la Fiera Letteraria - XIII - n. 28 - 13 luglio 1958

Domenica 13 luglio 1958 Una poesia di LINO CURCI * P.-1.SSA~I I COiUE IL V~N'f'O Passami come il vento, nella notte ml sveglio per senlire chi mi s!ugge. Sei forse tu che parl&vi del grano n~l mese di marzo, che mentivi con assorta dolcezza una figura di campi e d'acque ... Sei tu che trascorri nell'improvviso risveglio, o è per sempre la giovinezza? Tremo, ascolto sulla spalJa il tuo lamento che parlé:.va di sem-plice natura. Mi perseguita la tua chioma gialla, un fuoco dì pannocchia nella sera. Come ho potuto sciogliere il nodo del pensiero in quella voce, !anni ,vacanzz. di me stesso a un suono di menzogna e di donna. Ora lo so, sei Yenuta ad accrescermi la morte. Per te la vita si è fatta aspro. e ruvida, scorza del tempa indurito: e non più perdona a questi anni segnati nel mio viso, alla scultura di stanchezza che io sono. Ascolto il canto del tuo paese giovane nel sole, simile ad una rocca screpolata di rughe che dal muro si specchi alla campagna, argentea di campane e di ruscelli sotto di lei. Cosi rru riconosco speocltiato nella tua distanza, veùo la giusta solitudine del mio temPo maturo. Mi hai la5ciato nel vento amaro che corrode i vertici. Ma l'odore del tuoi capelli, il fioto della persona giovane che vola nell'acealdata età, che mì staccava nella sua corsa, odore di frumento nella città, mi dicono di chl sei mes~ggera neUa notte. Quale presenza annunci sulla mia spalla vuota, nell"inca\·o dove non sosti; e che frode celava il tuo candore che p:Jssò cantando. LINO CURCI LA FIERA LETTERARIA CRONA.CHE DEL PIA.CERE * Telefono albuio - invito aisogni * di ALFO!tJSO GATTO Da noi, chi telefona, una volta !atto il numero e avuto col « pronto )1, conferma che all'altro capo del filo si risponde. è raro che dichiari chi è, occupato invece a chiedere: « Con chi parlo? )I. SI perpetra c~si l'assurdo che, nel chiedere il suo colloquio, nel– l'interromperci il la,·oro o il sonno l"ignoto telefonista voglia rimanere anonimo e assicurarsi tuttavia, al– meno rispetto alla possibilità di un errore o di un disguido. l'identità della nostra persona o della nostra casa. A volte il colloquio è precipitosamente condotto dall'altra parte, senza che noi si sappia chi è che parla, ove l'argomento stesso del discorso non ce ne renda avvcrlit.i. Non parliamo poi dei casi in cui lo ignoto presume che le informazioni gli spettino rivo!· gcndosi egli a uffici, ditte. o giornali. Mai buongiorno, buonasera: mai quella confidente amabilità che sem· pre si riesce a « vedere II nelle parole dei benna ti. Solo imparando a telefonare nei modi urbani che l'educazione consiglierebbe, si è in grado di rispon– dere propriamente a chi ci telefona. Quando, fatto il numrro. sentiamo il fatidico « pronto ,1. dovremmo essere ancor.a più lesti a dire: •e Parla Tiz.io, bouna sera o buon giorno. posso parlare col signor Gaio? )), senza attendere che l'altro. al· l'oscuro. chieda: « Con chi parlo? ,l. Così. nel rice· ;•:1:c r~:P~~l~~~~a~~~i~:ir~~ ~ P;~~~: >~e:a.n~:p~~cJ:;~~ tutte le altre nostre possibili risposte dalle domande di chi ha iniziato il colloquio. Sono cose ovvie, ma ncl n06lro Paese son cose dif– ficili, tnnto la maleducazione s'è fatta complice dei mezzi meccanici - telefono, automobili, radio - nell'assicurarsi l'impunita. Io. per mio conto, non ri· spondo per telefono a chi non mi dà H suo nome e le sue credenziali di buona educazione, sia pure cc,l più convenevole dei saluti. So bene che nella società di oggi il telefono è uno dei mezzi più comuni e più sbri– g.at.ivi della viltà, del malcostume e del delitto, al punto di non esser mai veramente corl'vinto di aver fatto bene ad averlo. Diffido degli uomini e delle donne che. appesi a quell'oscuro filo, imbastiscono