la Fiera Letteraria - XIV - n. 14 - 5 aprile 1959

Domenica 5 aprile 1959 LA FIERA LETTERARIA Pag. 5 ~ * SCRITTORI IN PRIMO PIANO CINO MONTESANTO: LaContessa diColoredo La prima volta che p1emetU 11 campa– nello all'interno uno del palazzo d1 Via -g;s:.o L:J~:f:! caldo ed avevo appena Della signora sola che m1 ospitava in una camere dJ Porta Angelica non ne pote,·o più. Una stanza comoda che aveva un buon letto, anche se tetro, di legno nero intarsiato, sUnlle ad un catafalco e che era provvista dt una monumentale· scriva– nia dai molti casseltl, aJla quale passavo molte ore: ma a ,·oJte, dando So!L.~nto uno sguardo al grande eorwe rettangolare cui sl a.tracciavano oentinaJa di finestre e dJ balconi. lo , ll, sprofo ndato al pruno _piano, ml sentivo oppres.so. o anche mi tormenta– vo per le voci squillanti o tediose 1ei bam– bini ingabblaU sul ballato~ delle loro madrt a~accendat.e. ciarliere e trepide, delle ra– d10 abbandonate per Intere ore a pie:10 ,·o– lume. La signora. era la vedova d'Un re– stauratore vaticano ormai ridoUa in mise– ria per colpa dei parenti che le avevano preso la notevole lJqu.idazione del manto promeUeodole un ossegno mensile: l'asse– gno lo riceveva, ma talmente modesto ch'io non capivo, nel primi tempi, come potesse' Llrar avanti soltanto con quello. Poi seppi da lei che Il Vaticano le aveva lasciato la casa per cui. con la mia pigione, non solo poteva pagare 11 tìtto bloccato, ma ci gu~ degnava quel tanto che non la l&SCiava mo– rire d'inedia. La signora Eugenia, nella sua uanza ave– va il marmo del comò colmo d1 ~antinJ. dJ lum.1 accesi, e quando e.ntrava nel bagDo cl restava due ore, veramente due ore di orologio, per U5Clmeverso sera imbelletta• ta. 1e labbra mal tint.e d.1 scadente :rossetto e le guancle rese bianche per la t.roppa ci pria: ma sempre lo stesso lezzo attorno a sè.. percbè non si lavava. Usciva e andava alla chiesa vicina dl S. Anna, poi passava dal panetUere e comprava due sfilatini. dal lattaio per la bottiglia di mezzo litro e ritornava appoggiandosi al bastone. Jem– me lemme. verso casa. Se qualcuno :n in– contrava e la salutava, lei rispondeva co:i sussiego, come ai bei tempi, quando era la mogUe d'un uomo importante de.nero le mura vaticane, quando con lui viaggiava. in vagone letto. aveva due donne e suo servi• zio e la sera andava a teatro. i\'18 se il suo passato. per la miseria, l'indigenza pre– senti davano pena a ricordarlo, la signora Eugenia tuttavia, non è che av~ ou1mo carattere. Io continua,·o a restarci perche in tondo avevo anche un certo scrupolo: e chi ci sarebbe andato al mio posto? Chiu– devo l'Uscio della mia stanza e cercavo d1 itP1orarla: i miei libri facevano il re.sto. Si. sono un tipo un po' strano anch'io: quel che più mi interessava allora era sapere cU più, e quindi. anche la signora, a mio pa– rere. era un male sopportabile. Altron avrei avuto di certo altre noie: bambai,i in casa. oppure bisticci tra moglie e marito. o con la serva, mentre la signora Eugenia essendo sola. semmai mi dava un pò cli fa– stidio quando la sera accendeva la vecchia rad.10, alzandola più del solito. Ma quando pretese che la sua fobia per l'acqua pren– desse anche me, allora non sopportai p1u. Aveva regolato 11 rubtnetto centrale in mo– do che dal bagno, dai lavandini, ne sgor– gava soltanto un filo sottile. E portò via la chiave. Io aprii con un ferro e trionfante andat a dJrle che non era vero tosse colµa del e Peschiera», l'acqua c'era e abbondan– te. Lei allora saltò su tutte le fune. striliò ciabattando per la casa, poi sbatté l'uscio e continuò a sbraitare chiusa nella sua stanza. Io usc1I e decisi dJ andarmene, di lasciarla alla sua ventura. non µreoccupan– domi proprio più da chi mai avrebbe patuto prendere quel tanto ogni mese che la aiuta– va a tirare avanti. In trattoria, quel glotno stes60 chiesi se nei paraggi c'era una camera ubera. e S1•· mi disse 11cameriere: e All'interno uno del palau.o di fronte. c'è la contessa che af– fitta. e a si troverà bene, vedrà. Ha anche la donna di servizio•. Fu quest'ulUma J.n!ormazione che m! cte~ cise. E poi, anche qui non dovevano ev1- deotemente esserci I temuti bambini, e poche probablUtà dl litlgt. Fu cosl che entrai nella casa. o meglio. nell'appartamento della contessa di Colo– redo.. con quel caldo, appena mangiato. Venne ad aprirm1 una donna di mezza età, col cape111 brizzolati, tracagnotta, 11 volto latito e fò?'tè. Alla. mia. domanda. mi acooo-si che non ave,·a capito: so.."'ll.a. Si scostò tuttavia, tacendo cen.,o di entrare nell'!ng:r<esso buio. Qui. fu come trova.."'ffii d'impro,,.V..so. ~ :a peno."ll.bra. il silenzio. il fresco. in Olla piccola chi~ Distingue– vo appena ad un paseo da me. e nel ti– more di è.battete conr.o qualche spigolo. sta-..