la Fiera Letteraria - XV - n. 49 - 4 dicembre 1960

Le tichieste d1 gmdizio che giornalmente d pervengono, troveranno risposta nelle apposite rubriche • Verba Vo– lant », e Scripta manent • e • La Fiera risponde • secondo l'ordine di arrivo. Si prega pertanto di astenersi dai solleciti FIERA LETTERARIA I ORARIO DELLA REDAZIONE 11·13 daJ mercoledl al sabato Manoscrlttl. foto e disegni non rlch!estl non s1 restituiscono ll,\ 1 DllAIUJA DI GllJSEPPE PATROlVI GRIFFI In "Anima nera,, un superomismo rovesciato • I I I ~ * la sera della prima rappre• sentazione dell'ultimo dram· ma cli Giuseppe Patroni Grif· fi, Anima nera, nel Teatro Valle di Roma (capitale dei « portoghesi •) non era dispc• nibile un posto per il critico dc e La Fiera lelteraria •· Evi• dentemente un suo giudizio sullo spettacolo non interes– sava né la direzione del Tea– tro (o dell'ente che lo gesti· sce) né la direzione della Compagni-a che recitava l'ope– ra. Per questo siamo costretti a riferire in ritardo e csclu· si\'amente sul testo del dram· ma, che ora conosciamo at • traYerso l'ediz.ione pubblicata da Cappelli con un 'introduz.io- – ne di Raffaele La Capria. resto risultan nel dramma. Esso non rappresenta, come si è superficialmente affer– mato, una crisi coniugale; ma una • particolare• crisi co– niugaJe. cli GIOl'Ailll'f/1 CALEil 1 DOLI Dello spettacolo abbiamo letto le cronache già apparse sulla stampa quotidiana ro· mana e confessiamo che ha destato in noi meraviglia il pudore quasi unanime con il quale è stata riferita la trama del dramma. Sono stati gene• ralmente taciuti o solo allu– sivamente indicati i suoi aspetti più scabrosi e invece a nostro avviso l'opera può es· sere giudicata esclusivamente se questi elementi sono posti in piena luce, cosi come del JIL FJIL '[ Adriano, il protagonista del dramma, C un intraprenden1e giovanotlo che compera e vende macchine usate. Ha avuto un passaio molto bur· rascoso: cresciuto alla matu· rit3. negli anni agitati dell'im– mediato dopoguerra, è sceso a tutti i compromessi, anche ai più turpi, senza risentirne mai un'umiliazione morale; anzi si è adagiato seni.a sforz.i eccessi"i sulla convinzione cbe transazioni ed abiezioni sono la via più agevole che si apra all'individuo per arrivare alle conquiste desiderate. E Adria– no infatti è arriYato persino a sposare una ragazza e per bene•. ingenua, semplice, na· la in una pulita anche se modesta famiglia borghese. La circostanza che ha reso possibile il matrimonio di Adriano è stata una delle sue passate abiezioni, la quale a distanza ba reso pingui frut– ti. Un giovane aristocratico. con il quale Adriano ha avu– to rapporti carnali, morendo ha lasciato in eredità i suoi beni all'amico. Adriano, im– provvisamente divenuto be· nestante, ha cosi deciso di sposarsi. Ma proprio al ritor– no dal vfaggio di nozze la giovane moglie, Marcella, ap– prende il turpe ret.roscena del suo matrimonio e, in un impulso di disgustata ribel· !ione, se a p p a inorridita. Adriano stenta a comprende· re il sentimento di repulsio• ne che ha determinato questa fuga; m:1 glielo spiega Mi– mosa, una donna che è stata sua amante mentre egli col– tivava la sua amicizia con il giovane aristocratico e che era consapevolmente consen– ziente a questa utile relazio– ne. Mimosa dice ad Adriano che egli mai potr.