Nuova Repubblica - anno II - n. 23 - 10 dicembre 1954

8 ~ Quello che scrivono i Monta– nelli, i Malaparte, e i loro affini stti giornali che si onorano delle loro fir– me emana ormai un tale tanfo di volgarità intellettuale e, morale, che ci rifiutiamo metodicamente di farlo oggetto di polemica. Ma ci consen– tano i lettori, una volta tanto, di ri– portare qui alcune righe (poche, po– chissime, stiano tranquilli!) del signor Curzio Malaparte, tratte da quei/e articolesse in cui questa meravigliosa faccia di tolla travasa le sue settima– nali, profondissime meditazioni etico– sociali-politiche. Il signor Malaparte, dunque, - che, tra parentesi, essen– do un tipico avventuriero della penna crede di essere uno scrittore, confor– memente alla tradizione letteraria ita– liana - scrive testualmente (II Tem– po, settimanale, 25 novembre 1954): « Noi combattenti non abbiamo nes– sun peso nella vita italiana. Non con– tiamo nttlla. Eppure la nostra voce dovrebbe essere decisiva in molti dei gravi problemi politici e sociali che travagliano l'Italia. Se c'è qualcuno che ha il diritto di parlare, in que– sta Italia, siamo noi. Per che cosa credono, certi signori, che abbiamo sofferto e combattuto? Per farci trat– tare come un mucchio di stracci? Per lasciarci affamare e umiliare? Per tollerare in silenzio che essi sfrut– tino e sporchino quell'Italia per la quale abbiamo affrontato pericoli e sacrifici, e molti dei nostri compagni hanno dato la vita?». Confessiamo francamente che, appena lette que– ste righe, ci siamo stropicciati gli oc– chi (sogno o son desto?), ci siamo palpati (ci sono o non ci sono?), ab– biamo stropicciato la rivista (è di carta o di impalpabile fumo?). Ma ci siamo ripresi subito. Curzio Mala– parte c'è scritto in calce a quelle righe. E i Malaparte, si sa, non pos– sono dipanare che l'eterna matassa delle scempiaggini più evidenti e del– la retorica più volgare e più clamo– rosa. X Ma se i Malaparte ed affini vege– tassero in Italia nei loro cantucci senza effetti sulla società che li sop– porta, niente di male. Ma l'Italia è l'Italia: e un letterato avventuriero che in un paese meno ammalato di retorica sarebbe guardato come una curiosità da baraccone, in Italia è considerato quello che si dice un be/– l'ingegno, uno che « scrive bene» e, per ciò stesso, è preso sul serio. I ba– cilli delle loro articolesse entrano quindi in cfrcolo agevolmente e ce li troviamo, alla fine, cristallizzati in limpidi, stringati, severi articoli di legge. Miracoli delle metamorfosi: dalla retorica più pacchiana dei Ma– laparte d'Italia ali' austerità verbale dei codici e delle pandette! # In verità, che la retorica combat– tentistica non sia solo un trastullo dei Malaparte, ma la « forma men– tis » delle classi dirigenti borghesi e naturalmente, in particolare, degli ambienti milita.ri, è confermato da un atto compiuto (stavamo per scri– vere « perpetrato :,., come per le azio– ni malvagie o delittuose) 11el novem– bre scorso, già stigmatizzato da qual– che giornale, ma - è inutile dirlo - ignorato dalla stragrande maggiora11- za dei quotidiani e dei settimanali italiani, così solleciti invece a far po– sto, nelle loro preziose colonne, a giulebbosi articoli sul re di maggio e i maggiolini suoi, nonché ai « me– moriali » semipornografici di figli e fitlie, padri e madri e zii e nonni e nipoti del secolo: vogliamo dire, .la concessione deliri medaglia di bron– zo al V. M. a un tipico «eroe del no– stro tempo », il vice-commissario ag– giunto di P.S. Gaetano Co/lotti, « per essersi particolarmente segnalato in una rischiosa azione contro partigia– ni nemici». Un combattente, insom– ma, il Co/lotti: un combattente del tipo di quell'agente Orlando, che chi abbia letto Il conformista di Mv– ravia ricorderà certamente come una delle figure più evidenti e ripugnanti di quel romanzaccio. Nobile figura di poliziotto siciliano ( « tutto per la famiglia e per la patria » usava sen– tenziare l'agente Orlando, siciliano anche lui), il Co/lotti fu il persecutore e torturatore degli slavi e degli anti- fascisti italiani di Trieste e della Ve– nezia Giulia. Bieco strumento della polizia fascista, che lo inviò a Trieste in qualità di vice-capo dell'Ispettora– to speciale di P. S. per la Venezia Giulia, responsabile del terrorismo fa– scista contro gli slavi della Giulia (« i partigiani nemici ») prima dell'8 settembre 1943 e della repressio11e dell'antifascismo italiano