Nuova Repubblica - anno I - n. 22 - 20 novembre 1953

L. 35 Spedizione in abbonamento postale (Gruppo II) In questo numero - - --••11:'n&-TTI. .\'Tov, Hl,/'f'HU/,/1• T@_f!la proibito. Claudio Cosa e/o ~lU Via c111ar.1.n1, 4 -- 111!il.I,. J•ll~H. <:r. f/ Livorno .. ..., --- Anno I • N. 22 QUINDICINALE POLITICO .,. Firenze • 20 novembre 1953 CL,\UDIO CES\: La borghc3ia italiana non fa. riformo (pngg. le ) - Al,DO }'ALl\'t:~.l: 11 fenomeno .\fc Garthy {pn,z. :..) - ua;;~zo UIA:\UCCI: E~crcito e socirtà (png. ) - ~I1emu proibii<,: Un'associazione per ll\ regoln1.ionc delle nascite - IU~Al,00 OY. IUJ:SEDETTJ: Codfoc e pregiudizi (l>ag. ) - FltA.~Ctt HtUtANDI: I "trivcllatorl 0 ali:, riùalta (pag. ) - GIUS}:PrE FAVATI: Per il socialismo: una lunga e attiva pazknza (pagg. o e i) - rnrno ZEUBOGLIO: Andiamo a piedi (png. O) • \'l,"Ct1,zo cu~Acf;: La casa no,.trn (png. i) - ELEZIONI AMOLFETTA /./11 diumbre p. u. si uolera a Mol– fetta, uno dei più grandi comuni della prouincia di. Bari, per il rinnovo dell' Am– ministra::.ione. Unità popolare vi è impe– gnata, nella sua prima esperienza meri– dionale. L e A1n1ninistrative di Molfetta, il più evoluto e socialmente qualificato Comune della provincia pugliese, In cillù di Sol– vemini, che fu un te111po la rocca– forte della opposizione al giolilli• sn10 ca1norristico e 111azziere, fa– ranno perno su quattro schiera– menti: cornunfusionisti, monarchi– co-cJericali, fascisti, Unità Popo– lare. Il pri1no poggia su una lista del P.C.L, sonunata ad una lista del P.S.I., con l'aggiunh1 di una lista di « utili idioti », in un con– nubio innaturale e su1>erfhrnn1ente. tattico; il secondo su una lista D.C., so111n1ata ad una lista del P .. M., in un appnrcntaincnto nnturalissirno e spontaneo, anche 8e non rispHrmiato da screzj (co- 1ne Irequente1nente si ascoltanQ fra ladroni o 111ercanti); il te1·zo è rappresentato da una lista del M.S.I., che si gingilla nel sollrar• si alla qualifica di fascista; il <1uarto va sotto il contrassegno di Socialismo-Repubblica-Libertà, Una situazione del genere esige alcune considerazioni tnarginali, n1olto anunonitrici. 1) Il P.S.I., ad onta delle ripetute cd ingenue volgarizzazio– ni di autonon1is1no, più fatte in– tuire che dichiarate da s1>ecifici papaveri, non riesce ad asstnnere un ufficio ed una funzione auto– nomi. In provincia ,,a riducen– dosi sul piano lirnitato delle tan– te listarelle di con1plcn1cnto, vo• Iute dal P.C.I., nutrite di ,,anità e di inconsapevolezza. 2) La D. C. sconta penosa– mente unu politica an1ministrati– va fondata unican1cnte sulla soddi– sfazione di clientele; per conser– vare una condizione di prestigio nel controllo degli uffici pubblici deve ripiegare sulla scon1oda po– sizione di integratrice stabile di <tuel ca1nalcontisn10 qualunquisti– co, c.he nell'attuale 1nomento si identi.ficu, particolarmente nel Sud, col partito monarchico. Un partito che ben conserva i quadri del defunto qualunquis1no, irrobustiti da generali, colonnelli, deficienti e mezze pagliette av,•o– ~'ltizie. 3) Il M.S.I ,, là dove, come nel nostro Con1une, non è costi– tuito dal rigurgito del residuato rivoltante cd irnpaurito del gal– lona1ne P. .F., rappresenta una condizione psicologica di scontento e di insofferenza, soslanziata so– prallullo dai giovani. Ed è dolo– roso rilevare che le energie derno– cratichc ed antifasciste hanno man– cato totahnente al loro dovere pre– cipuo, che avrebbe dovuto irnpor– re come scopo fondan1entale di ogni )oro iniziativa, dal '43 ad oggi, il recupero delJa generazione che era Ira i venti ed i trenta an• ni al 1non1cnto del crollo fascista, e l'educnzione delle generazioni sopravviventi. La considerazione del fnuo specifico pone il p,-o. blema. Esso dovrebbe considerar– si . fra i più pressanti e imn1e– diati. 