Nuova Repubblica - anno II - n. 5 - 5 marzo 1954

15 giorni nel nao.ado LA CRISI EGIZIANA I rivolgimenti in corso in Egitto hanno costituito una sorpresa per tutti, anche se era nota da molto tempo una certa tensione in seno al « Consiglio della Rivoluzione », ten– sione che contrapponeva i fautori cli un nazionalismo a oltranza, a sfondo religioso, agli clementi pii, moderati, miranti a operare una riforma più paziente ma più profonda della so– cietà egiziana. Il regime di Faruk era caduto per la sua corruzione e non per i suoi vincoli con potenze straniere. Faru k non era molto pi i, amico dcg'inglesi cli quanto non lo sia Naghib o lo stesso Nasser. La differenza tra la classe politica e sociale caduta con il regime cli Faruk e la nuova classe dirigente egiziana sta piuttosto nel fatto che la prima rivendicava l'indi– pendenza del paese insieme al mantenimento dei propri privilegi di casta, mentre la seconda non ha ancora privilegi propri eia difendere. Tutta la vecchia classe dirigente egiziana, dai suoi elementi più rea– zionari allo stesso capo ciel partito che fu sempre ritenuto, fino alla rivolu– zione di Naghib. il partito ad un tempo pii, nazionalista e più progres– sista, il Wafd. era formata da gran– di proprietari terrieri, che spingeva– no l'opinione sul terreno della lotta antiimperialista o semplicemente scio– vinista, per evitare cli rendere conto del modo in cui sfruttavano, sul pia– no economico e sociale, la grande massa agricola della popolazione egi– ziana. Quando, con la fine della seconda guerra mondiale, con un proletariato urbano largamente accresciuto. i di– rigenti egiziani si trovarono giunti al momento della resa elci conti, col– sero con entusiasmo l'intervento nel– la guerra di Palestina. per far de– ,·iarc l'attenzione dell'opinione dai problemi sociali interni; la sconfitta cocente in quella guerra determinò il ritorno al potere cli Nahas Pascià, capo del Wafd, che non si differen– ziò affatto, tuttavia, nei suoi metodi, dai governi che lo a,·evano prece– duto, in quanto anch'l'gli, invece di affrontare il problema della riforma acrraria e cli una politica industriale produttivistica, fondata su un incrc– tncnto degli investimenti stranieri, preferì riproporre il problema della lotta contro l'egemonia inglese. La ri,·oluzione di Naghib è quindi la conseguenza di questo perenne rin– \"io da parte della vecchia classe di– rigente della soluzione dei problemi interni, sostituiti. volta per volta. con un problema di lotta per liberarsi da un'influenza straniera. sulla quale si facevano ricadere tutte le responsa– bilità deila miseria interna, mentre a quell'influenza risalivano solo al– cune cli quelle responsabilità, aggra– vate magari dalle continue manovre inglesi per dividere fra di loro i vari gruppi politici egiziani onde meglio controllarli. Vi erano due modi di dar corso· alla rivoluzione del luglio scorso: accentuare ancora di più il naziona• lismo dei governi precedenti, accu– sandone anzi i componenti di essere stati « venduti :o allo straniero e man– tenere quindi, con questo nazionali– smo a buon mercato, le cause pro– fonde del disagio del paese, che era– no di natura economica e sociale. lasciando intatti i privilegi dei vec– chi ceti dirigenti, e anzi giungendo a un certo momento ad una transa• zionc - come fece il fascismo in Italia - fra la giovane guardia ri– voluzionaria dell'esercito e quei vec- I/ECO DELLA STUIPA V/licio di' ritagli da giornali e riviste Direttore: Umberto Frugiuele Condirettore: Ignazio Frugiuele Via Giuseppe Compagnoni, 28 MILANO Corrispondenza: Casella Postale 3549 Telegr.: Ecostampa chi ceti possidenti; oppure rinunciare alla facile demagogia sciovinista per cercare di affrontare i problemi