Nuova Repubblica - anno I - n. 21 - 5 novembre 1953

2 terna eJ internazionale del periodo fa. scista? La prepotente dominazione su– gli sla,·l del retroterra, l'in\'asione del– la Jugoslavia' E il turbine dell'ultima guena-rivoluzione? E Je successive «foibe» di Tito? ... « Come infine non tener conto di una realt:i: la costa ha bisogno del re– troterra. il retroterra ha bisogno della costa! « Costa italiana e retroterra slavo, ciascuno dalla propria parte. assoluta– mentt non possono, non devono, non vogliono soggiacere a formazione polili– ca straniera ». Una Federazione italo-iugoslava sul– la costa illirica dell.Adriatico, apertis– sima con trattati commerciali alla Jugo– sla-·ia. sarebbe - ella si chiede - un sogno irraggiungibile? on dovrem– mo vedere in comunit:ì politiche di questo genere l'elemento base della Federazione europea? L'idea di una federazione illirica richiederebbe un'ampia impostazione e potrebbe essere dai più chiamata un so– gno; ma << ogni altra proposta di so– luzione sfocia in elementi di perenne discordia e di minacce di guerra». Con queste parole Ernesta Battisti ha detto ciò che, allo stato confuso e ·inespres– so, è nell'animo di molti; ha detto cose semplici e sagge che la comune umanità seme e comprende. ella sua modestia, ha parlato come parlano i grandi inascoltati. L'Europa non può risorgere e unir– si sulla base immutata degli Stati na– zionalt sonani; questi organismi han– no ereditato i difetti degli antichi Sta– ti assoluti. Come al tempo di Luigi XVI la Repubblica di Ginevra, così nelrEuropa di oggi le piccole comu– nità (la cosiddetta Piccola Europa, ul– tima riduzione programmatica degli Sta– ti Uniti d·Europa) possono costituire una garanzia di sicurezz:i e di libertà fra i grandi Stati del mondo. A proposito della Germania, che nell'auspicata comunità europea già mi– naccia di rialzare le insegne del Sacro Romano Impero di asburgica e medioe– , aie memoria (e si sta preparando la piattaforma. la C.E.D., su cui far cre– scere il colosso prima ancora di porre le garanzie costituzionali della Piccola Europa). ,·orrei ricordare le parole di un'altra donna. consapev~le e pensosa, ramerican, Gertrude Baer della Wo- 111e11's /111e'11.llional League Jo,- Peace and Freedom. Alla conferenza di quest·estate del Comitato Internazionale di collegamen– to delle Organizzazioni per la Pace (1.t'.C.0.P.). riunitasi a Stalden (Ber– na). Gertrude Baer ha sostenuto la pro– posta di una federazione degli Stati germanici come presupposto e condizio– ne della riunificazione della Germania. L'na federazione di Stati tedeschi del– l'Ovest e dell·Est - in luogo di un unico Reich o, peggio. di due poten– zi:ni Rtith. l'oc.::identale e l'orientale. l'un contro l'altro armato - p~ò essere un importante nucleo degli Stati Uni– ti d·Europa e perciò stesso garanzia del– la pace. La conferenza è stata di di,·erso ::l\'– viso e ha chiesto alle quattro Poten– ze libere elezioni per un governo del– la Germania unificata, col quale con– cludere il trattato di pace. Quale delle due proposte è meno lontana dal so– gno e più realizzabile? In Germania come a Trieste, ovun– que è maggiore l'attrito fra l'Occidente e l'Oriente, si prepara il destino fu. turo: la spartizione e la guerra, se• tondo il ,·ecchio metodo non ancora di– smesso della politica territoriale de– gli Stati, o la convivenza, l'autonomia e la pace. Fin Ja ora si sceglie. LUIGI KéDELLI NUOVA REPUBBLICA I L'AVVENTURA DELL'ECONOMIA 1T ALI NA I LA MAFIA DEL NORD Un pnmo discutere i realmente il sguardopanoramico : per passaredi volta !in voltaa paradossidel nostro sistema economico, a vedere voltodei monopoli, di quella" mafia del nord ,, cheha servito il fascismo per potersene servire. e ON questo titolo, Giuseppe Vin– ci ha ,·oluto offrirci una !ierie di testimonianze sugli Enti parassi– tari e sui privilegi monopolistici che da anni imperversano in Jtalia. Ricordiamo di aver letto qualche ::in– no fa sulle pagine di « Cronache So– ciali » una domanda di questo gene– re: « Chi è il responsabile della po- 1 itica economfra in ftalia? » a cui si ri– spondeva francamente così : « A ben guardare e prescindendo da ogni con– siderazione di carattere giuridico, un responsabile vero e proprio non esiste». Ci sono - è vero - i responsabi– li, i troppi e più o meno responsabili della nostra economia, quelli che viva– cemente Giuseppe Vinci definisce « ma– fia ». e che possono . concedersi il lusso di fare il bello ed il brutto tem– po senza chiedere licenza ad alcuno. Lo stesso articolista di « Cronache Sociali.» faceva inoltre osservare che sovente l'argomento « problemi di fon– do