la Fiera Letteraria - XV - n. 49 - 4 dicembre 1960

LAFIERA LETTERARI 'Anno XV - N. 49 SETTJMANALE DELLE LETTERE DELLE ARTJ E DEbLE SCJ NZE Domenica 4 dicembre 1Q60 SI PUBBLICA LA DOMENICA QUESTO NUMERO L. 100 DlH.1-.:ZIONE. AMMlNlS'l'KAZlUNE: Roma • Via dJ Porta Castello, 13. Telefoni: Kedauooe 65~.481 . Amminat.razJo.oe 65!>.1&8. PUBBUCL't'A': Ammm.isuaziooe: , LA Fl .E.RA L~r1'E.KAR1A • • Via di Porta CHt.ello.. l!:i rl.oma l'AKH tA L 150 al mllHmetro • ARRONAMF.NTl: Annuo L. 4000. Semestre L. 2.150. Trimestre L. 1.100. Estero: Annuo L. 1.000. Copia arretrata L. UO . Spedlz:too• lD conto con-ente oostale (Gruppo n, Conto rorr~n~ oo~tal~ o 1/'Sl42" Dialogo degli esempi * IL LIBRO DI CUI SI PAR.LA * PREMIO GO COURT 1960 * IL GENIO e la '7ecchiaia '' La • noia '' Vintila Boria * di A 1 1 DRÉ iJIAllROIS - E' penoso invecchiare. - Non sempre. C'è modo e modo d'invecchiare. - Per uno scrittore vuol dire la per-– dita della potenza creativa. - Come potete dirlo? Dopo settanta anni. l'arte di Vietar Hugo si era fatta ancora più robusta. , Quali versi mira– colosi. dice Paul Valérj, con i quali nessun verso è paragonabile per esten– sione, ordine interiore. rison3nza. pie– nezza, non ha egli scritto nell'ultimo -periodo della su3 vita>. l\laurice Barré-s amava soprattutto il rombo di questi ultimi versi di Hugo e ammirava < la potenza di un vegliardo carico di tesori. che vuole mostrarli, che fra pochi mesi morirà, e che non plasma più. che ci offre oro grezzo> ... - Hugo. perfetto regista di se stesso. aveva preparato bene la propria vec– chiaia.- Aveva messo da parte alcuni bei versi e si era fatto una rendita vitalizia dì capolavori. - Può darsi. ma non ne ebbe bisogno. Qualche giorno prima di morire, la sua eloquenza, allorche improvvisava, era rimasta stupendamente intatta. Abbiamo chi lo attesta ... Hugo ha lasciato migliaia di versi inediti, ed eccellenti. - Comeille da vecchio aveva perso tutto il suo prestigio. <Oggi è morto quel semplicione di Corneille > scrisse D:mgeau. - U vecchio Corneille fu sacrificato a Racine. Ed era una sciocchezza. En– trambi sono grandi; entrambi erano degni di ammirazione. A me in parti– colare piace H Corneille come in Hugo. il rombo degli ultimi versi. - Ancora un po', e direte: largo ai vecchi! - Niente affatto. La gioventù ha una sua grazia, una sua forza, un suo posto. Ma penso che un vecchio scrittore, se non ha più amarezze né ambizioni, arrivi a una specie di libertà il cui fascino mi commuove. Non avendo più timore della critica, non aspettandosi più nulla dal potere, s'abbandona alla propria indole naturale. Spesso si pennette del– le audacie che prima non avrebbe osato. Pensate allo Chateubriand della Vita di Rancé. Ha mai scritto qualcosa di meglio? - Non mi direte di preferire La vita di Rancé alle memorie d'oltretomba! - Perché <preferire>? Che mania avete di classificare! I due libri non hanno lo stesso tono. Quello della Vita di Rancé s'accosta a Saint-Simon. a Retz. U libro è tutto cosparso <ti frasi folgoranti: < Lo stesso Corneille fu at– tratto da questo gusto oltremontano, ma il suo grande genio resistette: toltosi iJ berretto italiano, non gli rimase che quella testa calva che si libra al disopra di tutto> ... < Nell'ombra dei chiostri si udì un remore di carte e di polvere: era Mabillon che si ergeva ... >. E la celebre frase su Saint-Simon: < Egli scriveva alla diavola. per l'immorta– lità>. Se