Nuova Repubblica - anno II - n. 10 - 20 maggio 1954

L, 35 • Jlpitdl,sloAe ha al>boJU1me11to po•lale toruppo ll) l ~-. .A pag. 7 : La- guerra contro Nf-111. M SI cESA CLAUDIO Bey•ec-strasse Bei Abert ì------._ (Germani a) 4( GO'l''l'INGEN Anno Il • N. 10 (34) QUINDICINALE POLITICO Firenze ·• ~20 TTUJ.ggio 1954 LEO VALIANI: Laici di fronte a dogmatici (pagg. 1 e 2) - GAETANO SALVEMINI: Ruderi clericali a Pompei (pag. 2) - DINO CARLESI: Elezioni e lotte in cwmpo magi– ~trale (.Pag. 3) - Tema proibito: L'intervento di due religiosi (pag. 3) - FRIDA MALAN: C'è poi da stupirsi? (pag. 5) - RASSEGNE: Italia, oggi: Responsabilità di Fanfani; li ca,o Benedetti (pag. 4) - Cose di Fra11cia: Geografia, operetta e tragedia (pa$· 4) • 15 flÌorni ntl mondo: Alternative per l'Jndocina, di PAOLO VJTI'ORELLI {pag. 5) - Vita di /ab- DUE BILRNCE C 'è un aspetto della tragedia di llibolla che non è stato rac– contato dai giornalisti. Raccol– tisi in Maremma da ogni parte d'Italia nelle giornate dell'intcma con1n1ozione, essi non l~hanno av– ,·ertito; oppure rhanno avvertito, n1a non hanno osato raccontarlo. Ma orn1ai, esso deve essere raccon– tato da chi ne è staio testitnonio direno. Dunque, la gola era ancora ser– rata dalla pietà umana e da quel• la sociale ( cioè, dal senso dell'in– giustizia che i 43 morti e le loro fan1iglie avevano subìto) ; dunq'Ue, i corpi straziali giacevano ancora tra le 1nacerie del pozzo « Camor– ra »; dunque, il sole non era an– cora calato sulla tragica giornata: e già la borghesia, anche quella di Grosseto e di Ribolla, aveva trovato il suo alibi. « I comunisti i=,pccu uno »: cosi 1cevauo n10 11, ll·oppi borghesi, così abbiamo udi– to dire anche da quelli di Grosseto e di Ribolla, eppure nelle loro orecchie non era ancora spenta l'eco del sinistro fragore. Ecco dunque, ancora una vol– ta, tro,•utn la for1nula per disto– gliere il tiro dalla destra econo• mica, dai 1nonopoli, dalla situa– zione sociale d'Italia. Il bersaglio doveva e deve ri111ancre sempre lo ,tesso, un bersaglio chia1nato, per coinodità, « i con1unisti ». Non tan– to hnporta ricercare le cause e le responsabilità del sinistro, quelle vicine e quelle lontane, e adottare le 111.isure idonee ad evitare il ripetersi di sinistri simili; neppu– re irnporta, forse, seppellire i n1orti, curare i feriti, soccorrere le fmniglic. Molto più in1porta i1npetlire ai coniunisti di specu– lare sulla sciagura; di fronte a tale fine, tutti gli altri passano in secondo piano. Certo, sarù anche opportuno, a tal fine, adottare le misure di soccorso: perché i co– n1w1isti non possano dire che que– sta società non soccorre. Certo, sa.-à anche neccssurio, a tal fme, disporre un'inchiesta. Ma se il fi. ne è quello di « in1pedfre ai co– munisti di speculare », tale fme finirà per in1porre all'inchiesta li– n\lti ben rigorosi: ahhastanza an1- pia per in1pedire ai comunisti di uccusare di on1ertà la classe diri– gente, abbastanza prudente per c,,j11ue di scoprire responsabilitì, troppo grosse e quindi di offrire nuovi e pericolosi argo1ncnti alla «speculazione» dei con1unisti. Che cosa potrebbero desiderare di 1ne– glio, i niaggiori responsabili'? I co1nunisti speculano? Sicuro'? Essi sono in posizione rivoluzio– naria verso questa società: e quan– do la storia porge loro nuovi ur– gomenti per giustificare siffatta posizione, essi non possono rifiu– tarli. Ma che cosa è che importa, cliniinare le cause della « specu– lazione », oppure i1npcdire la « speculazione » '? Ora, l'inchiesta è aperta. Anzi ,,i