Fine secolo - 28-29 settembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 28 / DOMENICA 29 SETTEMBRE gioini, ma per un capric.cio giuridico la prero– gativa è passata inalterata nelle mani di Pertini e del suo successore. L'officio nobiliare dipen– de dal fatto che una volta il reliquiario era conservato a turno dai seggi gentilizi della città; costruita la cappella nel '500, il privilegio ebbe un'ulteriore istituzionalizzazione. Ad af-. fiancare la deputazione, nasce un corpo di do– dici prelati capeggiati dall'abate della cappella. Attualè abate è monsignor Strazzullo, indaffa– ratissimo nei giorni che precedono e seguono il miracolo (che avviene di solito tre volte l'an– no), e, di solito, appassionato custode delle memorie del santo. Un po' impac.ciati nei neri abiti cerimoniali, i deputati di solito stazionano in una saletta a loro riservata di fronte alla segrestia della cap– pella. Sono venuti al mattino presto sguscian– do per una porticina laterale. E qui é il loro luogo elettivo; vi sono gli armadioni con gli abiti e gli emblemi della deputazione, i libri mastri con tutte le cronache legate alla epifa– nia del sangue, i doni che sovrani e pontefici hanno elargito nel corso dei secoli al Tesoro. Vanno e vengono con una qualche concitazio– ne, ma in generale assolvono al loro compito di tutela quasi con divertita puntigliosità. Sono loro ·i responsabili dell'integrità del tesoro e del reliquiario e quando i busti d'argento della cappella furono prestati alla mostra del seicen– to, su a Capodimonte, dovettero dormire son– ni agitati. Certo le palandrane infioc.chettate e gli emble– mi sacri· sulla falda nera hanno qualcosa di anacronistico. Anche di struggente. Risucchia– no verso il tempo storico, nonostante la bana– lità degli atti preparatori. Nei volti si legge un Qui accanto:l'esposizionenel Duomo di Napolidellateca con il sangue di San Gennaro. Sotto:il sagratodel Duomo. Nell'altrapagina:alcunideputatidel Tesorodi San Gennaro. 23 understatement, comunque, molto nobiliare, ma soprattutto molto partenopeo. Solo il con– te Mario Cattaneo della Volta sembra perso in una nuvola di sogni. Siede in un angolo impet– tito e immusonito, come un vec.chio capo na– vajo. Né si muoverà dal suo incanto quando, più tardi, il cardinale annuncerà sull'altare maggiore l'evento prodigioso a cui deve per lo meno il fastidio della vestizione. Il gran cerimoniere della de~utazione, invece, il marchese Gian Battista Sersale, lascia pensa– re più al tavqlo ovale di un consiglio di ammi– nistrazione o ai divani profondi di un circolo nautico al Mofosiglio, che al reliquario gotico che gli è stato affidato per privilegio castuale. E' sanamente abbronzato e l'abito lo fascia in maniera superba. Sovrintende con scrupolo alla traslazione del sangue dalla cappella alla chiesa maggiore, ma quando si ritrova sull'al– tare un disincanto balugina dietro lo sguardo grazioso. Imprigionato nel colletto inamidato, la bustina di elemosiniere tra le mani, si pone alla sinistra del cardinale, pronto ad assolvere al compito che il giuoco della verità gli impo– ne: certificare dell'avvenuto miracolo. E così fa, quando Ursi annunzia al popolo che il sa·n– gue si è sciolto. Si avvicina alle ampolle, quasi mette il naso sul nobile cristallo della teca, poi cava un fazzolettone bianco dal frack. E lo sventola con virulenza, come se invece di testi– moniare di un prodigio, come la tradizione gli detta, gli fosse venuta voglia di soffiarsi il naso o di salutare un conoscente in mezzo alla folla. E il pubblico lo subissa di applausi, come se si trovasse a teatro. Emodialisi e semiologia Paludato, l!n po' enfatico, il gran becco aquili– no come poggiato sulla porpora, nell'omelia ehe precede il miracolo il cardinale Ursi com– pie un alto esercizio di anfibiologia. Discorso ispirato, ma quasi enigmatico per la folla di proletari e di infimo-borghesi che in maggio– ranza riempiono la navata. «Non si tratta di uno spettacolo1» grida al pubblìco che preme sulla transenna. «Il Signore infatti non ci dà spettacoli, ci offre segnj per sostenere la nostra fede». E quasi di rincalzo: «Ciò che conta non è il fatto in sé, non conta tanto lo scioglimenfo del sangue nella sua accezione letterale, ma il senso che è sotteso al miracolo». Sembra un discorso sulle forme del discorso. Che cosa sono quei «ribollimenti», quel «fremito dello spumeggiamento», quella pagliuzza imbevuta di rosso che brilla nella trasparenza dell'am– polla, se non ulteriori espressioni del carattere simbolico del miracolo? «Non è una semplice liquefazione, signori miei, bensì è il sangue di Cristo che vive, che si rinnova nel suo carattere di testimonianza!». La folla ondeggia, si perde_nel labirinto con– cettuale; ed intanto il reliquario, nella sua sfin– gica combinazione gotica e barocca, è lì, sulla balaustra, in• attesa, guardato a vista da un diacono che ha l'occhio fisso nella teca. Il pri– mo zampillo di vita sarà catturato dalla sua te– nacia. Ma il grande esercizio di dialettica del cardina– le continua. Trafiggendo la perplessità dei fe– deli, spiega: «La sacramentalizzazione del san– gue di Cristo trova due espressioni. La transu– stanzazione del vino della messa e il sangue dei martiri che si rinnova nel miracolo». Poi la sua retorica ha un sussulto inaspettato: «Il nostro sangue, invece, è avvelenato dai vizi!». E subi– to cala nel silenzio il hchiamo perentorio ai «peccati dei popoli dell'Oc.cidente!» «Sensuali– smo, 1,;onsumismo, terrenismo sono le vostre colpe!». E su quel «terrenismo» la voce s'inar– ca, come uno scoppio di fanfara, mentre il pa– dellone della televsione americana gli tira in fac.ciale sue sciabolate di azzurro. «Più che lo scioglimento del sangue di San Gennaro, do– vrebbe avverarsi lo scioglimento dei vostri cuori oppressi dall'egoismo ...». E la gente lo applaude. / \

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