Nuova Repubblica - anno I - n. 24 - 20 dicembre 1953

2 o la Russia, non certamente l'Europa. Non vuol dire che dunque non ci sia che da retrocedere sul terreno della neu– tralità: ma. significa, certamente, che l'esercito europeo è visto dall'America come un particolare tattico, o strate– gico se si vuole, d'un giuoco di ben altre proporzioni. Noi europei abbiamo il dovere di profittarne per un fine che è europeo, l',111;j;caz;o11e politfra fede– rale; ma dobbiamo conoscere il giuoco. Se l'Europa non saprà essere altro che quel particolare tattico o strategico, se cioè essa non porrà con forza il suo giuoco nell'unico momento in cui può riuscire, quando cioè l'America ha bi– sogno di lei per realizzare quella sua particolare azione di pressione nei ri– guardi dell'URSS, l'unità europea è per– duta. Così, rispondendo alle due questio– ni che Garosci ha mostrato di conside– rare secondarie, ho implicitamente ri– sposto alla p,;incipale. La CED è il passaggio unico, obbligato, verso l'uni– tà europea? è la « guerra di Crimea » di Cavour? è l'unica via possibile per un'Europa in pace, con una politica estera unitaria? Ebbene, io rispondo: non è cerio che sia; può esserlo, ma alla co11diz;o11e che gli europei sappia– no farne, subito, cioè finché sono in tempo, uno strumento di unità. eu– ropea. Giustissimo che il rapporto J u– goslavia-USA è molto peggiore del Patto Atlantico (molto più servile, me– no libero); verissimo che i nazionalisti vedono la CED non come avvio all'uni– tà europea, ma come un piccolo mer– rnto, che « rende » Trieste o la Sarre. Ma perché tutta l'Europa non diventi satellite dell'America con un rapporto di vassallaggio; perché i problemi Trie– ste-Sacre trovino una soluzione euro– pea non nazionalistica: non mi pare che vi sia altro mezzo se non quello di piegare mbito la CED a strumento dì realizzazione politica unitaria .. Non ci sono alternative, dice Garo– sci. Esattamente così, mi dispiace dir– lo, dicevano in Italia coloro (Spinelli compreso) che auspicavano la vittoria del quadripartito il 7 giugno. Le alter– native sono sempre atti di audacia, ma di audacia responsabile. Quale alterna– tiva mai ci propone Garosci, se, varata la CED, la Germania riarmerà rapida– mente, disporrà praticamente dell'eser– cito europeo, e gli organi costituzionali della comunità politica europea non p~tranno entrare in funzione? o se la Germania, una volta riarmata, ripren– ,derà la sua libertà d'azione? Sono que– ste prospettive così inverosimili? Siamo anche noi disposti alla Crimea, se la contropartita sarà JÌC11rame11te la fede– razione politica; ma se questa contro– partita è più che dubbia, saremmo dei Cavour in sessantaquattresimo a man– dare i piemontesi in Crimea. E a1lora? non fare nulla? attendere che l'Ame– rica armi unilateralmente la Germania? Ho cercato di dare una indicazione costruttiva, che qui intendo precisare: subordinare non dico l'approvazione ma la messa in f1111z;o11e d lla CED all'en– trata in vigore della comunità politica europea; e non di /111/a la Comunità politica, ma almeno di un organo, essenziale però, I" Assemblea dei po– poli. Non mi pare che ci sia nulla di utopistico, anche se, lo riconosco, I' er– rata impostazione della più recente politica federalistit l'ha reso ora più difficile. Ma non è mai tardi per dare una battaglia giusta. li parlamento ita– liano e il parlamento francese potreb– bero, in occasione della discussione sulla -CED, votare un O. d. G. pregi11- diziale che fosse, approssimativamente, del seguente tenore: « li presente trat– tato, già ratificato dalla Camera, en– trerà in vigore il giorno successivo alla effettiva entrata in vigore dell'assem– blea politica della federazione europea, eletta da tutti i popoli federati a scruti- nio diretto e segreto». Una battaglia di questo genere bloccherebbe buona par– te della polemica nazionalistica, non respingerebbe la CED con le conse– guenze pericolose che potrebbero na– scerne, creerebbe un'ondata di fiducia federalista, costringerebbe l'America a riconoscere che un'Europa è già politi– camente nata e bisogna fare i conti con essa, rigetterebbe ai margini della polemica politica i problemi di Trie– ste e della Sacre. Può darsi che, in fondo a questa strada, stia il vuoto o il caos, come afferma Garosci: per mio conto, ci vedo la federazione politica europea molto più chiaramente che in fondo al– la strada dell'accettazione pura e s~m– plice della CED. Che poi