4) Il P.L.J., il P.IU. , il P.S. D.I., non sono più orntai in con– dizione di riscattare l'antico sta– to di soggezione alla D.C. O sono stati cornplctan1entc elin1inati co– me organizzazione, o, non riuscen– do più ad esprin1cre dai loro nuclei alcun interesse politico e pubblico, sono diventati focolai di conservazione della apatia e della inerzia tradjzionali dei << ga– lantuon1ini », vecchi o giovani che siano, in voglia continua ed in– soddisfalla di carte napoletane o di aneddoti sconci. 5) Lu nostra esistenza, La esistenza cioè di n1inoranze in for .. n1a~ione dcn1ocratica e socialista, che conservano posizioni, or111ai non più d'u,•anguardia rna di :rin• cea. Una posizione sernpre piì1 dif .. ficile, perché sempre n1cno soste• nuta dalle retroguardie solide che - ahneno dopo )a resistenza - sen1brava si formassero nel Nord. Una esistenza che deve essere di n1onito. Esprime una volontà di chiarezza e di pulizia; la ne– cessità di afTerrnare un metodo di vita pubblica, che non sia né quello clericale, né quello comu• nista; il do,•ere di contarsi e di continuare disperatmnente a cre– dere che si possa ancora influire in una situazione 1nobile che sen1bra èil;littnre 1nns~i(·cia veri;.o un dialogo definitivo - che pur deve esse– re spezzato - non più tra co– n1unisti e clericali, ma fra comu– nisti e reazione. Che contano in sin1ili frangenti uno o dieci consiglieri, come del resto uno o dieci deputati'? Non è il successo che deve ipotecare l'u– zionc, nrn l'azione deve essere ini• ziata cornè fine a se stessa. Que– sta azione che è l'unica ormai equivalente ai termini dj Libcrtà– De1nocrazia-Socialis1no-Repubblica. Basto.l procedere per elirninazio– ne, come noi abbiamo proceduto, nella rnodesta conlingenza deJlc nostre amrninislrative. a) La decisione di non farsi assorbire dal conforn1isrno rosso, anche quando le circostanze avreb– bero potuto giusti fica re uno schie– rarnento unitario in funzione del cun1ulo degli « anti »: antifasci- · sn10, anthnonarchis1no <1ualunqui– stico. Rovesciando le pos1z1oni, al– lorché si è lcntuto )'assorbin1ento del con1unfusionisn10 rosso, esso si è sottratto alla sollecitazione, ci ha isolati, ha scoperto in se stesso una negazione ben definita verso <1uanto avrebbe potuto crear– si di «cittadino>>, liste o paterac– chi che fossero, ha cercato ultroYe le appendici idioti. b) La impossibilità provala di riunimare su posizioni automi– sliche e nuo,•e la n1c1à de1nocrati– ca (P.L.J. . P.R.I. - P.S.O.J.) del ,,ecchio centrisn10 degasper-iano. Ci si è trovati fra sepolcreti dove ancora per vegetazione spontanea nascevano piacevoli fiorellini e si conservavano austeri cipressi, n1a dove purtroppo si avvertiva l'as– !.iCnza della vita. Se abbassassimo la nostro saracinesca, chiuderemmo la hot• tega della deinocrazia italiana. Ci siamo assunti una grave re– sponsabilità, tnaterializzando an– cora una volta una posizione che molti a,,evano reputato e reputano, sbrigalivmnente, solo teorica ed jn– tellettualistica. Ma l'abbiamo fallo consapevoln1ente e con scrupolo. Un lungo, primitivo discorso. Ma è il di~orso di un gruppo di uomini che non vuole ancora ar– rendersi. BF-XIUIINO FISOCflll,\ RII SOMMARIO }'ltA:'iCESCOD}; ALOl'SIO: Ttaglonl clcll'USI (pag. 7) • UGO nu:111: Terreno comune (PMC. 1) - RltUXA TAl,LUltl: Socialismo U.C'pubblirn UIJut\ (pag. i). ltASSEGNE: