Nuova Repubblica - anno II - n. 11 - 5 giugno 1954

8 PLAUSI e botte ,Jt- Che il Meridio11e d'Italia sia l'area più depressa d'Europa è ormai una. verità anwramente docttm.entala. Ma - co,, molte scuse per la Cassa del Mezzogiorno - quante altre zone del resto d'Italia non sono anch'esse Meridione? In questo senso, esem– plare potrebbe essere il comune di Firenzuola, sulle cui condizioni ab– biamo qui sottocchio un'impressio– nante documentazione. Com.une di mo11tag11a 11e/la provi11cia della pur civilissima Firenze, esso vede farsi deserti uno dopo l'altro i propri po– deri, perché questi, per deficienza o mancanza di strade e di lavori di bonifica, non offrono ormai più a chi li lavora. 11eppure il fabbisogno minimo per vivere. Tm1to più grave tale abbandono, in quanto l'agricol– tura è funica risorsa locale, man– cando qualsiasi tipo di industria. D'altra parte, la proprietà è talmente frazionata che molti coltivatori di– retti sono costretti a. svolgere attivi– tà sussitliarie di braccianti, con ciò aggravando la già disgraziata con– dizione degli operai, che se un tempo potevano difendersi con l'emigrazio– ne temporanea, oggi, chiusa questa valvola, le1ulono tutti a gravare so– pra il comune. Per tiare un'idea del basso tenore di vita di questo comu– ne toscano, basti dire che il reddito an,iuo tlegli operai non raggiu11ge le 200.000 lire; che l'in/a11zia è af– fetta da ade11opatia di notevole en– tità; che il 4 % degli abil<mti è am– malato di tubercolosi. Vogliamo ag– giungere che a Firtrnz1wla fu distrut– to oltre il 98% delle case? che in molte /1azioni mancano luce, acqua, stratle rotabili, telefono, telegrafo? che la pressione fiscale, tenuto cauto del basso reddito, è assai superiore a quella che colpisce i contribuenti di pianura e di città? che le abita– zioni, per la maggior parte, sono in condizioni tali da minacciare conti– nuamente l'i11columità e la salute degli abita11ti? La sequela potrebbe continuare; ma i particolari che ab– biamo elencato ci sembrano già suf– ficienti a conferire a Firenzuola il titolo di comu11e onorario de/l'Italia meridionale. E Firenzuola non è che un esempio. La geografia d'Italia è, forse, ancora tutta da scrivere. llr fo questo ,10stro paese così facile agli accomodamenti, alle sanatorie, agli ipocriti e embrassous-nous >, un libro che vorremmo fosse letto' e me– ditato da ttttti è il Diario di Anna Prank, tucito finalmente in questi mesi anche in traduzione italiana. Perché A 11na Fra11k 11011 è soltanto una scrittrice, una vera scrittrice, ma una delle voci più pure, più umane, più commoventi fra quante se ne so– no levate dalla tragedia della seconda guerra mondiale. Esternamente il suo diario è un lento, i,1esorabile e, per noi che sappiamo, ossessionante ap– pressamento alla morte; ma, nel pro– fondo, è un anelito verso la vita, una testimonianza di fede 11e/la bontà e nella bellezza, che tanto più ci com,– muove, quanto J,iù mostruosa, nella sua scientifica organizzazione, ci ap– pare la forza che la voce di questa giovinetta e quella di milioni di al– tre creature, come Anna animate dal– la stessa fede, spense inesorabilmen– te. E perciò la voce di A 11na Fra11k è anche un ommonime,ito e uno sti– molo a mantener sveglia la nostra reazione contro coloro che, in nome di una farisaica pacificazione, vor– rebbero farci dimenticare. Dimenti– care? Possiamo di,nenticare, se [-'ani– mo ci soccorre, le persone singole; ma dobbiamo ben ricordare le mo– struose aberrazioni che furono alla radice di tanta tragedia e, con esse, i loro vecchi e nuovi, aperti e ma– scherati, lugubri vessilli/eri. Dimen– ticare vorrebbe dire abdicare alla no– stra stessa coscienza morale; e sareb– be il primo passo su quello scivolo che già ha portato ta11ti Ponzi Pilati - in nome magari della più profa– nata delle Dee: l'obbiettività sto– rica - a porre sullo stesso piano i carnefici e le loro vittime. Ma i gio– vani soprattutto vorremmo legges– sero questo libro: i giovani delle no– stre scuole, che così poco sanno - e non certo per colpa loro - del re- cente passato. Nazio,ialismo, fascismo, nazismo, razzismo.... Carneade, chi era costui? A quando, on. Martino, l'introduzione nella scuola italiana di libri come questo o come le Lettere dei condannati a morte della