questo è lo stile della vecchiaia. che Dio mi conceda lunga vita! - Dio spesso elegge di concedere la vita senza concedere il genio. L'apoteosi di Voltaire fu iJ trionfo di un vegliardo, ma il trionfo era per il suo passato e Irene era una brutta tragedia. Bernard (cooUnua a'pag. 2) Mi sembra di avere scritto altre volte su queste colonne e altrove che le ragioni della grama esistenza del romanzo italiano, come pure del nostro teatro risiedono principa.1- mente nella mancanza in Ita– lia di una società d3 romanzo e cosl pure di una societi da teatro, cioè di una società le cui vicende e private• pos• sano estendersi sino a diven– tare pubbliche, emblemi di situazioni morali nelle quali ciascuno di noi possa, anche se la sua vicenda pesonale non vi corrisponda esatta– mente, riconoscersi. Questo non significa che ciascuno di noi non viva o non abbia vissuto o non possa vivere vicende romanzabili o lca– trabiJi, ma piuttosto che quel– le vicende non appena di– ventano pubbliche sono desti– nate ad una sorta di forsen– nata reazione del lettore o dello spettatore che non vi si riconosce razionalmente ma solo sul piano del! 'inconscio che sen1e cioè violato un suo personale segreto, una sua storia e ne farà carico allo scrittore come del più ,;1e dei delatori. Lo scrittore, a sua volta. non ignora che ogni vicenda umana dei suoi concittadini. ci~ dei suoi lettori o spet– tatori, ~ un segreto la cuj violazione farà di lui il ne– mico costante del suo vicino o del suo prossimo parente per essere penetrato nei se– greti più intimi della sua esi– stenza, e si regolerà io con· segucnza perché si rende con• to oltretutto che avrà contro le più inimmaginabili reazioni corporative. Appunto per que– sto la maggior pan.e dei ro– manzieri che pullulano onnal nella nostra letteratura non riesce a vincere il timore di un'assurda privauté e si at– tieme n schemi sarei per dire inconsciamente prefabbricati, quclH che in un modo o ncl- 1 'altro gli addita il conformi– smo della nostra cultura lct- PER LA CONSERVAZIONE DELLA CULTURA EUROPEA * Saluto a G. B. Angioletti Questo è il tempo della tecnica. Resistere capar– biamente ad essa, sarebbe ridicolo e dannoso alle medesime scienze morali, e malinconico come la fi– ne di Baiardo in mezzo al– le palle di cannone, che son oggi bombe all'idro– geno. Ci battiamo invece per il giusto mezzo e per la conservazione del senso um3no, che valga a domi• nare la macchina elettro. nica e l'eventuale amora– Jità degli addetti all'uso che Se ne vuol !are. U tec– nicismo è, in America. al servizio di idealità. d'H– lusioni, di convinzioni, a parere nostro. non espor– tabili. Ciò che anima, di– rige e, francamente. fa bello lo sforzo umano in U.S.A., non è lo spirito del progresso scientifico, ma la spinta morale trat· ta da una Costituzione ef– ficiente. l'orgoglio di con– quiste che risalgono a una rivoluzione sacrosanta, e l'aggrovigliata. spesso con• traddittoria forza di una cultura che sbrilluccica ancora di lumi settecente– schi. Non possiamo na– sconderci che la ci\"iJtà americana conserva mol– te iJlusioni illuministiche. che noi non potremmo condividere. ma che non dobbiamo ostinarci a rite– nere superate dappertut• to. Quei lumi, che sono come fari di mete poco chiare, ora caratterizzate dal sentimento ora dalla ragione. bastano tuttavia a far tenere una medesi– ma rotta a tutti gli ame• ricani (si e dsto anche di rece:1te qual minimo diva– rio sia fra i programmi dei due grandi partiti). e quand·anche gli americani si t:ovassero ad approda• re a un porto diverso da quello che hanno immagi– nato. sbarcherebbero sem– pre tutti insieme. Dunque, la tecnica non è per essi un fine. ma uno strumen– to per na\"igare meglio. In Russia, l'ideale com– paginante e la bussola che guida la navigazione sono nella dottrina comunista. 