e slavo du– rante la Resistenza, al servizio dei tedeschi, il vice-commissario di P.S. Gaetano Co/lotti si guadagnò presto u11 brillante stato di servizio recando nell'adempimento della sua missione, assolta con raro zelo, persino il con– tributo originale dell'invenzione di nuovi efferati mezzi di tortura; e questo a parte le spoliazioni e le ra– pine a danno dei disgraziati che ca– pitavano sotto le sue grinfie. Ampie referenze su di lui potrebbero dare gli antifascisti italiani e slavi, non tutti fortunatamente scomparsi, che· sono riusciti a sopravvivere o a sfug– gire alla ben nota villa Triste di via Bellosguardo. Al momento dell'insur– rezione di Trieste, ben sapendo di avere la coscienza sporca, il Co/lotti si diede coraggiosamente alla fuga in direzione dell'occidente; ma fu prov– videnzialmente catturato e giustiziato dai partigiani nei pressi di Treviso. In un paese civile, sulle gesta di un eroe di questo calibro sarebbe stato steso un velo di pietoso oblio; in Ita– lia invece gli si dà la medaglia al · V. M. Ma, perbacco, non fu un « combattente »? E « per che cosa credono, certi signori, che abbiamo sofferto e combattuto? Per farci trat– tare come un mucchio di stracci l)? • Sì. In fondo è giusto che, in que– sta 11ostra Italia che conda,rna Ari– starco e Renzi, che non dà a Parri il diritto di difendersi, che assolve Triz– zino e Longanesi, che non permette a Toaldo di rimanere a Trieste, in fondo è giusto che anche il crimi11ale Co/lotti abbia la sua medaglia. Alla memoria, per fortuna. ~ una magra consolazione, è vero; ma è sempre meglio di niente. Del resto, dovrem– mo avere imparato già da un pezzo che per farsi rendere giustizia bisogna essere fascisti. Giusto onore al me– rito, dunque, e a presto altre meda– glie, e non più per i torturatori di « partigiani nemici», nia finalrnente, per gli aguzzini dei partigiani. I Del resto sulla strada buona ci siamo: verranno anche le medaglie; • per ora accontentiarr,,oci di qualcosa di pìù sostanzioso: le « provvidenze », le provvidenze economiche per i mu– tilati e invalidi e per i congiunti dei caduti che appartennero alle forze armate della repubblica di Salò. B di questi giorni la notizia della discus– sione al Senato di un progetto di leg– ge governativo concernente appunto le provvidenze in parola. Ed è di que– sti giorni l'aurea risposta che il pre– sidwte del Senato, Merzagora, ha dato a chi ha fatto rilevare ai sena– tori che all'ordine del giorno c'era anche da troppo tempo un disegno di legge a favore dei perseguitati po– litici antifascisti e che era oppor– tuno, quindi, prendere anzitutto in esame tale disegno. Che cosa ha ri– sposto il democristianqualunquista M erzagora? «Ha rilevato anzitutto - scrivono i giornali - che l'assem– blea si trova di fronte a due disegni di legge che hanno un substrato po– litico e uma110: politico, perché ri– guardano provvidenze a favore del– l'una e dell'altra parte di quelle spa– ventose barricate che hanno diviso l'Italia; umano, perché i beneficiari sono, in entram.bi i casi, vittime di gravissim.e sventure. Augurandosi che, nel Parlamento, il lato umano abbia senz'altro il predominio sulla passio– ne politica, ha rivolto pertanto un caldo appello a tutti i senatori per– ché non dimentichino l'impostazione umana di entrambi i disegni di legge. (Vivi applausi dal centro e dalla de– stra, interruzioni e commenti dalla sinistra)~- B inutile aggiungere che, dopo si nobili parole del suo presi– dente, la maggioranza del Senato ha respinto la proposta di discutere su– bito il disegno di legge in favore de– gli antifascisti ed ha aperto la di– scussione su quello concernente i re– pubblichini. Morale? Nessuna; ma protesta si. La Resistenza è il fatto più maturo e glorioso della storia del popolo italiano dal giorno della sua unità nazionale in poi,· e la sua im– portanz~ storica crescerà, a di– spetto ìlei tanti Ponzi Pilati, che ostentano oggi la loro viscida « ob– biettività >, la loro velenosa « im– parzialità ». OONUNO NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI BUONGIORNO CINA Q UANDO gli storici in avvenire saran– no chiamati a fare un bilancio del– la nostra epoca e dovranno indicare l'avvenimento più importante di questo 1954 molto probabilmente designeran– no non già il raggiungimento della pace in Indocina, non già il falli– mento della CED o la svolta nei rap– porti tra l'Europa occidentale e l'Ame– rica, bensì