lunghi, interminabili colloqui di amore e di affari, con una voce quasi afona impercettibile, brulle.ante di vermi interiori. Ogni persona leale. a telefono meno che mai è capace di dir bugie, fermata da sé stessa, dal senso di una propria maggiore presenza, anche fisica. L'ineducazione recidiva di cui gli uomini di una stessa società danno prova non resiste a caso: è sempre legata ad altri istituti giuridici e morali. Non bisogna dimenticare che il nostro è ancora il Paese in cui l'Innocente che sia sospettato di una colpa deve dimostrare la sua innocenza. pena l'incriminazione. Sembra un assurdo, ma chi fa ll numero del nostro telefono, chi ci chiama a colloquio con 1.3 sua voce anonima ha sempre l'animo ottuso e astratto del– l'Inquisitore. Il signor X ha chiuso gli ocçhi e si è domandato: « Ci sono nel Pacifico delle piccole isole dal clima mit.e e costante, ricche di sorgenti. di caccia, di pesca, senza animali feroci e completamente disabitate, dove un uomo potrebbe condurre una naturnle e felice esistenza? Con quali mezzi si potrebbe raggiungerle e con quale spesa? >1. Probabilmente il signor X prefe· rirebbe un panfilo che attraccasse nel porticciolo di Santa Luci:J, un capitano che lo chiamasse di sotto sbantfferando il ·bèi-retto. una giornata di sole, chiara, nè troppo fresca nè troppo calda, e vento in poppa e viaggio tranquillo assicurato dagli astronomi e dai meteorologi , Un sogno che si rispetti ha sempre due dimensioni: una, sfocata, vaga. perduta all'orizzonte del cielo e del mare: l'altra precisa, netta. segnata dalle abitudini e dagli orari. Il sognatore si invita al viaggio, ma la consultazione delle carte nautiche. i progetti d'inten– denza. la stesura del bilancio spettano a chi sta S\"e– glio e vestito di campanelli come un •jolly• per tener sempre gli occhi aperti. I rumori siano lontani dal signor X addormentato sulla pagina di un atlante marino ove affio rano le isole felici e quiete, immuni da pericoli e da brut.te sorprese, soffiate nel limpido vetro degli alise i. Lo s o, voi direte: o: E' na· poletano. si vede n. E dimenticate che Baudelaire nel suo famoso « lnvito al viaggio >r codificò le regole per chi vuole, « andare a vivere laggiù 11: ordine, bellezza, lusso. calma, voluttà: le assise dell'umana indolenza che tiene nel suo fermo incantesimo anche i vascelli dell'avventura. Un altro sognato~e che se ne sta appollaiato sui monti di Trento, ci ha detto un giorno: « Io credo che a vivere in mezzo alla natura, in alta montagna a esempio, si va tenendo sempre l'occhio all'orizzonte. E' difficile poi. ritrovare i limiti e i confini della no– stra vita quotidiana. Credete che esista al mondo un paese in cui vivere sciolti da ogni legame terreno, senza peso? Forse tutti gli uomini non vanno cosl lontano all'orizzonte perchè hanno paura del ritorno,,. Non è un napoletano che parla, ma un trentino, al quale vorremmo ricordare che. a fissare i grandi crepuscoli che scendono sulle montagne già prima della sera ,.a perdersi in quegli orizzonti si è destati all'improvvis o dal [r cddo e dalla solit~dine in una luce e in un silenz.io irreali dai quali appena si riesce a scampare fuggendo Pu.ò d:Jrsi che morire di assi· der-amento e di neve, una volta vinto il terrore di quel bianco infinito, sia dolce e lieve: c'è qualcuno che lo dice e tutti quelli che non sono tornati mai potranno con[ermarlo. Certo ci si accorge che i sogni a viverli, a portarli realmeine su questa terra, a~ punto perchè figurati nella più leale indolenza che mai l'uomo riconosca. costano caro, costano d11lore. Ogni viaggio ha in sé l'immagine della morte: e l'invito al viaggio, ai canoni dell'ordine, della bel– lezza, del lusso .della calma e della voluttà, a questa natura estesa nella sua raggiunta