-o immobile. La serva non doveva Z\"e– re molto p!aoe..""e che la co ntessa t."() '1..-asse UD inquilino: sentivo che mi squad.r.av, a. lei abituata alla scr.s:SSima luce: sosp ettosa e malevo..ta, roll l'aria di di:re. ma chi ti ha detto di ,-enlre qUi! - Faccia entrare, faccia ent:'are! - ri– suanò 9:ù ,-olte da una stanza una voce di vecchia. - Eb 61! E.eco d:~ è e:ntratò! E' pure en– trato! - e6Ci.amò tlnalmente la donna ch:U– à.epdo con ~agrazia la porl.3. E rivolta a me. 6J)iceiadva: - Per di qua. - E mi iprececiette col 9UO passo un pò lungo e pesante. Io volevo quasi dire che non ci vede-vo troppo b~. Erano le tre del pome:ig,gio. e !-uoti il sole batt'e'\-a !orte. TuttaVia seguii la donna. ma nel lungo co.:-r".doio mi so.rprt>61! nuovamente !,g vooe: - 01:1\-a, sù. avanti. - Ma :.on lo vede che è qui? - e Oliva scomparve in una porta ~roottando ch!a-: :amente: - Brutta ,-ecc.b1acc1a guanào t1 decidi a morire! Io s cor&i far capolitlo àa un uscio e ve– t.-. i.ta. un mezzo ,-olto decrepito: - S: ac– co m odi signore. lh ri~piace che la àorrte– st:ea non sia stata eo---iese. ).la la prego di .non bacbrci: è un pò zotJca. - lla tSi figuri. contessa. - Venga. s'acoJmodi qui. - E m! invitò cerimoniosa in una sta.'lLB dalle imposte socchiUiSe. dove Z::uscii a vede.T"Ci meg'..io. - Sa. tt>niamo ch:.uso per il caldo. La vecchia. curva sul bastone. lenta:nen– te si accost:arva alla sco. poltrona. - P~o - monnorò mentr.e io auen– òevo impalato ohe riusci;;:,se a sedersi. - S'.aoocmodi lei. intanto. Finalmente la contessa con un s0cpiro tu a pasto. :.\ientre si posa,,,~ un _ve:~1110 panno di lana 9lille ginocoh.:e. rni 01sse: - Scusi. chi le ha detto di venire qai? - Il cameriere della trattOTia di fronte. _ Ah. si. Manèo a prendere qualche ~!:i~~~o~~ ~~fi;~i. ~ 1~f· c~f· è~•e~a- La sua ,-ooe adesso e:-a fo=te. anche se le go..-goi&liava nella ca.reassa del pett~- In~ filò gli occluali a sto.Jlihett.a pe: vec.errm megl:O. Aooanto allJ poltrona ave--~ a un Hbto aperto: riuscii a_ ct:>~t87e _ eh~ 6: tr.at– ta,·a ò'una raccolta a1 z-acconu d1 Balzac. S;~;~g~~ ~f\~n~; cosa facevo. J>è:c_he me ne •,:-enivo via dalla stanz.a OCOU-ptsta sino::a: la verità !mGomma.. La conte.;;sa. :le~ ::'n~e~to~:_n ~~tcfa ~f; on~~~ - SL _ Quanto pagava prima? Dissi duemila d1 meno. . - Un pò caro. Qui da me non spendera ~nto. - Le.i è molto gentile. - Ripeto. signore, io non affitto. Poichè ~ &Ola e tra bre,-e Ofiva dovrà a.ndare m campagna per qualche .settimana. rono lieta di avere una ,persona dabbEtne in cesa. Grazie a Dio. non bo prop.-:io un gran bi– sopo. La pensione di mio po,-e::ro marito generale ... C'è il ritratto nell'inpe:sso. come ayrà potuto vedere. Con que.lla pe.ns.ione. dice\-o, posso tLrare avanti - Tacque oo momento. appena esitò e ~ q\ll!lsi dura: - E' e\':&?nte. stgDOre. che noo pot,.""à ri– Ce\"'e..""t' nessuno in camer.a wa. - D'aooordo. contessa. - La P:~"'<>. non mi chiami contes&a.. Ebbe un sOnri!O e mentre cont..mua.,-a a guardarmi dal di là dej:lJ oooi::llall che le t..-emavano per la mBno :ncert.a. riprese: -:-- La Repubblica ba abolito i titoli. E poi, 10. ormai. cosi ridotta! Le pare che ~sa sentirmi quel titolo senz.a ,o,spettare -un pò d1 scherno? - l\fa la pre;o di credere ... - (X';ai im- barazzato. • - No, no. ;>lon parliamone più. D'ac– cordo? - D'oeoo.rdo, signora. - Eoco. ,--ed.e. lei mi sembra un gi01Vone ben nato. Le piace Balzac? O pre!er.isce Proust. Ai miei tempi erano molto cii moda. lia ora. da quel poco che so. da quel che mi dicono gli amici che vengono a trova:– mi. ci sono nuovi ??OmL E rop..-attutt.o c·è la televisione. Le. radio ce n10. ma non la sopporto. troppe canzonacce. troppe stup!.– dagg!nl. E 1 ooncertì ci sono sempre quan– do io ho sonno o bisogna che me ne ,-~ a letto. Fece 1>3USa. :Mi accor,gevo CM le pi3C!'"