1 mezzi tecnici. in URSS. possono essere usati in * di VLADUJIRO CA..JOLI coerente e cosciente ri– spondenza a fini politici che sono anche, a loro mo• do, fini morali. E poco gio– va notare che il comuni– smo è la dottrina ispira– trice di pochi uomini, o rallegrarci se c'informano, attendibilmente, che la stragrande maggioranza dei soggetti ai governi co– munisti. o è avversa o ras– segnatamente passiva. Ciò che conta. rispetto al no– stro problema, è che il po– tere, cosi come l'interpre– tazione ufficiale di esso e gli atti che ne dipendono. sono in mani comuniste. Ogni sacrificio imposto in Russia dalla macchina, ogni rinunzia (economica o spirituale) !atta per es- sa. trova giustificazioni che i tecnici più aridi pos– sono ben capire. e che debbono rispettare, anche se non le condividono o se intimamente le avver– sano. L'Europa. che sta nel mezzo come zattera mal• concia tra due colossi na– viganti su rotte sempre più prossime e studiata– mente confricanti; l'Euro– pa che in questo suo an– dare alla deriva, sarà pri• ma o poi presa in mezzo, come cuscinetto, ad atte– nuare l'urto. quale ossa– tura vuol darsi per non essere schiantata? Quan– d)anche si trattasse soltan– to di un urto ideologico, bisognerebbe avere idee, cm E' A~IlCO della FIERA LETTERARIA SI ABBONA alla FIERA LETTERARIA L'edicola più vicina può essere sfornita: l'abbo– namento vi roggiunge ovunque,puntuale, sicuro Il prezzo di un abbonamento annuo è di L. 4.000 - Per un semestre L. 2.150 Versamenti sul C. C. P. n. 1/31426 Sono previsti abbonamenti cumulativi col quoti• diano e ll Tempo•. Sul prossimo numero ne saranno precisate le condizioni. Chi si abbona ora riceverà il Giornale gratui– tamente fino al 31 dicembredi quest'anno Specialifacilitazioni per insegnanti e studenti cm E' .A.àllCO della FIERA LETTERARIA SI ABBO 'A SUBITO per reggere ad esso. L'Europa della Ceca, che è poi la sola veggente, ha già scoperto iJ principio della solidarietà, che pro– mette buoni sviluppi; ma può bastare la solidarietà che si basi unicamente sui rapporti economici? Ci vuol altro, noi crediamo. E lo corsa affannosa al progresso tecnico, che po– trebbe anche condurci al• la parità con gli altri due contendenti, qual esito avrà mai, se non scopri– remo. almeno in prossimi– tà del traguardo, per chi e per che cosa correvamo? Non crediamo che sia indispensabile fare una scelta fra Oriente e Occi• dente, nel senso \!he si debbo assumere questi o quegli ideali: che sarebbe impossibile per uomini di antica, complessa, ipercri– tica civiltà. Ma bisogna trovarne di nostri, che al>– biano origine dalle nostre midolle, atti a curare la nostra anemia. Quali che siano, essi saranno sempre ideali umanistici (purchè siamo capaci di ricomin– ciare un discorso d'idee e non soltanto di cose, co. me quello con cui stanno gingillandosi i realisti): saranno radici di ugual ceppo linguistico, di par– late mischiate da gran tempo, o svolgimenti nuo– vi di culture comunicanti: modi di vita, interessi e ragioni, che