ì stabilire un'intesa autentica con una ragazza sprovveduta cli espe– rienza e m:1i potrà riversare tutto se stesso in un'anima impigliata nella rete degli scrupoli morali borghesi. Ma, dopo una notte di assenta, MarceUa ritorna a casa ed accetta di vivere nuovamen– te insieme con Adriano a pat· D.EJLJLA\. §ETTJ:MA\NA\. * illai di domenica to che egli rinunzi all'eredità infame e che respinga tutto il suo passato. Adriano acceua; ma accetta con un atteggia– mento particolare che è sin– teticamente espresso nelle pa– role finali del dramma: e L3 morale, date retta a me - egli dice - è una gran fre· gatura. Però dice che è im– portante. Ma non ci credete, non è vero: importante, è chi lo Wce. Vado :l prender– mi un cafiè •. In aJtri termini Adriano rientra nell'ambito della mo– rale non perché sia finalmen· te persuaso della sua verità e della sua necessità; ma per· ché l'accettazione della mo-– raie costituisce per lui l'uni– co modo di riconquistare Marcella, della quale è inna· morato con una specie di ir– refrenabile rancore fisico (ri– valSa (reudiana dei suoi ce– dimenti passati). la definiz.ione di e crisi co– niugale • applicata ad una si– tuazione del genere è almeno impropri:1. Lo scontro fra Adriano e Marcella non è lo scontro fra due diversi tem– peramenti o fra due diverse visioni morali della vita; ma è lo scontro fra una posizio– ne innaturale, anche spiri· tualmente invertita, e una po– siz.ione nadirale e, come tutti gli scontri W questo tipo, non ha quindi un sianificato psicologico generate. E· un caso patologico, cos\ come patologica appare la sua so– luzione. Adriano infatti non tro,·:1 in sé la. forza di riscat- cato interessa umanamente solo in quanto conduca al ri– scatto, alla redenzione. Ed anche da un punto di vista teatrale proprio il riscatto e la redenzione, essendo la con· seguenza e la manifestazione di una crisi, rendono dram· matica la rappres~tazione del peccato. In Anima nera, non v'è né redem.ione né ri– scatto e per questo non esi-· ste una vera crisi drammati– ca. L'orrore suscitato in Mar– cella dalla conoscenza dei tur– pi trascorsi di Adriano pro– voca una momentanea repul– sione, ma poi si acqueta in una supina accettazione. l1 dramma di Giuseppe Pa– troni Griffi costituisce indub– bia.mento? un segno dei tempi, un documento di un'epoca che rischia di smarri.re il sen– so del confine che separa non il moraJe dall'immorale, ma persino il naturale dall'inna– turale. E noi chiediamo, sin• cera.mente angosciati, a quale conclusione sia voluto arri– vare. lo scrittore con questo suo dramma. Una morale fondata sulla natura umana non è pili possibile nella no· stra città? E non è più pos– sibile, neppure nei casi più disperati ed estremi, lo scat· 10 della redenzione che con– duce alla salveua. ed aU 'ordi– ne naturale? ll mondo sta av– ,·iandosi forse verso una e nuova• natura ed un e nuo· va • mora.le? Noi ci rifiutia· mo di crederlo, una ipotesi del genere ci ripugna fisica· mente prima ancvra che spi– ritualmente. Un 'opera come Anima nera ci sembra, in conclusione, la manifestazione di una specie di superomismo rovesciato. In essa vediamo, nonostante tutte le contrarie apparenz.e, una sopra,rvi,·enza estenuata di una visione della vita e dell'arte dannunziana, filtrata attraverso le asprezze del neorealismo da una parte e l'estetismo psicologico dell'aJ– t.ra (un e cocktail• di ele– menti contraddittori e perciò piccante). Solo il possesso di una pie– na umanità conduce all·arte e per questo fondamentale mo– tivo noi giudichiamo Anima nera un documento raccapric· dante; ma non un'opera di arte. I personaggi, pur n~I loro linguaggio formalmente realistico, sono fuori da ogni dimensione normaJe e perciò uni"ersale e quindi reale. E si conclude la lettura di Ani- cl}é "Gf~s:~ "p1i~r;,\ 0 • cm; possiede indubbiamente in misura notevolissima la ca· pacità di tradurre le situa– z.ioni nel dialogo, di sceglie– re l'angolo visuale esatto in quella rappresentazione di scorcio che è il teatro per le sue necessità di sintesi. Egli è per le sue passi· bilità un drammaturgo; ma non ba