Fine secolo - 7-8 settembre 1985

che risentiva del pensiero pedagogico di Lambruschini e di Capponi, ma solo per quanto riguardava il carattere globale ed integrato del processo educativo, mirante ad attivare in «un atto solo» tutte le facoltà morali intellet– tuali e fisiche dell'individuo. Se ne distaccava in~ece sulla libertà e sulla spontaneità dell'educando, quasi del tutto negate a vantaggio di un'autoritaria guida dall'alto. Per questa strada esercitò su Elisabetta una pesante ope– ra di condizionamento, al limite della tirannia morale. America e Mare.mma Il desiderio di avere la figlia tutta per sè e il non accettare che potesse amare qualcuno più di lui gli procurò un ine– vitabile trauma al momento in cui essa, nel 1852, si sposò. Quell'evento, unito alla quasi contemporanea scomparsa. di Anna, lo spinse in una profonda crisi durante la quale progettò di «fuggire» a colonizzare le terre vergini dell'A– merica e si abbandonò ad atteggiamenti un po' eccentrici come il darsi a furiose cavalcate per le campagne o l'in– dossare le armature degli avi e con quelle circolare per il castello. Desideri e comportamenti in contrasto con la sua norma– le condotta, che secondo Federico Chabod rivelerebbero un uomo in cui urgevano e talvolta prevalevano le pas– sioni, un uomo «assai più tormentato ed interiormente agi- - tato di quel che la tradizione non l'abbia raffigurato». Ma se la contraddizione fra ferrea razionalità e impulsi irra– zionali -esisteva, in primo luogo veniva a galla solo quan– do qualche ostacolo insormontabile negava la pìena rea– lizzazione della volontà e in secondo luogo era quasi sempre ricomposta a vantaggio del primo termine. Il Ricasoli in America non ci andò. Più modestamente soddisfece la sua ansia pionieristica acquistando la tenuta di Barbanella, in Maremma, e dedicandosi a farne, a dif– ferenza che nel ehianti, una moderna azienda capitalisti– ca. E allo scopo di avere a disposizione efficienti macchi– nari, convinto che il loro impiego ·da parte sua avrebbe indotto altri proprietare ad acquistarne, creò le Officine Grossetane. I successi non mancarono, ma ben presto emersero anche le difficoltà. Il pericolo della malaria gli impediva di ri- Le foto, di Ran,diKrokaa 1 _ritraggono fra l'altro alcunidei luoghicruciali di apparizionedel fantasma,al qualeperaltrola pellicolanonera sufficientemente ÌIDJJressionabile. NeUapa~na a fronte,BettinoRicasoli in unincisionecontemporanea. FINE SECOLO * SABATO 7 / DOMENICA 8 SETTEMBRE . . .. .. ",15 manere in Maremma tutto l'anno ed amministratori poco abili combinavano grossi guai. Inoltre gli operai agricoli, per quanto il loro impiego fosse ridotto dall'uso delle macchine, erano una «canaglia» capace di abbando– nare la mietitura «per cercare chi gli desse più prezzo», di rifiutarsi di «rifinire il cottimo alle prime pattuite condi– zioni», di porsi da un lato e di smettere di lavorare, di vo– lere riposi a capriccio. Meglio, molto meglio i quieti mez- zadri di Brolio. . ' La scomunica per il beneficio di S.M aree/lino - Ad aggravare la crisi interiore di cui si è detto avevano contribuito anche gli eventi politici. Esponente del moderatismo toscano, il Ricasoli era stato nominato, agli inizi del 1848,Gonfaloniere di Firenze e in quella carica aveva vissuto gli eventi rivoluzionari, schie– randos.i-à favore della costituzione, ma contro i democra– tici ("gente senza senno, senza averi, senza morale" che abusava della libertà), tanto che non aveva visto di catti– vo occhio il ritorno del Granduca, avvenuto sull'onda della sollevazione sanfedista dei contadini e grazie alle armi austriache. Quell'esperienza comunque lo aveva convinto che il vec– chio assetto politico italiano non era più in grado di ga– rantire l'ordine sociale e di salvaguardare la proprietà. Il suo unitarismo, che secondo Pischedda si manifestò fin dal 1849,nacque da questa profonda esigenza conserva– trice, che segnò anche la concezione dello stato a cui aspi– rava: uno stato forte ed efficiente, governato da un'élite di «buoni», di «savi», di «antiveggenti». Tornato all'impegno politico attivo alla fine degli anni '50, ebbe il grande merito di essere, nonostante alcune incoerenze, il principale artefice, in qualità di dittatore della Toscana, dell'annessione al Piemonte. Nel nuovo reg'no ricoprì l'alto incarico di Presidente del Consiglio per due volte, subito dopo la morte del Cavour e nel 1866.In entrambi i casi al centro della sua attenzio– ne ci fu la questione romana. II problema di una radicale riforma della Chiesa costituì una conponente prìmaria del suo pensiero e della sua azione, come risulta bene dagli studi di Stelio Marchese e

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