatto realmente dete1·,;1inante abbia un visibile accadimento sulla scena- risulta complicata da oscnri anagogismi po– litici ( uno doi fili condnttori della trama è il cont,'asto tra Isidoro di Desme e il fratello suo Lambert, da una parte, entrambi politici. di tendenza, pare, conservatrice, e Avare, dall'altra, nna specie di anarchico rivoluzionario); ma anche le tesi politiche sono ottenebrate da un cu– mulo di inutili verbosità estetizzanti, assai prossime, come clima, agli intrugli dannunziani delle Vergini delle mcce e del Pii, che l'amore. Noteremo per inciso che anche in questo caso giocava non poco l' « effetto di straniamento> della lingua, confermandoci nell'idea che il francese pos– segga una qualità scenica assai superiore all'italiano, per la fusione già storicamente raggiunta tra lingua letteraria e lingua parlata, che consente il passaggio delle più am– pollose e artificiose «tirate>. Non sappiamo cioè, una volta tradotta in italiano, quanto de La ville reggerebbe alla prova scenica senza naufragare nel ridicolo. Comunque, an– che gli elementi più caduchi e antiteatrali del dramma sono apparsi vigorosamente riscattati dalla perfezione for– male dell'esecuzione. LUDOVICO ZORZI Olivetti Lettera 22 In auto e in treno in aereo e in albergo Bulle ginocchia, sul tavolo d'un bar, esatta e leggera scriverà la vostra corrispondenza gli appunti di viaggio n CO i ricordi delle vacanze. . nuova repubblica ., Questa campagna di moralizzazione non mi entra in testa (Dis. di Dino Boschi). -I PAPPAGALLI di GIUSEPPE FAVATI L A RIVISTA A ROTOCALCO, aperta su un servizio che illustrava )e gesta dei « pappagalli > romani, scivolò dalle mani del cbmmesso viaggiatore verso le ginocchia della giovane signorina, clie si era accomo– data da una mezz'ora al centro dello scompartimento, tra– seinandosi dietro una serie di pacchetti e pacchettini dili– gentemente involta.ti nella carta dei magazzini UNIPRE. Il treno si fermò a Pontedera-Bagni cli Casciana e un signore, che p.roiettava le suo gambe nel bel mezzo del conidoio, si alzò per cercare, inutilmente, il ragazzo delle bibite. Eientrò· sbuffando. Cli inconsapevoli pe,·sonaggi di tanta letteratura fer– roviaria avevano già iniziato una discussione su uno dei problemi del giorno, dopo av'er mosso dalle ginocchia della signorina alle pagine del settimanale a rotocalco occhiate cupe e pensose. II commesso viaggiatore aprì il fuoco con •un ~altellìo di sillabe: « Mica sono a Roma solo, i pappagalli. Per esempio, a Fil'enze, l'altro giorno, un gruppetto di giovanotti ... >. . « E' vero, è vero - interloqui un cinquantenne gras– soccio che fino a Pisa aveva descritto la sua vita di fun– zionario postale nella Tripolitania dei tempi d'oro - succede in parecchie località, e soprattutto con l'appros– simarsi della stagione calda. Vi dirò che ... ». « Ma guarda che organizzazione soggiunse il si- gnore dalle gambe nel corridoio - in Austria, l'estate scorsa ... ». «·In Austria?», sor:rise dolcemente la signorina. « Sì, bina a volontà, in tutte lo stazioni >. Il- commesso viaggiatore accarezzava la tenda del fi– nestrino cÒme se. fosse la cavezza di un animale. e Quei giovanotti, dicevo, in una via centrale di Fi– renze, pensate, accerchiarono una ragazza ed ebbero la sfacciataggine di mettergli le mani addosso, sì, sui seni. Son cose queste! E nessuno, pensate, nemmeno· un vigile che fosse Il, per intervenire>. La conversazione si accavallò fudosamente sul piano anatomico (e vi si inserirono gli episodi più crudi, i referti medici per i fidanzati e i padri che, in quanto persone interessate, avevano avuto la disgraziata idea di reagire ai « palpeggiamenti >), ristette ai margini della psicologia, si slanciò con novello vigore sulla necessità di misure di polizia e cli severissime sanzioni penali. La ga– lera! la- galera I cinque anni I dieci anni! esplodeva un secondo .·cinquantenne con le gambe nello scompartimento, la faccia strapazzata da una nausea violenta. S'arrove– sciava poi contro lo schiena( e di legno e ammutoliva con nn sorriso « tetanico >, all'onorevole Martino. Mi ricordai, ch.issà perchè, dell'autoritratto di De Sica, giovincello at– tore viziato, d'una quindicina d'anni or sono: Il mio sor– riso non basta a dir le mie virtù. Ab, ecco, scriveva De Sica, sulla « procligal_ità strafottente > con cui esibiva i denti a mo' di < tastiera di pianoforte >: « il mio sorriso è un mio modo cli essere pigro, di riposare, di lasciare in fine che la mia bocca faccia il comodo suo >. _ II treno riprese, dopo la fermata di Empoli, la sua « folle corsa sulla via ferrata>, come precisò