Lo Stato - anno II - n. 9 - 30 marzo 1961

MUSICA Uno Togliete a Puccini il bel canto, le grandi arie, l:i magnifica scrittura vo– cale, la linea melodica. Constatate allo– ra che resta soltanto poca musica, che quel poco di musica è anche di cattivo gusto quando è priva della sua ragione il'essere : l'effetto vocale e drammatico. E quel poco - che è veramente po– co - di settanta anni fa che il sig. Rosellini, fratello, ha riscritto ancora una volta e l'ha rappresentato all'opera ttli Roma. L'ha fatto salmodiando, e insistendo su tre note, con una proso– dia disperatamente uniforme per tutti i personaggi del dramma di Arthur Miller : uno sguardo dal ponte. E ancora questa cattiva musica è scritta nella maniera più facile: quasi sempre su lunghe tenute di bassi del– l'orchestra (note dei pedali) che ha per effetto di appesantire la pasta musicale (che era senza dubbio ricercata), ma anche di produrre il ristagno, un im– mobilismo monotono che danneggia molto l'azione drammatica. - E tutto questo perché? « Neo-rea– lismo oblige ». Questa vecchia e cattiva musica che il sig. Rosellini fratello ha c-reduto di modernizzare togliendogli il suo principale interesse, il bel canto, non va senza incompatibilità con la commedia di Arthur Miller, molto « 1t1oderna » questa. L'amore incestuoso di uno « scari1ta– tore di porto » italo-americano per sua nipote, e forse anche l'attrazione per il fidanzato di quest'ultima - la <<que– stione sociale » dell'emigrazione operaia - sono due terni familiari a un certo tipo di letteratura: la sessuologia e la sociologia. L'astuzia di Arthur Miller, e anche la salsa americana, arrivano a unire questi due temi fondendoli in una sto– ria poliziesca. La vecchia musica d'opera che vive– va cli passioni umane, si adatta molto male alla sessuologia ed alla sociologia. )])'altro canto si può adattare ad una storia poliziesca; ed è del reste l'unico momento - dall'arresto all'omicidio - ehc: vi è una azione drammatica e che 110n annoia in tutta la serata. Comunque, c'è sempre lo scaricatore dai graRài omeri che doveva adattare il tooo della voce alla loro misura, e questo fatto stonava. Nicol:i Rossi Le- 38 bib110 ecaginobianco sguardo dal meni ha, infatti « cantato grosso » per tutta la durata del lavoro e vi è ben rihlscito. C'è anche l'ineff:ibile avvcx~· to, Giuseppe Valdengo, non è rius-., 1 .o ad attenuare il ridicolo della ~ua par– te - che parla al pubblico e canta per lo scaricatore; avendo le funzioni di commediante, presentatore, filosofo, sociologo per un verso, e per l'altro d1 un prete laico che dà allo scaricato– re 1 consigli della morale americana. lì punto più alto del ridicolo, asso– lutamente insopportabile, è r;iggiunto quando, dopo l'assassinio dello scarica– tore, i vicini accorsi cantano in coro una imitazione profana di una cappel– la del Perosi, mentre l'avvocato distilla la morale della commedia a guisa di una orazione funebre per un funerale civile: « Ci era in lui qualcosa di sin– golarmente schietto, non schietto perché fosse buono, ma schietto perché fu se stesso, e come tale si rivelò agli altri, nel bene e nel male, sino in fondo. Quanti di noi lo farebbero? D'altra parte le leggi esistono, e bisogna osser– varle, d'accordo! Altrimenti dove si va a finire? ». Essere se stessi, seguire la legge so– ciale : ecco il fondo della filosofia mo– rale americana. E anche quella di que– st'opera. Eddi Carbone è state se stes- CINEMA ponte so : Incesto e inversione sessuale. Il su assassino è stato se stesso: vendetta e crimine. Solo le leggi sociali non sono state rispettate. Conflitto tipico delle posizioni intel– lettuali di sinistra. Il Rosellini « fratello », che ci pro– pone questa filosofia non l'ha mess in prntica. Gli auguriamo di essere sta– to inferiore alla sua fama. Per tenere fede alle regole del Neo-realismo, ha sacrificato il bel canto, conservandone soltanto l'aspetto meno buono. La scena, unica, e un insieme di p1Ccoli quadri cinematografici di uno stile adeguato al lavoro, ed in essa si ser,te la mano di Roberto Rosellini. I giochi di luce impongono allo spet– tatore dei perpetui « travellings » e « fonclus-enchainés » tra la casa dello scaricatore, il ponte, la strada; di buon effetto. La biblioteca dell'avvocato e la cabi– na telefonica, che appaiono e scompa– iono, sono un po' ridicole, disparate, non del tutto integrate al resto della scena. L'orchestra dell'opera e il suo direttore - Oliviero De Fabritiis - sono stati superiori alla situazione. Gianna Ralli, una giovane nipote dalla voce molto gradevole. NoEL LANcIEN I I • • s1car10 Il sicario, secondo film di Damiano Damiani (il primo era Il rossetto) non è un film mediocre. Tutt'altro. La ca– pacità del suo regista di trattare il fat– to di cronaca solo in chiave psicologica, occupandosi più dei « fatti » che acca– dono nell'animo dei personaggi che non di quelli che si verificano attorno a loro, conduce a felici approdi dram– matici, sulla linea, se non proprio del– l'intimismo, certo dell'azione interiore. Quello però che nel film va respinto, vecchio, superato cascame di un certo neorealismo marxista, è l'iRsistere ge– neralmente gratuito che si fa nei con– front-i deHa letta di classe o, se prefe- rite, dei suoi più vistosi presupposti. Le origini di questa insistenza son ancora una volta zavattiniane perché da Zavattini son firmati il soggetto e la sceneggiatura del film e ancora una \'Olta sono dettate (sia pure in forme larvate e più implicite che non espli– cite) da polemici atteggiamenti mar– xist-i. La vicenda del film, infatti, ci pro– spetta il caso - tolto con molta tra– sparenza da un fatto di cronaca attua– le, e di cronaca giudiiz ar.ia, addiritura - di un industriale che, volendo sba– razzarsi di un socio in aflari che vuole la sua rnvina, paga un sicario perché

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