Nuova Repubblica - anno II - n. 10 - 20 maggio 1954

8 PLAUSI e botte !I- Apriarno, dunque, con un plauso questa nostra rubrica, che di plausi certo non abbonda, e tuttavia non prr colpa 11ostra. E il plauso vada a chi già avemmo occasione di stuz– zicare con qualche botta (botte, ahi– mè, senza risposta le nostre e che non lasciano, purtroppo, neppure un bernoccolo): nll'on. ./&1artino, cioè, all'on. Martino nella sua veste di ministro della pubblica istruzione e, per essere più precisi, di estensore di due circolari degne di segnalazio- 11e e di lode. Co11 la prima, del 16 aprile u. s., indirizzata ai Centri di– dattici nazionali, l'on. Martino ha ordfoato a codesti ormai celebri fo• colai di pedagogismo co11fessio11ale di « astenersi dall'inviare direttamen– te ai Provveditorati agli Studi e alle scuole, circolari e istruzioni di carat– tere generale » e di rivolgersi, inve– ce, per qualsiasi comunicazione al Ministero « tramite le direzioni ge– nerali competenti». -Come si vede, la circolare del ministro della pub– blica istruzione no11 ha proprio 11ulla di rivoluzionario o anche semJ,lice– mente di innovatore. Ma i circoli confessionali sono ormai tanto abi– tuati a considerare il ministero della pubblica istruzione un pascolo riser– vato e la scuola di Stllto una carogna da spolpare, che a11che u11 provve– dimento come questo, che si litnita a richiamare i Centri didattici nazio– nali a restar dmtro la sfera delle proprie competenze (o incompeten– ze) e a 11011ùwadere quelle del Mi– nistero, ha fatto insorgere l'Osserva– tore romano, che ha definito addirit– tura «preoccupante» la circolare del ministro. «Preoccupante» per chi e per che cosa? Per i clericali e per la loro invadenza soffocatrice 11ella scuola statale? On. Martino, corag– gio' No11 si preoccupi degli strilli dei clericali. Auspici i suoi illustri predecessori alla Minerva, costoro hanno troppo allungato le gambe sotto il tavolo: pestar loro i piedi è un suo (e nostro) sacrosanto diritto. .-Ma più importante ancora è l'al– tra circolare diramata in questi gior– ni dall'on. Martino: quella relativa alle scuole e agli istituti medi non statali. Anche co11 questa circolare il ministro non ha introdotto nessuna rivoluzione nella scuola: ha sempli– cemente richiamato all'osservanza delle disposizioni vigenti in materia d'istruzione privata, vale a dire al ri– spetto della legge. Più precisamrnte, l'ou. Martino ha invitato al rispetto dei termini e delle nonne procedurali per l'apertura e il riconoscimento le– gale di scuole ed istituti, ha riconfer– mato l'abolizione delle cosiddette au– torizzazioni provvisorie, ha sottolinea– to l'obbligo tassativo dell'abilitazione specifica al personale insegnante, ha ribadito l'inammissibilità di candi– dati privati ad esami di Licenza pres– so scuole non gouernatiue, ha riaffer– mato alcune restrizioni al diritto di sede per gli e.fami di maturità e di abilitazione ed ha, infine, invitato le autorità scolastic,·he periferiche a un più attento e rigoroso controllo sul– l'andammto delle scuole /,rivale. Il ministro, insomma, ha fatto il suo dovere di ministro di uno stato che, legalmente almeno e ad onta del Concordato, non è ancora lo Stato Po11tificio. Reazioni e proteste degli ambienti clerictili naturalrnente non si sono fatte attendere ed è già in atto una vasta contro/fensiva, di cui un recente co,wegno di esponenti delle scuole private dipendmti da organizzazioni confessionali (tenutosi a Milano e conclusosi con un ordine del giorno in cui si 6chiamn. l'at– tenzione dei parlamentari democri– stiani sui provvedimenti del ministro liberale) 11011 è che la prima scher– maglia. É abbastanza facile preve- • dere che la battaglia sarà dura; non altrettanto, invece, fino a che pun– to l'on. A1artino vorrà e saprà di– fendere, in coerenza con la sua fede di liberale, la posizione che ha assun– to. Noi ci auguriamo che egli re– sista, reagisèa e prosegua sulla uia imboccata con coraggio e fermezza, anche a costo di un abbandono pre– maturo della Minerva, anche a co– sto di una crisi nell'attuale collt,bo- razione governativa. Sì, anche a co– sto di una crisi di governo; e dicia– mo questo a tutti coloro che