-"a pa.rla-:e. e non osai dirle che vera..YI1ente a,-e-\"0un impe.;no di 11 tid un'o;8. in tut– t'altra parte della città. - Oliva! - chiamò e poi nel timore <il non f'65ere intesa suonò con fana un c-..rn– pa.nello, di quelU che in ehiA!s,a 15ervOno sull'altare. - Eccomi --. 0a11tilenò la donna dal COC'- acquosi: aJ collo le pendeva una collani– na d'oro col ritratto della madre. La si– gnorina insegnavn francese in un istituto magistrale par::tl.cato e gli allievi la t.eme– ,-ano pe_r la rua rigorosità. per la facilità con ou.i per una piccola maooanza spedi,-a dal pres-:de: il preside era poi un mO!l-Si– gnore. amico del padre. Un g.lorno venne a casa anche questo mo:lSignOre e que..lla unica sua vi.tta non fu disinteressata: d~ ,•eva aver sognato per qtl&<:he tempo di entrare in possesso. per la sua scuo!B, del– l'appartamento della contessa. Fu la con essa a dirmelo. che appunto quello, doveva e66er il fine ~to della ,rwta dell'ecelesiastlco: e agdunse che non le sa..--ebbe neanche displacA!to 8CCOnte.n– tarlo. perchè lo stimava e la sua scuola e:a se.Ma. ma ormai tutto era stato sistemato. No.n d-!sse come. ma era facile intendee ohe il test.amento ero stato fatto in favore dei quattro nipoti: due di parte ~ e riue di parte del marito: persone q>esso nomi– ~ale dalla conti'e"Sa, ma mai viste. A..-;rivava ogni tanto qualche lettera. breve breve, dalle città dove abltaseno con le mo,gli. m,a mal venivano a tro vare la vecchia na della quale dov1!\• a.no onnal a,-er la cer– tezz,1: di esser gli e.r «!L DI loro la si,goora i:arJava durante le visite ed esalts,-a i p:-egi, ora di questo o di quello e vantava l'affetto che essi avevano per lei: eppure doveva aOOO'?lie."'Si. chiara di mente come e."'èl. che le sue enno pietose bugie. :forse istintive. per sentL-si meno sola al mondo. Le conve.,ulonl con q:uella gente, men– tre la conte958 rtmane-..-e nella roa grancie poltrona dall;o sc.~lenale altia;imo e è.u..-ante le quali 011\·a taciturna se.~iva il te con pasb:.clnl sotm. anzi neri. che io coi d.enti buoni, noo riusch.-o a masticare tacilmente. (Chissà dove Ol!Va li comprlh-a quel cosi, m·ldentemente per spender meno! La con• te'ESa si lamentava, di tro.nte al suoi ospiti perfino, ma aJ tè succegs_ivo i past:oclni nerastri riapparivano lndig.e:rib:li. stantii, Intendimenti chiari * di ALBERTO In ouesti ultimi anni molti giovani nar~ rotori si .sano posti fn luce. rivelando ~r– sonalità indi.!cutibUml!nte fnt.!rusanti e presentando opere cosidette e d'impegno• Ma è sUUa natura e le pro.spetttve di qu.e,sto impegno che si potrebbero avanzare, in sede critica, molte preci.Jazionl. Non vor– remmo e.s.sere /raintui affermando che in parecchi casi (se non addirittura nella mag– gfor parte cùi casi) l'impegno ct'esordio del giooone narratore d'oggi è prevalentemente esterno, co.,truito ciot, più. che su di un'au.– tentlca base dJ sentimentt e dl tdU. su. di un programma letterario, .su. di un ambi– zioso tema estetico. -Il programma neareali.tta h.a indubbia– mente nvutito il ruolo prectomi,iante nel nostro -<l.opog,urra e continua tuttora a re.– citare la sua parte, nonostante che il suo mtto venga ck/fnito come wrpas.sato e .,con– tato. Ne è derivato che. in quutf. ultimi anni, il dUcor.so sul ne.orealtsmo( e in que. sto modo sulla narrativa}, ha finito pe1 prevalere sulla na"ativa stu3a, .ru qudl1 che avrebbero dovuto e.ssere i suoi contenuti spontanei. genuini. Da queste specie di angustia •, tnsieme, di pericolo sono usciti indenni .sopratutto quei giovani narratori che, umfl~te dan• do a.scolto ai loro più. autentici rich.fam• sentimentali. non $ORO andati a cercare la loro poesia sulla luna, ben .sapendo di pO– terla trovare meglio dietro casa (h.anno guardato con amorevole atteuztone i. per– sonaggi d.ella realtà del nost'ro Umpo sen– za a.z.zardar.,i però a costruire. troppo su d1 essi, a/frontando la pagina con una tene.– rezza e una modestia che si sano rivelate, alla fine, assai più effl<;aci CUl previ.sto). Nel gruppo di,questi narratori (che occu– pano un posto importante nel dopog1Lerra, non foss'altro dal punto di vista morale) noi r,onfamo Gino Montaanto. Gtno ,MQn– tesanto è nato a Venezia il 5 luglio del 1922 e attualmente ris1etU a Roma.. dov,e dirige la rivUta « Leggere •· Nel 1952. per i tipi dell'editore Rtzzol1. rido!o e poi appa:ve là. sgarbata. ;;ppog;– g;iato allo stipite della po.,.