I ali o, om11: La "qualificazione., in c:hiacciaia. (J)ag. ) - 1,av >rn , 11i1Hia .. ali: Rublnaccf per I sindacati f1~1:dsti (J>ng 4) - <.:u11e di Pm dr,: Pronostico impossibile (pag. 4) - 1:; oior,ii nel mo,,do: L'oradeJln :"CClta,di .PA0l,0 YtTTOu;u.1 (pag. ) · J .ll ,,, , di PIC (pag. ) - Pllqine di culturu cuutempora,,ell: Rfe~amc del marxismo (I), di Jom; STRACHEY (pag. 8). RISPOSTAA GIORGIOSPINI LABOR6BESIA IT LIA non fa riforme N . ELL'ARTJCOLO (( Obiettivi SO· cialisti », pubblicato . nel N. 19 di « Nuova Repub– plica », Giorgio Spini ha prospet• tato l'esigeòza di un programma realizzabile a breve scadenza, e che sia valido non solo per i mo– vimenti socia! isti, ma che permet– ta di agganciart « i più larghi stra– ti possibili de!Popinione pubblica e della democrazia non socialista». Se si trattasse solo di questa esi– genza, una discussione sarebbe su– perflua. Il punto, sul quale una di– scussione ci sembr.' 1tile, riguarda invece la diagnosi che Spini ci ha presentato, come premessa. Spini scrive: « Oggi essa (la borghesia) ha capito finàlmente di poter fare a meno di questi tutori impiccioni ed ottusi, ed accetta di nuovo la guida dei nepoti legittimi dei moderati lombar.di o piemontesi del Risorgimento. Leva di mano il potere agli avvocatucci di provin– cia e lo confida ai Pella ed ai Bre– sciani - Turroni: gli uomini della più vera borghesia italiana, e della più degna di questo nome, cioè del mondo delle industrie e dei commerci della Valle Padana. Qob– biamo poi rammaricarcene noi so– cialisti?». E più oltre accentua mag– giormente il suo pensiero: « ... è possibile che (i/ governo Pelta) affronti il problema della miseria colla stessa serietà con cui lo han– no affrontato i democristiani tede– sd1i... Da sogno di pionieri questa lotta (contro la miseria) sta diven– tando un problema di normale buo– na amministrazione». Notiamo per inciso che non sia– mo così sicuri come Spini che la democrazia cristiana tedesca abbia affrontato con tanta serietà la lot– ta contro la miseria. Alcuni dati al riguardo si possono vedere in un recentissimo Jibro di Alfred Gros– ser (L' Altemagne de l'occident . Parigi 1953). Ma lasciamo stare questo problema che ci porterebbe fuori del seminato. Ciò che ci pre– me di stabilire è che le cose in Ita- 1 ia non sono andate così come Spi– ni dice. Liberi tutti di non aver sim– patico De Gasperi : sarebbe assur– do per un socialista non dare un giudizio più che negativo su tutta la sua politica. Ma bisogna guar– darsi dal cadere in quelle forme di nevrastenia laicista, che fa perde– re di vista che, p.e., De Gasperi subì il carcere sotto il fascismo, mentre Pella fu podestà (o vice– podestà, non ricordiamo bene) di Biella. Se si incomincia, per amor di tesi, a svisare incoscientemente la realtà, passo passo, si arriva a conclusioni assurde. Che cosa sono stati, dal '47 al •51, i vari gabinet– ti De Gasperi? Il tentativo di so– stituire una classe dirigente nuova, costituita dagli anziani del Parti– to Popolare e dalle nuove leve dell"Azione Cattolica, alla classe di– rigente liberale-fascista (perché far finta di dimenticare che i due ter– mini si sono quasi perfettamente corrisposti?). Si griderà subito : cle– ricalizzazione dello stato! Esatta– mente: e non saremo certo noi ad approvarla. Ma non si può vedere cl1e, sia pure senza convinzione e con metodi che noi respingiamo, si cercò di svincolare - senza riu– scirvi - la politica del governo da quella delle tradizionali forze rea– zionarie italiane. Il sogno di molti dei « dossettiani » fu proprio cl1e questo