plenitudine, è scm· pre un invito alla immobilità e alla morte. Sugli atlanti, sugli oceani campiti d'azzurro e di rosa, i marinai ben sanno che le is.ole.felici sono per sempre sommerse, di là dalle tempeste e dai flutti, negli abissi silenti delle memorie. Quanto al 11 ritorno 11 ricordiamo « Il piantatore di Màlata)) di Conrad .Se ne andò a bracciate nel mare verso l'infinito. Non è più tornato. Lo stiamo ancora aspettando. ALFOSSO GATTO Giuseppe Manu I lo: • La madre• Una poesia di Umberto Jl1arvardi 'l'ACCUINO Ricordo di Eugenia c·era, improvviso, nelle tue parole il tremulo riflesso d'un silenzio che dal fondo degli occhi, su, brillava come giornata immensa d'altro sole dopo un'aspra agonia d'ombre e di geli. Poi. la tua fiamma divampava ancora nella penombra dei terrestri cieli stretti alla nostra vista scolorata. ~la vita sconsolata, se l'oscura fiamma brucia il silenzio della morte! ma consolata morte, se una vita apre di nuova luce. come al brillare di quel tuo riflesso una giornata immensa d'altro sole. DELLO 3 giugno 1958 !Ji\lBERTO MARVARJ:!_1 S \' A G .l. 'I' O Pag. 3 Giuseppe ì\lanullo: •Pescatore .. DIARIO ALL'ARIA .lPEBT.1. Neibimbista il futuro cli GIJGl.,IELJIQ PETRQ.l'I Ho ascoltato casualmente alla radio una notizia che, sul momento, mi ha fatto pensare che realmente, nel mondo uffi– ciale, c'è qualcuno che a volte dimostra un certo interesse alle cose importanti che la nostra epoca ha indicato con una certa chiarezza, pur continuando a trat– tarle alquanto curiosamente. Cioè, per spiegarmi meglio, dirò che, a parer mio, esistono oggi elementi di sorprendente novità, elementi profondamente rivolu· zionari che nel nostro secolo sono stati scoperti attraverso le attuali possibilità di analisi, di comparazione, di studio scientifico e di intuizione psicologica, che sono destir.ati ad avere una grande in· fluenza sugli uomini e che malgrado ciò, curiosamente, son proprio queste le cose che la nostra epoca più trascura pur avendole essa scoperte e messe a punto. Tutti gli apparati u(ficiaJi (son tanti og· gi) che in mille modi scelgono massicce attività per il miglìoramento della società e dell'uomo moderno, trascurano proprio gli elementi chiaramente indicati come i mezzi più profondi e radicali di educa– zione e di trasformazione della società. La notizia diceva presso a poco che un qualche personaggio dell'UNESCO ha deciso di decorare non so quale salone u!!iciale con un disegno di un bambino: certamente una di quelle opere prodigio– samente rivelatrici di cui l'infanzia ha sempre potuto spontaneamente dare est!mpi, ·ma di cui solo ·terfe ricerche e conoscenze moderne hanno potuto sve.. lar~ il valore ed il significato. Purtroppo, a ripensarci bene, sarà assai difficile che tale gesto abbia· il significato simbolico che gli ho attribuito sentendo la notizia· f'iacchè del significato stesso di quest; mnocenti espressiopi, che non ha nulla a che !are con la elaborazione intellet· tuale che può attribuirgli la cultura uffi– ciale, si è impadronito proprio quell'in· tellettualismo internazionale che sta cor– rompendo ogni elemento di grazia e di verità e òi rinnovamento che pure, alcuni uomini di buona volontà, hanno donato al nostro tempo. Infatti ho ascoltato questa notizia non per 9uello che quasi sicuramente significa u_, se, ma per quello che potrebbe signi· ficare se, veramente. l'interesse ufficiale ad uno dei fenomeni della inJanzia avesse il significato retto che tale interesse do· v_rebbe avere, sia per ragioni intuitive, sia per ragioni ormai scientifiche e suf– fragate dalla dedizione di alcuni geniali studiosi. Noi viviaruo ii:tuna epoca in cui, molto spe~so, con passione ed in buona fede, si dedicano grandi sforzi e favolose risorse finanziarie all'incremento della