Lo Stato - anno II - n. 21-22 - 30 lug.-10 ago. 1961

che bandiva e professava, l'esi– genza unitaria non si sarebbe presentata per nulla. Questa impostazione ha almeno il pre– gio della coerenza e della sin– cerità, e come tale va preferita alle ipocrisie e alle arrampicate sugli specchi, in cui si produco– no altri storici della stessa ten– denza. L'unità nazionale è qui vista come un fatto assoluta– mente complementare e stru– mentale: null'altro che un mez– zo, il fine essendo non la Nazio– ne ma la libertà. Se verso la Na– zione si andava, ciò era soltan– to perché si diffondeva la con– vinzione - è qui il Croce che parla - « che la fortuna del si– stema repubblicano non potesse fondarsi se non sulla base del– l'indipendenza e dell'unità ita– liana». I documenti addotti dal Vac– carino provano abbastanza ef– ficacemente questo alternarsi di speranze e di delusioni nei gruppi dei liberali italiani, di fronte all'azione militare e po– litica della Francia, descrivono la reazione verificatasi di fron– te alla sua invadenza ed al pe– sante dominio da essa esercita– to, ed il sorgere ed il tessersi delle prime cospirazioni degli e<anarchistes ,> fra i quali co– mincia ad entrare - quasi in– dotta a forza dalle circostanze esterne - l'idea dell'unità. Non facciamo molta fatica, a dire il vero, a credere che le cose si siano svolte all'incirca in que– sti termini. In effetti non si ve– de perché, negli ambienti dei liberali dell'epoca, le ideologie illuministiche avrebbero dovu– to p1'0durre di per sè stesse, in virtù cioè di conseguenze logi– che dirette, l'idea dell'unità na– zionale. Quest'ultima non era affatto contenuta nelle prime, nemmeno potenzialmente o in germe. Si può anzi dire, che quelle ideologie erano il contrario e– satto di tutto ciò che verso l'u– nità poteva portare. Una Nazio– ne che sorge, deve compiere un processo di distacco, di diffe– renziazione, di individuazione della propria personalità dalle altre: va dunquè in una dire– zione opposta a quella dell'e .. guaglianza. Fatalmente, per Lo STATO inobianco trovare se stessa, per af!ermare sul piano morale la propria e– sistenza, e per comporla mate– rialmente sul piano pratico, deve contrapporsi a ciò che la circonda, e lottare dentro e fuo– ri dei proprii confini contro le forze ed i popoli che al suo sfor– zo unitario si oppongono; ed al– le. sue necessità vitali contra– stano: non può trovare posto in tutto questo il sentimento della fratellanza. L'unità politica ha bisogno di un'autorità intorno a cui racçogliersi, di un centro di forza e di volontà capace non solo di attrarre, ma an-che di spezzare con la necessaria du– rezza, gli ostacoli che intralcia– no il cammino: al formarsi di questa autorità ed al suo ener– gico e spregiudicato esercizio~ è fortemente nodvo il principio di libertà. Era invece del tutto possibi– le che questi principii, insieme alle idee cosmopolitiche e paci– fistiche che vi si accompagna– vano, trovassero attuazione nei confini dei vecchi stati, o nel– l'ambito di quelli nuovi traccia– ti dalla Francia, e perfino nel– l'unione diretta con lo stato francese. • Ai primi liberali italiani l'i– dea dell'unità può essersi pre– sentata effettivamente come u– na forma di reazione alla so– praffazione di cui si sentivano vittime, e come una conseguen– za dell'impossibilità di ottenere altrimenti la libertà politica. Ma è sufficiente una aspirazio– ne unitaria nata di riflesso in piccoli e non molto brillanti gruppi di intellettuali, per far sorgere una Nazione? E può u– na Nazione nascere solo perché viene considerata da alcuni co– me lo strumento per raggiun– gere la libertà? E' assai diffici– le che lo si possa sostenere. Se le idee rivoluzionarie erano i– nefficaci a suscitare di per se stesse il moto unitario, esse non potevano certo costituire la sor– gente spirituale e la forza :vita– le della Nazione. Evidentementè, tutto ciò che era alla base della Nazione che stava per risvegliarsi, doveva a– ver avuto origini diverse, ed es– sere formato da diversa sostan– za. E non è di conseguenza ere- dibile l'asserzione del Croce - in aperto contrasto con quanto da lui. stesso sostenuto, e che abbiamo riferito più sopra - secondo cui l'Italia non può in– tendersi « se non come quella che si venne formando attraver– so il razionalismo della fine del Sei e di tutto il Settecento, la idea di nazionalità del periodo romantico, la concezione stori– ca e liberale dell'Ottocento,, (1). La inconciliabilità delle idee _rivoluzionarie con tutta la pre– cedente tradizione italiana por– ta il Croce, come del resto il Salvatorelli, ad escludere dalla storia d'Italia praticamente tut– to ciò che la costituisce e carat– terizza: Roma, la Chiesa, l'Im– pero (2). Restringendo lo sguar– do al periodo illuministico essi cercano di trovare nella ri volu– zione le radici della Nazione. Cadono così nel più evidente degli assurdi: quello di esclude– re dal processo formativo della Nazione tutto ciò che è italia– no, per fondarlo su tutto ciò che italiano non è, e che proviene da una palese ed innegabile de– rivazione straniera. * * * Il fatto stà, che la grand'era europea del 1789, nòn introdus– se per noi niU:na cond'izione, niuna mutazione, niun fatto nuovo che fosse grande e dure– vole )) (3). Questa frase del Bal– bo riassume efficacemente il punto di vista opposto a quel– lo che abbiamo fino ad ora esa– minato. Gli storici che lo con– dividono sono portati - come si è detto - ad escludere il pe– riodo della preponderanza fran– cese dalla storia del Risorgi– mento, e gli riconoscono al mas– simo una funzione marginale ed accessoria. Essi non possono tuttavia ne– gare la presenza ed il quasi to– tale monopolio ideologico del pensiero rivoluzionario nel mo– to unitario. Per legittimare dunque la tesi della <e italiani– tà ,, della rivoluzione risorgi– mentale, altra via non si apre loro che quella di cercare nella tradizione storica italiana le 27

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