Lo Stato - anno I - n. 1 - 20 dicembre 1960

Lo Stato Il fascino joyciano è riuscito e riesce a far dimenticare il disprezzo mai ne– gato o nascosto del nostro irlandese per la letteratura - e per rutta la cultura - del nostro Paese. Per Joyce, infatti, soltanto Dante è un poeta da leggere, da gustare e da prendere in conside– razione; la Dhnina Commedia è il so– lo ,va.Udo contributo dato dall'Italia a.Ila poesia ed alla letteratura universali. Questo giudizio, troppo aspro e catti– vo, è stato dimenticato da giovani ed anziani che lo hanno considerato, a ra– gione, come un elemento per valutare esattamente i limiti e le angustie di uno spiriito. Dunque, grazie all'editore Arnoldo Mondadori, a Elio Vittoriani e a Gia– come De Benedetti, che ha svolto egre– giamente la funzione di «supervisore» nel delicato lavoro di traduzione, l'Ulysses ha visto la luce anche in ita– liano. C'è da dire, ad onor del vero, che il particolareggiato esame dell'opera ed il suo inquadramento nella folta produzione letteraria contemporanea erano già stati compiuti utilizzando la traduzione francese la quale, forse per gratitudine al narratore che s·i era ri– servato di scrivere a Parigi le pa,rti più vive di Ulysses, aveva visti appas– sionatamente impegnati scrittori del valore di un Valéry Larbaud, di cui sono note le inclinazioni letterarie ad un cosmopolitismo selezionato, e di un Léon-Paul Fa,rgue. In ogni modo, la traduzione italia– na - che, a detta degli esperti, è più curata e più precisa rispetto alla fran- ' . cese - e venuta per provocare un ri- pensamento critico, per riaccendere un dibattito, auguriamoci sereno, su quel tanto di male e quel poco di bene che si è fatto in campo lettera.rio nel nostro turbinoso secolo. Il dibattito è appena iniziato; se ben condotto, ci permetterà di studiare me– glio, più in profondità, tutto James Joyce e non solo l'opera tradotta. Ci deve permettere di renderci conto del tormento, delle complicazioni, delle contraddizioni di un'anima. C'è stato chi non ha perduto l'occasione per mettere in most,ra il proprio settari– smo, non necessario e non richiesto ' ed ha parlato di U.Jyssescome del ma- nifosto di un « moderno anticlericali– smo ed anticattolicesimo ». Trascuriamo sim~li battute ad effetto tirate fuori dai mestieranti deHa cul– tura e rileggiamo questo romanzo di Joyce che è il segno, crudo e sincero, di una capitolazione morale, prima che di una crisi del gusto estetico. biblioteca 001anco 27 IL DIO DEI PREMI RESTERA'IN ESILIO La sconcertante vicenda del premio Goncourt presenta molti punti di con– tatto, pensandoci bene, con la stessa on– data di acide polemiche che hanno av– velenato, poco tempo prima, l'assegna– zione del premio di cinematografia a Venezia. Oggi chi tiene il banco è !a camorra degli intellettuali di sinistra ed ogni tentativo di uscire dal clima di sporcizia fisica e morale, di disfattismo e di corruzione, che essi hanno imposto alla borghesia dei paesi occidentaH, per minarla e per distruggerla più facil– mente e più rapidamente, li trova schie– rati, pronti al linciaggio di chi pretenda un premio senza piegare il collo alla congrega. Al Goncourt come a Venezia hanno vinto due opere pulite, piene di decen– za, rivolte alla riconsacrazione di signifi– cati umani od alla riscoperta di quelli divini; due opere che hanno ,in comune uno schietto contenuto cattolico. Gli in– tellettuali di sinis-tra sono insorti contro entrambe con la stessa accusa: no at fascismo! Fascista è Lonero, presidente del pre– n1io cinematografico, perché cattolico, e perché il premio non è andato al can– didato di sinistra Luchino Visconti. E fascista è il regista Andrè Cayatte, vin– citore del premio con « Il passaggio del Reno». I temi di Cayatte sono dominati da una .forte venatura antistatale, antipo– litica; contro il peso dei miti collettivi egli ha sempre rivendicato i valori indi– viduali. Contro la giustizia terrena egli ha gridato « Siamo tutti assassini », e ha combattuto Ja pena di morte, gli errori giudiziari, la facilità delle condanne, la umiliazione inflitta agli imputati: D-io solo è vero giudice. Queste sue tesi, nella misura in cui un prevalere di preoccupazioni umanitarie può rappre– sentare un motivo di sfiducia e di di– sgregazione di fronte all'autorità giudi– cante ed al,lo Stato, hanno incontrato la vita ad ammonire i giudici Ogni for– ma di generalizzazione, di rigida appli– cazione di principi, può mortificare il singolo, può fenire l'uomo: siano essi i principi generali del diritto o quelli di una formula politica. Il suo ultimo film si occupa di una formula politica, quella che ha imperversato per quindioi anni in Fr-ancia ed in Italia: cioè il mito della resistenza. Cayatte presenta un caso pratico: un eroe della resistenza torna a casa dopo la vittoria ed i colleghi, più o meno at– tendist,i, lo impongono come direttore di un giornale. Ma il nostro eroe è inna– morato di una collaborazionista che gli ha salvato la vita e la vuol sposare. Il suo amore cozza contro la ,logica della resistenza ed egli sarà costretto a sce– gliere tra la direzione del giornale e la ragazza. Sceglie la ragazza, fascia il posto, e non è più consiiderato come un eroe de.Ila resistenza, ma quasi un tra– ditore. Ecco la terribile, crudele, sem– plificazione e generalizzazione con cui in nome delle idee politiche si preten– de di bandire l'amore, di ,giudicare i nostri sentimenti! Ma gli intellettuali di sinistra, che condividono .l'anticonformismo quando si tratta di mettere in croce ,i poteri del– lo Stato, le indagini della polizia, le sen– tenze della magis·tratura, si irrigidiscono immediatamente in una forma di cieco conformismo quando un appello di bontà e di comprensione umana giunge a sfiorare il t,rono su cui hanno collocato, vendicativi ed acidi, i << valori della re– sistenza>>. Il mite, umanitario, buon Cayatte è diventato « fascista». Per la prima volta •il lavoro di un ottimo regi– sta viene considerato brutto, approssima– tivo, scorretto, stilisticamente imperfet– to, da tutti i critici che l'avevano esaltato sino a.Igiorno pnma. vaste aprovazioni negli ambienti di sini- Dopo Cayatte giunge Vintila Horia, stra. Ma Cayatte non poteva passar tutta esule rumeno, autore sconosciuto, pre-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=