Nuova Repubblica - anno I - n. 22 - 20 novembre 1953

8 I Il grande diagramma ' l J marxismo .è u_n:iterra._ O ci ~i : t ~ dentro, o s1 vive al d1 fuori de, suoi confini. O la si considera dal punto di vista del resto del mondo, o si considera il mondo dal suo pun• to di vista. Prendere o lasciare. Per questo il marxismo è stato criticato cosi di rado, e così fiaccamente. lo si è ignorato o fotto proprio, colpiiJ d'anatema o adorato, rifiutato o fatto oggetto di venerazione. Anche adesso, Jopo cent'anni esso rimane quasi in• giudicato. ~la forse un riesame è pos· sibile. Coloro che sono vissuti entro l'ambito del suo pensiero, e ne hanno respirato il clima mentale, possono for– se ripercorrerne con l'immaginazione i sentieri, e cercare di render conto del cammino compiuto nel corso di un secolo. L'ambito del marxismo si estende a tutta l'esistenza umana; e, in teoria, il suo sistema non può essere suddiviso in alcun modo. Ciononostante i suoi espositori, compreso lo s,tesso Marx, dovettero per forza trattarne separa– tamente gli aspetti principali, econo– mici, storici, politici o filosofici. Jn queste, note non sarà possibile andar oltre l'economia di Marx: economia storica, peraltro, sempre intesa in un quadro concretamente, storicamente e praticamente determinato. L'economia è la disciplina a cui Marx dedicò il fiore del suo genio. « J mbarazzato » in gioventù dalla sua incapacità di render ragione dei diritti di proprietà di alcuni possidenti re• nani in una disputa sulla raccolta di certa legna da ardere (P1·e/azio11e alla ,C,-itica-del/'Eco110111ia Polilica), egli si deticò tutta la vita a un eroico lavoro di ricerca per tentar di scoprire in che modo funzionasse il capitalismo. («li compito a cui ho sacrificato la mia salute, la mia felicità nella vita e la mia famiglia»). Riuscì nel suo inten• to' Nel Capila/e, in effetti, Marx trac• ciò· un potente diagramma del sistema economico contemporaneo. Bisogna con– siderarlo come un'immagine fedele della vasta struttura dei « rapporti di produzione·» nella nostra epoca? Dopo un secolo d'esperienza, dovremmo sa– pere se il grande diagramma sia fon. damentalmente esatto, o no. Le cose si sono svolte come Jv[arx aveva previsto? . Qual'era, dunque, secondo Marx, il fun,ionamento del capitalismo' Qual'è il messaggio essenziale che si cela die• tro la folta siepe dei suoi concetti ri• cardiani ed hegeliani? Quando ci sia• mo impadroniti di tutte quelle categO· rie che sembrano a tutta prima illuso– rie e massicce al tempo ste.sso; quando abbiamo compreso che cosa Marx in• tendtsse per valore e plusvalore, forma del valore e sostanza del valore, capi• tale costante e capitale \'ariabile, com– posizione, accumulazione e accentra– mento ciel capitale, accumulazione pri– mari3, tasso cli plusvalore• e tasso di profitto; quando abbiamo rabbri,·iclito alla possibilità cli confusione fra lavo• ro e capacità lavorativa; quando abbia– mo valicato quelle sezioni del Ct1pitale che Marx scrisse quando soffri,•a dt foruncoli, e che indussero perfino il paziente Engels a riconoscere che in esse « i foi:uncoli avevano lasciato trac– ce piuttosto profonde» (e Marx ribat. te, imperterrito: « Spero che la bor• ghesia ricorderà i miei foruncoli per tutto il resto della sua vita »); quando tutto è stato assorbito e compreso, che cosa abbiamo imparato' Abbiamo imparato, io credo, una co– sa. Abbiamo imparato che Marx era convinto che in tutte le società capi– talistiche i salari tendessero al minimo •necessario per la sussistenza del lavo- ratore. E ciò per la ragione essenziale NUOVA REPUBBLICA ,- PAGINE DI CULTURA CONTEMPORANEA RIESAME DELMARXISMO che il livello dei salari è determinato non eia quel che il lavoratore produce, ma da quel che ci vuole per produrre il lavoratore. Questa conclusione è perfettamente coerente con la teoria del valore di Marx, che, come tutte le teorie del valore del suo tempo, apparteneva allo stesso genere di teorie relative alrof. ferta o ai costi di produzione. I salari, conclude Marx, oscillano intorno al li• vello che in un dato tempo e in un dato luogo richiama un numero ade– guato di salariati capaci di fare il la• voro