hanno sempre considerato marginali, in un programma concordato di governo, i problemi della scuola. In un paese in cui i vescovi sç.,ivono, bontà loro, nelle pastorali: « noi non contestiamo allo Stato il diritto di aprire delle scuole », in un paese come questo, il problema della libertà, serietà e i11- dipendenza della scuola di Stato e quello di un vigile controllo da parte dello Stato sulle scuole private 110n possono essere merce di scambio. l!IIIIIl Noi 110n abbiamo l'abitudi11e delle parole grosse e preferiamo anzi, ogni soverchio imp-ulso ,le/l'animo, temperarlo nell'ironia. Ma lo spetta– colo offerto da una parte della stam– pa cosiddetta indipendente in occa– sio11e della caduta di Dim Bie11 Ph11 non possiamo che definirlo disgustoso. Che i fascisti e i più arrugginiti ar– nesi della reazione italiana si siano gettati a capofitto sul sangue e sui· cadaveri (con il loro solito gusto da necrofori) dei «legionari» del ge11. De Castries, cercando ancora una volta di contrabbandare per « difesa della civiltà occidentale» u11episodio e una guerra di cui l'Europa civile ha solo da vergognarsi, non ci ha minimamente meravigliato. Codesta peste dell'ummzità non può svolgere llltrll funzione, e questa era un'occa– sione preziosa per lanciare una cari– ca di bacilli e tentare un allarga– mento del conu,gio. Ma disgusto e vergog11a (per loro e per la società che li nutre) non possono non assa– lirci quando vediamo giornalisti che si proclamano spiriti liberi, indipeii– drnti, obbiettivi, fare a gara 11el de– scrivere come orde selvagge e ab– brutite le truppe del gen. Giap e come eroici arcangeli della civiltà europea le SS della Legione stranie– ra, nel definire simbolo di un'eroica difesa dall'aggressione comunista Dien Bien Phu, nel risciacquarsi la bocca con frasi come « piccola V er– d,rn asiatica », « splendida pagina di storia non peritura », « una di quelle pagine di storia quali gli eserciti di giorni non troppo lontani (sic!) sa– pevano offrire al proprio paese e ali' ammirazione delle generazioni venture», nello scrivere parole, in– sonìma, che non sai se suonino più blasfeme o più grott1sche. No11 sanno tutti codesti messeri, che si atteg– giano a difensori del sncro patrimo– nio di libertà della « vecchia Euro– pa », non sanno che il loro primo dovere - se difensori di civiltà in– tendono essere - è quello di rispet• tare la verità e, nel caso specifico, non speculare sull'ignoranza dei loro lettori, ma informarli che, in Indo– cina, la popolazione com_batte per difendere una libertà e un'indipen– de11za che i dirigenti della politica francese avevano promesso ed hanno qui11di rifiutato? che il Viet-nam non è l'aggressore, ma l'aggredito? che i colonialisti francesi e i loro mercena– ri non sono gli aggrediti, ma gli ag– gressori? che l'Europa e la Francia stessa, la vera Francia, non hanno nulla a spartire con i circoli di af– faristi e di militari che, accecati al solito dalla cupidigia e dalla boria nazionalistica, hanno trascinato la Francia in questa tragica avventura? JJi quale civiltà vanno blaierando questi nostri fieri «indipendenti», pronti sempre a dipendere da chi ha in pugno il bastone del comando o, per essere più precisi, i cordoni del– la borsa? come non esitano a coin– volgere in questa vicenda la Francia di Verdun e l'Europa « maestra di civiltà? » come non capiscono, infi– ne, che, tradendo il loro primo dove• re (i fatti sono sacri! diceva pure un giornalista che essi presuniono venerare come maestro) si scavano la fossa sotto i piedi e a quel comu– nismo, che con tanta acrimonia e ottusità combattono, offrono essi stes– si le armi della vittoria? !Al A proposito di u110 di quei ta11to fieri « indipendenti ». Mentre andia– mo in macchina, leggiamo sul soni– mario di Nazione Sera, a caratteri cubitali: GUARESCHI HA SCELTO IL CARCERE DI PARMA. Lasciando da parte la graziosa e forse un po' ca– nagliesca parafrasi, ci vogliono dire i co?leghi di Nazione Sera dove mai Guareschi può aver tolto il mirabo– lante diritto di . scegliere il carcere che più gli piace? « Dico Parma, si• gnori, non San Vittore o.... Portolon• gone ». E il min'istro della giustizia: « prego, prego, come Lei