ancora avuto il co– raggio artistico e mora.le di affrontare l'umanità, l'umani– tà e tout court •• la sola uma– nit·3. cbe esista Yeramente e nella quale i problemi psico– logici, le situazioni morali, le angosce fisiche acquistano quelJ"universalità nella quale !"arte ha il suo insostituibile contrasseiIJO. LANOIA "La noia" è il momento più alto e felice della maturità dello scrit– tore. Ma è sopratutto un libro responsabile e coraggioso, sti– molante e irritante, un ritratto dell'uomo d'oggi senza strutture, un contemporaneo della pittura informale e della musica el.et – tronica che sperimenta il pro– prio cinismo fino alla tragedia. 380 pagine, rilegato in tela. Lire 1.500. I I I I * f:~~r~d~fuui~~~~~: ,------------------.,...--------------------------------- di GIA:'\' LUIGI RONDl MO§ TR.II. D' AH.TE * ROMA\ Jules Dassin non è uno di quei registi che ancora lo si sia potuto catalogare con sicurezza: ha realiz· zato dei film molto inte· ressanti (a Hollywood il celebre Forza bruta, in Francia, sua patria, Rifi· fi), ma ne ha realizzato anche dei mediocri o, co– munque, dei modesti, dan· do prova di molta tecnica e di uno stile lucido e si– curo, ma raramente di una ispirazione genuina e personale. Quasi anche egli, come tanti cineasti. possa più facilmente es– sere considerato fra le schiere numerose dei metteurs en scène e dei directors che non fra quelle più serie ed esigue degli autori. to perché la donna non è quella malleabile cera che lui credeva e poi perché una non breve serie di equivoci non tarda a met– tergliela contro: soprat– tutto quando la flotta USA attracca al Pireo e lei trova più conveniente tornare al mestiere di pri– ma che non passare le giornate tra i classici e la musica sinfonica. L'ame– ricano, così. Pigmalione deluso, se ne torna in pa– tria pieno di malinconia e la creatura che lui non ha potuto redimere resta do· v'era stata trovata: con– un coacervo di contraddi– zioni e di errori di gusto: nuova dimostrazione che Dassin non sa essere un autore anche perché, for– se. non sa bene quello che vuole. so al compromesso del com· promesso, all'abiez.ione del· l'abiezione, accogliendo la mo– rale semplicemente come uno strumento utile al suo fine. e da parte sua Marcella, sug· gestionata da un discorso dJ Mimosa, si induce a ritornare con il marito, semplicemente perché si arrende al passato dell'uomo con il quale si è sposara come a una rèaltà ineluttabile. Mimosa le dice: e Si accetta tutto o niente. Non si può scegliere di una persona solo quello che ci piace. Sapesse che roba ho dovuto inghiottire io_•· E queste parole, pronunziate dalfa vecchia amante del ma– rito, divengono in qualche modo la intima giustificazio– ne del suo ritorno e della sua Incisioni di Picasso Una riprova di questo ce l'ha offerta, fin dall'ul– timo Festival di Cannes, il suo film più recente, Ja– mais le dimanche, Mai la domenica. che egli, forse per provare a se stesso di essere e anche • un autore. non solo ha voluto dirige– re e perfino interpretare ma anche scrivere tutto faer s:~~g~~:~fg:~~o ~:= sultati alquanto contraddi· tori e discutibili. Perseguitato infatti dal mito di Pigmalione (e for– se anche dalla interpre– tazione che ce ne ha dato Shaw) Dassin ha immagi– nato una storia che per un· verso ha voluto comica e per un altro verso gli si è trasformata in sentimen· tale e romantica, senza giustificazione alcuna. li personaggio su cui egli ha costruito la sua vicenda è quello di una giovane don– na greca, dal carattere primitivo e quasi selvati· co. che esercita al Pireo la professione dell'a m _or~ mercenario: tutti i g10m1 salvo la domenica perché la domenica sono aperti i musei e lei va a godersi le opere d'arte. Un