nessuna mac– china Potrebbe rendere più efficienti, se l'uomo viene meno a se stesso. Perciò guardiamo con profondo interesse, e in un atteggia• men:.o di fede appassiona– ta, il tentativo di G. B. Angioletti, di dar vita a una Comunità Europea de– gli Scrittori. A lui, che og– gi lascia la direzione del nostro Sindacato per de• dicarsi tutto alla sua nuo– va e più delicata creatura, auguriamo fervidamente ogni buon successo; e, per parte nostra, faremo il pos– sibile perchè le macchine di domani non siano usate da automi, ma da tecnici allevati in un mondo do– ve la cultura dia un senso nostro all'uso delle nostre macchine. * di FERDINANDO VIRDIA. tcraria, la quale, come è no-– to, tiene in sospetto il ro– manzo e il teatro, e cerca di confinare quanto più può in una sorta di limbo scrittori c.ome Svevo e come Pi.ran· dello (il che del resto aveva tentato di fare con lo stesso Manzoni e con Ve rga), cu– rando che non ne nasca.no altri del loro tipo. In questo è, credo, il se– greto della contemporanea fortuna e sfortuna di uno scrittore come Alberto Mora– via, e non tanto per un cer– to scandalo sessuale che sa– rebbe nella sua tematica (né la società né la cultura italia– ne hanno mai respinto gli eleganti pornografi evasivi, prova ne sia la costante am– mirazione riscossa d3 D'An– nunzio proprio in funzione di un suo pansessualismo estetizzante), ma perché Mo• ravia, dopo Svevo e dopo Pirandello, ~ stato lo scrit– tore italiano che assai più di ogni altro ba cercato di guardar dentro a quella privautt!. Difetto di /àntasia La sua vera efficacia co– me narratore è spesso rag• giunta sul piano dell'ana– lisi, ma di un'analisi di natura sociologica, e spesso è l'evidenza della sua pene– trazione e della scomposi– zione che egli compie nel profondo dei suoi personaggi e della societi dalla quaJe essi sono espressi, a supplire al difetto della fantasia. Vo• glio dire che l'estrema og– gettività della sua narrazione. la straordinaria minuzi3 ed evidenza della notazione psi~ cologica in rapporto con tutta la vita del personaggio. l 'in· crociarsi dei conftitti di cui è ce ntro e motore, diventano es.si stessi fantasia. E' assai inter essante annotare a pro– posito del suo ultimo roman– zo La noia, apparso in que– sti iii.orni presso l'editore Bompiani, come esso si apra con una sona di saggio sulla noia, anche se lo stesso sag– aio voglia apparire assai più come un compendio dei pen– sieri del suo protagonista che dello stesso scrittore. Dino, il prota~onista _di questo romanzo, giova ne p1t• tore (che ha ccl 'C3.to rifugio nella pittura dall a no ia. mi– sura costante di tutta la sua vita, ma che a poco a poco ha sentito crescere in se stes– so anche la consapevolezza di non poter trovare un vero rapporto tra sé e la sua pit• tura), che rinuncia consape– volmente alla pittura, come ha rinunciato alla ricchezza di sua madre, è la proiezione di un sentimento che ritro– viamo come componente più o meno in tutti i personaggi di Moravia. lo Dino la noia ~ connaturata con la stessa vita, è una condizione essen– ziale del suo esistere, una di– mensione insopprimibile della vita umana: e La noia, per mc, ~ impropriamente una specie di insufficienza e ina• deguatezza o scarsi ti della realtà •, un'insufficienza, dun– que della realtà, e una ma– lattia degli og.i:etti •• il se– gno di un'assoluta incomuni– cabilità. col mondo e con le cose. Rifugiandosi in uno