evolu– zion~ dell'uomo moderno, della società. aJ riscatto delle categorie culturalmente dep~esse; ma se analizziamo la qualità di tutti questi sforzi, ciò che più ci sor– p_rende è come essi, nel migHore dei casi, s1 svolgono all'oscuro dell'approfondi– mento scientifico dei veri metodi di rin· novamento educativo, delle tecniche stu– diate per tali scopi. delle rivelazioni ac– quisite attraverso profonde ricerche con– dotte _col suffragio delle più moderne conquiste della psicologia, deUa tecnìca comoaratìva. dell:i rleduzionr c.tatistica. ecc.. Quante macchine mastodontiche, quante iniziative terribilmente costose, quanti pomposi congressi diverrebbero vuoto esercizio, se si avesse la pazienza e la sapienza per constatare come, alla loro base, manchi ogni disinteressata co– noscenza e applicazione dei problemi spi– rituali; quanta attivita ci apparirebbe og– gi pura manifestazione esteriore, mania attivistica che è forse il male peggiore del nostro secolo. Per tornare al nostro argomento, col passar degli anni sempre con maggior convinzi..:me sono sicuro che. a Parte la so1t1zione economica di tutti i problemi sociali che più bruciano nella nostra so– cietà, i problemi educativi. di formazione. dell'individuo, sono soltanto risolvibili in quelli che genericamente vengono chiamati i • problemi del bambino•· Cercar di influire sulla società, presso le masse degli uomini già formati, più o meno bene equivale a perpetuare con al· tri errori, con altri pregiudizi. con altri schernì, gli errori i pregiudizi e gli sche– mi 1;>reesistenti, quelli secolari e quelli specifici della nostra epoca. Influire sul bambino secondo criteri dettati da una scienza moderna e particolarmente ap– profoi:tdita nel nostro tempo (Maria Mon– tessori, John Dewey, Herbert Read, ecc., ccc.) significa influire totalmente sulla società attuale a futura, significa rigene– r~re l'essere umano, non cercando pal– ·hativi ohe attenuino le !rue inquinaz.ioni. ma evitandogli le inqumazioni: significa davvero far qualche cosa per migliorare gli uomini e la società. Ma a considerare come stanno le cose al giorno d'oggi in questo campo, a rendersi conto dell'atti· vismo di tutte quelle iniziative che si prefiggono nello spirito e nella lettera un u?mo mi.gliore e più consapevole, si ha l'1mpres s1one che i responsabili di tali attivi.tà , diciamo così. di quelle attività che si interessano della educazione del– l'uomo moderno. non abbiano nessuna passione e nessun interesse ai problemi della formazione dell'infanzia che è co– me dire la formazione dell'uo'mo perchè ess,i comportano dedizione, lavorO, amore all argomento senza alcuno di quei com– pensi che in genere sembra si cerchi nel– le altre attività; cioè Ja direzione delle masse o delle comunità. l'imposizione della propria sapienza ai meno sapienti l'ammirazione di quest'ultimi e la rìca:. no_sce~za e, magari, l'utile che tale am– mirazione finisce per portare. Il bambino non darà mai nulla di tutto ciò, eppure, per essere compreso ed educato secondo i ~riteri Più sopra vagamente indicati chiede dedizione assoluta sacrificio fed~ e intelligenza. Il bambino non 'corri– sponde nulla a chi ~arà tutto per lui, se non la lenta formauone di individui mi– gl~o~i_pe~. l'avv':nire, più consapevoli e privi 11 pm possibile di tutti i mostruosi antagonismi che sono espressi nel sangue e n~gli orrori che ci attorniano. Ma chi, oggi, pensa che i • problemi dell'infan– zia • siano i problemi fondamentali del– la società moderna; chi è che se anche lo pe nsa, è pronto a dare senza ricevere ~ome di.re a lavorare esclusivamente pe; 11 be ne a ltrui dimenticando il proprio bene? GUGLIELMO PETRONI « E ld4lo separò la luce da.lle te~ nebrc. E ldt!fo nom inò Ja luce atomo e le tenebre notte. CO.rl