giorno sbarca al Pireo un ame· ,ricano. un intellettuale in– fatuato di cose classiche, ma in fondo in fondo in– genuo e sprovved:uto come un bambino; conosce la donna, crede di capirne le molte possibilità sotto quella scorza un po' grez· za e decide subito di re– dimerla, facendone una persona non solo pura, ma anche colta e istruita. Lei, però, fa il mesti":re che fa e non le è facile lasciarlo, soprattutto per– ché c'è di mezzo una spe– cie di contratto che lega lei e le sue e colleghe • a un singolare tipo di sfrut· tatore in grande stile; ma l'americano, non si preoc– cupa e viene a patti an– che con lo sfruttatore: l'altro, inaspettatamente, cede; non per ravvedimen· to, ma perché quella don– na. più facinorosa delle altre, gli ha creato spesso dei guai di natura, diremo così, sindacale e se c'è tfi~;o~ 1~!:Cèi~1i~1ss~; Se non che le cose non vanno proprio come lo americano sperava, intan- tenta di sé. In che cosa questa vi– cenda era e voleva essere umoristica? Nel gioco amabile e satirico che ci descrive i vari tentativi dell'intellettuale di colti– vare la grezza popolana, nella sua cultura sempre sconfitta dal buon senso di lei, nel personaggio di lei che, cosi spontaneo ed autentico. vivace e senza Da ricordare, fra gli in· terpreti, Melina Mercouri, premiata a Cannes per questa sua interpretai.io- – ne: è acerba e selvaggia come sempre, ma qui 6a essere anche maliziosa e spiritosa quel tanto che i momenti parodistìci del suo personaggio esigevano. Gli altri sono lo stesso Dassin nelle vesti del– l'americano (un po' mono– corde, sempre egualmente drammatico) e un grup– petto di attori greci tra cui Titos Vandis, Mitsos Liguidos e Despo Dia– mantidou. Da non dimenticare le lietissime musiche di Ma– nos Hadjdakis che, prima ancora dell'arrivo del film in Italia. banno conqui– stato tutti con l'ormai ce– lebre Les enfants du Py– rée. acquiescenza. Abbiamo voluto esporre con cruda chiarezza la vicenda del dramma, perché soltanto dal suo esame pUò agevol– mente desumersi la nota di carenza umana dei personag• gi, relativi alla loro ecce~o– nalità invertita e patolog:ica. Nel giuoco dei sentimenti, che costituiscono l'azione di Anima nera, è assente il sen· ti.mento che doveva essere fondamentale, quello del ri– scatto e della redenzione. Del– la perversione si può anche fare una professione alla qua– le si intenda rimanere fedeli e allora si rimane in un buio esilio del mondo; ma il pec- La nostra settimana si apre in belleua. con quarantacin– que stupende incisioni su li· noleum, eseguite da Picasso~ tra la fine del '58 e il prin– cipio del '60, presentate, per la prima volta in Italia, dalla galleria e Il Segno •· Ber– nhard Geiser, uno dei più grandi esperti dell'opera gra– fica del maestro, nella sua introduzione alla mostra, fa un po' la storia di queste incisioni e ne illustra i me– todi tecnici. Picasso non ha- scelto un tema fisso, i soggetti sono quelli di sempre: picadores, centauri, ritratti muliebri, baccanali, corride, tori, fau– ni. Ma la tecnica nuova, le larghe campiture di un co– lore intenso, smagliante, il segno mobilissimo, ora ag– grovigliato in un arabesco sfumature sembra sem- l------------------------------– pre farsi berte di tutto e di tutti. in un clima i.n cui la commediz di carat– teri pare fondersi ad ogni istante con la commedia di costume. Purtroppo. però, nono– stante queste evidenti in– tenzioni satiriche ed una certa loro felice attuazio– ne in non pochi momenti del film, Dassin si è la– sciato prender la mano, quasi inconsciamente, da un atteggiamento roman– tico e nostalgico che, sna– turando la sostanza stessa della parodia, ha trasfor-– mato l'ironia sul mito di Pigmalione in una