-ia. iitiranào le la'bbr.a e (.i occhl La contessa. celando il dispetto. mi clue– se: - G:-ad.isce ql.Kllche cosa? Non ho grtm che in casa. Un caffè? Un liquore? - Lei è molto ge.otUe. Ma d6\--"'\-Cro non ho desiderio di nulla. - Un caffè almeno. Oppare prderiace un pò di cognac? - Un caffè, grazie. ma mi dispiace... Il pr'.mo gtomo ... - )fa no... ma no ... Lei la sera è solito rientrare tardi? Le dffl le dliavi e nab.l– :raL-nente tornerà all'ora che le piace. ma mi -permettevo di cllieder.g.lieJo per rego– la..'7Ili: siamo 6'0le in casa. io e 0llva. Do– vrà ricorda rsi per b\-ore. di ric.hiu de:re l'uscio col catenacc.io. La notte rni ta p.au– ra. ~el pa la uo _vic ino hanno . rubat?· non p.ù di quind:ci giorni fa. Non e che 10 ?'.>6- oiedn più gran c.l)e, ma la paura c'è ugual– mente. Le pare? liia figl:,a stava per spo– sa:si quando morl. Era p:o!ess~r:essa di pianofo:te, diplomata a Santa Cecilia. :Mol– to. molto bella. Gua.."Ùi - e indicò un quadro alla parete c..1-ae rit:raeva una gio– vane so:r:idente, coi capelli alla ga.rçorme. come usavano trent'anni fa. - E' il suo autoritratto. Si dlletta,·a di pittura.. Certi suoi quadri anzi. per quel che ne bano~ detto del comp etent i, erano molto buom. lo es..."Olta,,,- o.él! !iCOltJ\·o passivo questo mondo. questi fan ta9mi ooonoociuti che la ..--ecchia oontet:--sa evoc8'Va mentre con la tazZ:na b1 mano, sorse,ggiar\.,"O il caffe. Stra– no. pensavo, io debbo propr:o e~re desti– nato a questi ambienti. Comunque. si paga di meno. lo camera è migliore. e non mi pare in ogni caso che starò peggio di dove sono t;tato sinora. Per la verità. non stetti peggio: anzi! La donna di 15e.-,,..·izio tornata dopo due setti– mane dalla campagna mi lavava le bian– cheria. al bagno c'era acqua calda e fred– da e la stanZll. più comod-a della prece– den e. C'era un solo inconveniente. che conti nuò puntuale per i due QD.Oi che re– st.ai in que lla c .i6a. D 11ovecil. verso le ci_n: que . veni," 3.no a troYoie l~ co:1teSS? oe1 suoi amici oo natcenti ml!glio dt-:-e: il sa– bato. alla 'st.ess,o o:-a. ne veni-vano alci. ed io. che non po.:1.o il coDto dei giorni per smemorata~ne. spesso ero incastrato. In-; vitato da Oliva ad andare in salotto. dovertl 6 o!'lbirmi più vvlte conve::sazioni che mi interessa-vano btn poco. Un vecchio 6ignO– re d'u.'la settantina d'anni. sempre vestito di nero, col cravattino rosso. il bastone pu.:-e nero c0I pomo d'avo .. -fo, entrava se– gu.Ho da una figlia zitella: la s:!gnorina, or– mai dnquantenne. era stata compagna àj studi della figlia de.Ila C01lte."6<i-Aveva un grOl5SOneo su.lla guancia sin1;tira e gli occlti BEVILA.CQUA ;t~t1~1:i:: :~~1!/tt~eg~!~~ ~~ ;r !~ Venezia eta parte di una giuria compoata da: Antonio Baldfni. Mario Fubini, Aldo Pa– lazz.eschi, Pietro Pancrazi. Gino Tibalducci, Diego Valeri e Orlo Vergani. Il secondo romanzo di Gino Montesanto, « Cielo chiusa», apparve nel 1956 n,ue edi– zfoni e Ma&Sfmo » e fu accolto con vivac" lnteruse dalla criti ca più qualificata. Indub biaml!nte ci: Ciel o chiu.so » ci dà con pie– nezza il & en.so dell a misura e.stetlca e sen– timentale del narratore veneziano e ci fa comprendere sopratuUo come. al di Id d1 un.'effi.cacla wcrtttiva e di un·abllitd negli armonici fermentino tntendimentt chiari. E' proi,rio a riprova di ciò che ci piace riportare quanto MonÙ!.Santo ci ha dtc/Ua– rato affidandoci « La contessa di Coloredo », il racconto cM presentiamo nella nostrn rubrica: «·-· i mfel idolt sono Stendhal, Flaubert. Tolstoj, DostojewsJd;... quelli so– no i miei idolt. ma avverto la necessita, og– gi. d'uscir fuori dagli .schemi che quei gran– di pur avevano. Il romanzo. nel sen.so tradiZJ.onale, pe, me è moritura. L a narrativa in genercu si salverd soltanto se saprà interpretare al- :::i;n:,:;;:/~'!f,,::~~n:gì~~ p~~= gre.!so tecnio o è.tempre più imprus1on4nte e ad es.so non corrisponde un progresso 1 umano.: a nzi, col progresso tecnico, ga– lcppa sullo .!tesso cavallo la superflcialzta più sconcertante ..... ». Ne « La contessa di Coloredo • ,. lettore scoprlrd un mondo malinconico e assim.Ua– to attraverso una mite.. soDerenza quotidia– na, scandita giorno per