Fine secolo - 7-8 settembre 1985

FINE·SECOLO * SABATO 7 / DOMENICA 8 SETTEMBRE 14' ,, . ILFANTASMA DIBETTINO. I\ -':_ ______________ .;,.... _ con un accostamento al Bismark sicuramente lusinghiero in un'Italia postunitaria in cui crescevano le simpatie per ì metodi politici del cancelliere tede~-:o. . A Brolio, dove il patrimonio ha il neroo del suo valore II fortissimo senso dell'autorità e del comando indiscusso fu dunque il fondamentale criterio ispiratore delle azioni del Ricasoli già durante la gioventù, ma soprattutto dopo il 1829, data a partire dalla quale, ottenuta la dispensa dalla minore età, assunse la tutela dei fratelli (il padre era morto nel 1816) e si fece amministratore a tempo pieno dei vasti possedimenti di cui era erede. Proprio allo scopo di curare meglio i propri interessi, si trasferì, nel 1838, da Firenze a Brolio, il castello nel Chianti senese dove si incàrnàva «l'antichità e la nobiltà vera della famiglia» e dove il patrimonio, costituito. da cinquanta poderi condotti a mezzadria, aveva «il .nerbo del suo valore». · Lì, per ovviare ai guasti prodotti dalla gestione assentei– sta paterna e per far fronte alla grave situazione determi– nata dalla depressione agricola degli anni '30, tracciò precise linee d'intervento, nel quadro di ur~a concezione provvidenzialistica dell'agriçoltura. Avrebbe scritto alcù– ni anni dopo: « Le sante scritture ci fanno sapere che il Signore Iddio pose l'uomo nel Paradiso Terr..estreper lavorarlo e guar– darlo. Che vùol dire questo? Vuol dire che la terra è la creazione di Dio la più preziosa (. ..). Vuol dire che pro– prietari e contadini hanno il dovere di costudire, di ben col– tivare, la terra. (. ..). Un padrone che non mantiene bene i suoi poderi, che non li vigili, che non li guardi, !"lanca il pri– mo precetto che Dio ha dato all'uomo». li deciso aumento della produttività dei fondi diveniva così un dovere morale quasi religioso. · Ma per ottenerlo non occorreva scardinare la colonìa classica a vantaggio di un modo di produzione compiuta– mente capitalista (come alcuni esperti di cose agricole proponevano). Bastava il superamento dell'inerzia mediante l'innesto di alcune novità tecniche e colturali sul tronco della vecchia forma di conduzione. Di qui la scelta di introdurre le col– ture foraggere e la stabulazione fissa, e di curare la qua– lità del vino, unico nella Toscana di allora che risultasse idoneo ad essere immesso su mercati anche lontani per le sue proprietà di reggere l'invecchiamento e il trasporto. Contro lo scarso e mal regolato lavoro Ma più che per gli investimenti di capitale la fattoria di Brolio «rifiorì» grazie all'eliminazione dello «scarso e mal regolato lavoro», uttenuta imponendo una direzione fer- . rea e razionale che, nota Carlo Pazzagli, se dà un lato fa– voriva l'esecuzione migliore delle attività agricole, dall'al– tro implicava un sensibile aumento della fatica delle fa– miglie mezzadrili. · li provvedimento di rendere obbligatoria la vangatura dei terreni a rinnovo, in modo che un quarto dell'intera superficie coltfvata della tenuta veniva ogni anno rivolta, in profÒndità senza l'impiego né di forza animale, ne di moderni strumenti aratori, rientrava in questa logica. E così anche la decisione di limitare ai casi di gravissima ed oggettiva difficoltà le anticipazioni sugli apporti.in natu– ra o in denaro di parte colonica, che si traducevano, al momento dei saldi, in un crescente debito verso la fatto– ria. Il fine era duplice: recuperare la quota di rendita do– menicale che in quel modo andava dispersa; convicere i mezzadri che potevano «fuggire la miseria» non con la pratica corruttrice della ricerca di prestiti bensì incremen– tando la produzione, la cui metà esatta, secondo il patto, era di loro spettanza. Un ragionamento in base al quale il barone era sinceramente convinto di far~ un gran bene materiale e morale, un po' come il medico o il confessore che provocano dolore momentaneo per procacciare. salu– te e benessere futuri~ Saran J!.rese di. mira quelle famiglie che...