sono due inchieste, una diretta dal Governo, l'altra diretta dal– l'Autorità Giudiziaria. eca Gino Riuscirà,. l'una o l'altra inch_ie– ~ta, ad accertare tutte le respon– sabilità? li compito è ben arduo, non solo per la con1n1issione go– ,,ernativa (evidentemente troppo legata nei propri movi1nenti), 1na anche per l'autorità giudiziaria. Bisognerebbe, per assolverlo, che gli organi preposti alle inchieste si ponessero, veramente, al di so– pra della mischia, rifiutassero tra l'altro i pregiudizi Ìlnposti a que– sta società dalla « l\lontccatini » (cioè dallu parte maggiorrnente in– teressata ad un certo l'isuhato del– l'inchiesta), rifiutassero, tra l'altro, di accettare per buone ed in1n1u– tabili le regole che la Monteca– tini stessa ha fissalo - sotto la spinta dei propri interessi n1onopo– listici - in 111ateria di prudenza, di arte mineraria, di rispetto per la vita umana. Si tratterà - supponia1no - di stabilire se una 111aggiore aera– zione delle gallerie sarebbe basta– tu ad itnpcdire lo scoppio. Ma, in caso di risposta affer111ativa, chi darò la misura degli obblighi che la prudenza in1poneva nlla « Mon– tecatini »? Forse la « l\'lontecati– ni » stessa, la quale potrà dire che nella specie l'aerazione era nor– male, o - n1agari - superiore al rtorm.ale; e che l'uso o l'espe– rie11za consigliano di aumentare J ·erazione wlo quando il grisou si manifesti in quanJilà particolar– mente rilevante? Si tratterà - supponian10 an– cora - di stabilire se e in quale misura, il sistema « a frana1nen– to » adottato dalla « Montecatini » abbia concorso a deter111inare l'e– vento o, almeno, ud aggravarne le conseguenze. Ma, in caso di ri– sposta afi'erinativa, chi darà, an– cora una volta, la misura degli obblighi che la prudenza impo– neva aUa « Montecatini »? Forse la « Montecatini » stessa, per la quale, quando si tratta di sceglie– re tra l'uno e l'altro sistema, non vi è nulla che pesi tanto sulla bi– lancia quanto il calcolo sulle con-· vcnienze econon1iche? Ecco qua. La bilancia di una società democratica non può es– sere uguale alla bilancia della « Montecatini ». lella bilancin di una società den1ocra1ica le vite un1anc pesano rnolto di pii1. Per la « Montecatini» può anche es– sere 11ormale, può anche corrispon– dere all'uso o alJ'espericnza, di non adottare particolari 111isure di si– curezza o _di scegliere particolari sisterni, quundo il rischio delle vite unu1ne siu soltanto - ponia– mo - del 10%. Ma per la società den1ocratica no, per la società de– n1ocratica basta anche quella per– centuale di rischio (e 1110lt0 tne– no !) perché si impongano certe 111isure, perché si respingano cer– ti sistemi. Questo si attende il popolo, a Ribolla e a Grosseto e in Italia, dagli organi preposti all'inchie– sta; questo si attendono anche i << borghesi » dernocratici, quelli ai quali la sciagur,a ha suggerito ben altro che di << iinpedire la specu– lazione dei con1unisti ». Ma intan– to questo popolo e 11uesti borghesi stanno facendo, per conto loro, la loro richiesta; ed ernetteranno - siamone certi - la loro sentenza. Dipenderà in buona parte da~di altri inquirenti (quelli della )\fa. gistratura e della Co1nn1issione go– vernativa) di evitare che tale ul– tima sentenza sia troppo se\lera e coinvolga troppe responsabilità. MARCELLOMORANTE SOMMARIO brica, di c. s. t. (pag. 5) - Gruppi al lavoro (pag. 6) - La parola ai compagni: JI senso dei limiti, di NELLO FINOCCHIARO; La cr\tica, o il socialismo, come prospettiva?, di ANTONIO SICNORINO (pag. 6) - Pagine di cultura co,ilempora,ua: La guerra contro la, miseria (Il}, di HAROLD WJLSON (pag. 7) - Plawi e bolle, di OO~UNO (pag. 8} - Libri e problemi: Si fa presto a dire fame, di Piern Caleffi (LEO VALIANI) (pag. 8). j 1L SENSODELLAPROSP~TTiv~I LAICI D FRONTE ADOGM Bisogna scenderenel paese,come faano i comunisti, come fannoi militanti del ca!