svincolamento fosse possibi– le: e si tentò persino di costruirne gli strumenti: gli enti di riforma, non legati alla burocrazia statale. Questo tentativo è clamorosa– mente fallito. Non si può però ignorare che ci sia stato. E, passan– do all'altro termine, come gmdica– re il governo Pella? La nostra valutazione è strettamente legata alla precedente. E ci permette di non cader vittime di quel diso– rientamento che caratterizza p. e. l'atteggiamento dell"organo libera– le « Il Mondo » nei confronti del governo Pella, e che è causato pro– prio dallo stupore dei risultati di una battaglia vinta. Per anni inte– ri si è sparato contro le mura della cittadella « clericale ». Quan– do queste sono cadute, ci si aspet– tava di vederne uscire la bella ad– dormentata, lo stato liberale « sof- focato » per tanto tempo; ed è rivenuto fuori invece lo stato fa. scista, che poi non è che il vec– cl1io stato italiano, del 1919 e del 1943. E, per carità, non si fac– ciano dei panegirici alla « più vera borghesia italiana, del mondo del– le industrie e dei commerci della Valle Padana » ! Ernesto Rossi ci ha ins~gnato che cosa è questa borghesia, che ha mangiato prima del fascismo, col fascismo, dopo il fascismo, che ha sempre tenuto in mano le leve del potere, che ha sempre bloccato, succhiando i mi- liardi, ogni velleità di riforme so– ciali, soprattutto nel mezzogiorno. È da essa che Spini si aspetta una lotta contro la miseria? Neanche noi - ci mancherebbe altro - rimpiangiamo De Gasperi. Però, prima di tutto, ci rifiutiamo di porre il problema come una con- • trapposizione tra governo clericale (De Gasperi) e governo borghese (Pella). Questo è soltanto un lato, ed in verità non dei più importan– ti - per lo meno per un socialista - della questione. La verità è un· altra : cl1e la borghesia italiana ha ritrovato sì la sua strada, ma questa. non è tanto quella dei « ni– poti legittimi dei moderati lom– bardi o piemontesi del Risorgimen– to » (il risorgimento è lontano, ed uno storico come Spini sa benissi– mo quanto siano pericolosi certi riavvicinamenti), ma piuttosto quel– la dei prefetti, dei questori e dei magistrati di Bonomi, di Giolitti e di Mussolini. Questo è il vecchio stato della borghesia italiana, che si è camuffato nel 1945 con panni de– mocratici, e che, poco a poco, ha gettato la maschera. Qualche anno fa, un segretario provinciale della D.C. contava più di un prefetto: poco a poco questo rapporto si va rovesciando: crediamo sul serio che il movimento operaio ce ne guada– gni qualche cosa? Alcuni dei più maneggioni ed intriganti uomini che erano stati con De Gasperi al governo, ne sono stati espulsi. Vuol dire che la Con/industria non ha più bisogno dei loro uffici, e che può agire direttamente, con i suoi propri uomini. ! questo un guada– gno per il movimento operaio? Nel 1947, con la rottura del tripartito, furono cacciate dal governo le for– ze popolari, organizzate nei partiti di sinistra. Nell'estate del 1951, quando Pella riportò, durante una famosa crisi, la vittoria decisiva su Dossetti, furono cacciate dal Go– verno le forze cattoliche che vole– vano non distruggere, ma superare lo stato borghese. Da allora è ini– ziato il processo che ci porta, oggi, alla alleanza palese tra Pella e Lai>– ro. E" il caso di rallegrarsene? In verità, c'è una ragione di ot– timismo, ma è opposta a quella che crede Spini. Ed è che, forse, molta gente sta aprendo gli occhi. E noi dobbiamo, nei confronti di 9uesti, abbandonare ogni posizione (seuue in 2 • paoina)

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