malin· coniosa divagazione let· teraria tessuta solo di tri– stezze rinunciatarie. di de– lusioni sentimentali, di queruli ripiegamenti. Un po' di verve, c'è, e anche. come sempre in Dassin. un certo stile nel risolvere. non solo visiva· mente, ma dal di dentro - quanto a clima - si· tuazioni spesso comples– se e piene di sfumature pittoresche, ma se questo, specie nei momenti più umoristici, ci consente di gustare le notazioni sa· ti riche, il loro brio e il piglio disinvolto e di– vertente. con cui ci sono precisate, ci delude dopo, quando su questo umori– smo, in aperta contraddi– zione, si inserisce, pesante e quasi didascalica, quel– l'atmosfera finale, dram– matica e funebre, tessuta solo di divagazioni libre– sche, venata di retorica, ovvia, facile, percorsa da vieti luoghi comuni. Senza questo difetto non solo di stile. ma an– che· di struttura narrativa il film poteva essere una commedia spiritosa e non di rado originale~ .Cosi, ~ Il centenario di CasaCurci (continu~ pag. 4) co per il dilf~te si.sterna di vivere. La ,11ta d1 una città ba ora un ritmo diver• so da ieri ,e il futuro farà mutare anche il ritmo odier– no. Alla frenesi:1 del primo dopoguerra segui la crisi del '29-'31: l'ansia e la preoccu– pazione di quegli anni furo– no espresse daJ e cbarleston •· E cosl via via: la canzone all'italiana la ricerca di me· I odia; po{ la tensione e il rilassamento dell'immediato dopoguerra. Ogni contenuto segue e interpreta il mo-– mento sociale e sentimentale. A un periodo sereno ~rri· sponde un genere melodico; da un tempo in movimento e traumatico scaturisce una musica altrettanto traumhti– ca. Si spiegano cosl l'ispira: rione di Modugno, il canto di Dallara e di Mina. Ora, con un nuo\'O ritorno alla melo– dia, sembra che si vada verso una nuova distensione•· Dalla musica alla poesia. Salvatore Quasimodo è un :lutore della Casa Curci. Co– nosciamo il riuscito esperi– mento delle sue e Morte chi– tarre• (una lirica de e [l fal– so e vero verde•) musicate dall'autore di e Nel blu di· pinto di blu• e di e 1:i· bero •. Ora un oratono del Nobel ( e Orfeo Anno Do– mini MCr-.UCLVII •) è stato musicato da Gianni Ramous. Dopo l'esecuzione avvenuta recentemente a Villa Olmo, l'oratorio sta ottenendo nu– merose esecuzioni all'estero. Una eccezione? Le Edizioni Curci annoverano, tra i loro autori di versi, scrittori e poeti quali Salvatore Di Gia– como, Ferdinando Russo, Li· bero Bovio, Ernesto Murolo, Eduardo De Filippo, Giusep– pe M·arotta e molti altri. Oggi che alla canzone legge– ra tendono una mano anche noti romanzieri e poeti di in un panorama senza precedenti il TEATRO TRAGICO ITALIANO storia e testi a cura di FEDERICO DOGLIO 24 ill. f. t., pp. 1488 · L. 6000 • i cont-:.mporanei di Dante • l'Aretino • i tragici del Rinucimetlto • la Controriforma • Alfieri • ~fan.ioni • la tragedia ritorgiroentale GUANDA EDITORE - PARMA chiara fama, perchè non ri– prendere un rapporto più ef– ficace (e una volta tradizio– naJe) fra poesia autentica e la musica? Leggera o no, drammatica o buffa, la can· zone italiana non potrebbe che avvantaggiarsene, come quella francese. Ma poi n_on esiste soltantO la musica leggera. Nel mondo s~ can– ta.no e Fenesta che luc1vc • e e Tintarella di luna•· Un buon poeta ha le sue prefe– renze. Cosi come c'è chi scri– ve i versi (e chl li trasf?rm~ in melodia) dc e La ligha di Jorio -o di. e Assassinio nella cattedrale• e chi invece tra– sforma in note i sincopati singulti di parolieri da as~ sassinare in piazza. Una casa come la Curci - che ba sem– pre guardato al problema delJa musica come ad un problema di cultura - appa– re la più indicata per af– fiancare alle buone melodie la buona poesia, e viceversa. LA