in– terni di fondo. Questa scelta non è mai avvenuta, fino ad ora, in modo decisivo. I primi passi del nuovo regime egiziano avevano fatto sperare, è vero, che il nuovo gruppo dirigente s'incamminassr decisamente sulla pri– ma strada, denunciando, non già il «tradimento> a favore cli potenze straniere dei dirigenti di un tempo, ma la loro corruzione, non già la loro mancanza di amor patrio, ma i legami con i ceti privilegiati. Il ca– rattere puramente militare del nuovo regime, per, quanto paradossale ciò potesse parere, sembrava garantirlo. Gli ufficiali egiziani non sono, in– fatti, i rampolli di famiglie aristocra– tiche o ricche, non sono giovani sfac. ccndati in cerca di un'occupazione fittizia, ma sono, in un paese privo di un'aristòcrazia storica (la vecchia aristocrazia turca essendo un'infima minoranza), giovani laureati che sècl– gono la carriera dr1le armi, come avrebbero scelto qualunque altra car– riera buroci-atica. Spesso figli di fun– zionari dello Stato, si ronsiclerano anch'essi degli impiegati, usciti dal– l"omb1a, e in modo non sempre lu– singhiero, in occasione della recente guerra di Palestina, che ha fatto ri– flettere per prima questa classe sulla profonda corruziE>ne e decadenza del– l'antico rer.:imc egiziano, causa pri• ma delle sconfitte militari. Ma la rivoluzionr egiziana era, in questo ~rnso, un fatto isolato nel mondo arabo, dove continuava a imperare una classe dirigente feuda– le, che rimandava anch'essa a pil.1 tardi. come i pascià egiziani, la ri– forma sociale, cogliendo ogni occa– sione di determinarP accessi di na. zionalismo e inq>raggiando anche il nuovo regime egiziano a fare lo stesso. In armonia con questi ceti feudali arabi, per clifrndere privile– gi religiosi oltre che economici, si comportava anche in Egitto la po– tentissima Fratellanza musulmana, alcuni dei cui esponenti avevano un certo peso nel nuovo regime. Lo scioglimento cli quest'organiz– zazione, alcune settimane fa, fu un segno positivo delle intenzioni rin– novatrici del nuovo regime, ma non sembrava possibile che esso potesse avvenire senza urti. Anche in con– seguenza di quello scioglimento è avvenuta quindi la defenestrazione di Naghib. alcuni giorni fa, seguito dall'annuncio, subito dopo, che la Fratellanza si sarebbe ricoslituita. Ma gli a\"venimenti egiziani di questi giorni hanno una portata an– cor pii, vasta: sono una fase del conflitto fra il nazionalismo reaziona– rio vecchio stile, dietro il quale si è sempre rnasrhcrato, nei paesi arabi, il peggiore oscurantismo religioso e sociale, e il giovane nazionalismo ri• formatore. Quest'ultimo, per evitare cli cadere nell'orbita sovietica, deve lottare costantemente ·su una piatta– forma neutralista. onde eliminare ogni influc-nza imperialistici\ e im• pedire che nuove egemonie si sosti– tuiscano alle vecchie; esso deve inol– tre. per evitare di ricadere nell'oscu– rantismo reazionario, sradicare i vec– chi ceti privilegiati e corrotti dal potere. Naghib sta un po' a mezza strada fra il vecchio nazionalismo e il nuo• vo, mentre i giovani ufficiali del Con– siglio della Rivoluzione manifestano dell'insofferenza per le sue esitazioni. senza avcr fatto essi stessi una vera scelta fra i due tipi di nazionalismo. Parecchi di loro, anzi, non esitereb– bero a ricadere, mossi dal loro estre– mismo, verso un nazionalismo a ten• denza fascista, mentre altri vedono chiaramente nelle riforme sociali l'unica garanzia di successo della rivoluzione. L'eliminazione di Na. ghib non avrebbe probabilmente chia– rito la situazione né in un senso né nell'altro, anzi avrebbe scoperto l'im– maturità del movimento rivoluziona– rio militare, il quale è ancora incapa– ce di affrontare una rivoluzione in profondità. l'.