Nuova Repubblica - anno I - n. 18 - 20 settembre 1953

8 NUOVA REPUBBLICA CA SCUOCA DfGCl UBBIDtenTt Tuili gii<lano « libe, tà, libe11à • e invece io dico « Ubbidienzo, 11bbidit:n1.a •· Pio 1x H o letto sul « Mondo » ciel 4 agosto un articolo cli Francesco C1logero (« La scuola dei nevra– stenici>>) che propone :t.i ]eltori italiani una scuola s.enza interrogazioni, sul ti– po di quella canadese. Una riforma del– l'apparato (cattedra - registri - inter– rogazioni - note di condotta) appare molto importante come elemento in funzione di una più profonda riforma che rivoluzioni il rapporto di antinomia e di sudditanza che esiste fra studenti e professori per creare nella scuola un'atmosfera di più cordiale amicizia e di più proficua collaborazione. Quan– do Calogero accenna che non si va a scuola per essere ab orac11/o « insegna– ti », ammette implicitamente che non basta una riforma dell'apparato este– riore, almeno non basta qui in Jtalia per le ragioni che dirò e che mi sem– brano corrispondere alla realtà. Attraverso l'esperienza della scuola canadese Calogero arriva a delle con– clusioni che quasi tutti noi studenti di scuole italiane, giunti a tali conclusio– ni per altre vie, possiamo condividere; però gli sfugge forse la radice del male per la scarsa conoscenza delle peggiori scuole italiane (egli afferma di non potersi lagnare dei suoi profes– sori). Mi permetto di parlare della mia esperienza scolastica, che si può divi– dere grosso modo in: 1) Scuola gesuitica (in un tipico «collegio»); 2) cuoia di Stato. Frequentai la prima dalla terza media alla quinta ginnasio e poi feci il liceo classico in una scuola di stato perché· non mi restava altra scelta: in collegio tutti, preti compresi, dicevano che dopo la quinta ginnasio si poteva passare al Jiceo scientifico, bastava far gli esami, che del resto si facevano and,e per passare al classico(!) (da notare che nel collegio non c'era il liceo scienti• I/onere Se voi interrogale un contri– buente italiano, qualunque sia la classe sociale a cui appartie– ne, egli vi risponderà con piena convinzio,ie che nessun popolo al mondo è tanto tassato come il nostro. lo stesso, molle volte, leg– gerulo il confronto, slra,io e umi– linnle, fra quello che paga i" media un citt.adino inglese o nord-americano, e la cifra rela• tivamente assai bassa da cui è gravato il contribuente italiano, ho dubitato che il co11fronlo fos– se limitalo ai tributi diretti, me11- tre i rwtissimo che da noi quasi i quallro qui11li delle entrate del– lo Stato sono dati 1/alle imposte indirette. Ma i" realtà il mio dubbio era del lullo infondato: il confro,,lo fra l'onere fiscafe degli ilalia'1i e quello degli altri Stati dell'Europa occidentale si fo.,da precisamente sul quoziente delle entrale fiscali complessive per il numero degli o fico). Crc-do di poter risparmiare una minuta descrizione di una scuOla di que– sto tipo perché purtroppo l'abbondan– za di scuole simili me ne dispensa. Co– munque può farsene una vaga idea chi abbi3 conoscenza dei famosi « eser– cizi spirituali » nei quali tutto è già fissato: dall'orario scandito a suon di campanella, ai libri di lettura, alle pre– diche, alle conclusioni. Tutto «dato», «fornito». 8 utile a capire quella temperie una certa familiarità con la cultura cattolica, per esempio con le dimostrazioni cor– renti che il cattolicesimo è la religione migliore (nessun confronto con le altre religioni, metodicamente ignorate). Un fatto poi mi impressionò, nella vita di quel collegio, cioè che la spia fosse incoraggiata e lodata. Concludo: l'at– mosfera d'incubo di certe scuole non si deve ricercare, o almeno non solo, nelle interrogazioni. A parte le tracce profonde che re– stano ancora delle origini controrifor– mistiche della scuola classica, oggi mol– tissimi professori anche di ruolo pro– vengono da seminari o da collegi dove si costringe a imparare automaticamente, a obbedire perinde ac radaver e in tal modo non si <limno agli scolari le pre– messe per instaurare nella scuola - una volta divenuti professori - un'at– mosfera di libertà o almeno di fiducia e rispetto della persona Iità