giorno. I personag– gi si muooono come scaturendo 11npalpab1l– m ente. d al /ondo per dileguar.si nuovamente in u.na luce ftaoca. ina ridita, in un clima ct i so litu.cU11e. e La conte.sia di Coloredo, è un pò un'epigrafe sul dramma d-i una s<r litudine ta.nto più. dolorosa quanto più. sot– tile ~ legata ai ricordi. ALBERTO BEVILACQUA e tutti li sçanocchi,ai,,,•ano impertu:!'babili, senza il minimo segno di protesta e nem– meno di :-eticenu). Quelle co.nveTSazioni, diceva, andavano dalla pahtica alla lette– rawr.a: De Gaspe:'i era Lroppo buono coi comunisti. re Umberto dO'\-eva tornare una volta o l'altra. Mussolini in fondo ave-,,.c1 fatto un solo sbaglio: la guerra. C'era chi si spingeva più. oltre: l'ave\'ano t.-adito, al– trimenti le c06e sarebbero andate ben di– ve_..samente. E poi 6I ricorda1vano il matri– monio di Maria Josè con Umoerto. di Gio– ,11nna con Boris di Bulgaria, la principessa Mafalda t ragicam ente scomp arsa. i ricevi– menti a pala.no reale. il vice.re Amedeo d'Aosta e le d eme di compagnta della re– gina. dai nomi ce.lri>ri: cli esse sapevano l'attuale indir'..zzo. che cosa facevano 0:.-a.; e più d'una doveva essem inserita nella nuova siwazione repubblicana. Di letteratura la contessa doveva amare lntratteneffll. ma persino la professore~a di francese non l'eiut.r,a Le con"-ersazioni passavano poi ai pl"eZZi in c«:1tinua ascesa. alla s:cumera dei commercianti. dei bot– tega.i. a qualch e sontu oso matri.mODio che ne! qua.."' tie.re costo.re ai."e\·an buttato in !accta a t ut ti, alle loro macchine. ai vestiti costo.si, seppure pao:::h..~i. che le nuove ricc he sf<>eafavano. E alla ftne. per l'ora ài cena, dopo la cerimonia del bacio della mano alla coqtessa che goffamente tenta,"3. d~alza.."'6i dalla poltrona. sftlava:no, queetl person.ilggi dignitosi, per il lungo 0011:idoio ouio. ,--erso la porta che dava sull'ingresso illuminato. Oliva teneva spalancato l'Ui,,--cio .. e meccanicamente salutava a uno a uno C01Storoche tippene nella strada subito I ac.. ce!eravano, mischiandosi ai passanti pe: andaTe a prendere l'autobus o il filoOus. Non uno di loro. a--.--evaUI1a mac:china pro– pria: oea.nche un Topolino veoc:hio tipo. La conteS&a e quelle riunioni, o ricevi– menti. si prepara·va nella sua stanza e mi faceva ricordare la signora di Porta An– gelica. Appar!'\':a ~i ospiti con vestiti di antica fogg!la. di ,seta nera. o picobie ati di palline cMare. se la stagione e."3 buona e le sca.,.-pe lucide. col tacco alto. le fibOie. I bottoni di ,•etro. Sul petto brillava una bella coUana: il ma_..ito generale g1:eJ'a·veva re.:,""!!I.Jata per celebra.-e i primi dieci anni di matrimonio. I cucch:aini e.r an a d'~– to. ed anche la teiera. la w.cc. "< terie.ra. e di ottim. J)Ol'Ceilana le taZZine: ma 01.:.va a,·e• ,-a seompagnat-o, ridotto. quel bel servizio per dodici. una \.-Olts. rompendo un pezzo. una volt.a un altro. L'orologio a oucù segnava le ore. le mez– z'ore, I quarti d'ora nella sta-nza affollata di gente petulante Q ricordare a tutti i so– pravvi&iuti che il tempo p:isis:ava ineso– rabile. Si, ine.sorebi)e per tutti, ma soprattutto per la contessa c~ pure e..-a felice quando le dicevano di non dimostrare tutti i lu– st:-i.. i decenni che aveva sulle spalle: e lei lusinpta a.ffe:ma1:a dl digeritt beni&;imo, d'es:se.."'I!NW>latissi mo nel la sua dieta. di do:rm!.re rezo1a..'Tl:: len te.di non .l'\--e: alO'.lD di6turbo di sorta. ge si ecoettu;r.-a quella maledetta caduta di qualche anno pr'..ma che l'ave--.,;a lasciata 'Zoppa. scia.ncata. o:rmai incapace di mllOVersi se non t::'a le stanze del suo .rpp,ar::tamento: tuttavia, ella diceva. qualche ,-olta si c«1cedeva il l-US!SO d'una ~ata ln carroz:l)l!Ua A me accadde, una volta.. di assbtere a:1 preparativi cii queU'avven.bnento: lnl.%ia-rono la matti::la, meticolos~nte. come se a mum-en;i do– vene essere una p..-tnctpe.ssad'Austria. cin– qua:nt'anni fa. Su queste cose la conte&93 non transigeva: Ollva dO'\•eva esere \.-e– stita da domestica, non ,pote-..