- Ma la difficile opera di ridestare, in individui spesso ab– brutiti, l'amore pér il lavoro, che per il Ricasoli era il-fon– damento della dignità personale, doveva essere svolta, ol– tre che con la costrizione, anche attraverso la persuasio– ne. Ecco allora i frequenti discorsi che venivano conse– gnati ai capoccia perchè li leggessero ai loro familiari e soprattutto ai giovani, ai quali, « per far fqrtuna», si con– sigliava fra l'altro: «sé andrai a letto per tempo e per tem– po sarai levato, guadagnerai in robustezza, in ricchezza, in saggezza»; «se farai le tue cose bene e presto le avrai fatte due volte bene »; «la vera ricchezza consiste nell'a– ver bisogno di poco, vale à dire nel sapersi contentare di poco». Oppure le perentorie dichiarazioni affisse al por– tone del castello, che cominciavano tutte con un minac– cioso «Saran prese di mira quelle famiglie che », a cui se– guiva una nutrita casistica di vizi (che 'lvviamente com– portavano di finire nel mirino) comprendente «l'andare tardi al campo»; il «far lusso» cioè non «vestire con quel– la semplicità e risparmio quali si conviene al contadino», il non istruire i·figli nei doveri della cristiana religione, il bestemmiare; il parlare disonestamente, il giocare, l'an– dare «girone di qua e di là, di giorno e di notte». Insomma il barone stabilì un controllò quasi totale sulla vita dei coloni (anche per sposarsi dovevano avere il suo beneplacito) riportando in auge una delle caratteristiche più feudali del rapporto .di produzione mezzadrile. E per assicurarsi che le parole non rimanessero tali era sempre «in faccia alle sue terre». A piedi, con il calesse o in sella ad un focoso cavallo arabo., come ii Mazzarò del Verga arrivava inaspettato nelle aie e nei campi, percor– reva i boschi e si aggirava intorno ai casolari. In lui non c'erano però soltanto rigore e intransigenza. I?er plasmare i suoi sottoposti sapeva di dover ricorrere àd un gioco psicologico più sottile che prev,edeva anche il perdon~, il gesto m:~gnànimo e soprattutto la difesa' da minacce é da offe,sfesterne (il medico che non curava con scrup~lo', gl_i «stradieri» _chealle porte di Siena esercitava– no vessazioni /in modo da rendere le regole imposte dure ma giust_e_/ ,_ - Si pensò agli antichi cavalieri Nel 1830 il Ricasoli sposò Anna Bonaccorsi che gli portò una>cospicua dote, utilissima .nèl momento in cui comin– ciava la sua opera di rinnovamento della fortuna della fa– miglia. Con la moglie non ebbe relazioni· dissimili da quelle che instaurò con gli altri sottoposti .. Fra i due, scrive Carlo Pischedda citando Gaspare Finali, «uno voleva, l'altra obbediva, soggetta al marito di cui conosceva e rispetta– va la moràle superiorità». Quando, dopo otto anni di matrimonio, fu costretta a se– guirlo nella <li.morastabile di Brolio, a Firenze se ne dis– sero tante. «Due giovani sposi» -sono ancora le parole del Gotti- «nobili, ricchi (...) i quali lasciavano i balli, i teatri, le delizie di una capitale ed andavano a chiudersi là in mezzo a dei boschi e a delle vigne, tra un popolo di contadini, e in un castello (...) pauroso, era tal cosa da non potersi intendere da tutti: si pensò agli antichi cava– lieri che rinchiudevano le loro dame, si parlò anche di una nuova Pia de' Tolomei. E invece, continuava il Gotti rifacendosi a «Elogi e biografie» di Raffaello Lambru– schini, "la baronessa( ...) viveva una vita nuova; rassere– nata dai diletti puri ·della campagna, addolcita dai diletti soavi della famiglia, fortificata dai diletti austeri delle dif– ficili virtù. Là ognuno aveva la sua parte, ognuno i suoi doveri". Ed Anna li assolse bene, grazie ad una forza di carattere e ad un attaccamento. ammirevoli che però il marito non colse quasi mai, rivelando sfiducia, incom– prensione ed insofferenza per qualunque minimo con– traddittorio domestico. Solo quando essa morì, pur riba– dendo che «era debole di natura» e che «subiva gli effetti de' volgari pregiudizi femmineschi e molto per_essi si re- golava», riconobbe di ama_rla. - Dalla moglie ebbe tre bimbe, Elisabetta, Maria, Carlotta e un bimbo, Luigi, di cui però solo la prima sopravvisse. Gli altri morirono tutti prima di aver compiuto i due anni di età. · Quelrunica figlia divenne il centro del suo mondo affetti– vo, tanto che la circondò di un amore geloso e spesso ai limiti dell'intolleranza. Alla formazione della sua perso– nalità si dedicò con abnegazione, secondo un programma

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