Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961

simo della facoltà creativa dell'uomo. E conseguenza dell'industrialismo la parziale liberazione dell'uomo dalla soggezione del lavoro. Dunque il pun– to d'arrivo di quel processo che parte dal momento della stasi"riflessiva (da cui la « religio,,) e la graduale ricon– quista del tempo libero, disponibile per la riflessione e per il perfezionamento della personalità umana. L'uomo do– vrebbe dunque definirsi nuovamente in senso ,religioso, o comunque essere in– triso di valori. Ma ciò non accade, anzi ogni riflessione dell'uomo moderno ten– de al vuoto e all'angoscia, ad una irre– quietezza che fa del « tempo libero lai– cista,, una piaga dolorosa piuttosto che una felice conquista. (Naturalmente do– ve non subentra una fede religiosa). Causa di ciò è l'interpretazione tutta negativa mediante cui il significato del lavoro urna.no e dell'intelligenza sono asserviti entro gli schemi dell'ateismo. Asservimento violento, che negli Stati laici tende sempre più a costituirsi come vero Totem antireligioso, una specie di muro sociale posto fra l'uomo e la ·tra– scendenza di Dio. La quale permane, benché sia un doloroso segno dei tempi che si debba cercarne la prova non nella fede ma nel vuoto e nell'angustia che si fa nel cuore degli uomini laici. Altrove !'Acquaviva rasenta la giusta visione per cui tutti i « laicismi ,, for– mulati dopo l'avvento del Cristianesimo, non sono che tentativi di ritornare alla religione primitiva pel tramite di una mistificazione del messaggio divino. Vi è un punto in cui Acquaviva contesta a De Martino il giudizio di antistoricità riferito alle posizioni dello Yoga, raf– frontato allo storicismo pieno del mar– xismo. Il passo è significativo: « ... (la visione che la scienza Yoga ha della storia} non è né meno coerente né meno completa di quella tradizionale dello storicismo, ad esempio marxista, che crede in una ideale perfettibilità della storia umana ... 1>. Questa perfettibilità per lo Yoga è nel ritorno alla materia primordiale, per il comunismo nello slancio verso una società omogenea: ma in entrambi i casi, la condizione è l'agire umano, le « tecniche liberatorie,, e le « tecniche rivoluzionarie>. Tuttavia questa fecondissima intui– zione non è sviluppata per il persistere di pesanti ipoteche laiche, e particolar– mente la visuale monotona e indifferen– ziata sul « fatto religioso 1>. Visuale che è chiusa alla percezione delle due gran– di categorie alle quali alternativamente tutte le forme religiose possono riferir- 24 bibliotecaginobianco si: religione pantetstica, fondata sul ri– getto della trascendenza divina e reli– gione vera, che pone a fondamento di sé la trascendenza di Dio. L'arbitraria unificazione delle oppo– ste categorie impedisce la penetrazione delle forme pseudoreligiose, nate dopo il Cristianesimo. Ora tale contenuto è un flusso cangiante di contaminazioni panteistiche del cristianesimo, fino al marxismo che è anche la tabula rasa di tutto. Con il che si dimostra che non la sa– cralità è in crisi (e del resto per il sa– cro non può esservi crisi) ma la fedeltà al concetto di Dio che trascende gli uo– mini: crisi che è nell'opera negatrice dei grandi « sistemi » del pensiero e della politica. Il cerchio si chiude dunque sul giudi– zio per cui la « crisi > è nella società STORIA e non nella devozione (come « fede ») e che essendo nella società come vuoto e angoscia è crisi della società laica. In conclusione non rimane che da notare come ogni tentativo di raziona– lizzare gli errori laicisti abbia in sè i germi della frustazione. L'orgoglio degli umanisti credette esi– stere un mezzo per raggiungere l'aureo laicismo del futuro attraverso la misti– ficazione del cristianesimo. Ora questa " via » non esiste, né sul piano storico ed i drammi nel nostro lo attestano, né sul piano speculativo e lo attestano i continui fallimenti del pensiero laico. Per cui preconizzare una civiltà segna– ta dall'eclissi del sacro è sognare le te– nebre, sia pure queste nostre tenebre ravvivate dalla fredda Iuce del neon. P. V. Grandi idee e piccoli scontri nel secolo d'oro del medioevo Due principi che hanno raggiunto il massimo splendore sono di fronte - Fatale il contrasto fra Federico II e Gregorio IX Intorno ad una figura storica come quella di Federico II di Svevia non si scriverà forse mai abbastanza. Il fasci– no che essa esercita, a distanza di secoli, anche sugli spiriti <:lisincantatie scettici dei moderni, è sempre fortissimo, e vi– vo è tuttora il desiderio di penetrarne il mistero e di fissare le linee essenziali della sua personalità e della sua opera. L'impegno degli studiosi, sembra tut– tavia cozzare contro l'invisibile muro di una insormontabile difficoltà, che col passare degli anni aumenta invece di diminuire. Si che all'accrescersi dei mez– zi d'indagine, che ha smontato con la irrefutabilità dei documenti la superfi– ciale approssimazione di certe interpre– tazioni del medioevo, fa riscontro una capacità di interpretazione e di sintesi che diviene sempre minore, a causa del prevalere e dello stratificarsi, anche ne– gli studiosi più seri di pregiudizi e pun.. ti di vista tipicamente «moderni>. La biografia di Federico II, scritta da Eucardio Momigliano e presentata re– centemente dalla collana storica Dal- l'Oglio, non fa eccezione a questa norma. L'opera è minuziosa e precisa, e fon– data su una vasta e ricca abbondanza di materiale documentario. In essa manca tuttavia l'ampiezza di respiro necessaria a dare un quadro com– pleto e relativo del grande conflitto del quale l'Imperatore fu protagonista. Si direbbe addirittura che l'autore abbia rinunziato a fornirci questo disegno ge– nerale, ed abbia al contrario ristretta la propria attenzione agli aspetti contin– genti e immediati delle lotte che si sus– seguirono, senza tentare di cogliere il filo conduttore nella logica unitaria che li collegasse gli uni agli altri. Momigliano è uno storico moderno, ed il suo allineamento nel campo della cultura non è certarr,ente « a destra >. Tuttavia non si può fare a meno di no– tare, nelle sue pagine, come il fascino del'idea imperiale, ahbia avuto anche sul suo spirito una notevole presa. La grandezza del simbolo, l'universalità dell'istituto al quale turti gli uomini del

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