Lo Stato - anno II - n. 10 - 10 aprile 1961

ed arte espresso nehl'unità vivente del– l'atteggiamento conoscitivo che è in– fluenzato dalla filosofia ed è la matrice dell'arte. Dunque, se una filosofia non determina una poetica ad essa omoge– nea, essa rivela le sue insufficenze. O meglio: la natura della poetica che con– segue ad una certa filosofia è rivelatrice della natura effettiva del,a filosofia stes– sa, cioé deJla sua capacità a determinare profondamente ed omogeneamente l'uo– mo. Di più: solo una filosofia vera rie– sce a tanto. Vi riesce nella misura della sua ve– rità. Questa m1 pare il senso misuratore che l'opera d'arte ha di una filosofia e di una cultura. La sterilità marxista in questo campo è qualcosa di eccezio– nale e di estremamente rivelatore. Asor Rosa deve risolvere il proble– ma che egli stesso ha posto. Per quanto egli abbia scritto parlando dell'invoca– zione ai morti con cui si chiude l' A– rialda, di « ributtante sapore cattoli– co», la sua posizione ha per noi mag– giore interesse Llitutte le altre affiorate nel dibattito. E quanto all'episodio dell'Arialda, essa avrà il sapore generale dell'opera, non quello del cattolicesimo. Se l'Asor Rosa ritiene che la reli– gione personale dell'Arialda sia il Cat– tolicesimo, all01:abisogna dire che egli confonde il Cattolicesimo con l'animi– smo magico. Il dibattito dell'Unità è dunque stato qualcosa dì molto diverso dalle pic– cole e false boutades polemiche con cui Paolo Spriana lo ha aperto contro la sterilità creativa dei cattolici. Esso pone in realtà il problema delìa più esem– plare sterilità creativa esistente, quella del marxismo. La Fede cattolica ha prodotto in passato opere d'arte e di poesia: è dunque pensabile che quel filone possa rivivere, una volta supe– rato il clima di banalità e di confor– mismo che avvolge al presente il «mon– do » cattolico. Ma il problema marxi– sta è avere come propria testimonianza in questa questione soltanto il nulla. L'unica voce poetica dell'Unione So– vietica, che manda i suoi missili sulla luna e che in Italia trova ad esaltarla la poesiola dì Quasìmodo, è il dottor Zivago. G. BAGETBozzo Lo STATO bib11otecag1nobianco Miti e realtà del '900 Armando Saitta è del parere che la storia, il passato e il presente degli uo– mini, possa essere più interessante e meglio compresa se, invece di ricor– rere alle rievocazioni, si utilizzano le documentazioni, le testiinonìanze dei contemporanei, coordinandole secondo un unico filone ideale. Si tratta di un'opinione per nulla peregrina e che ha la sua validità. Nella fattispecie, però, c'è un grave in– conveniente, costituito dal fatto che il Saìtta è un marxista e, conseguente– mente, tiene a dimostrare che ,il suo maestro non fu soltanto un filosofo ed un economista, ma sopratutto un pro– feta. La più grande preoccupazione del Saittta è, perciò, quella di trovare le pezze d'appoggio per la tesi secondo cui tutto quel che Marx previde e pre– disse si è avverato fin nei particolari. Così in questo ampio volume (1), che dovrebbe essere un'antologia di critica storica del '900, ogni avvenimento ed aspetto della vita contemporanea ap– paiono modellati in modo tale da rien– trare perfettamente nella visione che della storia ha il marxismo. In questo modo Saitta non ha da– to un contributo scientifico, ma si è adoperato a -raccogliere e ad unire per le scuole di partito commiste un vasto materiale che possa essere proficuja– mente usato e consumato dall'attivista. E come « intellettuale, professionista della rivoluzione » sì è mantenuto nei rigidi schemi della tematica leninista, non trascurando alcun elemento che potesse offrire spunti polemici contro la « civiltà borghese » e « l'Europa ca– pitalista». Ne è uscito fuori un qua– dro semplicistico dì sessanta anni che pur sono stati tragicamente complessi, pieni di contrasti, di urti e di rotture: evidente, piena, assoluta confutazione e negazione del meccanicistico storici– smo marxista. L'intento del Saitta è duplice: egli è andato alla ricerca dì tutti quei testi che lo aiutassero a con– vincere i suoi lettori sull'ineluttabile tramonto della « egemonia borghese » e sulla crisi che costringerebbe al tra– vaglio ed all'angoscia il vecchio mondo cristiano; nello stesso tempo, ha ordi– nato il suo lavoro in modo che la bat– taglia sovvertitrice del comunismo in– ternazionale acquistasse i caratteri del– l'apoteosi. Non è stata, dunque, un'eccessiva fatica dato che la stessa impostazione escludeva ogni scrupolo ed approfon– dimento critico. Sai-tta ha trovato un non trascurabile aiuto in quegli scrit– tori progressisti di cui normalmente il marxismo si serve per provocare cre– pe nello schieramento avversario. Ro– main Rolland è portato come esempio del radicalismo borghese « illuminato e pacifista »: il brano in cui il Rol– land auspica: alla vigilia del primo conflitto mondiale, « un riavvicinamen– to di tutti gli spiriti liberi e colti di ogni nazione al di sopra della guer-ra» viene presentato come un indice della « presa di coscienza » della élite pro– gressista europea. Tutti i borghesi « di avanguardia» da Mann a Roosevelt go– dono della simpatia del nostro anto– logista. Lo stesso criterio partigiano si rivela nel modo in cui è affrontato il fasci– smo. Nessuno sforzo di oggettivazione, nessun desiderio dì superare il gretto e volgare manicheismo secondo cui tutto il male è da una parte e tutto il bene dall'altra. Il fascismo così come lo vede Nino Valeri - di cui Saitta ha riportato tre articoli dedicati alfa pesante questione anc0ra irrisolta - è falso come il fascismo tutto alloro e sentimento descrittoci da tanti apologeti. Non una più profonda esigenza di prec1S1onee di chiarezza è avvertita dal Saitta di fronte alla realtà del cat– tolicesimo (e dei cattolici) dei giorni nostri. Noi non siamo certo tra coloro i quali pensano che in questo campo tutto vada nel migliore dei modi. Le nostre perplessità, le nostre preoccupa– zioni, le nostre critiche non le abbiamo mai tenute nascoste o riservate ai ri, stretti circoli di « iniziati » che proli– ficano con tanta facilità nel nostro Paese. Siamo per primi convinti della gravità di una situazione spirituale e morale fluida ed equivoca per la man– canza di non sostituibili «punti fermi». Ma Saitta supera ogni limite di di– screzione e riduce il cattolicesimo alla democrazia cristiana ed ai vari gruppi cristiano-sociali che negli ultimi trenta anni non hanno fatto altro che creare motivi di equivoci e di confusione tra i credenti. Nessuno scrupolo, poi, nella scelta dei testi e degli autori. Così il giudizio sull'operato dei cattolici viene dato da uomini come Togliatti, Salve– mmi e La Malfa la cui «imparzialità» ogni lettore potrà facilmente consta- 27

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