FIERA RISPONDE Kauff. Carlo - Milano: Non ti fidare di certi editori i quali non ti vogliono far p_a: gare il successo, come dict (e sarebbe qualcosa) poiché non ne avresti peppure un pochino, il tuo libro mori• rebbe intonso in fondo a un magazzino. Scrivi, sei cosl giovane che non devi pensa· re tanto e quasi solo a pub– blicare. Scrivi, migliora, e se fra un paio d'anni resti del– l'idea di diventare un poeta, allora rifatti vivo. Vedrò di aiutarti (se vali, s'intende!). Le poesiolc cbe accludi han· no i tuoi diciotto anni, in– genui, pieni di puntini so– spensivi, di imitazioni o al– meno orecchiamenti udibilis– simi. Sotto, butta tutto e ri– comincia da capo. Auguri. Dan Voi. - Brescia: Mi di– spiace, ma l'irruenza, la ve– rità, il dolore autentici non bastano: la sua poesia dimo– stra questo, ancora una volta. I temi non fanno poesia. Au– guri per il suo libro * di LORENZA TRUCCHI misterioso ora lineare e lim– pido, conferiscono una par– ticolare freschezza a questi temi privilegiati e inesauri• bili. Ancora una volta Pi– casso è vittorioso. Egli è or– mai oltre il tempo e non perché lo evada egoistica– mente, ma perché nega che esso esista. ll tempo è lui. Picasso, che sa opporre al lo– gorio dei giorni, alla sian· chezza delle mode, àlla babele dei troppi linguaggi che si susseguono e consumano in un ritmo frenetico e sterile, una inventiva sempre viva, autonoma, mutevole ma uni– taria: delle esperienze non degli esperimenti. I program– mi, i punti fissi, le conclu– sioni, non sono fatti per Pi• casso, il più generoso dei pittori moderni, capace di continue scopene, di ammi· revoli accensioni, uno dei pochi che seguiti a dare sen• za fare bilanci. Picasso è una forza di natura, può rinno– varsi sen:za esaurirsi, ripe– tersi senza imitarsi. Soprat– tutto non ha mai né il dubbio che non si possa più prose– guire, nè la sicurezza di aver concluso, di aver definito. Ed in questo atteggiamenm, atl un tempo fiducioso e umile, che sa consen•are di fronte all'arte, vorrei avvicinarlo a Matisse, il quale, a 80 anni, ogni sera, coo la pazienza di un diligente scolaro, faceva alcune pagine di lettere ma- iuscole per mantenere agile la sua portentosa mano e che, già anziano e malato, nel '43, in una lettera ad Aragon, scriveva: e L'espoir est toujours là et augmenre rous les jours, l'e.spoir de /aire de.s chose.s mieux dans la solitude qui est si nécé.s– saire. pour sortir le trés– f ond de son cce.ur__ J'y trou· ve constamme.nt de nouvelles satisfactions, ccmme. on rrou– ve. des violettes sous la ver– dure.•· Fin troppo famosa è la battuta con cui Picasso n– spose a qualcuno che gli par– lava della necessità di tro– vare una nuova soluz.ione al problema figurativo: e lnnan– zi tutto non esiste soluzione: non c'è mai soluz.ione, per fortuna I •· Una risposta ap– parentemente banale e. inve• ce, l'unica che possa dare un vero artista, certo la stessa che avrebbero dato, in altri tempi, Tiziano, Gora o Céz.anne. Meraviglioso P1cas• ~gli sièmig~rrin"~~i :OY~nilra~i~ grande pittore vivente, ma un esempio stupendo di forza e misura, una risposta a tante incertezze, a troppe impo• tenze. Dopo aver ,,isto delle ope· re di Picasso, proseguire il giro nelle gallerie è quasi impossibile. Non certo per i paragoni, del resto assurdi ma percb~ appare più bru· dante la differenza sostan· ziale fra un Picasso e i tanti pittori d'oggi. Picasso trova e poi cerca, mentre questi pittori cercano sistematica– mente e, il più delle volte non trovano che le scoperte degli altri. [ giovani pittori dicono che la loro crisi è più acuta di quel che non fosse la crisi della generazione dei Klec, dei Picasso, dei Matis· se, dei Kandinsky e che crea· re diviene per