l'inserimento della Cina po– polare nel novero delle grandi poren– ze mondiali. Era inevitabile che si giun– gesse a questo punto: la posizione e l'estensione geografica, l'enorme nume– ro di abitanti, le immense risorse pro– duttive rimaste praticamente intatte per millenni dovevano necessariamen– te fare della Cina, prima o poi, una grande e moderna nazione .. h doveroso anzitutto riconoscere la preponderante e insostituibile funzione del Partito comunista cinese nella con– dotta vittoriosa della guerra rivoluzio– naria e nell'opera di ricostruzione (o meglio di edificazione) della Repubbli– ca popolare. Prima ancora del viaggio dell'estate scorsa nell'Estremo Oriente il leader laburista Aneurin Bevan ebb; ad affermare: « Se fossi cinese sarei certamente comunista ». Le scarse e frammentarie notizie giunte fino a n6i, anche da fonte occi– dentale, ci hanno tratteggiato le enor– mi realizzazioni compiute in qu~sti cinque anni dalla Repubblica Popolare Cinese. Il lavoro da compiere era ed è tuttora ciclopico. La Cina ha dor– mito per duemila anni il suo grande sonno. La struttura feudale della sua società, durata fino alla caduta del– l'Impero nel 19I I e continuata pra– ticamente col regime di Ciang Kai-scek' fino alla nascita della Repubblica Po– polare nel 1949, ne ha paralizzato ogni possibilità di sviluppo e di vita cancellandola praticamente dalla storia per due millenni. Lo sgretolarsi progressivo del potere imperiale infatti non vide mai 1a na– scita di una nuova clasSe sociale - la borghesia - capace di imitare quanto fecero le borghesie d'Europa le quali, portando vittoriosamente a rermine un processo rivoluzionario sociale e strut– turale, seppero trasformare i vecchi stati feudali in altrettanti stati moderni. la rivoluzione di Sun Yat-sen, che, nel 1911 travolse la monarchia, lasciò praticamente intatta la situazione, per il semplice fatto che ormai da secoli la monarchia in Cina aveva perduto quasi tutta la sua autorità e il suo potere, a beneficio di migliaia di pic– coli stati nello stato, facenti capo a governatori, generali, feudatari, nobi– lotti, l;tifondisti. Una « Grande Muraglia» simile a quella che recinge i confini esterni della Cina si era venuta costituendo all'interno, frazionando il Paese come una scacchiera. Masse sterminate di contadini, prive di ogni diritto più elementare e senza alcuna protezione giuridica e sinda– cale, vivevano in condizioni di servi della gleba alla mercè dei proprietari che li vessavano e li sfruttavano nel più abominevole dei modi, considerandoli alla stregua di animali da lavoro. I contadini che ricevevano in usufrutto un piccolo pezzo di terra erano tenuti a consegnare al proprietario del fondo una percentuale ingentissima del rac– colto, anche nelle annate in cui, a cau– sa di calamità naturali (grandine, inon– dazioni) o d'altro genere (guerre), la . terra non produceva; i braccianti ben raramente ricevevano un salario, ed ·era per essi una festa quando riusci– vano a trovare da lavorare per conqui– starsi ogni giorno un pugno di riso. Le norme igieniche e profilattiche era– no praticai;nenre sconosciute e le epi– demie mietevano milioni di vittime. Se queste erano le condizioni delle campagne, nelle poche città non si viveva molto meglio. La d_isoccupazio– ne raggi ungeva punte elevatissime, e quelli ch6 avevano la fortuna di lavo– rare erano alla mercè dei padroni: inoltre potenti organizzazioni gangste– ristiche controllavano di fatto il mer– cato della mano d'opera imponendo spesso al disoccupato il pagamento di un tributo per poter trovare lavoro. Per sovrappiù su tutto questo caos regnava incontrastata una .classe diri– gente la cui corruzione può trovare un paragone forse solo nei costumi della Roma imperiale. Ora le cose sono profondamente mu– tate. Un breve lustro è bastato per cam– biare radicalmente la faccia della Cina, per condurla a risultati imponenti e foH1'1'.1.U~O 'l'IJ!IIIA'l'I Buongiomo Cina Avanti I • illlono 19$4 sopratutto per far intravvedere come estremamente prossime realizza-2ioni an– cora più notevoli. JJ libro del Tumiati ci presenta ap– punto il volto della nuova Cina, ci introduce ai suoi vari e complessi pro– blemi alla luce del pensiero e della prassi scaturiti' dalla Rivoluzione, ci mostra quanto fino ad oggi si è rea– lizzato, ci prospetta quello che sarà il domani. « Buongiorno Cina >> non è comun– que uno studio o un trattato sulla sto• ria, la politica o