stu– dio di via Margutta, egli ba cercato di sottrarsi alla ri– pugnante tutela di sua ma– dre, cbe vive in una gran• de villa sulla Via Appia e \tOrrebbe appunto legarlo a se stessa e al suo vuoto mondo borghese; ma dopo dieci anni da questo distac– co, egli si rende conto che il suo rifiuto della ricchezza (cioè della noia connessa al denaro) io realtà non lo li– bera della ricchezza stessa, anche se da sua madre egli ha accettato appena quan– to gli pennella di vivere come un artista, rua senza preoccupaz..ioni e avventurose incertezze, ma soprallutto egli si rende conto di continuare ad essere potenzialmente e mor.:tlmentc un ricco. L'ab– bandono della pittura è deter– minato in lui da un altro conflitto psicologico tutto suo personale - oltre quello della scoperta della non esi– ricchezza - dall'essersi reso conto che la noia è penetra– ta anche nella sua vocazione di pittore e che la pittura stessa è qualcosa di fittizio e di irragaiun&ibile, e se de– cide di tornare a casa della madre si rende conto di nuo-– vo, con estrema disperazione che ormai per lui non c'è più scampo, e ancora una volta fugge dalla villa per rifugiarsi nel suo studio di via Margutta. In questo momento di asso– luta disperazione avviene il suo incontro con Cecilia, la giovane donna che lo chiude– rà m- una nuova angoscia, ma un'anaoscia che tutto somm3tO può diventare una angoscia liberatrice dalla noia, se Cecilia non si ri– velasse alla fine un'esserc completamente liscio e inaf· ferrabile, pura istintiva, sul' quale scivolano senza lascia– re alcuna traccia non soltan– to i sentimenti, ma la stessa noia di Dino. Ma eh.i è Ce– cilia? E' una raga7.Z3 di di– ciassette anni che è stata già per qualche anno l'amante di Balestrieri, un anziano pit• tore, vicino di Dino, ereto– manc sia nella vita che nel– l'arte, del resto mediocris– sima. Dino non tarda a scoprire che C«ilia lo tradisce, co– me del resto tradiva il Ba· lestrieri, con un giovane atte,. re del cinema, cd ella non esita a confessarlo pur af– fennando che vuol bene al· l'amante: il suo amore per Dino non esclude il piacere degli incontri con l'at– tore. A Dino sfugge dunque la realti stessa di Cecilia anche nella sua dimensione erotica. In sostanza questa CeciHa è un essere astratto, incapace di diven1are realtà, cioè di entrare in Dino con un rapporto certo. Invano Di- no tenta di penetrare io quel– la ch e egli crede possa es– se.re il cerchio degli interessi econo mici della ragazza: le dà del denaro che ella ac– cetta con grazia quasi na– turale, ma quando egli smet– terà di farlo non porri che annotare la sua disinteressata indifferenza, la sua assoluta mancanza di venalità; conce– pirà quindi il disegno di le– garla a lui col matrimonio, confidando che la ragarz.a, di estrazione piccolo • borghese, possa. essere sensibile al ra– dicale mutamento di condi– zione che deriverebbe su lei da un siffatto matri• monio (comportante almeno la formale riconciliazione di Dino con sua madre e quin– di - almeno in un primo tempo, e sempre per Ceci– lia - il ritorno nell'ambito della classe sociale dell'alta borghesia) e C«ilia non sa– rebbe in fondo aliena dall'ac• cettare tanto più che Dino non si oppone a che ella prosegua anche dopo il ma– trimonio la sua relazione con l'attore; ma quando infine Dino cerca di stringere i tempi proponendole il ma– trimonio tra un mese, ella rifiuta con •disarmante indo– lenza e solo