Lo Stato - anno I - n. 2 - 31 dicembre 1960

LO STATO Il Poliedro Liberale Se si esclude la DC - per ragioni di peso - nessuna delle formazioni po– litiche italiane è riuscita in questi ul– timi anni a fare parlare di sé in ter– mini tanto contraddittorii come il Partito liberale italiano. Vogliamo, a questo punto, staccarci dalla contingenza politica che si va maturando, per porci in una pos.izio– ne che consenta una più ampia visione della politica seguita dallo stesso par– tito liberale. Diciamo innanzitutto, qual è, oggi, il posto che spetta al partito liberale nello schieramento po– litico dei partiti italiani. Nulla possia– mo affermare a questo proposito per– ché qualsiasi pos.izione volessimo obiet– tivamente assegnare al partito liberale, essa ci verrebbe puntualmente smenti– ta dalla sua politica dei fatti. Si po– trebbe dire che il partito liberale è un partito Ji destra classicamente inteso, conservatore in economia, custode delle tradizioni civili, convinto assertore del– i'autorità statale; tuttavia, diremmo so– lo cose non esatte e parzialmente vere. Il partito liberale, infatti, ha contribui– to in modo sostanziale, al naufragio cl.i due governi, quello dell'nn. Segni. ri– tirando il suo appoggio, e quello del– !' on. Tambroni, negandoglielo. Rifiutando, inoltre, il partito liberale ogni unità di azione con gli altri par– titi di destra, respinge, nello stesso tempo le eventuali possibilità di un go– verno r di una politica di centro-destra. Ma. si dice, e lo stesso on. Malagodi sostiene. che il partito liberale è un partito di céntro, un partito che aspira ad una politica di equilibrio, omoge– nea nelle premesse e nell'azione, un p2rtito che della bandiera della demo– crazia e della Libertà fa il comune de– nominatore di una convergenza e di una collaborazione che sola può tenere all'assalto degli opposti estremismi. In realtà il partito liberale non può nem– meno considerarsi un partito di cen– tro; di centro non lo consideravano i radicali quando motivarono il loro di– stacco dal partito con la tiepidezza del centrismo dell'on. Malagodi. L'avvento del dinamico uomo d'affari milanese ebbe certo una parte primaria nel lo– goramento del quadripartito. L'on. Scel– ba ricorda ancora, crediamo, la re– sponsabilità che la questione dei patti bib. ~t;ay 1u v agrari e l'irrigidimento dell'on. Mala– godi al riguardo, ebbe nello sciogli– mento della solidarietà centrista. La fede islamica nel centrismo è dunque la conquista recente del libe– ralismo malagodiano. Non pensiamo che il PLI vada definito come un par– tito di sinistra. Ma possiamo afferma– re che esso, sotto la leadership di Ma– lagodi, ha, in sostanza, avallato lo spo– stamento a sinistra di tutto l'asse della politica italiana ed ha consentito, con la sua copertura, alle manovre apertu– riste di continuare irresponsabili ed in– disturbate. Basta, infatti rifarsi ai fatti di lu– glio, quando anche i liberali caddero nella trappola tesa dal partito comu– nista in nome dell'antifascismo. Il par– tito liberale si unì agli altri, timoroso anch'esso dei pericoli che sembrava cor– ressero le istituzioni democratiche, per il voto libero del MSI. Esso dette così ad una manifestazione sovversiva del- 1' autorità statale, organizzata e provo– cata dalla sinistra, l'appoggio di una parte che sempre s1 era dichia- 13 rata sostenitrice delle prerogative dello Stato. Singolare è, dunque, la pos1z10ne del partito ilberale, par– tito che della contraddizione ha fatto una norma d'azione, contri– buendo non poco, allo stato di estre– ma confusione che regna nella politica italiana Un partito che tutela gli interessi, che assume notoriamente la difesa di posizioni economiche non può avere una linea politica che abbia chiare pro– spettive di continuità. La politica del giorno per giorno, del caso per caso è quella che si addice ad un partito che si muove sotto le sollecitazioni di in– teressi economici da saivaguardare. La contraddizione non è più allora un er•rore politico, ma una necessità, una esigenza cui bisogna sottostare, che è impossibile non soddisfare. Così facendo, il partito liberale ri– nuncia ad essere una forza politica de– cisamente antimarxista, finendo con il tradire quegli stessi interessi che ne potrebbero giustificare la presenza nell'orena politica. L' A TT ES A dell'agricoltura Si era sperato che l'annata si chiu– desse meglio per l'agricoltura italiana. I pess1m1smi, i malumori, crescenti con il crescente disagio dell'intero set– tore, sembrava fossero andati attenuan– dosi con la prospettiva degli aiuti che sarebbero giunti, finalmente, a risol– ve-re moltissime situazioni difficili. Si contava per l'e~tate nel << Piano verde'>, si pe.n~ò di poterlo veder varato nello autunno, si osa sperare d'averlo come strenna natalizia, ma riaffiorano punte Ji scettidsmo e alcune perplessità. Ci si può aspettare ora, che, se non altro di fronte alb urgenza di tanti problemi, ci si decida a varare il pro– gramma del febbraìo scorso? Ormai anche le polemiche che ne inceppavano in qualche modo l'iter sembrano meno aspre. Alcune di esse, come si ricor– derà, erano soprattutto incentrate sui criteri informatori del piano stesso; si lamentava che, in sostanza, una scelta decisiva da esso non risultasse e che si r-imanesse a cavallo di due politi– che: quella tradizionale di aiuti atti a sostenere, in un modo o nell'altro, il settore nella sua attuale strutturazione e quella, più coraggiosa, di interventi capaci di portare ad un rinnovamento m profondità soprattutto delle ~truttu– re. Ora, indubbiamente, tali questioni vanno poste, affrontate e rivestono una importanza decisiva ai fini della no– stra agricoltura, ma esistono necessità immediate, problemi più impellenti ai quali bisogna far fronte subito, ~enza ulteriori esitazioni. D'altronde, se è vero che il legisla– tore si è dichiaratamente proposto di creare con il « piano» uno strumento legislativo efficace, atto a consentire un ~ organico indirizzo » nella politica agraria, è anche vero che egli non ha

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