fu aera.. e po, /u mattina. Che fu fl primo giorno ... Poi lddd10 dtsae: Sienvl de' luminari nella dt1tesa del CfClo. per Jar diat11i– .zi011e /rB ti giorno e la notte; e quellt steno per seg11t, e -per dtattn.guer /C ,:agloni, e f giorni. e qU anni. E .t1eno µer lumInarf nel la dl•te3Cl del cielo, per recar la iu.ce in au la terra. E cou /u. lddto od u.nqu e /ere i due gran zumtnarf; (fl maagiOre. per avere Il regg1me11to del giorno; e rl minore per at:ert! il reggimento della notte); e le stelle. E Iddlo u mfse nella df– stesa. del cielo, JJer recar lB luce sopra /a tena. E 1)1!,r avere il reggimento del giorno e della notte, e per aeparar la /uce dalle tenebre. E ldd.to vide clic c16 ero buono•· Il giorno e la notte ~anti •· e non più chiaroscuri e perciò mcerte~z7 e mezzi t~rmini, ma luce pie– na _e mmterrotta m ogni dove e in 0~1. qu~do, ~ qui~di ininterrotta pos– s1b1lita d1 ~g1re d1 agire di agire, in una sorta d1 Moto perpetuo. fino all'im– provviso s0~.:m~o finale; quantunque sia nelle, pr_ev1siom anche l'abolizione di qu~st ultimo grande incomodo che si ch1am::i e eterno riposo • (una vera e propria vergogna, per un americano f:em~~;_ispetti) o, più semplicemente, Vià: Iddio vide che ciò era buono. J\Ia gli scienziati, i benefattori ad ol– tranza dell'Umanità? Leggo infatti, su un giornale non troppo vecchio, che uno e:tudioso d'ol· tre oceano, con una compiaciuta frega· tina di mani, ha pronosticato fra l'altro, per la felicita dei nostri nipoti, che fra una cinquantina d'anni la notte non esisterà più, grazie alla diffusione arti~ ficiale nello spazio di certe particole, capaci d'obbligare i raggi solari, nelle ore che dovrebbero esser notturne, a riverberarsi o riflettersi ancora sulla terra. come in pieno giorno. E ciò. si capisce, con co,seguente abolizioue del– le stagioni, giacché l'uomo nel contem· po - garantisce Io Scienziato •- sarà anche riuscito a condizionarl? ratmosfe· ra, rendendone regolabae a suo piaci· mento Ja temperatura, giustappunto co· me ]'aria condizionata d'una grande ma– celleria di gran lusso. Bene. Ma a parte il grado di atten· dibilità della notizia (d'altronde anche di certe invenzioni giornalistiche con– vien tener conto. non foss'altro come di spie d'un'aspirazione diffusa), in que· sto caso, se fossi costretto a una scelta assoluta fra l'opera di Dio e la corre– zione pronosticata, non esiterei a mct· termi dalla parte di Dio. a costo di ap· parir codino se non bacchettone addi· rittura: non esiterei a schierarmi, fra Cartesio e Pascal, con quest'ultimo. [ Lumi. sì, sono stati e continl..lano ad essere una gran bella cosa. e ancor più bella è la dispersione, sulla faccia del pianeta, delle tenebre dell'ignoran– za. !\la anche i lumicini Cmi si perdoni se sembro puerile}, i semplici lumi minuscoli, che punteggiano - celesti o ter.restri che siano - i nostri cieli e le nostre campagne e le nostre marine e le nostre città: che incanto e che re· frigei;-io per gli uomini che da millenm s'attardano a contemplarsi (dai giardini pensili di Babiloma, ieri; dagli attici dei nostri casamenti, oggi), dopo una giornata di faticose cogitazioni geome– triche. e di azioni il più possibile esat– te! Voglio dir per chi, alflne, e col fa- * di GIORGIO CAPR(Ji\!I vor delle tenebre », sopra o sotto quei piccoli luminari può concedersi una buona volta il ristoro (anche se non e propriamente un Pastore errante del– l'Asia) di ripiegarsi un attimo su se stesso con le eterne e domande inutili». o magari di allentar la tensione della mente e dei nervi, e di mollar la bri· glia, se non proprio al sogno, a un'one– sta e casalinga fantasticaggine. Soltanto per questo, non vi fossero altri motivi e d'ordine superiore>, tro· verei anch'io buona la saggia decisione divina, che