perché ha de– ciso di passare \tenti giorni a Ponza con l'attore. Fallisce quindi o~ tenta– tivo da parte di Dino di fare uscire Cecilia dalla sua inaf– ferrabilità e nel tempo stesso di bruciare in se stesso amore e gelosia per lei, anche se non soffrire più significa ten– tare per lui immergersi di nuo\·o e senza speranza in quel mare della noia dal quale ha tentato inutilmente di eva– dere. Stremato dall'angoscia e da un3 sorta di stanchezza fisica che è anche io certo senso la conseguenza di una più tenibile stanchezza mo-– guidando la sua automobile sulla via Cassia, Dino una contro un albero. Fuori della noia Non muore (la cocrcm:a del suo dramma dalla noia non esige una soluz.ionc mate– rialmente tragica, la trage– dia ~ tutta interna, irresolubi– le all'esterno), e nella cli~ nica, avviato a lenta auari– gionc, riprende a pensare a Cecilia, che forse è ancora col suo attore a Ponza, e il pensiero di una sua felicità, pur senza di lui, lo racconsola: .. ... ero contento che fosse felice, ma soprattutto ero contento che esistesse, io una maniera che era la sua e che era diversa dalla mia• e •• .non ~~rf~ù vi~~d~J: 1, ~~s~ era._ a. La vicenda di Dino rimane quindi inconclusa, aperta a tutte le possibilità. Ma la noia~ E' probabile che d3 questo momento, Dino, sia fuori da11a noia, il che non significa che appunto per la sua ouo,·a di· sponibilità egli non sarà ri– preso dalla noia. Ma in fondo una soluzione per un roman– zo come questo deve intcrcs– .sarci pochissimo, tanto più (contln~ pag. 2) due poesie * Su e Vtntlla Horta e l'Italia• leggett a pag. 5 un articolo dJ Mircea Popescu. Un agente - Sono un uomo! dissi all'agente stranJero ch'era venuto ad uccidermi. Un uomo come te. La finestra era spalancata e la tenda fluttuava tra le acque de.I cielo come un immacolato stendardo. Quanta luce innocente d'autunno chiama alla finestra quello stendardo senza passione! Tuttavia l'agente non intendeva la metafora. - F.ceo, gli dissi. come cadono le prime foglie. - E tu con esse. mi rispose senza sorridere, quasi che tra lui e l'autunno vi fosse qualche legame segreto e gra,·e. come se fosse stato un a.i::ente della natura. - Ascolta. gli dissi. il cicalare dei passeri sul rami luccicanti di vento. - Non prestare attenzione. dis...c:ie. cinguettano per i vivi, e tu 6e.i quasi morto. La tua' morte sta scritta,_ da anni nella canna della mia pistola. - Sono un uomo, un uomo. un uomo. Non ti accorgi che potremmo stringerci la mano senza esitare. che nulla c'è {ra noi? - C'è. E fissò verso <ti me l'occhio nero di quella morte assetata. - E' come se uccidessi te stesso. Non ti avvedJ cbe nulla nel mondo et divide? Chi ti ha umiliato obbligandoti ad uccidermi? Udii allora il grilletto, clic! sonoro e freddo come una parola e rabbrividii di spavento. di metallo. E• occorso che chiudessi gli occhi per ucciderlo. Non p0tevo null'altro che chiudere 2:U occhi e vanificarlo per -6empre. (Era un povero agente straniero che viveva di compassione delle vile falciate prima del tempo L'ho poi sepolto al suo posto nelPeternltà di entrambi). Lontano sto Lontano sto dalle true valli. e numero Quantl autunni della mia vita._ La valle umbra è piena di s,cra, di nebbia. La fronda caduta mi arriva alle &palle. (Assisi, OlL 1946) Traduz. DI MARCELLO CAMILUCCI Al RACCONTI DE « IL GUANTO NERO » UN PREMIO ANTICO 1 FORIIIISTA * De Libero o della fedeltà Dei tanti premi letterari, quello • Settembrini-Mestre• per un'opera narrativa ~ cer– tamente uno dei più discreti edo~:a::.