Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961

• • Il romant1c1smo di l(ierkegaard La pubblicazione deUa seconda edi– zione delJa raccolta di scritti religiosi di Soren Kierkegaa,rd, « Scuola di cri• stianesimo » (Edizioni Comunità - Mi– lano), ripropone un discorso sul pole– mico e paradossale pensatore protestan– te. Dopo un secolo dalla sua morte (e la vastità degli studi sulla sua opera ne è la prova convincente) e non è pos– sibile disconoscerne l'importanza per lo influsso esercitato sulla filosofia a lui posteriore; basta pensa.re ai teologi dia– lettici Gogarten, Barth, Thurnneisen, agli esistenzialisti tedeschi J aspers ed Heidegger, a quelli francesi come La– vell, Marce!, ai russi Chestoff e Bar– diaieff; anche il pensiero tragico di Unamuno fu ampiamente influenzato da Kiorkegaard. In Italia il suo pensiero è stato valo– rizzato da Abbagnano, Paci, Chiodi, ma anche i filosofi dello spiritualismo (Car– lini, Stefanini, Paryson) hanno « fatto i conti > con la filosofia dell'esistenza. Keirkegaard, con Nietzsche, Dostoiev– skij, Ibsen e Marx, è uno di quegli autori che hanno interpretato e portato alle estreme conseguenze la crisi meta– fisica in cui si trovò a dibattersi la so– cietà e l'uomo dell'ottocento a,llorché i valori che erano stati alla base del vivere civile parvero dissolversi. Il nome del teologo di Kopenhagen (definirlo filosofo sarebbe improprio) è legato indissolubilmente all'esistenziali– smo, il movimento che, attraverso varie correnti, si è posto su di una posizione di netta rottura con il pensiero ideali– stico. Ed è infatti contro l'hegeJismo, la filosofia della dialettica, della pura ra. zionalità, della Storia e dell'Assoluto, accusata di astrattezza e d'intellettuali– smo, che Kiorkegaard iniziò, dopo quello che nel Diario definl « un terre– moto che mi costrinse a cambiare atteg– giamento di fronte al mondo >, una vio- Lo STATO bibliotecaginobianco lenta quanto aspra polemica, continuata successivamente da quanti hanno voluto riconoscere nelle sue idee la salutare reazione contro un modo di pensare aprioristico, chiuso, definitivo che, ar– bitrariamente, si sarebbe elevato a si– stematizzare « sub specie aeternitatis > ogni fenomeno dell'universo. Per Kierkegaa-rd la filosofia hegeHana è quella che pensa di interpretare e contenere tutta la storia ma lascia fuori, invece, la realtà deU'avvenire; è teo– centrica e non rende perciò possibile un rapporto conoscitivo fra -l'uomo e se stesso; è statica anche se ha la pretesa della dinamicità; cerca di conciliare ogni antinomia in un sistema rappre– sentativo che tende ad ordinMe armo– nicamente tutte le manifestazioni della esistenza, anche le più contraddittorie, ma non è in grado di rispondere con– cretamente ai problemi della vita. La posizione hegeliana sarebbe dun– que falsa, peccherebbe di presunzione, proprio come i professori che da-Ilacat– tedra pretendono d'insegnare ai loro al– lievi tutto lo scibile quando essi stessi sono incapaci, poi, di vivere i principi che espongono: concetti, proposizioni, sistemi non avrebbero alcun significato se non quello di confondere le idee. La polemica contro la filosofia dei profes– sori in Kierkegaard assunse toni parti– colarmente accesi e violenti: l'autore de « Il concetto dell'angoscia > sostiene che la filosofia « ùfficiale >, quella che si insegna nelle università e gode della protezione dello Stato, è Mbitratia, men– tre quella vera è degli uomini « puri e semplici di cuore e di mente>. Egli perentoriamente affermò che « soltanto la filosofia umanizzata >, cioè vissuta e sofferta « è quella autentica>. Veniva così dato l'ostracismo ai filosofi di professione, ai sistemi, alle filosofie che chiudono in un camice troppo stretto l'uomo e gli impediscono, in pie– na libertà, di vivere. Spinto dal suo furore « distruttivo », Kierkegaard, per riaffermare la validità delle ragioni dell'esistenza e dell'agire su quelle di un pensiero astratto che mortifica la libera iniziativa individuale, negò valore alla filosofia ed al pensiero. Per rompere con Hegel ruppe con la filosofia, e con ciò che essa ha ,rappre– sentato nella storia del-laciviltà: negan– do la possibilità di conciliare gli oppo– sti divise nettamente Ja sfera filosofica da quella religiosa. Ci troviamo così di fronte a due mondi distinti; davanti a questa alternativa. egli invita a scegliere. Bisogna decidersi, dice, -tra la filosofia e la non filosofia, o di qua o di là. E sostiene recisamente che tanto più si è colti tanto più è difficile avvicinarsi al cr-istianesimo. Il cristianesimo non sarà mai filosofia e tanto meno nel senso hegeliano un sistema autorappresenta– tivo della realtà: cristianesimo e filo– sofia sono assolutamente inconciliabili poiché il primo è fede, la seconda è sapere. Per il teologo protestante -la filosofia idealistica, che concepisce il cristiane– simo come fatto storico, in quanto miHeottocento anni sarebbero serviti a permeare la storia di spirito cristiano, svaluta la religione, la riduce alla tem– poralità. Il cnstlanesimo è, invece, eterno, vive perenne, al di là del tempo: il sacrificio di Cristo sulla croce si rin– nova di continuo. La storia per il ori– stianesimo non ha importanza, il pro– blema è un altro, quello di conquistare l'eterno nel presente, proprio come se il tempo storico non fosse trascorso, di vivere, in una comunione perfetta, ed assoluta, con Dio. E ciò è reso possibile soltanto attraverso la fede. 21

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