\OLO \'ITTOIIELLI, NUOVA REPUBBLICA TEMA PROIBITO: La pauradell' Invecchiamento l.Jl RA le obiezioni che frequente– .[' mente si muovono a chi pro• pone e prornuove nel nosl1'o Paese ttn più consapevole e responsa– bile costume di genitura, a evitare che tante famiglie italiane siano gra– vate di ttn peso di prole sproporzio– nato alle loro possibilità economiche (con le brutture e i g1tai che ne deri– vano e che ricadono soprattutto m quei figlioli cosi improvvisamente messi al monefo), ebbene tra le molte obie.:.ioni che si fanno, una ricorre tli frequente: ed è che, diminuendo le nascile, la popolazione nostra invee• chia: anzi, essi dico,w, badate bene la popolazione nostra già sta invee• chiando; non siamo più Ull popolo di giova Ili: dove diamine volete por– tarci, voi, con le vostre stravaganze? Ebbene, è vero, la popolazione ita– liana invecchia, nel senso che la per– centuale della popolazione da un cer– to anno in su, po11.iamo dai 65 in su, aumenta rispetto alfa rimanente. Ma come potrebbe non essere così? Da un mezzo secolo in qua la medicina ha ottenuto straordinari successi nel debellare le malattie ncute, proprio quelle che facevano strage nell'età di mezzo: si pensi alla facilità con cui si combattono oggi le polmoniti, il tifo, le epidemie i" generale: ogui persona che scampa a un malanno che la colpisce al disotto dei 65 anni va ad arricchire la percentuale degli · "ltrasessantacinqueirni. Che ciò rap– presenti un peric-olo sociale o che ,ia il segno di un deperime,Ìto della stirpe, come vagamente vorrebbe suo– nare questo termine « invecchiamen• to », non si riesce a capire. Notiamo fra l'altro che tutte le nazioni civili, nelle quali le pratiche igieniche sono bene osservnte e in cui i servizi me• dici sono nltivi, sono soggelte a que• sta sorta di invecchiamento; e che anzi noi italiani siamo superati e pre– ceduti in queste percentuali di vec– chi da nazioni ,ron decadenti né ;,,. civili, come, in Europa, da Irlanda, Germania, Belgio, Francia, Regno Unito, Svezia, ~Norvegia, Da,iimarca e Svizzera; e fuori d'Europa da Nuo– va Zelanda e Australia. Giovanissime OPINIONI E CONTR!STI sono invece le nazioni <love infieri– scono il colera, la peste e la fame, malanni che evitano appunto /.aie in– vecchiam.ento, m.a che non pe,- que• slo- noi siamo propensi a considerare come delle benedizioni (vedi Nora Fe– derici: « Aspetti della situazione de– mografica italiana in base ai primi risultati del censimento del I951 >). Certamente, ai fini della ricchezza nazionale, converrebbe che la popo– lazione in età lavorativa, cioè quella composta né di bimbi né di vecchi, costituisse il maggior nerbo numerico, perché è quella il cui lavoro dovreb– be servire a mantenere anche il resto della popolazione. In Italia peraltro sono da farsi due considerazioni: I} la popolazione in età lavorati11a comprende quello massa spaventosa di disoccupati, i quali, più o :meno, alla stessa guisa dei vecchi e dei bam– bini restano a carico della società; 2) una parte dello popolazione anzia– na è utilmente impiegata nella produ– zione, portandovi essa il contributo di una capacità professionale e di un'esperienza di cui una percentuale notevole della po po/azione in età gio– vanile e media è priva; e ciò colpa dei tempi, delle guerre, per cui nel– l'età buona ad imparare un 1n.estiere, tanti giovllni e tanti uomini hanPo speso gli anni nelle milizie. Infine va notato, in risposta o quel– li che, dicono che lo popolazione da noi va assestandosi da sé, e che per– cip fanno notare una tendenza alla diminuzione dell'incremento annuo negli ultimi anni, che la cosa n.011 sta proprio così. Non si hanno ancora i dati definitivi della statistica demo– grafica per il 1953. Mo dalle