richiesto. Tale livello sarà, grosso modo, quello sufficiente a tel)ere i la. voratori in vita e in condizione di la. vorare, e a dar loro tempo e forza per allevare dei figli destinati a prendere il loro posto. E niente più di questo. Perché, infatti, i datori cli lavoro do• vrebbero pagare di più? Perché dovreb. bero pagare pii, cli quanto basta per procurarsi successive generazioni di la– vQratori adatti ai loro scopi? Perché dovrebbero pagare salari superiori, più di quanto sian disposti a pagare un prezzo più alto del necessario - un prezzo, cioè, che richiami un'ofTert1 maggiore cli quella richiesta - per il carbone o il cotone, o per l'affitto della faborica, o per qualsiasi altro « fattore di produzione»' lnoltrc, questo par. ticolare fattore, l'offerta di mano d'ope• ra, non potrà mai scarseggiare, né, quindi, aumenta.re di prezzo. Non sol. tanto i lavoratori alleveranno sempre nuove generazioni cli successori; lo svi. luppo stesso del capitalismo, lo stesso aumento della prodµttività del lavoro, l'accumulazione e l'accentramento del • capitale ---; la meccanizzazjone - per– metteranno di fare a meno della mano d'opera. L, richiesta di mano d'opera diminuirà costantemente, di modo che con l'incremento del sistema capitali• sta ci sarà sempre un (< esercito di riserva » di lavoratori - in altre pa– role, · una disoccupazione - tale da m:rntenere i salari al minimo inclispen. sabile. Tutta l'economi:t di Marx è una conseguenza di questa concezione. E: questo il bastione centrale della for. tezz:1, e Marx lo riteneva così saldo, che non esitava ad amm~ttere attenua• zioni d'ogni genere. aturalmente, il « livello di ..sussistenza », variava da tempo a tempo e eia luogo a luogo; non era possibile. in pratica, com– prare il lavoro d'un tarchiato mina– tore inglese con la ciotola di riso che poteva esser sufficiente a pagare un coolie a Shangai. Ma tutte le attenua– zioni non modificavano minimamente il principio che il livtllo dei salari era ciel tutto indipendente eia quanto pro• duceva il lavor:1tore, che nei salari, cioè, non c'era nessuna tendenza ad aumentare con l'aumento della produt• tività. Cè però un'altra obbiezione su cui Marx dovette soffermarsi più a lungo. Anche ammettendo che in un tipo di capitalismo « puro», astratto - un capitalismo abbandonato a se stesso, senza « interferenze esterne » nelle pro– prie leggi - i salari non salgano mai al di sopra di quello che è il « livello. di susslStenza >> per un dato tempo e luogo, non è possibile che tale livello v~nga superato forzatamente, grazie al. l'azione sindacale e alle leggi sui mi• nimi salariali e sugli orari massimi di la,·oro, grazie, in genere, alla pressione dei ~avocatori conlro il capitalismo? A leggere la teoria fondamentale di Marx, raie possibilità appare negata. E que– sta fu infatti la conclusione che tras– sero molti dei suoi primi lettori. L1s• salle, per esempio, enunciò la sua fer. rea legge dei salari, la quale stabiliva che ·per quanto si facesse, non era possibile far aumentare le retribuzioni salariali. Ma in questo caso, a cosa servivano i sindacati, i partiti politici dei lavoratori, il movimento sindacale in genere? A niente, risponde Lassa Ile. finché il capitalismo non sarà rove– sciato. Era questa infatti la conclusione lo• gica che si doveva ricavare dal dia– gramma economico di Marx. Marx, tut– tavia, cercò di respingerla. Accettarla . significava negare l'importanza ciel sin• . dacalismq e di tutto il movimento cjei lavoratori; Marx denunciò. quindi Las– salle e la sua legge, e aggirò la dif. ficoltà logica affermando che era pos• sibile, in certi casi, e per un certo tempo, costringere il capitalista a pa• gare più di quanto altrimenti sarebbe stato necessario per ottenere la mano d'opera richiesta. Ed esortò i sindaca• listi a continuare la lotta, che per di JOHN STRACHEY allora avrebbe prodotto qualche gua• dagno temporaneo, e alla fine la vit• toria nel mondo intero. f: . della massima importanza com• prendere quale fosse la posizione cli Marx a questo riguardo, poiché essa è: proprio la posizione del comunismo attuale, ed ha quindi, oggi, una pro– fonda influenza pratica e