-a portze -3-l– cun anello, 'e tantomeno Il cappello che spe QO d'inverno usava. Sulla cresta della spesa quotidla.na. e su qu.a.nto lo genere ri~va il da naro eh.e d.1 ce.rlo la donna le rubava. le.i non amava discutere. Accet– ta,~-e. o al massimo rnoveva tma breve 00- b!ezione, pe: o<>n scadere, parlandone. E Olh,a., che lo f;lape',".. non aveva troppi ~poli. Cel'a. poi un alto pe~o che et '\"Olle del tunpo ~:rcli,è c-a'l)iss.i per qUal; m;ans:ioni ogni t.a.nto apparisse in quella essa: un uomo di mez:z a età. qua.si anzlano, estremamente compl.to e cerimonioso con la contessa e à a lei sti mato. tanto che ogni mese. U giorno stabilito,. and2vc1. pe: lei all'ufficio J)OISta:e a r!tlnre la pensione: ras.gu.arde'\-ole se la parfliOnla..i.o a ta:nte altre, qu361 mod-esta per la vita che aveva condotto in altri tempi la noblldonna. Poi mi resi conto c.""ieera l'amico di Oi!va, ma che ormai e,,.,-eva s;lpUto tanto bene ;.ccat– tiva."'61 la sUI'l.p.atla della signora.. per cui Oliva 6tessa ne usciva rafforzata nella su.a ))0$ìz!.one per certi versi di ser,1.-apadlrona. Anche con me <JU@.I glgncxre fu sempre mol– to cortese, 0&3equ:!Qso, ma non '\>-Olli rr..si né coal luJ, né eon l'Oliva. -anche tSe di oc– casioni ce ne furono ~h1e. aver dime– stichezza. Confesso che tuttavia fui tentato qualche volt.a di saperne di p!ù sul eonto della conte6'Sa nelle mani di quei me.T'Ce– na:ri. ma poi semp..-e preferii ti;:Oe:re. :riti– rerml nella mia stanza con un qUalsiasi pretesto. Quell'uomo caricava l'o:'Olo;;io~ a cucù del salotto, pr<>cur,a\-a ma:gari di su.a iniziativa alla contessa qualche cosa buo– na che sape-.u a lei gradita (un cartoccio di pesce portato da Fiumlclno dove lui di– ceva di avere parenti. o !rutta p.."imat:.ocia della Clmpagna romana. giunta tresca f:-e– sca per mezzo di certi suoi emici contadi– ni. o n,agari un .settimanale col se?1Vizìo fo– tografico su qualcuno del componenti di casa Savoia) ma que.l euo mostrarsi ftn troppo ossequioso d6va il dubblo che f06se più turbo, accorto e magari masL!gno. del- 1a sua donna. Istintivamente 'Pro,-.,·.avosimpatia J>eT la ,-ecchta signOra che s~,,a d'esser ing~n:: nata e ~ç,data di contlnuo; eppure lei stes– sa r!conosce,-a di non po~ far nulla. di esser coetretta. a stare al gioco. - Ah. se i miei nipoti potessero ,-enire, qualche volta almeno! Ma stanno lontano, l!l Piemonte, In Liguria e han.no impegni importanti, benna sempre molto da fare! - esclama'\-a o.;nl tanto. Io una ,-olta uz.a.rdai: - )la non potreb– be sposb:rsl p!ù. vicino a loro? - Oh. la prego. Potrei, si, potrei. ::Ua a.Imeno. restando qui a Roma. passo avere questa gi\Eti.flcazlone con me stessa. Mi spiego? Sì. s'era spie_:ata benl6simo. - E poi. non &arei in ca.sa m.ia. Questa casa. me l'ha lasc:ista. mio marito g enerale. qui ~i è mOlrto. qui è morta mia fi;glia - ìnsiste,•a <pU.lltarido con fona l'indice verso il basoo - qu.i sono l miei ricordi e qui voglio morire io: e s01tanto dopo morta, - il più tardi p,095lbile - agghmgeva quan– d'era di buon umore - saremo tutti ricon– giunti nello nostra tomba di famiglia. a Colaredo. sù di Udine. Un pomeriggio. mandò a chiamarmi e appena entrato nel suo salotto, subito àopo esse..~i scusata. mi porse una lette:-a che ave,,-a tolto da un libro. - Le'°..oa, ~r f'&'VOre. S'.;;ccomod.1, 'J)reg:o. La lette."'a e.-a un po' scorr-et ta, con un t=asario che !Qoeva pensare al.la l.i..ngua francese, e con qualc he espressione diret– tamente in tranc-e.se. Giunto alla fine. indu– giai rul .. tu a lr tme • che chiudeva il foglio. Questa Irene si raccomandava da Bruxel– les di poter veni.re presso la contessa. « Or– mal siamo tan to vecchie e t.arebbe bello farci compagnia in questi nO!itri ultimi an– ni ... Alzai gli occbi su1.Ja signora. Ma quel volto non esp."imeva nulla, proprio nulla: le rughe tutte immobW. il respiro <J"Cgola:re. lo sguardo .fermo su di me. - E' mia s01"ella. - dichiarò con voce netta. -Ah. - Fu molto rtcca ed ora t' L-1 ricovero. Molto. molto :iccB. Per qualche anno stette alla cort.? deg!i A.sbUJ1'iO. Aveva preso gli occb.ial.1 ed ora mi soru– tava con maggio=e insistenza.. - )fa io non la voglio. Non andremmo d'accordo, di ce..-to. Non siamo ma.I andate d'accoroo. Quest.o. U motivo. E poi io oono povera. E non è ,-ero che lei ebbia un de– posito In banca come 6crive nella lettera. Io non le :-!sponderò nemmeno. Faccio male? - ~on uprei cosa dirle. veramente. E' dif!:cile dar un conSi,gHo. - Ha ragione. Ml sousi. Sto ri.'Tlbamben- ~~~~~= s:s:n!tmi!