~e collane di nar– r:uiva italiana, quella del So– dalizio del Libro è indubbia– mente una delle meno vistose cd acclamate. Dei tredici autori che, a tut– t'oggi, sono stati, con gusto \C intraprendenza, chiamati a farne trtc (Bigiaretti. :o~n~~Do. ~~d~tL i°~i: Troisi, Dessi, Bonaviri, Cas– sieri, ValcntinJ), il dodicesi– mo, Libero Dc Libero, è no-– toriamentc il più schivo, fino a sembrar quasi alieno dal– l'accogliere ogni riconosci• mento cd apprezzamento che possa togliere ai suoi scritti alc::unché del riserbo di cui li circonda, a garanzia di schiettezza e indipendenza. Cosl, per non esser da me– no, la raccolta dei suoi ven– tisei • racconti• - inteso il termine in tutta la capienza: narrativa, descrittiva, evoca• tiva, riflessiva -, che Fabrizio Clerici ha illustrato coo sei delle sue enigmatiche compo-– sizioni e che reca sibillina– mente per titolo: Il guanto nero, ba la rarità di essere una delle più contrarie e ne– gate cd avverse al crudo e sciatto cronachismo realistico imperante, e massac.raote, in tanta parte della peraltro più lodata narrativa italiana con– temporanea. Quattro condizioni quanto mai inadatte per conciliarsi e dar luogo a sorprese. lo· vece ~ accaduto che proprio la commissione del • Premio Scttembrini·Mestre a, si ~ tro– vata d'accordo, sotto la pre– sidenza di Palau.eschi, nel• * di ENRICO FAU)lll l'assegnare il mezzo milione in gara giustappunto a Dc Libero per Il guanto nero. E cosl ba anche fornito com– patta prova di anticonformi– smo, se si considera la specie dei successi e l'andazzo dei trionfi in virulenta crescita tra l'uno e l'altro scandalo. Il che torna a ulteriore con• ferma della nostra tante vol– te ribadita persuasione sulla validità dei premi; la quale dipende unicamente dal me– rito, dal valore, dal diritto di chi li vince. Perciò la di– stinzione principale, se non la sola, da far, secondo noi, 111ci premi, rimane quella tra premi dati bene e premi dati male. Dobbiamo aggiungere che, a parer nostro, il premio as• segnato al Dc Libero ~ da registrar fra i primi? U suo mcdaa:licre ~ uno dei più spogli. Ma che importa? La silenziosa tenacia con la qua– le, da lunghi anni, viene pro– seguendo, quasi per propria esclusiva necessità, il lavoro in verso e in prosa, non trac affatto lena di libera ispi– razione dall'cffunero scrosciar degli applausi, bensl dal bi– sogno, dovere e piacere, di rilasciar testimonianza scrit– ta del suo sempre rinnovato amor di poesia. Chi ne voglia la riprova, dia un'attenta occhiata alle no\·e raccolte poetiche, che col loro svolgersi accompa– gnano e commentano e scan– discono il procedere stesso della sua vita, dal paesaggio naturale al paesagfio senti– mentale, dalla notaztone agre- ste alla riflessione sentenzio– sa, clali'ode all'epigramma, dal libero canto amoroso alle istoric io ottava rima. Nove raccolte cui, con / giorni del– l'ira, sta per aggiungersi la decima in esaltante memoria della cruenta sommossa un– fhcresc. E nel frattempo dal- dccn~t: cUcct°~;it~di:~~= blimato racconto cli una vita, è stato estratto un riassun– tivo campionario in lingua francese, che l'editore Se· a:hers, valendosi dell'accurata traduzione cli Dcnisc Gréaoi– re, ha inserito coo onore nella collana poetica interna· zionale di Autoi,r du mo11dc. (E la coincidenza par quasi ~itila~~~a- ~rbe