stati– stiche dei primi sette o otto mesi Ji tale anno si può noi.are un netto i,i. cremenlo (un incremento dell'ir,crc• mento s'intende) rispetto al l 952. Contro l'aumento di circa 365.000 1wità nel l 952 ci si aspetta un au– mento di fioco inferiore al mezzo mi– lione per il 1953. Perciò le preoccu– pazioni e l'azio'1e tlei /Jarlamentari e dei cittadini, dirette ad evitare i guai, le miserie e l'avvilimento che s'ac– compagnano a una crescente spro/Jor• zione fra la popolazione e i mezzi di sussistenza, ricevono da queste ultime segnalazioni statistiche una allarman– te conferma. IIINAl,DO DE BE:l"f:DETTI IL MURO * L'on. Scelba, nel suo discorso· programmatico e in quello di re– plica, ha molto insistito nella po– lemica con il P.S.I. Ora lasciamo andare il torto e la. ragione; 1na vorremmo sapere se Questo malco– stume, di un capo di governo che si perde nella polemico ideologica con i partiti che sono contrari al suo, deve continuare u,i pezzo. De Gasperi ci ha scocciati per cinq1te anni con le sue «crociate>. Se si mettessero a far qualcosa. di se– rio senza tante polemiche? O è vero che questo governo è il go– verno del Paese e non dei partiti che hanno dato gli uomini, e al– lora la pianti con le polemiche; o è la continuazione del degaspe– riano quadripartito, e alloro sa– premo come regolarci. * Vogliamo cominciare final– mente a giudicare i governi dalle opere, non dai discorsi. Tremello– ni ci piace perché quando parla espone dei programmi, non delle idee generali e generiche. Non fa dell'anti. fa del per. P: tutto quan– to gli italiani desiderano dagli uomini di governo. * Pensate che l'on. Pella si era acquistata la fiducia di uno parte del Paese, e la benevola at– tesa dell'altra porte, proprio per– ché aveva abbandonato il linguag– gio violentemente polemico del suo predecessore. Se non avesse fatta la sciocchezza. di Trieste sa– rebbe ancora capo del governo. Non insegna niente questo all'on. Scelba? E non gli insegna niente il capitombolo di Fanfani, caduto proprio per aver pestato la 'buc– cia di banana della eterna barbosa e negativa tiritera anticomunista? * Forse noi abbiamo del socia– lismo una concezione un po' anti– quata. Ci sembra che quando i socialisti mettono le mani nelle faccende della guerra non le pos– sano ritirare se non imbrattai.e. Per questo non ci è piaciuto il deliberato della Internazionale so– cialista, con il quale si è appro– vata la· Comunità europea di di– fesa, salvo la recisa opposizione. dei socialdemocratici tedeschi e i limiti di Mollet. I laboristi inglesi, che pur avevano approvata unn mozione contraria alla C.E.D. nel congresso di Margate (ricordiamo le parole di Attlee: « sul riarmo della Germania i nostri interes.ri coincidono con quelli della Rus– sia »), hanno portato in seno alla Internazionale, in luogo del deli– berato di Margate, qttello molto dubbio e co11testato del gruppo parlam.entare. , * E allora addio autorità poli– tica, addio federazione europea. Che non lo capisca Altiero SJ,i– nelli, pozienza; ma che no11 lo capiscano i maggioritari della S.F.I.O e del Labour Party .... * Un giorno, diversi nnni fa, Gaetano Baldacci ci esprimeva il parere che la fortuna dei sociali– sti sia in declino perché essi non sanno fare la guerra. Mo che la pensino così anche i grandi per– sonaggi della Internazionale so– cialista? * Sappiamo però che essi do– vra11.no fare i conti con i loro ri• spettivi partiti, nei quali la in– quietudine per le « posizio,;i ttf– ficiali » .è sempre più viva. * Le ceneri di u11dici milioni di morti nei campi di sterminio sono già state disperse dal vento dell'oblio e dal soffio vivificante della democrazia-democrazia-de– mocrazia. Con Franco e Kessel– ring. PIC 5 PARATENO: Ernesta ved.Battisti risponde a D.Valer! D 1EOO VALERI vorrà concedermi di ribattere alla sua lettera-, che mi pare si sia fermata alla superficie di un mio giudizio; di qui passando alla negazione di una so– stanza, che resta intatta. 