Lo Stato - anno II - n. 8 - 20 marzo 1961

cipi maturati e riaffermati nello scorso decennio. Il «Time» del 10 febbraio scorso illustra in sintesi l'attuale gran– de svolta a destra delle organizzazioni studentesche negli Stati Uniti e l'oppo- s1z1one che attraverso di esse si mani– festa alle idee liberal-progressiste degli intellettuali raccolti attorno ad Arthur Schlesinger ed ai politici fautori del « Welfare State l). MARIOMARCOLLA Un libro sbagliato su Savonarola Si rimane stupefatti quando, conclu– dendo la lettura del saggio, recente– mente pubblicato dal ·Prof. Soranzo, su una certa triade di nemici del Savona– rola, ci si accorge che l'autore si è ser– vito di un documento visibilmente re– datto in malafede, per suffragare una tesi preconcetta, che supera in crudez– za ogni altra precedente, contro il Sa– vonarola. Il Soranzo si introduce nell'argomen– to presentando il Generale dei Camal– dolesi Dolfin, il Vescovo di Padova Barozzi, nipote di Paolo II, il Cardi– nale Todeschini Piccolomini, nipote di Pio Il, i quali, al m~do con cui ven– gcmo delineati, sembrano piuttosto una congrega di raffinati mormoratori al vertice, convinti di essere essi la Chie– sa, sempre severissimi nel difendeH l'autorità, finché l'autorità è conforme ai loro molteplici interessi. L'autore configura progressivamente il Dolfin, tramite la corrispondenza con il Barozzi e il Piccolomini, prima come antiborgiano più del Savonarola, poi come savonaroliano che ritiene aperta– mente il Savonarola un nuovo Elia o un nuovo Giovanni Battista, infine co– me improvviso paladino di Papa Ales– sandro VI Borgia e acerrimo censore di Savonarola in persona. Il Soranzo non lo dice, ma i fatti di– mostrano che al Dolfin non riusd di prevalere sul Vescovo e sul Cardinale, suoi presunti amici, con il trionfo di Savonarola, mentre rischia di incorrere nel loro corruccio a seguito degli eventi contrari. Per un cortigiano al vertice, questo è il peggio che possa capitare. E per rifarsi una verginità antisavona– roliana, il Dolfin si dà a scrivere dispe– ratamente un « Dialogo », la cui mala– fede risulta non solo dal voltafaccia estemporaneo contro Savonarola, ma ancora dall'acerbità dei giudizi che non ebbero fortuna tra gli stessi contempo– ranei, e meno ne trovarono tra i poste– ri a cominciare da S. Ignazio di Loiola il quale, per evitare contese, dettò al suo segretario Polanco una lettera a noi trascritta dall'indimenticabile P. Lo STATO bib11otecag1nobianco Tacchi Venturi S. J. - in cui il Santo ordina che le op~re di Savonarola siano scartate, senza volere con questo - è detto espressamente - né condannare le opere, né biasimare l'Autore. Ma il Soranzo voleva arrivare al Dialogo in modo da fare corona all'Epi– stolario del Dolfin. Sicché, terminata l'esuberante trascrizione di ipocrite pa– gine in difesa dell'autorità, sia pure pontificia, quasi che i diritti della per– sona umana e la dignità di un battez– zato non contino nulla proprio per il Papa, il Soranzo conclude: « Dunque attraverso l'Epistolario e il Dialogo del Dolfin è stato possibile indagare l'es– senza del problema savonaroliano ». E questa essenza il Soranzo ha cura di formularla in modo da confortare la sua tesi preconcetta, e cioé: « Quando il Dolfin vide che la pervicacia del frate andava a tanto da resistere non solo al Sommo Pontefice, ma da contestare la stessa autorità della Chiesa, mutò av– viso e prese posizione netta e risoluta di avversario ad oltranza e difensore dell'ortodossia e della disciplina eccle– siastica ». Questa la tesi partigiana e falsa che ci addolora di vedere ripetere e aggravare da un eminente studioso cattolico. Tesi falsa non solo per l'indebito credito at– tribuito agli scritti del Dolfin, ma ancor più perché è falsa in se stessa e in bocca di chiunque. Savonarola non intese mai di contestare l'autorità del Papa e della Chiesa, di cui invece fu strenuo cam– pione, e tanto meno di uscire dal dog– ma in un punto qualsiasi. Se il Savona– rola errò fu di misura, giammai di concetto e di intenzione. Fin qui sono d'accordo anche i Gesuiti della Civiltà Cattolica del giugno 1953. E che il Savonarola non fosse ereti– co, ce lo dicono ben quattro •sentenze ufficiali della Chiesa, le sole che con– tino, al postutto: quella dell'Inquisi– zione durante l'inverno 1495-96, quella del Concilio Laterano nel 1517, quella della Congregazione dell'Indice del 1558, quella di Leone XIII nel 1900. l-'erché poi Savonarola sia stato sospeso, srnmunicato e impiccato come eretico, questo è il vero problema. Il movente ufficiale dell'eresia, addotto in tutte le bolle estorte ad Alessandro VI contro Savonarola, mascherava la causale vera del delitto perpetrato contro di Lui. Savonarola, come S. Giovanni Battista alla corte di Erode, era una voce trop– pe, molesta per la politica di potenza mondana e di soprusi crudeli dei Bor– gia nella Chiesa di Dio. Il Savonarola doveva essere tolto di mezzo a qualun– que costo. E in fatto di delitto perfetto, Cesare Borgia fu un maestro che ben meritò l'apologia di Macchiavelli. Peraltro, anche l'ipotesi di un Savo– narola imprudente o illuso, ci trova pie– namente contrari, per due ragioni al– meno. La prima è che un esaltato o comunque un imprudente così fatto, non avrebbe potuto rimanere nella più perfetta ortodossia e nel tomismo più monolitico, come vi rimase Savonarola, pur impegnato come fu in una tensione drammatica e in una mole di lavoro che appena risulta dai venti volumi in corso di stampa nell'Edizione Nazio– nale dell' Opera Omnia. La seconda è c:he se Savonarola non fosse stato per– fetto e in odore di santità, S. Filippo Neri e S. Caterina de' Ricci non gli avrebbero tributato una devozione co– stante, caratteristica di tutta la loro vi– ta, illustrata da visioni e miracoli insi– gni, cui veni:i,e l'approvazione almeno indiretta della Chiesa la quale non avrebbe certo canonizzato i due Fio– rentini seguaci di Savonarola, se tal, devozione e tali fatti. carismatici aves– sero avuto alcunché di sospetto. Il Car– dinale Capecelatro, cancelliere di Santa Romana Chiesa, fu indotto a mutare consiglio dopo un'attenta studio della vita del suo S. Filippo: da oppositore a causa della presunta disobbedienza del Frate, divenne devoto perché reputò che di disobbedienza non c'era neppure l'ombra. E così la vita di Santa Cate– rina de' Ricci, scritta nel secolo scorso dal P. Bayonne, e ripubblicata in questi giorni dalle Monache Domenicane di Prato, polverizza e l'Epistolario e il . Dialogo del Dolfin, per quanto riguar– da la calunniosa diffamazione del Gran ·Frate di Ferrara. Ci spiace che il Soranzo, ·come pro– fessore dell'Università cattolica di Mi– lano, abbia trovato tanto credito nella editrice Vita e Pensiero, che il giornale l'Italia di Milano ne abbia recensito il libro con tanto zelo, rifiutandosi però di pubblicare l'onesta opinione contra– ria, e che infine anche qualche profes- 27

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