questa via porti << alla demoralizzazione e all'usci– ta dall'azione di strati più o meno vasti di compagni » è forse il giudi– zio più ingiusto di tutto l'articolo di Garosci. Forse, per la stessa passione con cui_ egli, ha costantemente seguito l"azione federalista, anch"egli, come al– tri, non si è evidentemente accorto che la «demoralizzazione>> ha invaso da molto tempo alcuni tra i più con– vinti dei federalisti italiani, di fronte alla tattica seguita negli ultimi tempi dal MFE. E proprio a questo mi rife– rivo in quella parte ciel mio articolo che ha «ferito» (e perché poi') Ga– rosci ed altri fra i pili autorevoli diri– genti del MFE. Dicendo che il movi– mento federalista è diventato apodit– tico e conformista, e quindi stanco, mi riferivo - com'è ovvio - alla sua struttura interna, dove si è spenta quella fervida polemica, quell'incontro di punti di vista in contrasto, in cui risiede la forza e la vita di un movi– mento rinnovatore. Garosci stesso dice che io avverso la « tesi del movimento federalista »: cioè egli identifica sen– z'altro, apoditticamente, la «sua» tesi-con quella di tutti i federalisti ita– liani. Ora, io credo che criticare anche aspramente una certa politica democra– tica, non significhi osteggiare la de– mocrazia. Denunziare gli errori, che a giudizio mio e di altri sono commessi dall'attuale politica del MFE, non si– gnifica combattere l'MFE e tanto ,neno l'idea federalista. Queste cose dovreb– bero essere familiari per noi tutti, che da anni combattiamo contro il teolo– gismo cieco dei comunisti, che proprio così hanno distrutto l'enorme poten– ziale polemico, dialettico, vitale, che avevano nel loro seno. Chiunque abbia avuto occasione di conoscere alla sua base il MFE sa che negli ultimi anni, progressivamente, le forze pili vivaci, quelle che avevano qualche cosa da dire, se ne sono allontanate, proprio perché non vi trovavano quclratmosfe– ra di « concordia discors » di cui si sostanzia la democrazia. La « concor• dia concors » in ogni occasione è, in verità, o fenomeno di insincerità o fe– nomeno di stanchezza. Per spingere avanti un'idea-forza come l'unità eu– ropea non può bastare un piccolo grup– po di dirigenti eccellenti: bisogna pur porsi il problema del rinnovamento dei quadri, dell'allargamento d'influenza nel paese, dell'acquisizione di giovani non solo sul piano della propaganda ma su quello della critica delle idee. f: que– sto che a mio giudizio si è fatto poco o male. E può riuscire difficile, a un certo punto. per qualsiasi generale fare le battaglie senza dei soldati che ab– biano la coscienza di quello che fanno. L'MFE ritiene di continuare la sua strada. considerando soltanto come « moleste » o « improvvisate » le criti– che che alcuni federalisti ritengono di dovergli muovere? Lo faccia pure, na– turalmente. Ma consenta anche a noi di prendere, come le abbiamo sempre prese al momento giusto, le nostre responsabilità. TRISTASO OODIGSOU CO NUOVA REPUBBLICA I INCHIESTE E DOCUMENTI I PIOMBINO, BRNCO DIPROR P10~1B1No,dicembre. F JNO a ieri una lunga fila di ex operai e di spose di ope– rai licenziati, con la borsa della spesa gonfia di una pentola vuota, sostavano davanti alla porta dell'Ospedale Civile per ricevere un piatto di minestra. Oggi però non più, non si cucina più per i disoc– cupati: chi Io faceva ha finito ì soldi! Ma i disoccupati aumentano. Un'altra impresa, che per anni ha dato possibilità di lavoro a oltre 350 operai, si avvia infatti alla smobilitazione totale del proprio cantiere in Piombino. Questa im– presa è la Mantelli. Facciamo il conto : incominciò la Magona che licenziando 2600 suoi dipendenti pose in crisi altre piccole industrie legate alla sua produzione; infatti la S.A. Prodotti Refrattari fu anch'essa costretta a licenziare 200 operai, e così altre piccole imprese e cooperative che scaricavano materiale ferroso e car– bone sul porto, e la Marghera e la Mantelli. In tutto, circa 4.000 lavo– ratori gettati sul lastrico. E così, in poco più di dieci me– si, millecinquecento milioni di lire son venuti a mancare ( cifra corri– spondente al solo salario dei 1 icen– ziati) all'<1conomia della piccola città. Come è potuto accadere tutto questo? ComeJ~ stata inginocchiata la ricca, l'operosa, la «rossa» Piombino, che nelle elezioni politi– che o amministrative, o nelle ele– zioni per le Commissioni Interne di fabbrica dava l'ottanta per cento dei suffragi ai partiti di sinistra o alla CGIL? (E il sindaco comunista signor Mancini, corre à Roma a elemosinare un piatto di brodaglia pe~ illudere almeno la fame di tremila famiglie!). Lo spiega in parte un manifesto tricolore della CISNAL, apparso giorni addietro sui muri di Piombino, inneggiante al sindacato nazionale. Il metodo che il fascismo rispol– vera oggi - trovando agenfi fra la marziale panciuteria nostrana e aderenze e appoggi in ben indi- viduati settori del!'