loro di giorno in giorno, più difficile. lo parte, ciò è vero e con quan· ti con lealtà sentono e su· biscono le laceranti contrad– dizioni del nostro tempo, non possiamo che trovarci solidali. Ma molti, troppi, giocano onnai al dramma: un gioco camuffato sotto un programmatico sperimentali• smo. Basta seguire un po' ' attentamente questi piuori nelle loro camaleontiche ma– tazioni, vedere come fiutano l'aria, con l'abilità di segugi, come percepiscono, alla lon– tana, i mutamenti di quota– zione di certi titoli e sanno, di conseguenza, rettificare i loro tiri, puntando al ribasso o al rialzo. Ebbene costoro non ci incantano; anche se sono spesso agguerriti cella tecnica, culturalmente prepa– rati e. naturalmente, aggior– natissimi. Sembrano vivi, coraggiosi, anticonformisti c. invece, sono dei fantasmi, A -~~,\ \ ' ,,_-~~ I ~ì PABW PICASSO: • Jaqucllne • ,__ ~ 1A t \ \ \ (Gra,'UJ"Csu linoleum .. Gall erla • Il Sczno •• Roma) delle controfigure cbe ripe– tono cose già fatte, e appe– na terminato un quadro con una ideuccia (si fa per ditt} corrono dal mercante, com– binano la mostra, stampano un catalogo lussuoso a mol– ti colori, con prerazione di celebrità compiacenti. Sappiamo a memoria i lo– ro discorsi che vertono or– mai, indifferentemente, su due opposti schemi, quello dell'indifferenza del e quadro oggetto» e quello del ,·aiuto choc del e quadro di mate• ria•· e Non voglio che la mia opera dia emozione - dice l'artista anti - informale, ra– zionalista, nuovamente at– tratlo dalle rabule rase del neoplasticismo - sono stu• fo di sentimento, un quadro per me è solo un oggeuo, un manufatto qualsiasi, ma, a differenza della macchina, 10 ho delle idee, cost mi im– pongo alla massa, resto in– di\'iduo, anche se produco cose impersonali •· e Voglio che il mio quadro pro\'ochi ferma il seguace di un 'arte autre - la mia materia or– ripilante rappresenta il con– tributo polemico contro la società•· Affermazioni stan– tie, rimasticature dei con– cetti più noti delle avanguar– die di cinquant'anni fa, cono– sciuti anche dall'uomo del· la strada e rinnovati dai no-– stri migliori pittori con(em– poranei. D'altra pane si vorrebbe insinuare che le idee non contano neppure più, che bisogna solo bada– re ai metodi di lavoro, ai procedimenti tecnici, stando dietro a queste piccole feb• bri (infetti\'e), per registr::ir- ~{ f°~i=i.e Co~{en;:Ss~~t~ pensa a curare queste febbri né a smascherare tanti mala– ti immaginari e un po' tutti ci abbandoniamo, con una certa voluttà. al gusto della infermità cronica, evadendo dalle vere responsabilità, sfuggendo alle autentiche lotte. Queste considerazioni. che siamo costretti a fare ;u:~: ab~as~,:::\J !e.at~ i; alla collettiva allestita, alla Salita, da e cinque pittori • sia alla personale di Brajo Fuso, aperta alla Schneider. I e cinque • della Salita - Angeli, Festa, Lo Savio, Schi– fano, Uncini - credono di uscire dal giro informale (nuovi pragmatisti romani, li definisce, certo con troppa disinvolta benevolenza, Pier– re Réstany nella sua prcsen· tazione) con una serie di quadri monocolori, neri, gialli, rossi, mentre il Brajo. (che ba capito a rovescio la grande lezione di Burri) ere• de di entrare nel giro mfor– male esponendo dei e cromo– getti• composti dì lana da materassi con incastonati de– gli imbuti e dei tegamini. Fino a quando tutto que– sto? La crisi nei giovani è più forte e più grave di quel che sembri, eppure pare che non ci sia rimedio, che sia· necessario andare fino in fondo prima del salutare di– luvio. Intanto che noia I Ult:.l.oU t-A.HliRJ Olreltnr(' ~itnnnitAhll" .Stab. ltpQgnt.llCO U.b.::,.u,.A Roma • Via lV Novembre 149

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