~ S~~~ !:~pi~~i::~ ta.. ~11 -perdonl. - Ma la prego. - SOff:iUillSi im:balruz:ato. Qua6i intimidito da quel volt.o severo di veoohia testarda. - No. non voglio. Ml ricorderebbe trop– po il p:3SSato. E ml farebbe temere cC?c.o: più la morte. ~Je vecchie in W1a casa sono t roppe. ~on le pare? - e fbaln-.ente sorr.se. Poichè io pe.:-plesso la fissavo. lei p..-ose– guì: - Oh. lo so. quel che vor:rebbe dirmi. Che è mia sO:'ella. Che dO'\~ei ~re più buona. c.~e bisogna s.aper dimentic8'l'e. E vero? Il mio cuore. caro s!gno.-e. batte re– !?OlaT"e. è !orte: e sono stata tutta la vita moglie d'un generai~. Credo ancor oggi più alla t:iustizla che alla C()IJ'(J)ai&Sione. E fui educata ruvidamente: a c'tvallo. per i no– s~ campi, quand'eravamo ragazzine, io \·mce,·o sempre con mia S'Ore.lla. Lei er.a già più bella di me. più. femminile. più leggiadra, sp ensierata e ven..-ie presto il suo principe azzu.TO: un ufficiale ung.herè- se. Dopo l'altra if.le.T:\a. andò a Budapest, poi ru in dlploma'?ia e girò mezzo mondo. Ora è là. Sarà ven:, che. sottre, che vcc– rel:>be rived.ennl, stare con me, cl credo. e mi dispiace, ma avrebbe anche potuto pen– sarci prima e ven-1--.-e Mila 9Ula paci.a. Non ora che è a.lla fine, ~l'a:-terioscleros:l.. la circolazione dle!lclle probabilmente ~ i liQUOrl che le ~ sempre piaciuti. .=,ion ho neanche lo tutti i tortL Io co::itinuarvo a tacere. Quella sorella che p:"e.Ddeva co:-po nella mia fantasia. pe.: la prima volta. pe...~ mai. in a.lcu:ne oc– casione, la contessa ne aveva accennato, mi faceva comp:-eode:-e meglio la natu.o dee.a v-ecchie et,gnora un-pi;';~~~~· ~1~1C:·J~~~ è giovane; ba I suol problemi. la sua Vita: ed lo ven,o ad lmportu.!la.rla, ad esise=e pe. tu.lante con queste storie fni. due veccilie sorelle un -po' !steriche.. Lo 50, ench'lo sono, un po' almeno, per non dire molto, l6te– rioa - e ri'J)rese a eorrid~ dietro gli occhiali sempre puntati su di me. Le dita dclla mano sinifltra picchietta-va– no sul pomo della poltrona. tni:lte:":"Otta– me.nte. e H ~..:tante dell'anulare, ne ave.--a ri!lessi mera,.iglfosi. - E' molto. molto triste la veochia!a quando si rimane 60li. Quando si ha biso– gno degli altrL ll Signore non do,·rebòe permette.re. E perebè, perchè. mi chiedo da t...'-e lf .o:rni. dovrei accettare ire.ne in questa case? Pe.."'C-bè?No:n le rispcmde:-ò nemme– no. Ecco. FiìCCio male, seco:Ki,o lei? - Io, s.'-,gno:-a.. bo già detto ... che non so– no in ,g:-ado ... - Sì. ha ragione. Oliuso rar;;omento. lii voglia perdonare. Lasciò andare gli occhiali sul grembo. abbassò il volto e lo piegò ml petto dove brillava una spilla. M'accorsi ohe ebbe un breve sussulto, rettenuto. Mi gua."ÙÒ d.: nuovo e aveva ,gli occhi inumiclti La \'oc.e le mcl dolce. come non -pi ù sua: socchiuse gli ooo\li miopi quasi per ,· OO.er– mi meglio, ma certo per attir2re di ' P iù la mia atteozkme: - Sola, sola, 15em.pre sola Pago tutto. Anche l'aria che respiro. ~ia lo so che è cosi; che non può essere altri– menti E mi difendo. Fingo di non capire di non vedere, di non interessarmi a ~ anche a OOGe che m.Jiar"i mi stanno a cuore. E cerco d.1 ,-ed.ere gente. gli amici.. GC ami– ci! ~I d...6t!'.3giono. 50:lo buoni tuttavia. Jo nco.nosoo, a venire a fa."mi visita. Io, con. Qgni probabilità, non faa-el quest0 sac."i– :ficio con una donna come me. Ecco pe=– cbe. con mll:l eo..'"ella. non posso Lasciarmi andare. Non posso risponderle nea.nclle. So– no troppo dura, è ,·ero? Sono cattn·a? Il Signore mi punirà? Nella mia oondi.z:o:l'e =i d~~to~:~~~i 'f:!ia1:11!:~ lassù., in un ricove."'O, quella donna. E' ve– ro? Lei lo pensa anche se non lo dice perchè è pel'60na dabbene. iLo so per.fet– tsmente tutto questo. :da l'ho pregata di ve!lire qui, non per un consiglio. ma sol– tanto per &:!<>&anni Sono egoi.st.a. E' vero. E .sto rubandole !m troppo t.empO. I miei nipoti m~avrebbe.."'O età lasciata sola in un simile frangente. Si sarebbero stancatL A..h. la vecchia;..! .l miei nipoti, non ml vogliooo è>ene, lo so pe..'1ettame.nte: a loro fa go!e la casa e Q"Uel che m'è rl.masto. lia - e :':– dacchiò sinistra - ma oltre le mura e ma– ~ri questi ,-ecchl mobili, quando \.-Crra.nno. ed lo SSIÒ di là. distesa., cadave..