Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

.._,..._._.._ _ _____ . w_.._-~_._._,_..,..,,,._._...;._._.._ _ __._._.._ _ _ .__ ..__..-J SALA 16 La compagnia della buona agonia Ricordo che quando padre Turoldo tradusse per « Cronache Sociali» la pastorale del cardinale Suhard « Essor ou dee/in de l'Eglise? », la tradusse con questo titolo « Agonia del Cristianesimo?». E questo dubbio è il contributo di Mounier alla sto– ria del catto:icesimo contem po1·aneo. Non sottovalutiamo l'influenza di Mounier. Un nuovo errore, o meglio un vero .,pirito di errore, è entrato per la sua penna tra i cattolici francesi, italiani e di cultura latina in genere: l'errore del!'« agonia del Cristianesimo ». La Fede non vince più il mondo, come dice San Giovanni: è nascosta e latente ed il mondo è domi– nato dai giusti mondani, i marxisti. Giusti più del,"a Chiesa, che s'è rivelata incapace di fare giustizia: in– capace di spezzare il prepotere della ricchezza, mon– dani, perché la loro giustizia è parte del loro ateismo. Questa posizione agonica è stata ora ripresa dai basisti di Firenze, che vi vedono una motivazione ideo– logica della loro politica. Questi signori fanno parte non lo si dimentichi, della direzione di un movimento po:itico che dovrebbe esprimere l'unità dei cattolici at– torno ai principi cattolici: essi forniscono puntualmente la dimensione ideologica alla politica di cedimento degli onn. Moro e Fanfani. Del resto Mounier ed Esprit sono amici da lungo tempo della famiglia spirituale di ap– partenenza del segretario del partito e del presidente del consiglio. Con la consueta chiarezza e fermezza, Nino Badano, denunzia questi « profeti del dialogo » dalle colonne del << Quotidiano». Con simile direzione politica, non pos– siamo concludere meglio questa nostra breve meditazione sulla compagnia dei fe:ici agonizzanti che con le parole del direttore del «Quotidiano»: << C'è ancora da meravigliarsi se il comunismo avanza»? Per rispondere alla inchiesta dell'on. Moro, i segre– tari delle sezioni D.C. non debbono, come nel caso della vittima della monaca di Monza, andare a cercare ìon– tano. Basta che scavino vicino. Torino e le automobili La più grande industria italiana di automobili segue una curiosa politica. Essa tende infatti da un lato ad eri– gersi come un mondo chiuso a se stante, inserendo i propri dipendenti in un ciclo quasi autosufficiente di presta– zioni: d'altro lato essa pratica, su piano nazionale, una politica di larghe alleanze. Poiché i ,uoi avversari stanno a sinistra, il giornale della Fiat « La Stampa» pratica una pnlitica di r:entro sinistra, sul piano culturale e sul piano politico. Che cosa sia il centro sinistra politico è bibliotecaginobianco noto. Ma il centro stmstra culturale è cosa ancora peg gtore, perché esso è un attacco frontale alle tradizioni del paese, alla sua integrità religiosa e morale, alla sua capa.– cità di credere nei valori. Chi, come il gruppo Fiat spende tanto danaro in attività politiche e culturali ha delle grandi responsabilità verso il paese. Ottenere u11 relativo silenzio sui propri interessi e sulla propria poli– tica aziendale è un bene/ icio che non può essere pagatn con la connivenza verso la sovversione morale e pn/itica del paese. Non c'è nessuna città in cui il plumbeo manto d,.l conformismo di sinistra sia sceso così pesante in Italia come a Torino. Il Mezzogiorno d'Italia, più povero, •1- mane più giusto e più vero: e persino molto più libero. E' un grave problema, specie mentre il paese si ap– presta a relebrare la generosa iniziativa di Torino, Il rui l'Italia deve la sua unità politica. L' aleanza, che si è stabilita tra la Fiat e la cultura e la politia di sinistra, è una delle cose più gravi de;/a pre– sente situazione: essa si è manifestata all'insegna della << modernizzazione» la più arida e opprimente e con– tro la tradizione ed il costume del paese. Ci sono alla Fiat uomini che ripugnano a questa po– litica, che hanno sensibilità ai valori della tradizione cristiana del nostro paese? Se ci sono, il loro compito è urgente. So gces the Ford, so goes the nation: ma si ricordino a Torino che è vera sopratutto la reciproca. Nrm posso– no andare bene le automobili se va male il paese. Chi è causa del suo mal. .. Ascoltiamo compunti sia i clamori del!'on. Malagodi sia gli articoli di fondo del « Corriere». Come si sa, maxima debetur, liberali reverentia. Ma infine, era così difficile prevedere quale sarebbe stato l'esito delle manovre di :uglio dell'o1f. Moro? Era così diff ièile prevedere quali obiettivi si proponevano la sinistra dc, che governa la DC, la sinistra del PRI che governa il PRI, e l'on. Saragat che governa un par– tito ormai privato· del!'autonomia politica? Tutte queste forze erano state messe alle corde non tanto dal governo Tambroni, quanto dalla loro inca– pacità a dare un governo al Paese, ampiamente provata nei due mesi della crisi Segni. Il governo Tambroni era il primo governo che emergeva fuori dalla sogge– zione a piazza del Gesù: ed un partito liberale, vera– mente pensoso dei diritti dello Stato, avrebbe dovuto valutare questa circostanza. L' on. Malagodi fu nel ìuglio arbitro della situazione: se egli avesse dato i suoi voti al governo, avrebbe tolto ogni valore al pretesto dei voti determinati del MSI ed avreb– be ricostituito, in condizioni molto migliori, per il PLI, la maggioranza Segni. Egli, invece, preferì andare a ripescare dal meritato oblio l'on. Fanfani e togiiere le castagne dal fuoco per l'on. Moro: egli consentì cosi

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