'cl mio articolo « Plebiscito per l'Alto Adige?> (Nuova Repubblica, 20 gennaio), a seguito del quadro in cui si crafilo avanzate anche in• tcrnazionalmente istanze pel Plebi– scito per l'Alto Adige, notavo rome ad impedire tale sviluppo dell'irre– dentismo altoatesino fossero statr va. ne le norme costituzionali, le bene• vole concessioni dei governi, e vani gli sforzi di partiti e gruppi cultura– li. E ponevo fra questi sforzi l'isti– tuzione dell'Università estiva a Bres– sanone, a cura dell'Università di Pa• dova. Nel periodo. che vi si riferiva, ap– pariva la parola « parata». Esso suo– nava per l'appunto così: « Vane - se non controproducenti - ai fini di un europeismo, che non sia Santa Alleanza, le spettacolose parate, uso le Università estive di Bressanone organizzate dal!' niversità di Pa– dova>. Quanto all'espressione di « spet– tacolose parate», che Diego Valeri smentisce con parole, di cui tengo il dovuto conto. io non so pii, come intendere e giudicare le relazioni dei giornali, dove alle solennità, soprat– tutto a quelJa per l 1 inauguraz1one della Casa dello Studente, fu dato un molto ampio r clamoro~o. rilievo,. d~ cui non furono escluse· nproduz1orn fotografiche e a ~ui _s'aggiu!'se, ad esempio, la pubbhcaz1one d, « car– toline ricordo» od hoc. Ma. per mc. il giudizio di « pa- 1ala » (oh! sapc\"O benissimo trat– tarsi di cosa molto seria e seria– mente condotta!). il giudizio e la parola, obbedirono al dcs_iderio di non approfondire un pensiero assai più grave. su cui no~ ~ra_, in quel• !"articolo, il luogo eh 1ns1stcr~, ma che pure trasparirn, pcl buon t~ten– clitorc, dal giudizio inci~o. sugh ef– fetti anche della semphcc presenza in Alto Adige di una istituzione uni– versitaria italiana; effetti contropro– ducenti ai fini di un europeismo da molti (ed io sono fra questi) auspi– cato come un passo ad un sia pur lontanissimo « mondialismo>; ad un europeisrno cioè che non sia « Santa Alleanza>. Diego Valeri ha letto q: con stupo– re :t il mio articolo. Ma forse è anche più grande lo stupore mio, pcrc_hé egli non si sia accorto della -:entà politica del mio asserto, dopo ,l re– cente insorgere più che mai vasto dell'istanza del plebiscito i11 Alto Adige. Fenomeno di cui si occupava il 111.ioarticòlo, Avevo già illustrato pii, concreta– mente i miei concetti a tale propo– sito in una notcrella (« Errori di ogni marca») benevolmente accolta nel numero dello scorso dicembre del Poni.e (pag. 1745). Forse fu il ricor– do recente cli quella mia più con– creta precisazione, che mi suggeri di non calcare di nuovo sulla gravità del significato storico dell'istituto in Alto Adige e di « scivolare :t, come dicono i Francesi, su di esso attcncn• domi alla superficie. col giudizio de– gli aspetti esterni com'erano portati dai giornali. Per mc « la verità :t. a cui Diego Valcri crede necessario richiamarmi, è proprio quella già esposta. Nes– suno ha dubitato mai (e come si sa– rebbe potuto dubitare!), né le mie parole insinuarono il contrario, che Diego Valeri• e Manara Valgirmigli cd altri insigni cd eletti abbiano fer– mamente creduto cli servire colla scienza, superiore alla politica, una « verità » diversa. Quindi né verità né persone furono da mc offese. Diego Valeri chiede < scusa » per la sua «franchezza». Verso la fran– chezza, comunque espressa, non c'è nulla da scusare. Come nulla vi era, nel mio articolo, di cui io debba chiedere di essere scusata. tK~ESTA BATTISTI

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