« occidente li– bero » - per insim1arsi nelle fab– briche, nelle organizzazioni dei la– voratori, fra i disperati in cerca di lavoro, fra i giovani a cui la nostra società dirigente rifiuta il titolo di lavoratori, dovrebbe ·finalmente in– durre a riflessione quanti hanno a cuore la sorte dei lavoratori ita– liani. Ai giovani che per la prima volta sentono parlare con tanta in– sistenza di sindacalismo nazionale, di corporativismo, di legislazione sindacale fascista, è necessario far sapere che il sindacalismo naziona– le può nascere solo quando un go– verno fascista sopprimerà con la violenza ogni altra libera organiz– zazione sindacale. Grazie anche alle debolezze e agli errori compiuti dalle tre or– ganizzazioni sindacali (ne abbiamo già parlato su N11ovaRep11bblica), il piano di predominio monopoli– stico della Confindustria può essere di facile attuazione per l'aiuto re– ciproco che si danno gli industria– li e i fascisti. Con questo, noi, certo, non alludiamo ai mitra, ai bastoni, alle camionette lanciate contro gli operai licenziati da una fabbrica e reclamanti il loro di– ritto alla vita, né alla compiacente tracotanza fascista di un funzio– nario locale che può, purtroppo, usare autorità; per quel d1e inten– diamo, l'esempio di Piombino, l'esempio della Magona è valido in quanto, se ripetuto tante volte quante sono le fabbrid1e poste in liquidazione o che s'intende ridi– mensionare, per i ·fascisti della CISNAL, per la borghesia italia– na, per la Confindustria il gioco è fatto. A Piombino, dopo le dramma– tiche e note vicende che portaro– no alla fame un'intera città, la Magona ha riaperto i cancelli e ha riassunto un primo nucleo di 800 operai. Esultanza dei sinda– calisti della CGIL! L'onorevole Di Vittoriò annunciò agli affamati piombinesi che essi avevano con– seguita una grande vittoria ... Qua– le vittoria? Migliaia di lettere di sottomissione sono state indirizza- • te dagli operai ai dirigenti locali della Magona; in alcune di queste, operai vinti dalla fame della pro– pria famiglia, a~sicuravano di aver strappata la tessera del P .C.I. Ma i primi a rientrare in fab– brica sono stati i fascisti, i fasci– sti più noti, ex bastonatori. Son seguiti i raccomandati di ferro del prete e delle autorità. Gli altri operai, anche se bravi come tali, anche se rotti da una trentennale fatica al servizio dei capitalisti del– la Magona, ma conosciuti come co– munisti o socialisti, o come iscritti alla CGIL, vadano pure a prende– re la minèstra all'Ospedale, quando c'è! I capitalisti della Magona non scesero mai a patti, non vollero mai discutere, non cedettero di un pollice ed infine hanno otte– nuto ciò che volevano : lauti pro– fitti, salari dimezzati, servi scioc– chi fra le maestranze, ed operai stanchi. Tutto si riassume- nel gri– do dell'anima dei tanti disoccupati piombine~i, grido espresso nelle lettere di sottomissione: - Per un po', di -pane vendo il mio su– dore! Fatemi lavorare : mi basta un po' di pane per i miei figli! Lo spirito rivoluzionario è stato fiaccato dallo spettro della fame. La paura è la costante compagna di lavoro di quel fortunato che può lavorare. In questi giorni§ avranno luogo le elezioni per la i CIF della Magona: fascisti, ci- 1 slini e uilini, hanno tutte le pro– babilità di ottenere· la maggioran– za dove non furono mai rappresen– tati! Trovare la ragione di ogni in– successo dei lavoratori, il perché cli ogni manovra della borghesia italiana, ecco il nostro problema. Ripetiamo: se quanto è successo a Piombino succederà in ogni cit– tà dove è in corso « la guerra dei licenziamenti», il gioco dei fa– scisti e dei padroni è fatto! I lavoratori italiani debbono im– porsi ai propri dirigenti e ritro– vare sul piano sindacale la loro unità di classe. La tanto . strom– bazzata unità nazionale fra la CGIL, la CISL e la UIL non esi- PIOMBINO, ViadelPopolo - Inquesto ammasso divecchie lamiere dilatta,ricavate dabarattoli vuoti, vivono numerose famiglie.

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