politica. Marx non sosteneva, e i comunisti non so• stengono, razione politica sindacale e riformistica nella convinzione che essa possa veramente procurare vantaggi so– stanziali ai lavoratori. Marx, al con– trario, in tutti i passi fondamentali delle sue opere enuncia la famosa dot• trina della << miseria sempre crescen– te». Egli prevede che la grande mag• gioranza della popolazione delle comu• nità capitalistiche diventerà sempre più povera. Prendiamo, ad esempio, il Ma– nifeJlo Co1111111i11a: « Il lavoratore mo– derno ... invece di migliorare col pro– gredire dell'industria, affonda sempre più al disotto delle condizioni d'esi•• stenza della sua classe. Diventa un po– vero ... ». O prendiamo la. vigorosa pe• rorazione dello stesso CaJ,itale: Mentre si ha così una progres• siva diminuzione nel numero dei magnati del capitalismo, che usur– pano e monopolizzano tutti i van– taggi del processo di trasforma• zione, aumenta la misura di po• vertà, d'oppressione, di schiavitù, di degradazione e di sfruttamento. Evidentemente, un'azione sindacale, una pressione della classe lavoratrice che non impediscono tin aumento co– stante della miseria e dello sfruttamen• to, non possono considerarsi molto pro– ficue. Ma la fine di questa stessa frase rivela quale fosse per Marx la vera utilità dell'azione sindacale e dell'atti• vità politica della classe lavoratrice: « ... ma al tempo stesso si intensifica la collera della classe lavoratrice - una classe che diventa sempre più nume- rosa, ed è disciplinat:t, unita cd orga– nizzata ... >>. li vero scopo della pressione sinda• cale e proletaria non era di ottenere vantaggi materiali immediati (in fon– do Marx era c1·accordo con Lassalle sull'impossibilità di tali vantaggi), ma di creare, addestrare, mobilitare l'eser• cito del Lavoro, che avl"N>be rovesciato il capitalis!'lo. I lavoratori non avreb• bero guadagnato veramente qualcosa, se non guadagnavano tutto. Ogni scio• pero, ogni dimostrazione, ogni marcia della fame, e anche ogni elezione, era– no né più né meno che prove della rivoluzione. Il loro risultato importava meno del loro effetto educativo. I lavoratori, naturalmtnte, guardano le cose da un altro punto di vista. A loro interessa disperatamente il succes• so o il fallimento attuale, concreto, immediato, dello sciopero, delle elezio• ni, della dimostrazione, o altro; e han• no imparato per esperienza che quando li guidano uomini a cui interessa la stessa cosa, e soltanto in questo caso, essi pos10110 effettivamente ottenere im– portanti vantaggi materiali. Quando i capi sono gente che in fondo considera ogni azione come prova per il « gran giorno», il fallimento degli sforzi dei lavoratori è sicuro. Dirigenti simili hanno necessariamente una tendenza costante allo sciopero, anche quando le probabilità di successo sono remote; se non per amore dello sciopero in quanto tale, in vista del suo effetto educativo, rivoluzionario. Pure, le conseguenze ef– fetti;e di simili battaglie perdute, im• pegnate alla leggera, si risolvono in una grave demoralizzazione, e in una spinta al disgregamento. Ecco, dunque, l'aspetto essenziale del diagramma o carta del capitalismo di Marx. Questi non mise un vero e proprio diagramma nel primo volume del Capitale, sebbene a un certo punto ne avesse avuta l'intenzione (cfr. la sua lettera del 6 luglio 1863 a En• gels). Se l'avesse fatto, il diagramma sarebbe stato, per quel che si può de• durre dalla lettera, assai più compii• cato di quello descritto qui appresso. Avrebbe dovuto mostrare come avveni– vano il risparmio e gli investimenti; ossia, come il plusvalore era dedicato all'accumulazione. Marx aveva in mente il Tablea11 Eco11omiq11e del Quesnay. da lui molto ammirato. Uno schema figurato del concetto fondamentale del Cf//Jitale avrebbe pressa poco questo aspetto. li livello dei salari - o, pili generalmente, l"ali– quota del prodotto nazionale spettante ai lavoratori - è rappresentata da una linea retta orizzontale - o meglio, eia una linea inclinata verso il basso, verso la « miseria crescente>>. L'entità del prodotto nazionale appare come una curva ascendente, che s'impenna verso l'angolo desµo del