l'economia cinesi, ma dev'essere considerato tra le pub– blicazioni essenzialmente divulgative e popolari e quindi di queste ha i pregi e i difetti. Sul problema dei rapporti fra co– munismo cinese e comunismo sovie– tico, il T. ricorda le parole del vice– presidente Liu Sao-Ci: « Applicare si– stematicamente il marxismo in Cina, ri– solvere marxisticamente i problemi del– la nostra rivoluzione è un compito stra– ordinariamente difficile. Da noi il nu– cleo fondamentale delle masse rivolu– zionarie non è costituito dagli operai, bensì dai contadini, e la nostra lotta non è diretta contro i capitalisti cine– si bensì contro l'oppressione imperia– lista straniera e contro i residui del feudalismo medievale. L'applic'li'ione si– stematica del marxismo alle attuali con– dizioni cinesi non si potrà mai ef– fettuare se ci limiteremo a recitare testi marxisti o a citarne brani isolati». In queste condizioni, annota il Tu– miat.i, « era impossibile passare di colpo dal feudalismo al socialismo. Bi– sognava che anche la Cina, come gli Stati d'Occidente, attraversasse, seppur velocemente, la fase capitalistica. In al– tri termini i comunisti cinesi dovevano sostituirsi alla borghesia nel compito di abbattere il feudalismo: Leggendo queste pagine molti saran- · no sorpresi' nell'apprendere quale gran– de parte abbia tuttora nello sviluppo dell'economia cinese l'iniziativa priva– ta e come un forte numero di grosse industrie sia ancora in mano agli im- prenditori capitalistici. Ma questi fat– ti si comprendono facilmente conside– rando il livello storico al quale la Cina si trova; la situazione attuale infatti non costituisce che una fase dell'evolu– zione in corso. Possiamo ragionevolmente pensare che oggi la Cina per poter organiz– zare e condurre efficacemente la sua politica di edificazione nazionale abbia bisogno assoluto di pace e che il po– polo e il governo di quel Paese per– seguano sinceramente tale obbiettivo. Questa persuasione, autorevolmente espressa anche dai capi laburisti in– glesi e dal Primo Ministro indiano Nehru, dovrebbe indurre tutte le po– tenze occidentali a considerare l'oppor– tunità e la necessità di stabilire nor– mali ed amichevoli relazioni çon la Re– pubblica Popolare Cinese. Problema parimenti importante e strettamente collegato al precedente è quello che riguarda gli scambi com– merciali su scala internazionale. La Cina si trova oggi in una fase di la– voro intensissimo per trasformare le proprie strutture e per elevare il li– vello di vita interno. L'obbiettivo prin– cipale dei dirigenti cinesi è quello di fare della Cina un grande paese ind u– striale oltreché agricolo. Per raggiun– gere questo obbiettivo è indispensa– bile che la Cina acquisti quei prodotti che ancora non ha, sopratutto macchi– ne di ogni genere e articoli finiti e se– milavorati. La maggior parte del commercio estero cinese oggi avviene con i Paesi a regime comunista; ma anche nume.rosi Paesi occidentali hanno intavolato rap– porti commerciali e tutto fa prevedere che questi rapporti verranno notevol– mente estesi in futuro. L'Italia brilla per la sua assenza. Eppure non v'è chi non comprenda quali vaste possibilità esistano anche per noi e come un commercio estero im– piantato su grande scala possa addirit– tura rigenerare la nostra •industria e la nostra economia, che oggi attraversano una fase tanto critica. Niente di più stupido e assurdo che fingere di ignora– re la realtà solo perché questa non pia– ce e respingere eccellenti occasioni sola– mente per obbedire ai dogmi di un fa– natismo ideologico. Anche perché certe occasioni favore– voli potrebbero non presentarsi più in avvenire. AURELIO i'ENNA NUOVA REPUBBLI flrJl!WBlfJl!WALB POLITlfJO Esce il 10 e il 25 di opi mese i• ottoo piùpa,iae P. 1111111 - T. CODIGNDU - P. YITTORILLI s,,,,,ori• li r,laaion•: G.fAYATI R.dadon,1 FINDH. Piuu delle Libertà, 15 (50998) Amminidro•ion,: Fireme, Pluaa Indipndenaa, 29 (483207-08) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, semestrale L. 450, trimestrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. Un numero ordiOario: L. 35 (Estero, 45) Un numero arretrato: L. 40 (Ellero, 55) Un'annat• arretrata: L. 1000 (Estero, 1200) •/• peoteJ. S/6161 (Lo Nuo" I1allo) F'inmo Aultrlu. Hl Trib. 1111 Flr11ut n. 178 dtl 80-12·1952 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabilé: TriJJa110 Codig110/a

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