dell'economia italiana>> da noi è assai spesso trascurato in sede governati– va per essere assorbito in un proble– ma di politica del bilancio, del credi– to e della moneta, visto in un ambito di carattere congiunturale. Ora scoprire volta per volt.1 i mo– tivi delle drammatiche anomalie della nostra politica è per noi una fonda– mentale ragione di richiamare l'opinio– ne pubblica italiana a vedere finalmen– te in faccia e con tutta spregiudica– tezza il volto della crisi che purtroppo ci colpisce tutti in un identico stato di depressione e di inferioruii. Si è detto anzitutto e ripetuto che la P.iaga dell'Italia si chiama diJocrn– pazioue. Jn Jtalia oltre un milione di unità lavorative, fra le qualj primeggia la gioventù, grava interamente sulle spal– le dell'economia efficiente. Alla domanda: come risolvere il problema, si sono date, com'era pre– vedibile, le risposte pii, disparate: in– tervenga lo Stato con un piano, dice– vano i primi; inten·enga l'iniziativa pri,ata, lo Stato non farebbe che della demagogia ai danni dell·economia, di– cevano i secondi. In ogni caso, chi volesse afferma– re che in Italia la _politica economica è impostata liberistirameute, sarebbe senz·a1tro nell'errore perché nessuno che abbia sott·occhio il quadro della nostra economia, tarderebbe a ricono– scere che la sola ispirazione di quel– la è il compromesso, e cioè la poli– tica economica « fatta di provvedimenti e di provvidenze che traggono la loro origine dall·urgenza dei fatti quoti– diani e non dalla meditata impostazione di fini e di soluzioni ad ampio re– spiro». A questo punto non parrà vero a pii, d·uno di chiederci se la difesa intransigente della. moneta (linea che sta alla base della nostra economia) non ,·oglia automaticamente significa– re proprio la conditio 1i11eq11a 11011 d'una economia che, comunque sia, non voglia essere demagogicamente delete– na. l'na domanda e insieme una rispo– ~ta di questo genere, non possiamo nascondercelo, peccano purtroppo di una certa gratuità. .E stato mai provato che necessaria– mente si sboccherebbe nel!' inflazione staccandoci dalla strenua difesa della moneta così com'è contemplata nella « linea Pella »? Quando mai, ad esempio, si è , e– nuti a considerare la natura di un paese sovrapopolato come il nostro, per chiedersi di conseguenza se la nostra politica economica soffre o non soffre di alternative? La domanda, potrebbe apparire inge– nua se disgraziatamente i fatti ogni giorno non fossero qui a dimostrarci che poco o nulla si è fatto per consi– derare seriamente la possibilità di al– ternative: consci di sanare progressi• vamente la piaga italiana data « dallo sfasamento esistente tra l'andamento dell'occupazione e del reddito 11azio– nale da un lato e l'aumento della do– manda di lavoro e di maggior reddito dall'altro, domanda espressa da ceti e da regioni che erano rimasti, per così dire, ai margini dell'attività eco– nomica del paese ». .E stato più volte affennato che il problema economico risulta dalla comi binazione di un ristagno industriale del Tord (<li cui i""--1-ecentilicenziamenti nel settore siderurgico dimostrano la gravità) e di uno stato di sovrapopo– lazione agricola nel Sud. Orbene, tale innegabile combinazione, di per sé addita chiaramente quale sia l'unica soluzione possibile: un piano di am– pi investimenti nel Sud, capace di al– largare il mercato interno in modo da garantire la piena utilizzazione del– l'apparato industriale del 1 ord. I, evidente quanta debba essere la parte dello Stato davanti a questa solu– zione, che si presenta come la sola capace di risolvere la crisi di un'in– dustria destinata a fiaccare sempre più l'economia nazionale per via di quel– la tendenza «trivellatrice» cara ai complessi siderurgici, la vera e pro• pria « mafia del Nord ». Come si può dunque pensare ad un processo di razionalizzazione della no– stra economia quando si evita di pen– sare ad una autorità capace di im– porsi a interessi contrastanti e dotata di poteri occorrenti per risolvere i problemi sociali conseguenti alle con– centrazioni e alle trasformazioni? Il problema della disoccupazione at• tende proprio da questa autorità lo sblocco di una situaziont che minaccia di incancrenirsi, anche perché << gran parte <lei pro\'vedim<:nti <:conomi<.i in Italia sono dettati dalla contingenza e molto spesso arrivano quando quella contingenza è stata praticamente supe· rata ». Dovremmo ad un certo momento di• menticare la costituzione dell'IRI, ve– nuto a por fine alla disastrosa prati– ca dei salvataggi bancari che furono la conseguenza del disinteresse dello Stato? Quando vediamo oggi lo Stato inter– venire per