foglio di carta, a indicare la produttività sempre mag– giore della comunità. Le due linee; quindi, si allontanano sempre più. L'ampiezza del loro intervallo è la misura del costante, e infine smisurato aumento del plusvalore, ossia della differenza fra l'aliquota discendente, o nel migliore dei casi immobile, spettan– te ai lavoratori, e il prodotto nazionale totale, che aumenta continuamente col ritmo d'incremento della produttività del lavoro( recentemente, circa il 3. per cento all'anno,• cumulativo). L'intero ammontare di qu.esto plusval.ore in con• tinuo accrescimento d~ve andare alla classe. numericamente stmpre pili esi– gua, dei proprietari dei mezzi di pro– duzione, dal momento che, per ipo:esi, i lavoratori non ne ricevono nulla. Per usare le parole di tvlarx, esso , iene «usurpato>> e «monopolizzato» da un numero sempre più ristretto di « magnati del capitalismo>>. Quasi tutta l'economia marxisla è dedotta ron logie; ineluttabile da que• sto diagramma. Su tale base, Marx non ha difficoltà, naturalmente, a spiegare gli alti e bassi e le crisi periodiche, e la catastrofe finale di tutto il sistema. "Come potrebbe finire in altro modo un sistema che accumula ineguaglianla su ineguaglianza, un sistema basato su una distribuzione sempre più mostruo– samente iniqua del reddito nazionale? A Lenin riuscì facile far culminare le due curve, superiore e inferiore, ri– spettivamente nell'esportazione di ca• pitali, nel capitalismo monopolistico, nell'imperialismo e nelle guerre perio– diche; e nell'azione di massa della clas• se lavoratrice, nella rivolta delle colo• nie e nella rivoluzione mondiale. !noi• tre, è importante ricordare che Stalin, fino al giorno della sua morte, fondò tutte le sue concezioni sulle tendenze inevitabili del capitalismo, sull'assun• zione che le entrate reali della massa della popolazione non possono aumen– tare in alcun modo, e debbono tendere invece a diminuire. In quello che è evidentemente il suo testamento politico ( P,·oblemi eco11omici del 1ocialis1110 11el– /' URSS) Stalin scrive che la prima ca• ratteristica della « legge economica fon. <lamentale del capitalismo» è « di as• sicu.rare il massimo profitto capitalistico mediante Jo sfruttamento, la rovina· e l'impoverimento della maggioranza del. la popolazione d'un dato paese » ( p. 43). Questa è, formulata in termini estremi, la dottrina della « miseria ere• scente ». Risponde tutto questo a verità' li grande diagramma, essenzialmente CO· sì semplice, massiccio e imponente, dà un'immagine vera o falsa del modo in cui ha funzionato effettivamente il capitalismo? A quest'ora, dovrebbe essere possibile dare una risposta. La risposta, dopo un esame dei fat• ti, è la meno soddisfacente: « Si, e no>>. Da un lato, non c'è il minimo dubbio che la proposizione fondamen• tale cli Marx, sull'impossibilità d'au– mento, e anzi sulla necessaria dimi– nuzione del livello reale dei salari, è stata smentita integralmente. Secon• do gli economisti, tale livello è pro– babilmente più che raddoppiato, per esempio, in Inghilterra, da quando Marx scriveva il Cf/pitf/le. Ma - ed è un «ma» di estrema importanza - quegli alti e bassi e quelle crisi, che egli prevede, 1 a e spiegava in base alle sue premesse apparentemente fai. se, ci sono cadute addosso davvero. Per giunta, viviamo in mezzo al san– guinoso susseguirsi di imperialismi, di guerre mondiali, di ri,·olte coloniali e di rivoluzioni, in cui Lenin faceva culminare le due curve famose. Qual'è la spiegazione? NUOVA _REPUBBLI flVINDICl1'',ILB PO'-,ITICO Esu il 5 • il 20 di opi m.., ia oltopa,iae Com1·1a10 DiretJÌço: P. CALfffl • T. CODIGNOLA • I. GREPPI • P.YITTDRELLI Rffaaion•t FINmSe, Piuza della Liberti 15 (50.998) A:mrnini,,,a,ione: Firenze, Piazza· Indipendenza, 29 (22.058) e/e poetale S/6261 (La Nuor,a I,aJia) Firenze Abbonam. annue L. 800; Semutrale L. ,so; E,tero L. 1000; So.te.nitore L. 5000; Sot.. toacrittore quota memile di almeno L. 200 Un■ eopù,, L. 66 • A:rr.,rafa L, 60 Autorlu. d1ITrib, di flr1n11 Il, 078 del S0-12-1962 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: T,iJ1a110 Coaignola

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