Resi– stenza? A quando questo so/fio d'aria nuova? E' certo che Anna Frank, senza pose professorali, con la sua vocetta dolce e agra di adolescente, insegnerebbe, senza insegnarle, tante cose ai suoi coetanei; e, anzitutto, ad alfrontare co11 sereno coraggio la vita. ic;;j E questi giovani, a loro volta, potrebbero farsi persuasivi maestri dei molti immemori del nostro paese, dei e falsi buoni>, dei e falsi obbiet– tivi>, dei Ponzi Pilati. Forse, chissà, assisteremmo allo spettacolo di un gruppo di studenti, che abba11dona le aule scola.sliche, non per manifestare per Trieste o partecipare alle fcriae matricularum, ma più semplicemente e sbrigativamente per - facciamo u,i esempio - prendere a calci nel sedere i dirigenti della RA I quando creano cattedre radiofoniche a u ,i Nicola Pende, oppure per - faccia– mo un altro esempio - prendere a calci nel solito posto i dirigu1ti del Circolo degli Artisti o del Circolo– Società ciel Whist di Tori110, ogni– qualvolta rifiutano ,l,!iscrizione, senza ragioni plausibili, a quanti rivelano nei loro cognomi l'origine ebraica. 1'o., Si sa quale, di solito, è la fun– zione delle smentite ulficiali e quale conto dobbiamo farne. Cosi, è pur vero che è stato smentito che- sia in gestazione un provvedimento mac– cartista. Ma, allora, perché l'Arma dei Carabinieri si sta dando così da fare nelle scuole per conoscere i no– mi dei professori iscritti ai partiti di sinistra? E' forse per conferire a co• desti insegnanti una promozione per merito distinto? O per andar subito a colpo sicuro, senza consumar trop– po la suola delle scarpe o sprecare benzina, il gìonio in cui parta da Roma l'ordine dell'u/Jimo giro tli vite? Atroce dubbio! Conurnque, l'Arma. dei Carabinieri faccia pure: in fondo, fa il suo mestiere. Ma quel– lo che la Benemerita non ha alcun di– ritto di fare è di pretendere le in– formazioni per i propri schedari dai capi d'istituto. In base a q11ale legge presidi e direttori di scuole sono te– nuti a fare gli informatori della po– lizia? E, d'altra parte, come si può pretendere che u11 capo di istituto si ribelli a simili pretese, quando fino ad oggi - almeno a quanto ci consta - non c'è stato un parlamentare, uno solo, che abbia sentito il dovere di interrogare il governo su questo sconcio? • Liberissima la Chiesa di innalzare chi crede agli onori degli altari; ma liberissimi anche noi di sottolineare che neppure le santi/ictizioni sfuggo– no al segno dei tempi. Diremo di più: quella di Pio X, avvenuta in questi giorni, è lo specchio fedele dell'orientamento spirituale dell'o– dierna alta gerarchia cattolica. Se questa avesse voluto crearsi un santo che del proprio volto avesse i segni inconfondibili, non avrebbe certa– mente potuto trovare modello più fedele di quello o/fertole da Pio X, il papa - per chi non lo ricordasse - che allo spirito caritatevole e alla tanto deca11tata a/labile semplicità dei modi unì il dogmatismo e il rea– zionarismo più rigidi fra quanti ab– biano mai albergato nell'anima di un papa da un secolo a questa parte. L'alta gerarchia cattolica ha ancor oggi questo volto? Mutatis mutandis, sl. Nell'ago11e politico e sociale, verso cui, per primo, aprì uno spiraglio alle forze cattoliche proprio il non expedit di Pio X, lo stato maggiore della Chiesa ricono– sce come suoi alfieri i Gedda e i Togni, i Costa e i Lauro (quelli in– somma, per inte,tderci, che a un re• /igioso rispetto della religione catto– lica, apostolica, romana uniscono un altrettanto religio10 riJpetto delle e leggi divine dell'economia>, a un sacrosanto orrore per ogni ateismo dissolvitore oppongono un altrettanto sacrosanto amore per la religione dei e liberi monopoli>); e non riconosce invece i preti operai e i Don Zeno, i Ma rio Rossi e i La Pira, ma - nel progressista spirito della Pascendi - considera i « cattolici comunisti> og– gi, come i « cattolici liberali > ieri, e lupi coperti con il manto degli agnelli>. OGNUNO NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROB,LEMI Due saggi sul Mezzogiornò L A casa tditrice fiorentina Pa– renti ha pubblicato recentemen– te un volume in cui Gabriele Pepe ha raccolto una serie di artirnli e di scritti commemorativi collegati dal sottinteso riferimento al proble– ma meridionale. Si tratta di tre di– versi gruppi di