non fu quella di distrug– gere del tutto le tenebre. come ora auspica il bravo scienziato più realista del Re, bensi l'altra di distribuirle ngli uomini insieme con la luce, in modo che la terra rimanga alternamente spar– tita in due parti eguali (una bianca e una nera, direbbe il Belli; ma con relative sfumature di crepuscoli), di ciascuna delle quali, alternamente, gli uomini possan godere. I frutti. in sede di civiltà, di tale astutissima amministrazione celeste. li sappiamo talmente da render superfluo l'enumerarli: perche fu appunto grazie a tale equa distribuzione del giorno e della notte che l'uomo pote creare per contrasto, accanto ai primi miti :;olari. i primi non meno suggestivi miti lunari o selenici: e fu s~mpre grazie a tale amministrazione ch e n acquero le infl· nite metafore fond. :i.te sul contra.ilo lu– ce-tenebra, come q uelle del Bene e del Male, del Bello e del Brutto, della Vita e della Morte, eccetera, così come da quella nacqueru, insieme con i troppi Inni al giorno, i più copiosi ancora Inni alla notte. Havvi di pii!. s'usava dire una volta. E' stata proprio la diversa reazione dell'animo umano, d"età in eta. di fron· te alla notte (giac-ché il giorno. più o meno, è sempre si.alo considerato a un modo. quale simbolo o fonte di vita, di azione e di salute, anche se dovrebbe essere, per certi aspetti, il contrario: et iam no.t: umida caelo praecipitat, ecc.) a colorire le v:irie epoche, e a diver– sificarle l'una dall'altra: dall'età clas– Sica che circondò d'inviolabile sacertà le ore notturne. di fronte alla quale ., ogni odio umano doveva abbassar le a~;ni (non importa se per rialzarle, p1u feroci che mai, l'indomani mat– tina),_ al medioev_o che pop0lò lç tene– bre d1 figure e d1 significati apocalittici e satanici, fino, appunto, all'età roman– tica, ~he in quelle vide runica possibi– lità dt evasione dal finito all'infinito e l'unico momento in cui fra morte' e vita, calato il sole, potessp insieme ca· la re o gni divisoria cortina. ri.ta anche fuori d'ogni suggestione let terar ia e d'ogni libresco riferimento, la notizia, in sé, interessa sotto un altro pun~. di vista a~cora, e forse il più realistico di tutu: l'ennesima riprova che essa ci offre della sostanziale diffe– renza_ fr~ ooi. indoeuropei, e loro, gli amer1ca01. A un americano medio, ne sono sicu– ro, un pianeta completamente ed eter– namente illuminato dal sole in tutti i suoi più reconditi angolini, e con atmo– sfera condizionata per conseguenza, par– rebbe il migliore dei mondi possibili. Non più. i~fatti. tenebre propizie alle fantastichene e debilitanti» o e inquie- A un europeo invece un tale mondo ta:ebbe pau_rn, ~ forse soltanto un nuovo 1\hrabeau nusc1rebbe a immaginarlo in ca~a nost_r~ i~ un suo nuovo Giardino dei St_Lpph~,.Non soltanto perché l'euro– peo e attivo e contemplativo insieme., scorr~ndo nelle sue vene ancora un po– co dl san_gue _asmtko. mentre l'ameri– cano no. e attivo al cento per cento e considera come. una perdita di te~po (cof!le segno d'indolenza e di pigrizia) ogm abbandono alla -rèverie> ma so--– prattutto perché l'europeo ha superato da _un pezzo il terrore delle tenebre desiderate e godute ormai come un baz: samo, e con quello il medesimo terrore della morte. mentre l'americano no che un tal terrore non lo ha ancora supe-– rat'? per nulla, e anzi, come tutti i po– poli veramente giovani e progressivi_ della morte ha una maledettissima pau-, ra. Della morte come Inazione e quind~ della N?~te .c~e le somiglia, i~ questo molto ~1u vicino di noi (coi suoi totem nucleari e le Sl;le mirabolanti Vittorie sull~ natur~) a1 <;avernicoli: strao;:-dio,1 nart_a energia e ottunismo, e grande av"" venire, compresi. GIORGIO CAPRONI

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