prefe• risce! ». OG~U~O • B1b1otecaGino B anco NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI Si fa presto a dire fame L , JNIZJATl\;A, felicemente presa dal– )' Avanti!, cli fornirci con la « col. lana del Gallo » una serie di agili e ben scritti ricordi o relazioni o « reportages » dei numerosi pubblicisti che hanno partecipato alla ventennale lotta antifascista o all"epopea della re– sistenza o hanno semplicemente vissuto la tragedia della guerra,•ha già incon. trato lusinghieto successo di pubblico e merita, anch~ da parte nostra, gli elogi più sinceri. II volume che qui segnaliamo è do– vuto alla penna di un uomo che fu presente a tutte le tappe del calvario italiano. Piero Caleffi, con quell'aria ingenua di idealista, di sognatore, che gli conoscono tutti e con quel cuore virilmente coraggioso, con quella forza e tenacia d'animo che gli conoscono gli intimi, fece il suo ingresso nella vita pubblica italiana, come militante socialista, nel terribile quinquennio 1921-26, quando le squadracce fasci– ste mettevano a fuoco, con delinquenza sicu~a dell'impunità, le organizzazioni operaie e contadine della provincia di Mantova, frutto di un evangelico la– voro di costruzione, modello della nuo. va società di domani, dovuto aJ paria della vecchiasocietà e agli apostoli scesi tra di loro nel periodo romantico del Risorgimento. A persecuzioni carcere condanna, seguirono per Cal;ffi, com; per alcuni pochi, qualche migliaio in tutta 1·1talia, ben 17 anni di esilio in patria. Nulla era possibile fare dato lo strapotere della dittatura, e tuttavia !"essenziale fu fatw, la tela dell·orga– nizzazione antifascista, il lenzuolo fu. nebre per il regime del terrore del vizio e dello sfruttamento, che Filip– po Turati aveva drammaticamente va. ticinato al congresso di Roma del 1922, fu tessuto. Con numerosi giovani socia. listi della corrente democratica, Piero Caleffi entrò in quei frangenti nel mo– vimento di « Giustizia e libertà». t·indomani del 25 luglio 1943, a Torino, gli riuscì d'incontrare Duccio Galimberti. Cominciava una vita nuo• va, che sarebbe stata piena di lutti ma ci avrebbe forse condotto alla libertà. « La mia generazione, rimasta chiusa nell'opaca parentesi del ventennio - narra Caleffi - doveva assumersi an• che per i predecessori, la responsabi. lità degli errori e delle debolezze del- 1·1taliaprefascista, adesso che era for– se giunta !"ora dell·azionc collettiva.... Come tutti quelli della mia età, che erapo coutro, a quarantadue anni ero · ancora un inquieto, un insoddisfatto, un incompiuto ». L'8 settembre Ca• leffi trovò la sua vocazione nella Resi• stenza. Le vicende dei primi giorni di caos l'avevano portato a Genova. Ivi si gettò nel partito d'azione e con esso nel combattimento non metaforico. Sfilano nel libro le figure luminose di Erns Lanfranco, di Mario Cassieri lngoni, di Mario Z~no, di Ferruccio Parri, di Carlo Galimberti, di Mino Steiner, di Sergio Kasmann. Non tutti di loro vedranno l'insurrezione finale di Genova o di Milano, ma tutti han. no contribuito a prepararla, a forgiare i legami con i partigiani delle mon• tagne. Viene l'arresto, come di altri anche di Caleff, - e della sua stessa eroica compagna di vita e di lotta, Mary Olivo -, la deportazione in uno dei campi di sterminio in Germania, la tortura fisica, la ferocia dei guardiani nazisti, la fame, il freddo, il lavoro forzato, l'umanità ridotta a tempi prei• storici di bruta schiavitù e miseria. li pericolo maggiore è di cader malati, perché gli ospiti dell·infermeria fini– scono nelle camere a gas hitleriane o in ... altri luoghi di annientamento. Poi, quando il corpo non vi crede più e solo l'anima si ostina ad illuder• si, per quei pochi che non sono morti viene il giorno (anzi i giorni, perché ne passano parecchi prima che i vin• citori facciano in tempo a ricordarsi dei loro compagni « irregolari »), il giorno della Jiberazione. Un'innocente grassa gallina fa le spese del ban– chetto della libertà che rinasce. I giorni continuano, Caleffi potrebbe dirlo come, ma non ce lo dice in que. sto libro. Il cui pregio è di raccon– tarci, in modo piano, con commozione contenuta, '!:Ome è morta della gente, compagni di sacrificio