studi: di . storia re– ligiosa, sociale e culturale. Ma poiché i sagsi di storia religiosa studia– no l'opera di S. Nilo nel Mezzogior– no o il significato dei canti religiosi del popolo molisano o l'etica del gesuitismo in rapporto all'immobili– smo sociale dei paesi della Controri– forma, anche nella prima parte il tema del Mezzogiorno, per quanto latente e implicito, è pur presente. Come presente è nella terza parte che tratta di L1 Vista e Ji De Sanc– tis, di Mosca e di Gramsci. ella parte centrale del libro le tesi me– ridionaliste si propongono però in modo esplicito e senza sottintesi. In Pane terranelSud Pare11il • 1Flre11ze 1U$4 essa una impetuosa e risentita pole– mica di meridionalista si innesta sulla ricca esperienza culturale dello stori– co. Ogni pagina reca l'impronta dello stile del Pepe: una allusione fugate che cede ad un amaro <.:ommento,una notizia precisa e una postilla ironi– ca, un fatto documentato che nutre un sentimento di umana giustizia. Tal– volta, è vero, l'urgenza del motivo etico sospinge lo 'i,lOrico a farsi ino– pinato accusatore di uomini d'altri tempi: ma questo vuol essere solo un appunto per il critico che volesse esaminare l'intera produzione storio• grafica del Pepe. Il pregio del libro è nelle prospet– tive di storia della società meridio– nale che esso suggerisce. Non che il Pepe abbia chiari criteri metodologici per una ricerca del genere: direi anzi che egli si trova nella singolare ed equivoca condizione di chi, pur av– v.ertendo il difetto dell'antico, non riesce a sostituire ad esso un princi– pio nuovo. Egli si rende conto di ta– luni aspetti marginali della nuova problematica: e perciò fa esplicito ri– ferimento al concetto gramsciano di « classi subalterne » e tenta un uso storiografico, non sappiamo quanto pro– ficuo e ortodosso, della categoria di « classe dirigente » del Mosca. Ma, nel complesso, la dialettica marxistica (o almeno la visione economicistica dei problemi) e lo storicismo liberale (o la riduzione dei problemi al loro aspetto culturale) si alternano senza fondersi. Le pagine sulla questione meridio– nale rivelano un calore e una convin– zione profonda: lo storico vuole in– tendere la natura e l'origine di quella « disgregazione sociale» dell'Italia del Sud che è il fenomeno anomalo e impressionante, ma tragicamente vivo, nel nostro tempo e nel nostro popolo. Si pone così il quesito di un riesa– me storico e critico dell'intera que– stione alla luce di una premessa ge– nerale: che, rioè, la politica adottata dalla classe dirigente italiana, come politica delle soluzioni caritative e contingenti, continua, in forme nuove e moderne, la preminenza feudale e l'asservimento dei contadini. L'interesse del libro non è nelle analisi storiche ma nell'oratoria so– ciale che ne costituisce la musa se– greta. Fuori della prospettiva sociologica e contro le tesi demopsicologiche, for– te dei dati che gli recano le stati– stiche economiche, il Pepe cerca la esatta individuazione di un criterio storico per la postuma ricostruzione della vita sterile e faticosa della no– stra società meridionale. Questa so– cietii, che è stata sempre osservata nelle sue forme barbare o nelle sue aspre antitesi alla civiltl liberale, nasconde nel mistero dei secoli il segreto della propria inerzia, del proprio urresto, della propria dissoluzione. Visto il problema in questi termini, esso apre ricchi e impreveduti orizzonti alla ricerca dello storico e illumina di sof– ferenza umana il cliché del contadino meridionale aduso a tutte le risorse suggerite dalla perpetua miseria quo– tidianamente riscoperta e quotidiana– mente superata. ~{a la nuo, a consape,•olezza storica non può esaurirsi <:ntro i limiti della teori~: essa deve stimolare la nostra azione di politi<.i. Infatti la rigene– razione del mez1ogiorno cominccr,ì. so– lo con la sostituzione della classe dirigente che, dai feudatari agli im– prenditori, dai legulei ai vescovi, dai funzionar'i agli agrari borghesi, reca la responsabilità storica della lunga e gravissima crisi. IIOllt:~H'ONOHtfO * * * B EN1ssrno, la Editrice Avanti! ha recentemente iniziato la se• rie di monografie popolari per una storia del movimento operaio italia– no, con questo opuscolo di Renato Marsilio sui Fasci siciliani. E non tanto perché