del ragazzo. la quale dovrebbe esser vista come obiettivo da raggiungere, non come ogsetto di repressione necessaria. Ma per chi è abituato al dogma è « natu– rale » iura,-e iu verba magiJ1ri 1 di quel maestro che parla ex cattedra, dall'alto della sua autorità (in stretto rapporto con Ja sua - sia pur titolata - igno– ranza pedagogica). Per tali professori l'uomo è un buco, un buco da riempi– re e imbottire della grazia di .Dio pre– scritta dai programmi ministeriali. Ini– ziativa e ricerca personale sono termini sconosciuti al loro vocabolario. Credo che queste siano le ragioni per cui siamo ancora lontani da una scuola nella quale lo studente possa trattare col professore da uomo a uomo, e que– sti non sia più il carabiniere, anzi la legge stessa, in quanto autorizzato a far alto e basso senza curarsi di che cosa pensino quelli che egli si sente solo in dovere di catechizzare. Fortunatamente la. mia esperienza non si esaurì nella scuola gesuitica. Vorrei attestare qui che, nonostante i programmi, la scarsità di tempo e tutti i difetti e gli ostacoli che la scuola frappone, siamo riusciti a stabilire nel– le classi del nostro liceo fiducia e sim– patia. li professore, studioso di John Oewey e della pedagogia moderna, ha il merito principale di tale risultato. Egli girava fra i banchi, ci insegnava a studiare, era sempre fra <0oi anche se materialmente seduto sulla cattedra e cercava di non far assumere alle lezioni il carattere <li conferenze. I giorni di interrogazione si stabilivano di comune accordo. Le interros:azioni erano fatte con parecchi interrogati contemporanea– mente i quali sedevano sui primi ban– chi per non stancarsi a star sull'attenti tutta l'ora. A queste interrogazioni par– tecipava spesso l'intera classe. I giu– dizi poi venivano discussi assieme ai compagni di ogni interrogato e il voto non era tenuto segreto nel registro. Tutti portavano a scuola problemi non strettamente scolastici che venivano di– scussi, quando non c·era tempo, dopo la lezione o fuori. Le decisioni di ogni genere erano discusse in comune e spes– so si tenevano relazioni e discussioni che il professore ci insegnò a dirigere da noi, scegliendo uno di noi. li pro– fessore intanto sedeva sui nostri banchi. Se tutto questo in principio poté sem– brare a molti occasione di far baldoria la causa è da ricercare nel fatto che pri– ma eravamo abituati a « stare a stanga» e non concepivamo metodi diversi. L-i differenza fra le due scuole non sta nel « metodo di insegnamento » stret– tamente inteso ma nel!'« atmosfera so– ciale» della classe (un articolo sull'ar– gomento apparso sul New York Times, è stato trasmesso anche dalla R.A.I.: Benjamin Fine, « Atmosfera democra– tica, libertaria e autocritica nella scuola »). Una scuola gesuitica non può essere che autocratica con tanto di ipo– crisie e di lenocini. Una seria riforma della scuola non può dunque essere limitata ai program– mi; ma certo è indispensabile che anche questi siano profondamente mutati. An– zitutto Ja sproporzione fra materie scien– tifiche e letterarie. Poi le « lingue mor– te». Troppo spesso il latino è inse– gnato come lingua e basta, cioè come un enorme complesso di regole da sa– pere e applicare meccanicamente, utile ausilio a spersonalizzare e a creare le menti a cassettine. Se non c'è qualche professore in gamba si arriva all'uni– versità senza aver letto la costituzione, senza saper niente di economia tanto da essere incapaci di leggere e capire da soli un quotidiano (non è esagerato). Jn un tempo come il nostro pieno di « informazioni » noi usciamo dalla scuola ignorando ogni cosa sul nostro tempo . .8 da poco che i giornali hanno annunciato a titoli vistosi che un missio– nario non sapeva che era finita Ja La guerra mondiale. Uno che abbia finito il liceo, scolasticamente non va molto pili in I:\: sa che la la guerra mondia– le è finita. Jn una simile situazione pili uno è zelante e attaccato alla scuola e peggio sarà . .8 con amarezza che bi– sogna riconoscere la verità dell'afferma- fiscale degli ·italiani abitanti ed è appunto questo quo– ziente che colloca l'llafia all'ulti– mo