dell'autore, per permettere ad altri di continuare a vivere. Ltlll VALIA~I PRESENZA DI MARY Riportiamo qui sotto alcuni paui del lib,-o, ove - con assoluta sem– plicità di linguaggio ed esprimendo i sentimenti eleme1Jla1·i di 11,11igli uomini e di llllte le don• ne che comballevauo per la libe,-tà - la figura di Mary Olivo Calefli ci è offerta in co111,-ap. punto delicato alle tll· cende del 111a,·i10: /' ar• reJto prima, le 1or111re poi; infine l'inizio, per ambedue, della marcia verso i campi di e/imi. ilazione. Fummo avviati verso l'atrio. Passando vicino ai compagni di pensione, qualcuno dei quali mi faceva timidi segni di saluto, mi soffermai un momento a baciare il visino spaurito del bimbetto Gian– franco che era in braccio alla Jna– dre. Grosse lacrime rigavano il vol– to della giovane donna. « Addio Mary, addio Caleffi », ella disse con voce di pÌanto. «Silenzio! », urlò lo Sherlock Holmes repubblichino, « altrimenti ce n'è per tutti». Gli ascensori ci portarono dal dodicesimo piano ali' ingresso del grattacelo. Noi tre uomini erava– mo ammanettati; seguivano Mary, la padrona della pensione e due ca– merieri, e in testa, ai lati e dietro noi arrestati, i poliziotti con rivol– telle puntate. Pareva custodissero una pericolosa banda di gangsters ... * * * Alle dieci la porta fu aperta ed io venni invitato a uscire. Fui con– dotto fuori dal carcere e caricato, ammanettato, su una camionetta. Vi erano già altri uomini e donne. Vi era la padrona delJa pensione. E vi era Mary, palJida e con gli occhi gonfi, ma serena. Il suo sor– riso mi parve di buon auspicio, sebbene sapessi lo sforzo che era costato. Ci fecero scendere alla Casa dello Studente ..... * * * Vennero le ore terribili. Se pen– savo a Mary, alla possibilità che ella venisse deportata, mi sembrava di impazzire. Mi pareva di essere responsabile della sua sorte, nono– stante lo slancio col quale aveva volontariamente assunto il suo po• sto nella lotta. E mia madre, mia madte che non aveva mai avuto giovinezza e agio, rimasta vedova giovanissima con quattro bimbi da tirar su e da educare, con la mise– ra pensione di mio padre insegnan– te. E le pene d1e le avevo date, in tutti quegli anni, con quel soqqua– dro dei continui traslochi e delle paure, fascisti o polizia in casa, strettezze e sacrifici e basta. E ora noi due così, Mary ed io, e un giorno o l'altro avrebbe saputo; e unica consolazione, ma un gran pe• so, il mio ragazzo da allevare. Con quali mezzi? Tutto in quella guerra sprofondava ..... * * * La notte sul 28 settembre Fran.' co Larosa mi portò un biglietto di Mary. Partiva con una spedizione verso i « campi ». Lessi .alla luce di un cerino: « Non darti pensie– ro. Parto con la certezza che ci ri– vedremo presto. La guerra sta per finire. Ti bacio, ti bacio, ti bacio». Mi abbattei contro la porta,. e stetti così, appoggiato a quella por– ta, con le braccia alzate e le mani brancicanti, invocando il suo nome e piangendone le due silJabe e svuotandomi il cuore, fino all'alba di un iiorno di pioggia .... * * * Laura Conti riesce a sapere che Mary è stata deportata a Raven– sbruch, vicino al Baltico. Le chie– do se si può scrivere. Mi illude, e si offre di impostarmi fuori le lettere, appartenendo ella a una squadra di lavoro esterno. Ogni giorno .consegno a Lauretta lunghe appassionate lettere che Ma– ry mai leggerà .... l'IEIW C\Lf:f'FI NUOVA REPUBBLIC f!Vll.flDICll\'ALB POLITICO Esceil 5 e il 20 di opi mese inottoo piùpqiae Comitato Direttitto: P. CAL!ffl • I. COOIGNOLA • A. GRIPPI • P.VITTORILLI Segretario di reda:iione: (ì, fAYATI R.da1ionfl Flrenae, Piuu della Libertà 15 (50.998) A.mmini,1,a.ion•: Firenze, Pluaa Iadipendensa, 29 (22.058) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, scmestrnlc L. 450, trimestrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. Un numero ordinario: L. 35 (Estero, 45) Un numero arretrato: L. 40 (Estero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (Estero, 1200) e/o poatal• 5/6261 (L• Nuor,a llalio) Fireoae Aulorln. del Trib, 41 FlrtnH n, 878 dtl S0-12·1862 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: Tritt11110Codi1110/a

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