· tolicesimo sociale, in dialogo con loro se l'accettano, in polemica se non l'accettano. Abbiamn taciuto a lungo,ora dobbiamo parlare, conoscerci di nuovo, conoscere gente nuova.Direle cose comestanno, con duroe, se occorre, spietato realismo. L E forze tradizionali della de– mocrazia parlamentare non sono più sufficienti, in Italia, a salvare questa democrazia. Dire ciò, d1e nel paese sussurrano o sen– tono quasi tutti, non significa scre– ditare il governo Scelba-Saragat e tanto meno desicleiarne la fine. Al contrario, si può dirlo pur essendo convinti, come ne è convinto chi scrive, che tutto sommato, questo è ancora il migliore o il meno peg– gio dei ministeri succedutisi dal 1947 ad oggi e che, nell'interesse del progresso demt,cratico, conven– ga adoperarsi per f!ùlungdrne la vita in tutta la misura del ragione– vole e del possibile. Ma le forze che sostengono questo governo con convinzione, con intendimenti di durevole appoggio, sono già in netta minoranza nel paese. Dal punto di vista parlamentare ed elet– torale (mi riferisco alle elezioni amministrative che qua e là han– no luogo), il fatto può essere oscu– rato dalla disciplina di partito che De Gasperi riesce ancora a man– tenere nella demQCrazia cristiana. In realtà, una parte notevole, an– che numericamente assai grossa, delle forze cattoliche è già orien– tata verso soluzioni diverse, mentre i partiti governativi di democrazia laica, lungi dal riguadagnare una parte del terreno perduto il 7 giugno, continuano a perderne. Il governo può tuttavia soprav– vivere perd1é quelle forze cattoli– che che si estraniano da esso non prendono tutte la stessa strada. [a loro divergenza può consentire, per qualche tem~o, il permanere, an– corché instabile, dell'attuale situa– zione di equilibrio. Tuttavia sa– rebbe vano sperare in altri 5 o 6 anni di immobilità. Le delusioni del precedente periodo di immobi– lità hanno messo ormai le còse e gli uomini in moto e ad un certo momento il moto si farà rapido. Il cattolicesimo sociale Quattro frazioni compongono oggi la democrazia cristiana. La destra, che è in fase di sviluppo, il centro, ancora forte ma tenden– zialmente già in declino e la si– nistra di Gronchi, sempre debole, sono abbastanza note. La quarta, che ci sembra destinata ai massi– mi sviluppi, quella del cattolicesi– mo sociale, per intenderci, che po- trebbe avere come capo Fanfani, non si è ancora caratterizzata ed appunto perciò ha le mani libere. La destra è già ostile al governo, la sinistra non si sente del tutto solidale con esso, il centro lo di– fende fino a nuovo avviso, la cor– rente cattolica sociale gli concede i voti nel presente, ma si riserva libertà d"azione per il futuro, an– che assai prossimo. Con l'istintivo acume che gli è proprio, Nenni si è accorto di questo stato di cose e ha proposto la . ripresa del dialogo con Fan– fani. Sventuratamente, non si trat– ta di un'iniziativa suscettibile di sviluppi reali, ma soltanto di un siluro in direzione dell'attuale mi– nistero e per giunta di un siluro che è o inutile oppure pericoloso per tutti, compreso chi lo lancia. Se Fanfani fosse chiamato, fra po– chi mesi o settimane, a ritentare l'esperimento di