--e. del re– sto tro,·e.ranno poco: ci a,·ranno pensato Oll'\·.a e il suo ganzo a far spa:r'..xe queJ po' che ancora mi ll!lb--ta. ~on e "-aro ohe sarà cosi? Ho fon,e torto? E cominciò i.n silenzio, !i.nallnente. a piani;ere. - La prego - monnorò tra 1 sin– ghiozzi - esca. Nessuno ml ho. mai vk-io 'Piangere. .:\li ialzai s1lenz1oeo. e quatto quatto apa– rU. Quando fui in camer.a 90Cesi la iradio: una 6Cipita canzonetta ml ,fece bene. Di– .steso sul letto, ave .... o voglia dl non pen– sa-re più. ella vecchia signora. all'ama.-ez.z.a., illo ~u.aUore çhe OYeVQin me. Il giorno dopo, rividi la contess..: mi chiese se era p015sibile quanto avevano scritto i giorinaJi che De Ga. spe.ri. e.""a co– stretto a dimettensL Né allora. n é ma.i più, ebòe un acoenn o a quello sfogo. Una notte, a.lz: atoml per andare in cu– cina a bere, in c iabatte e J)!giama. uscil nel co.-ridoio, appena rischiarato da un lumi– no ad un'im.mag:ne del Sacro Cuore. pe~ d~:; ~= ~~u:.c: c~;~ veniva U!l filo di luce, Intravidi l'Oliva e il suo uomo cte"'\'i su un.a cassapanca: la Gino Montes.anto dolllla tenei."a in mano un va,o d'argento. Imba=az:z:ato. ml raa::bial la 10La. Quand'e..-o gi.3. pres:,o la cucina. l'uomo s"a:fiac:clò: - Oh., è lei? - ooSese sottovoce. ro:Ti– dendo. Quando :i-passai_ la porta e..""8 ~ta completamente: - Vede? Stiamo rimet– tendo a posto le cose dello contessa :\i.a La cas1apanca. era coperta da un telo :-osso. - Buonanotte - a~ proseguendo. L'uomo mi venne dietro e mi bi9b'.gllò. - Non dica nie.nte alla conte.9>a. C'hlsr:::-.11 cosa potrebbe pensare:. - Non sono cose che mi riguardano. - No. sa. poichè nelle casse c'è anche l'a..--gentena.... - Ripeto che non bo v'.sto nulla e che del resto non ml import.a qut!l che state !ac<odo. - Lo dice co:i un tono.- che qu.s.i pa::-e lei pensi male. - Io? :Ya lei sdlen,a.! Io ho sonno. Bu~ nanotte. - Gu.rd!. dotto:'e. ~ ea::ità. non pa.:il. La contes.sa è eelosa dd.la 111Ua rob,.. e giu– sta me nte -p ercbè oe ha m olta. e cli g:-an valore. - Stia tranquillo. - E a~iil.i U??O sbadiglio. La conte66a., w:r,a settima.Da dopo mi dis– se: - Credono no:i me ne sia acco:-..a. Lo:o due, metton le mani nelle c3:$a'?3nche elle hanno tanto di lucchetto. :Y... ::?dn pos– so farci nulla. Sl. .torse potrei. Regtlla:'e. tutto a chi ne ha bleogno. fare un'opera buona. Ma anche loro del re;t-o 80IDO dut! disgraziati e se mi rubano. at!a..-:i loro, della loro coscienza. Oliva dopo quella notte. !u più gentile ~~~ ~~i~~1:u~~e...Ji~~te:t la Contessa. ~a s'accorse che non v'era nie.nte da. fare e prese a temermi di 'più. Pe.."'ciò aumentò le g,entllez:u. le atte.nzloni. Con la pad..--on.a in..-ece dh'elllle più rude, Ega:bata, se non addirittura p.-ote=va.. Un g:o..-:io sentii la contes&a che si lacnent.ava pe:::- la minestra troppo salata. e subito d<r re ~e il chetb~a ~de:i~~~~~ft~ conten:a. ll giorno successivo. sep.;rl che ,-e.-so &e::-a era aooaduto U pandemonio iD– casa: m>. medico e.""a stato chiamato d'u:-– gen.z;a per la lavanda gastrica. Oliva. ~ce del Slle, r'.sultò che 8'\"e"Va messo liscivia nella minestra - Non era mal giunta a tanto. - oom– mentò la contessa quando andai a t:IOl.·a:'la p& ciliederle cOme stava. - Le bo rega– lato un servizio di pi&tU di porcellana. di cinquant'anni fa. pura Boemia., per quando andrà a stare con il suo uomo. Per un po' di tempo mi lascerà in pace. sper o. Una volta o l'altra. del resto. dov:rò pur mori.re! ;)1a vorrei pr:ma a ver l'au mento del la pen - 6ione. Pe."Oh.è? E' tac.lo che l'a!ij)etto! Se non altro pe:r far tfupet to allo Stato re– ~bblicano. Lo sanno che io ,-oto mo– .n.archia! Fu tutto. alla sua morte. come lei st-essa ave'\-a previ6to. Tutto. o ~. come nella sua ~ucida mente ave-,.-a p~ertìto. Si mise a letto per b:oocopolmonite: - Au– guri. le ,S'\"e''\"O detto. la prima se.-a - SI. grazie. e ce la tarò se Oliv a lo ,~ Le medicine tocx:he:rà a lei danne.le. E se ,"UOle l!berarst, se è p::-op:io stB-n ca. basta eh~ me ne dia un po' di più. fuori oNci,o, e 10 sono spacciai&. l1a ormai, creda. non me ne imparta. Anche se vivere è san– pre bello. GJNO at01''TESANTO l>f[ LE PIÙ BELLE LIRICHE DEL NOVECENTO DI OGNI PAESE IN EDIZIONI ACCURATE CON TESTO ORIGINALE A FRONTE NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE A CURA DI POETI E STUDIOSI Q\IALIFlCATI Poesia italiana del dopoguerra • cun di S. 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