fosse necessario docu– mentare l'apporto dei lavoratori sici– liani al movimento socialista italia– no, quanto perché il comportamento degli organi dello Stato e della clas– se dirigente verso i e paria della ter– ra>, come li chiamò il Colajanni, spiega molte cose, spiega soprattut– to come le tendenze e le vocazioni della classe dirigente italiana, tenu– te a freno nei primi dicci anni del nostro secolo dalla prudenza giolit– tiana. siano sempre state fasciste; col significato attuale e non col signi• ficato del 1892. I braccianti agricoli, eh.e percepi– vano di solito da 40 centesimi a una lira al giorno, con l'aggiunta di un poco di minestra, e, per la mieti– tura, non oltre 2 lire, due lire e mezza, nel periodo della crisi 1892- J 893 ricevevano mercedi assai più basse, e i mietitori e lavoravano per lunghe sedici ore sotto la sferza co– cente del sole quasi africano della Sicilia, per una lira o per 75 cen– tesimi al giorno >. Così il Co– lajanni. I Fasci dei lavoratori si organiz– zano, mandano rappresentanze al congresso cli Genova del 1892 nel quale sarà fondato il Partito socia– lista, anche se Dc Fcli ce, che ha tendenze anarcoidi, resiste alla disci• plina di partito, pur partecipando attivamente alla resistenza associata èontro le vçssazioni padronali e go– vernative; e il medico Barbato, estre• rr.ista, si ribella a una concordanza con la lotta nazionale çlei socialisti. Per Filippo Turati, localizzare la lotta dei lavoratori siciliani « è un errore nel quale lasciamo che si culli la borghesia italiana, la quale, sen– tenèlo i primi boati del cratere che si apre a inghiottirla, ama localiz– zare nella sua immaginazione il PC· ricolo tra gli angusti confini di una isola >. La questione siciliana non è che un aspetto della questione ita– liana. Fu profetico. L'azione provocato– ria delle classi padronali e del go– verno del tempo riesce a esasperare i contadini siciliani 1 a trascinarli al– l'azione disperata. I conflitti sangui• nasi e gli eccidii, che hanno luogo specialmente tra l'ottobre 1893 e il gennaio 1894, sono in gran parte dovuti alla reazione alle prepotenze delle autorità locali e di polizia. Inu– tilmente il comitato centrale esorta alla calma e alla disciplina alle co– muni deliberazioni. e li fiorire di fa– sci antagonisti di quelli esistenti o di pseudo-fasci, che spi~gevano le masse ai mezzi estremi, offriva al governo centrale materia e occasio– ne sufficcnti per scatenare la reazio– ne e procedere allo scioglimento dei Fasci >.... e L'intcrvl'nto della forla pubblica e della truppa in queste di- DE~A'l'O IHADSH,H» I fascisiciliani Avontl % • lllllono 19$4 mostrazioni sbocca ora spesso in re– pressioni sanguinose e in eccidi >. Nell'aprile 1894 i membri del co– mitato centrale dei Fasci sono tra– dotti dinanzi al tribunale militare straordinario di Palermo e sono con– dannati a pene gravissime: Dc Fe– lice, 16 anni di reclusione pila 6 an– ni di detenzione per cospirazione; Barbato e Verro a 14 anni, Bosco a 12 anni, Montalto a 10 anni. I condannati, nelle elezioni del 1895, vengono eletti in più circoscri– zioni, e la pressione dell'opinione pubblica costringe il governo a con– ccclcrc, nel 1896, una amnistia. Il movimento socialista riprende faticosamente, ma inarrestabilmente. La stupida crudeltà delle classi di– rigenti ha per fortuna questo di buono: che rinsalda la solidarietà degli oppressi. l'lt:lt/) ULt:FFI NUOVA aEPUBBLICA f!VINDICINALII PflLITl(fO Esu il 5 e il 20 di opi • .,. i■ ottoo piì ,qite Comitato Dlr,11ioo: P. mm,. !. [0016"°U- A.6RIPPI •P.IITTDRIIII S•ireia,io òi recluion•: G. fAYATI RHuion•• Fa-, Piana delta Llbutl 15 (50.998) .AmminiNroai.n,: Fireau. Piuaa lndipea.denaa, 29 (22.051) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 8SO semestrale L. 450, trimestrale L. 250' (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). • Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. Un numero ordinario: L. 35 (Estero, 45) Un numero arretrato: L. 40 (Estero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (Estero, 1200) o/o po,tal• S16261 (L• NuHa /t■lia) Fireua A11torln,••I Trii>.•1 Flr1n11 n. 871 •1 I0-12-1162 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: Trhl~•o Codit,nola

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