a~~ bero poeta fra tanta confu– sione). Ma tutt'altro che da trascurare, allo stesso fine di accertamento poetico, sono 1 anche i due romanzi Camera oscura (1952) e Amore e: mor– te (1951) con le novelle di Malumore (1945), dov'~ at– traente osservare da q_ualc brulicante densità di scrittu– ra abbia preso le mosse il Dc Libero narratore per at· liniere l'odierna limpidità. E sempre, non altra, se non in· tensamente poetica, ~ la sc– a:re1a ispirazione che muove e rea:ola la e ricerca a del– le e situazioni• suggerite e adombrate, più che espresse ~:!~~rt~u~~:~ v:::!~iN~~ tanto sollecitata dal compia• cimento di offrirci un'allego– ria della realtà quotidiana, quanto dal desiderio di ri,•e· larccne I fermenti nascosti e cosl dispiegarcene i sensi re– conditi. L'ultima prosa pub, al ri– a:uardo, essere considerata simbolicamente nel ritrarre l'incubo del nostro cammino, del nostro viaggio attraverso l'arida distesa cli un deserto ( e l'aldilà poteva essere be– nissimo quel territono che tendeva all'infinito ncll'in6- nito lunare•), fin che ci tro– vjamo a dover superare un susseguirsi di barriere e di muraglie a cintura di rovine e di macerie, che di lontano ci avevano rincuorato con una loro <parvenza di cit· ~~;lte~~o ~~u~ 0 fo:! ~K;~::~ zione ccmeteriale a, con la loro sempre delusa speranza, sembrano condannarci alla e inesorabile sequenza a di una e solitaria viacrucis • sen– za termine, se non fosse che a un tratto, quando il deserto sta per giungere alle • ultime spanne di sabbia•. la fitta rete del silenzio si smaalia e lascia passare fuo– chi e clamori di una folla insospettata, che poi si ri– serra e ci riabbandona alla deriva, fin sull'orlo di un la– go, do,·c l'• amen velocissi– mo d'un uccellaccio• ~ quello di un'anima che torna a ri– cordarsi a noi e a far risor– gere, dopo tanta notte, la speranza di • trovare, alla fi– ne della pianura, il a:iomo •. Col titolo lun.gliìssima noi– te nel dt!Suto, avevamo gii trovato questo malioso .. poe– metto in prosa a come in– troduzione aJ sing:olarissimo Taccuino orientale (Electa, Milano, 1955) dello SICl50 Fa– brizio Clcrici, dove sentivi che tutto, oani sea:no, ogni ~'~o ~t"~ :g~o;,\c:;, ~" i contempo avvertivi che tut– to, un profilo, un accordo un particolare, si trasfigura• va sotto gli occhi e l'intera ri:~fevi:i:~~ro neY1~~~f~ 0 ,~~ ce del loro misterioso in– canto. Un sortilc~io della fan– tasia nel meraviglioso cuore della _real~: una scoperta, una nvelaz1on~. che sovente, di fronte aJ vero, prendO"JO aspeuo di biu.arrla, di ~ ~~~~it~ 0 ~ ~ ~~va~c"zrà !~nt~n!u~~taSa~f~~. a:~ rAi7~~~;na s°cfc? p~acf.O~ Milano, 19S7) i tre occhi di cui disponeva: due, nel mez– zo della fronte. per la realtà; uno,. al sommo del cervello, per 1 sogni. c1!~ci~ cbt~ u,~a:bl~i 11 ~J~ di quel Taccuino, aiova ri– mandare all'esauriente mo~ M~f~~~ 1iS!)~3;e~cic ( I~~~ e ~r la ricorrente Ccdeltà dei suo~ motivi e dei suoi pro– cedimenti surrealistici, niente affatto secenteschi e baroc-– chcui, grotteschi o ironici e neppur esclush•amcntc oniri– C!)- magici, nulla più: autc,. nzz.ato e più documentato del Guanto nero. Comprende composizioni dal '34 al '56 (un'anzianità e una continui– ~ che sono indice di voca• z.1onc) e si ricollega a tutta una serie di opere novecen– tesche artistico-lettcrnric, pur nel libero modo di un artista deciso a ricondurre oa:ni espc-

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