posto fra lulli gli Stati presi in considerazio11e. Nell'anno fi– nnnziario 1952-1953 l'onere fisca– le medio per abitante misurato in dollari U.S.A. è stato: in Gran Bretngna di dollari 243 :> Norvegia :> 190 > Francia » 183 » Daniraarca » 174 » Belgio » 165 :> Germania occid. ~ 157 :> Olanda > 142 :> Ttalia » 59 Si obietterà che queste cifre tlSsolute signifira110 ben poco qunndo 11011 si tenga conio del diverso grado ,li ricchezza dei paesi tanto diversamente tassati. Ma quando pure l'onere fi– scale complessivo si valuti in raP• porlo al reddito nazionale, le dif– ferenze ne risultano sì notevol– mente attenuale, però, sussistono a~cora e l'Italia resta sempre al– /'ullimo posto. PERCENTUALE DELL'ONERE FISCA- LE SUL REDDITO NAZIONALE Gran Bretagna 30 Germania orcid. 26 Olanda 25 Norvegia 22 Belgio 20 Danimarca 20 Francia I9 Italia 17 Questa constatazione non vuol rerto condurre alla conclusione che si tlebba incoraggime il fisco a gravare ancora la ,nano sui tributi indiretti, ma dimostra quanta strr,da ci sia tla fart1 per raggiungere una maggiore giusti– zia nel nostro sistema tributa– rio ed ottenere che i redditi mag– giori non seguitino a sfuggire :ti modo tanto scandaloso alle im– poste direlle. g. I. zione finale cli C1logero: esistono po• chi studenti cui la scuola non è riuscita a far del male. E sono quelli che la scuola non assorbe completamente. la scuola non solo rende nevrastenici (il nostro edificio scolastico, per di più, era disturbato dalla vicinanza di una strada di grande traffico), ma spesso ostacola lo sviluppo della personalità. Infatti è pacifico che quella che do– veva essere una scuola « funzionale » per creare un gregge ossequiente al– J'ordine costituito e a una casta cle– ricale, si presenta del tutto inadegua– ta a creare degli uomini come indi– vidui e come elementi della società moderna. Mi si dirà che esagero, ma in molte scuole private assai poco è cambiato. Ad ogni modo, pur tenendo fermo che i gesuiti hanno il merito principale di tale situazione, conviene ammettere che vi sono molti altri arn– bienti nei quali trova posto una men– talità retriva . .D. necessario, come ha fatto Calogero, inserire il problema della scuola in quello più generale dei giovani. Essi non dovrebbero formare un mondo a sé, isolato da quello de– gli adulti - i « grandi », che do– vrebber~ comandare al « piccoli >~, ai « ragazzi » che dovrebbero obbedire e tacere « e il perché lo capirai quando sarai grande » « e i miei facevano così e tu ti rifarai quando avrai figlioli ». lo Stato, da parte sua, prende po– sizione in senso analogo ad un mio professore che gridava spesso: « il col– tello per il manico lo tengo io ». Si legga il tema dato quest'anno al con– corso magistrale: « Q11alcu110 aJSeriue che il maestro non deve «formare» i suoi alunni secondo un determinato tipo o modello umano che egli ha nella mente, bensì solo seguirli e « in– terpretarli », così che ciascuno sviluppi la sua personalità. Che si deve pensare di una ta/p affermazione? P. essa con– forme, e fino a rhe p1m10, ai prin– cipi della moderna pedagogia? ». Questo serve di selezione per i nuo– vi maestri. Ma lo spirito gesuitico di negazione della libertà si manifesta for– se più concretamente nei metodi odio– si usati verso i professori migliori che già insegnano. Non c'è pace per gli uomini di buona volontà: questi ven– gono accusati di idee sovversive, e con– trollati ogni anno da appositi ispet– tori; e il preside domanda ai « primi della classe » che cosa insegni il tale professore e via di questo passo. .8 appunto il caso del professore di cui sopra ho parlato (egli fu l'unico che protestò energicamente quando si trat– tò di difendere la dignità della scuola da un intervento della polizia. Fu « fer– mato » nella scuola st~ssa per aver di– chiarato che in iscuola non accet– tava ordini dal questurino), e che viene spesso accusato di parlar di politica (11ihil de pri11cipel) mentre si sa che il solo che può farlo impunemente è il professore di religione. Durante que– ste ore si fa propaganda, si insultano i colleghi professori subdolamente, si fanno