ironicamente il funzionario postale della Tripolitania dei tempi d'oro. Ottenni allora che dalle dita di quest'ultimo si srotolasse una. copia del Borghese. « C'è proprio un articolo sui " pappagalli" - mi disse 0011 "uno sgua1·do severo - a pagina, aspetti, ecco qua, pagina 109. Sa, usano una numerazione progressiva». L'operazione « pappagalli » è in pieno svolgimento. Con la parola « pappagalli» s'indicano qui gli uomini che danno fastidio alle donne per str<ida. (Meno· male, perchè a Napoli, e forse non solo a Napoli, e pappagallo> si– gnifica un'altra cosa, un poco comica: è il pitale che sotto le coperte viene usato dagli ammalati). e Pappagallo non è termine napoletano! >, mi dissi, trionfante, per aver colto in _fallo una pubblicazione rea– zionaria. Poi mi immersi, dubbioso, in pensieri di scienza etimologica. I «pappa.galli> mettono in imbarazzo, in stato d'in– ferior·ità, in grande orgasmo tutte le pe,·sone no1'1nali le quali da noi hanno ancora la buona e salutare abitudine di volta,·si ve1· la strada a gua,·dare le donne ... La letturn si faceva abbastanza interessante. Si deve votere fare insomma una ben netta distinzione fra il bo- · nario ganimede italiano (ripeto: apprezzato da ver tutto) ed i mascalzoni. Mi diceva un amico il quale era stato ber– sagliere in gioventù, che il loro comandante raccomandava ai suoi uomini di camminare per la strada con aria di conquistatori (sul cappello i bersagl·ieri non hanno forse le penne d·i gallo? e questo non vi dice nullaY) e di guar– dare tutte le donne; indistintamente tutte le donne. i\Ia guardarle non con sguardi comuni bensì con occhiate (così diceva il comandante) « capaci di ingravidarle>. Quelli erano tempi d'oro . Insomma, io dico questo: bisogna distinguere (la po– litica è l'arte del distinguere). Anche il diritto canonico distingue, e con quanta fi. nezza, allorchò si occupa della morale sessuale fra i co– niugi. Era fin troppo facile avvei-tire che il sadismo, la violenza sterile dei «pappagalli» non è l'indice cli un cli– ma sei vaggio che abbia rotto tutti i ponti con la tradizione di ieri, ed in essa per nulla si riconosca. Ci hanno inso-· gnato per troppo tempo a uccidere senza scopo, e dal binomio coito-patria di Gabriele d'Annunzio, sviluppa.tosi nell'esibizionismo sessuale delle parate littorie, negli stupri delle donne cli villaggi eroicamente conquistati, nell'ag– gressione - per difendere i sacri confini del nostro suolo - di una Croazia o di una Grecia inermi, al saccheggio e all'incendio delle librerie o agli assalti di ragazze in ca– micetta c'è un filo ininterrotto, c'è una continuità logica facilmente identificabile. Il ganimede era giù una tipiciz• zazione di una vita e di una società senza fini, violente– mente anarchiche, spietate. Oggi' che nulla sembra avere più senso, perché (limitandoci al nostro paese e ai suoi fatti più clamorosi ma per nulla anormali) una donna cho cerchi disperatamente un lavoro deve accettare spesso Io jus primae noctis ( e l'industriale o l'intermediario può concedere, impunito, interviste ai quotidiani d'informa– zione, spiattellando le sue prodezze), perchò un povero cristiano che ha bisogno di un intervento chirnrgico ap– pena difficile si sente chiedere un 300.000-500.000 lire dal professore di chiarissima fama (che maga1·i froda allegra• mente il fisco), perchè un giovane insegnante agli inizi della sua carriera deve sottoporsi a striscianti umiliazioni se vuole guadagnare la metà di uno spazzino municipale, perché i Montagna cli ogni latitudine fanno la buona e la cattiva stagione purché intingano il polpastrello nell'acqua santa, oggi dunque che nulla sembra a,·ere più senso, che meraviglia che il ganimede di ieri si sia trasformato in un marloniano selvaggio della strada? Non hanno inse– gnato a suo padre, quando difende,·a i sacri confini (e se un tempo con giusta 1·agione, non discutevo fra me), l'orgo– glio di un amore ancillare? E d'altro canto non è un bel fesso suo padre che si è fatto giocare, mutilato com'è oggi di una gamba, e con una scheggia nel polmone, e l'anno scorso poi oggetto di bersaglio degli idranti della polizia 1·omaua perché aveva osato chiedere un piccolo aumento della sua pensione? Non avevo più il tempo di p1·oseguire le mie ovvie e impe1·sonali meditazioni ferroviarie. I miei compagni di– scutevano ancora di « pappagalli », in prossimità cli Fi– renze. No, si trattava dei pappagalli -cli mille barzellette salaci. La signorina dei pacchetti .UNIPRE era in piedi, nel corridoio, e osservava attentamente la campagna to– scana.

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