sanare perdite o per sov– venire disoccupati, non possiamo non pensare che a tale politica si giunge automaticamente ogni qual volta si trascura un'azione di guida e di orga– nizzazione, concepita come funzione pubblica. Ora dovrà essere doppiam<:me chiaro che non basta un·azione tesa a risol– vere nel Sud il secolare terna delle « aree depresse » se lo Stato non ri– volge la sua autorità verso l'industria del Nord. che da anni esercita libera– mente, anzi tramite lo Stato stesso, il più imponente drenaggio di capita– li del Sud. Sono novant'anni che que ta fune– sta politica economica imperversa in Italia. Novant'anni minuziosamente docu- 1nentat1 da Sturzo a Einaudi, da De Meo a Panfilo Gentile a Ernesto Rossi. Davanti a questa vasta e profonda documentazione. non resta che da chie– derci ancora una \·olta se effettivamente la politica economica della « linea Pella » sia sufficiente a risolvere e a guarire i drammatici traumi del no– stro Paese; se veramente, per l'assenza di un vero e proprio responsabile del– la nostra poi itica economica. non sia l'internazionale dei monopoli prospe– rante all'insegna del protezionismo, la unica forza determinante dell'economia italiana. Abbiamo voluto in questa prima parte della nostra inchiesta gettare uno sguardo panoramico su quella che ver– remo chiamando « l'an 1 entur:1 dell'eco– nomia italiana ». Ci sarà dato di ,·olta in volta la possibilità di discutere e di documentare i paradossi del nostro si– stema economico, di vedere realmente in faccia il ,·olto dei trust, dei mono– poli. quella « mafia del Nord » che ha servito il fascismo per potersene ser• vire e continua a considerare i go\'erni attuali e futuri alla stregua dei suoi consigli d'amministrazione. FIIA-"l>O .,IOlt,l.-"DI Un vecchio e tenace ordito La II linea '.' della restaurazione Le ._,lluvioni che si sono ~cale• nate in Calabria hunno provocato distruzioni, lutti e rovine di en– tità - si dice - non inferiore a quelli elci Polesine, lo scorSo an– no, Il go,·erno {' intervenuto con uno stanzian1ento importante, !-i sono ,nobilitate alcune or~aniz– zazioni di soccorso, si sono sgo,n• bruti edifici scolastici per dar luo– :;{O a una nuo,·a ondata di sfollati, di profughi. I funerali delle vit– ti111e sono stati fatti a spese dello Stuto. I parlainentari calabresi di tulli i partiti si riuniscono per concordare le misure di en1ergen .. zu, di ricostruzione. Intanto, sulle cuse distrutte, sui campi diventati l'iterili torna il huon sole italiuno, e - con e so - il facile oh1ìo. Ma non c'i· nessuno che non si domandi: la furia degli elemcn• ti potrcbhe h,nto, avrebbe poluto tanto, Se non s'incontrasse con la incuria, con la rcs1>onsabilità de– gli uornini"? Esiste una legge per la 111ontagna, che risale ai pritni unni del secolo: quesh1 legge, se,n• pliccmcntc, non ;. statu 1nai ap– J>licatu. Il disl,oscamcnto è seguito totale, bestiale; le opere idrauli– che ulle sorgenli e lungo l'alto corso dei torrenli e dei fìun1i non sono eseguite; <ruelle poche che si on fatte riguarduno i corsi di acqua già a valle, e t>oco servono u J·isciplinarne l'irruenza, e sono eseguite •·ort materiale scadente. incapace di resistere al tempo: la ricostruzione edilizia con elc• menturi criteri di urbanistica n10• clcrnu {' di là da venire, e i vecchi paesi dei contadini restano ah– burbicati uUe mote e alle frutlc Scoscese, in attesa che il terreno fruni, una notte, portando con :,é e case e figli. Questo, nonostante tutto, con– tinua ancora ad essere, nell'anno di grazia 1953, il , 1 oho di buona purte del Mezzogiorno d'ltaliu: an– che se sui crocicchi delle strade nrnestre, do,·c passano le auton10- hili dei ,·jsitatori di parata, siano disscrninate come in n,ostra alcune linde c.asctte degli enti di bonifica, e cartelli indicatori d'ogni colore. L'articolo di Anna Gurofalo, puh– blicalo qui di contro, è forsb i) conunento migliore alla situazio• ne: che persiste tale da richiedere la dedizione J>ersonale dei singoli, dei pionieri, più coscienti che non si può atte,ulere di quanto non lo sia questo nostro Stato burocratico, snacchinoso, « rnnfioso », uttra'\'er– so i cui mille ri\'o1i si dis1>crdono i miliardi. Riproponendo con una serie di inchiesle il problema del Mezzo– giorno in tulli i suoi aspetti, « Nuo– va Repubblica » riprende una lot– ta che ha dietro di sé una ful~i– da storia. Certo, le condizioni sono ca1nbia1e dai te,npi di Franchetti, di ulven1ini, di Dorso: n1a quanto ca1nbiute se il bunditismo, questa truce eloquente espressione di mi• seria, fa ancora la sua comparoa alle 11or1e di Palermo·!

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