referendum su chi legge la bib– bia ( immaginarsi la sincerità degli sco– lari) o sulla stampa che circola nella propria casa; molti farebbero doman– da di essere esonerati dalle ore di re– ligione se non temessero le conseguen– ze che potrebbero essere cattiva dispo– sizione da parte del preside nei loro confronti, o una bocciatura da parte di professori clericali che insegnano al– Ire materie, o rappresaglie di altri tipo. Credo sia bene far sentire anche la nostra voce perché non si sentano soli i professori più progressivi che com– battono per una scuola migliore. Noi dal liceo siarne fuori ormai, e parlia– mo per quelli che verranno: quelli che frequentano la scuola facendo libe– ramente le loro denunce si esporreb– bero a pericoli che non dovrebbero esi– stere in regime democratico. Anche per questo abbiamo sentito che lo scrivere questo articolo era essenzialmente un dovere. CIJtLO PINflN POST DELDIRETTORE OOLPEl'OLI E l\:O Caro direttore, ho visto che « Nuova Repubblica:,, si è associata, con opportune paro• le, al coro di prolesle per le molto singolnri indagini sul delitto di E11- trèves. Ricordo pure che « Nuoua Repubblica> ha pubblicalo (11, I I del 5 giugno 1953) tielle linee pro– grammatiche, ove figurano, al punto 5, concrete proposte in merito aria tutela delle libertà del cilladino. 11 da augurarsi "" approfondilo dibat– tilo su questi scollanti problemi. lo, però, vorrei far notare che si possono proporre e - col tempo .., - realizzare molle particolari rifor– me, ma in definitiva non si risolve gran che se non rovesciamo il can– cello per cui un ciltgpino, appe"a indizialo, deve fornire la prova della sua «pretesa> innocenza e se non ricorda, mettiamo, dove fosse olle ore 15 di tre m,si prima e c/ie cosa facesse e perché lo facesse e chi l'ab– bia veduto, son guai seri. Voi, autorità inquirenti, dovete· dimostrare la mia colpevolezza, noH io - cittadino - darvi la prova che non so110 colpevole sì che, nel caso in cui non sia in grado di darla. vuol dire che ho proprio assassirrnto, rubato ecc. ecc.! .... Strana logica di un mondo preteso superalore di ta71li sofismi del pas– sato. Con i più cordiali saluti PILADE SILVESTIII Vicolo del Tinti, 3 Pisa PEIISEl'EHJ\IIE Cari compagni, con grande socldisfa1ione venni :I conoscenza, poco prima delle elezio– ni, del Movimento cli « Autonomia Socialista.:). A mio modesto parere questo movimento dovrebbe affermar– si come forza equilibratrice nelle competizioni sociali (in un primo tempo) e accel/eralrice delle riforme sociali che conducono alla radicale trasformazione della società: è un movimento degno del migliore avve– nire e dovrebbe, quando sarà possi– bile, dar luogo a un partito, Voi certamente, animosi e valorosi com– pagni, non vi fermerete alla forma– zione di un semplice raggruppamen– to, ma contribuirete a rinnovare nel– la sostanza e nella forma il socialismo dei nostri padri. Voi avete rotto defi,,itivamenle i ponti con la ... troppo e destra socialista > che ha compromesso la nostra dottrina con le continue rinunce. Pure Nenni e compagni hanno sbagliato strada agganciandosi ai co– munisti. t il caso di dire: i socia– listi hanno rovinalo il socialismo. Purtroppo! Ironia della sorte! Ma perseverate, cari compagni, perché sia soddisfatto il legittimo de– siderio di rivedere un socialismo yni– to e forte. Con i più fervidi auguri da parte di un vecchio socialista della scuola di Turati EDO.lRDO VAROTTO Via Bartolomeo Cristofori, 7 Padova NUOVA REPUBBLIC fll/lNIHCINAJ,B 1'01,ITICO Esu il 5 e il 20 di opi mese io ottopqiae Comiraio Dirdiiuo: P.Clllffl• T.COOIGNOLA • A.GREPPI· .IITTORElll R«iaalon•• Ftr<D&e, Piuza della Llhutl 15 (50,998) Ammlnlura1ion,: Ffrenu, Plana lndlpe.ndensa, 29 (22.058) e/e po,tale 5/6261 (Lo Nuoi,a llali'a) FJrenH Abbonam. annuo L. 800; Stmeatrale L. 450; E.tero L 1000; Sotteo.ltore L. 6000; Sot– toecriuore quota ... u. di almeno L 200 Un• t.opla L. &I • .J.rr.c,.,. L. 60 Aut11ln, llltl Trib. di Flrtnit •• 178 dtl 90,.12-1952 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: Tristano Codignola

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