un suo governo, sarebbe ancora costretto a dichiara– re la continuazione della politica estera che l'Italia segue da otto.an– ni, che otto anni fa avrebbe anche potuto non scegliere, che non ha dato tutti i frutti che se ne spe– ravano, ma che oggi nessun go– verno potrebbe disdire senza con– seguenze catastrolid1e o rivoluzio– narie, come s· è visto precisamente con il soggiorno di Pella a Pa– lazzo Chigi. Il partito socialista italiano· non essendo ancora deciso a ritirare la sua ben nota pregiu– dizial_e di politica estera « neutra– lista», intesa in senso /ilo-sovieti– co, un nuovo governo Fanfani non potrebbe contare su voti più nume– rosi di quelli di Scelba, a meno di non allearsi con le destre. ~ Eppure, le sorti della democra– zia italiana sono veramente nelle mani di Fanfani e dei suoi amici del cattolicesimo sociale. Essi pos– sono perderla, di proposito o invo– lontariamente, ma possono anche salvarla. ! possibile che rifiutino di accingersi a questo certamente dif– ficile compito, così com'è possibile che non reggano alla prova. Ma all'infuori dei comunisti, e dei so– cialisti di Nenni, non vi sono oggi forze capaci di sostituirsi a quelle del cattolicesimo sociale nella co– stituzione di un"alternativa efficien– te, valida all'involuzione reazio– naria, fascista, dellà politica ita– liana. La democrazia laica CoJÌ come 10110, i partiti e mo– vimenti di democrazia laica non hanno alcuna pòssibilità di sop– piantare nel paese il cattolicesimo sociale. Avrebbero potuto farlo no– ve, otto, sette anni fa, se fossero stati uniti, concordi a tal fine, e capaci, per coraggio, forza di vo– lontà e sensibilità, di indicare fer• mamente a De Gasperi la strada da seguire, anziché seguire passi– vamente quella da lui indicata. Og– gi è troppo tardi. I partiti cosid– detti laici di d,mocrazia parla– mentare hanno perso troppe ener– gie e, viceversa, gli ostacoli da superare sono diventati, per l'enor• me irrobustimento degli interessi reazionari, molto maggiori. Ma se, coJì come sono, i partiti di democrazia laica non sono in grado di soppiantare il cattolice– simo sociale nella sua funzione di forza decisiva per il paese, posso– no peraltro influire su di esso, e affiancarsi ad esso con efficienza e capacità di propulsione e di con– trollo crescente, nella misura in cui si trasformano, per adeguarsi ai mutamenti già in atto nel paese, strappandosi di dosso la camicia di Nesso del conservativismo tradi– zionalista, ideologico e organizza– tivo, dimostrando di preferire la riconquista degli strati sociali per– duti e la conquista delle nuove generazioni al mantenimento delle Quasi in1provvisan1ente, a poco più di quarant'unni, ci ha lasciati Mary Olivo Calcffi, la con1pagna del nostro caro Caleffi. Lo ha lasciato e ci ha lasciati quando alla lunga e dura sofferenza della lotta, del– la prigionia, del can1po di con– C<!ntran1ento, che aveva affron– tato con dedizione e con co– raggio eseniplare, era succedu– ta una vita più serena e più distesa. Ci è difficile dire u Piero da queste colonne delle parole che esprilnano anche ap– prossin1ati,,an1ente, senza appa– rire inutili e reloriche, l'ango– scia che ci ha presi, la parte– cipazione alla sua nuova soli– turline. Egli ci conosce e sa di poter contare su un'mnicizia che è fatta di troppo prove vissute insie111e per poter essere convenzionale. t essa l'unica cosa che sia.no in grado di of– frirgli in un'ora di così intenso dolore. NUO\'.l ltErURBLICA ,r

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